venerdì 6 dicembre 2013

Autentici criteri di confusione

In un precedente post ho spiegato come la naturale conseguenza dell'ipotesi di un Gesù Storico all'origine dei vari cristianesimi (ovvero, il miglior quadro storicista) è il vederlo scomparire prima o poi dalla vista, soverchiato dalla sua stessa irrilevanza ai fini della genesi del movimento. La causa della sua evanescenza è che tale Gesù all'origine non può assurgere al ruolo del Gesù Fondatore, perchè quel ruolo è ricoperto magnificamente dal letterario Gesù dei vangeli, costruito interamente a tavolino attingendo ad una comune antica eredità letteraria e a presupposti che non affiorano per nulla nelle epistole di Paolo, l'unico che avrebbe potuto comunicarci, via Giacomo ''il fratello del Signore'', qualcosa di certo su Gesù.
Trattasi del miglior scenario storicista perchè solo un ipotetico Gesù nell'ombra, un Gesù marginale, può convivere plausibilmente con l'enorme silenzio che sia i cristiani sia i non-cristiani gli riservarono.
Difficilmente colui che intende dare a Gesù un ruolo preminente, addirittura di Fondatore del cristianesimo, potrebbe suonare ragionevole e non meritarsi piuttosto la sgradevole etichetta di apologeta, a meno che non voglia suonare apposta bizzarro, e in tal caso difficilmente convincerà perfino se stesso.
Fondamentale agli storicisti che non vogliono essere apologeti (gli unici cioè degni di confrontare con i migliori scenari miticisti) e pur tuttavia vogliono gettare almeno un flebile spiraglio di luce sullo sconosciuto Gesù all'origine è qualche tecnica che permetta di filtrare i fatti dalla finzione, la Storia dalla storiella. I ricercatori del Gesù perduto, del passato e del presente, utilizzano che cosa sono oramai conosciuti come i Criteri di Autenticità, usati per testare ogni elemento dei vangeli.
L'insistenza sui Criteri di Autenticità ha contribuito certamente a conferire una parvenza dignitosa a chi non vuole essere e/o non vuole apparire un banale apologeta, una parvenza di obiettività il cui sforzo è, in linea di principio, apprezzabile.
Tuttavia cosa non si deve assolutamente mai trascurare è la semplice realtà che quei criteri non sono stati verificati empiricamente. Naturalmente, la verifica sarebbe impossibile con solo i vangeli alla mano, perchè ovviamente non posso accedere alla cosiddetta tradizione orale fino al momento della sua stesura nei vangeli, abbandonato all'eterno dubbio di cosa risale effettivamente a Gesù, sia pure vagamente. Potrei però applicare quei criteri ad altri casi di cui so già a priori la risposta, per verificare che funzionano dappertutto, ossia se mi permettono di separare con successo il fatto dalla fantasia. E invece no. Questo non è permesso. Coloro che usano i criteri di autenticità ci chiedono di accettare senza fiatare l'utilizzo di quei criteri solo perchè *sembrano* intuitivamente validi.
I criteri, purtroppo, spesso appaiono del tutto contro-intuitivi e perciò non ispirano affatto fiducia nel risultato, perfino quando applicati -- ''con successo'', ci viene assicurato -- contemporaneamente.
Esaminiamoli uno per uno.
In cima alla lista è il criterio di multipla attestazione. Si ritiene che un detto o una storiella ripetuta in fonti diverse debba essere vero o simile al vero, almeno quando le fonti si mantengono indipendenti l'una dall'altra. Il problema è che non ho nessun modo di identificare quali fonti siano dipendenti su altre, a meno che, come nei vangeli sinottici, si assiste ad una ripetizione quasi alla lettera delle stesse parole.  Anche quando le parole usate cambiano, però, cosa viene riportato in un dato documento potrebbe derivare da idee precedenti diffuse nella comunità culturale e ricordate in diversi modi in diversi luoghi. Quelle idee non risalgono necessariamente a Gesù.
Per giunta, il fatto che un detto o un aneddoto venga ripetuto spesso, o ''molteplicemente attestato'', potrebbe stare a significare niente più del puro e semplice fatto che gli scrittori, al pari dei loro lettori, gradivano sentirlo ripetere. Più che criterio di multipla attestazione, cosa ci impedisce di chiamarlo invece criterio di popolarità? Un detto o un episodio non sono necessariamente veri solo perchè sono popolari presso chi scrive e presso i loro lettori.
Un altro criterio riconosciuto è il criterio di dissomiglianza: un elemento è vero nella misura in cui è inconsistente con il suo ambiente culturale, cioè se fa a pugni con la sua matrice ebraica e con la teologia della chiesa primitiva. Il criterio stesso, però, fa a pugni con un'altra linea di investigazione che tenta di comprendere Gesù facendo leva appunto proprio sulla sua ebraicità. Vedere Gesù come un riformatore radicale che sfida i valori convenzionali potrebbe apparire anti-giudaico e potrebbe perfino promuovere l'antisemitismo. Questo criterio prevede erroneamente che noi sappiamo abbastanza sul giudaismo del I secolo e sulla chiesa primitiva da permetterci comodamente una valutazione del genere. Come se non bastasse, usare quel criterio significa implicitamente riconoscere, con un arrogante atto di forza, solo e soltanto a Gesù il diritto di essere Unico & Originale, non a qualcun'altro che pronunciò lo stesso detto.
Infine, quel criterio rischia di dare più enfasi alla presunta originalità assoluta di Gesù rispetto a ciò che potrebbe essere più tipico di lui, e magari più importante nella sua comprensione. Questo criterio di originalità non permette affatto di darci un ritratto affidabile di Gesù, non ci dice come era veramente, e in definitiva genera alla lunga così disaffezione da indurre alcuni studiosi a sostituirlo col criterio di plausibilità storica: se Gesù assomiglia ad un certo cluster di suoi contemporanei ebrei, dev'essere a sua volta un'istanza particolare di quel cluster. Si, ma allora dov'è l'originalità? E chi decide il cluster del quale Gesù dev'essere un'istanza? Buio completo.
Il criterio di imbarazzo assume che gli autori dei vangeli non riporterebbero detti e storielle imbarazzanti, a meno che quelli elementi fossero, per loro, così sfortunatamente ben noti, come fatti storici, da non poter essere ignorati ed eclissati, ma al contrario affrontati, giustificati, corretti e abbelliti. Naturalmente presupponiamo già di sapere a priori cosa gli autori dei vangeli avrebbero trovato imbarazzante. Marco ad esempio non trova per nulla imbarazzante il battesimo di Gesù. Dopo tutto, quello fu il momento quando Dio proclamò suo figlio Gesù. Matteo potrebbe benissimo aver trovato imbarazzante il bisogno di Gesù di ricevere il battesimo, come un volgare peccatore, dall'uomo Giovanni, ma non aveva altra scelta se non ripetere quella storiella, e non per il fatto che fu una circostanza storica accaduta veramente, bensì per il mero fatto che Marco l'aveva già divulgata ai lettori di Matteo. Non è solamente un fatto storico che potrebbe suonare imbarazzante, ma anche una pura storiella. Il criterio di imbarazzo andrebbe chiamato criterio di ironia perchè trascura del tutto il ruolo importante che gioca quell'effetto voluto di drammatica ironia nel raccontare le storielle. La sprezzante ironia di Pilato, ''chi volete che vi liberi, Barabba o Gesù detto Cristo?'' (Matteo 27, 17), verso il sedicente messia di turno è superata dall'ironia drammatica di vedere quel disprezzo rivolto proprio alla figura di Gesù IL Cristo.
Cosa il critico moderno trova imbarazzante, gli antichi potrebbero aver trovato invece fonte di ispirazione e di intrattenimento.
Un altro criterio, a volte chiamato criterio di semitismo, considera un detto di Gesù più autentico se suona decisamente più simile all'equivalente aramaico che al greco dei vangeli. Il problema con questo criterio è che loghìa risalenti decenni prima a Gesù e detti e ridetti tra cristiani di lingua greca, col tempo, si sarebbero levigati come sassi in un fiume. I detti sarebbero stati assimilati gradualmente dall'ambiente culturale circostante e sarebbero stati ripetuti in un Greco via via migliore. Un detto che non si è evoluto con la sua ripetizione frequente potrebbe altrettanto significare che, lungi dall'essere un fossile levigato col tempo, sia al contrario un segno di recente invenzione, un detto cioè che non ha  avuto il tempo di essere assimilato nella cornice greca perchè attribuito di recente a Gesù. Inoltre Gesù non fu l'unico ebreo che parlava aramaico. Alcuni cristiani di lingua aramaica, forse anche lo stesso autore del vangelo, potrebbero benissimo aver coniato il detto. Questo criterio di semitismo, perciò, può esser chiamato a tutti gli effetti criterio di assimilazione perchè potrebbe con eguale probabilità denunciare l'aggiunta recente di un detto in aramaico, piuttosto che la sua miracolosa preservazione dai tempi di Gesù ad oggi. Non ci dice nulla sull'autenticità o meno di detti attribuiti a Gesù.
E infine, compare il criterio di coerenza, che chiama autentico un detto o un aneddoto se è ''coerente'', cioè se si adatta meglio, con un insieme di altri detti o episodi ritenuti già autentici di per sè. Suona simile al certo, quindi è certo, per induzione. Naturalmente così si presuppone gratis di avere già tra le mani il certo a cui poter l'indomani ricondurre l'incerto. Ma cosa garantisce che il materiale a cui un dato elemento è comparato è stato correttamente identificato come autentico?  In caso di errore nel caso base (quel detto o episodio già ritenuto erroneamente autentico), l'errore si ripercuote ricorsivamente nel passo induttivo (nella valutazione cioè degli altri detti o episodi).
Il criterio di coerenza rischia di trasformarsi in un criterio di circolarità, perchè non fa altro che confermare circoli viziosi e non prova nulla.
Se questi criteri ispirano più confusione che certezza, è chiaro allora come si può definire questa ''ricerca del Gesù storico''. Vale il seguente verdetto dello storicista John Dominic Crossan:
Io non penso, dopo duecento anni di sperimentazione, che esista qualche via, accettabile nel discorso pubblico o nel dibattito accademico, con cui andare direttamente nel gran mucchio della tradizione di Gesù e separare lo strato del Gesù storico da tutti gli altri strati. Puoi tentate una cosa simile se hai già deciso in partenza chi fosse Gesù. Funziona, ovviamente, ma è apologetica piuttosto che ricerca. [1]
Ho appena citato le parole di uno storicista che non è (apparentemente) un apologeta, quantomeno per il fatto che dà dell'apologeta agli altri! Tuttavia rimane da vedere che cosa spinge lo stesso Crossan a considerare Gesù un personaggio storico veramente esistito, dato che finora l'abbiamo sempre ritenuto ipotetico e tuttavia ancora rimane sconosciuto. Se perfino il suo argomento non convince, allora il più radicale agnosticismo sulla storicità di Gesù assurge finalmente alla posizione di default, e varrà dunque la pena di saggiare gli argomenti a favore del Mito di Gesù.
[1] John Dominic Crossan, The Birth of Christianity: Discovering what Happened in the Years Immediately after the Execution of Jesus (San Francisco: HarperSanFrancisco, 1998), 149