venerdì 6 dicembre 2013

τοῦ λεγομένου Χριστοῦ è un'interpolazione cristiana (I)

Un altro, breve passo nelle Antichità Giudaiche di Flavio Giuseppe è invocato puntualmente dagli apologeti che non prendono seriamente la questione della storicità di Gesù.  Nel ventesimo libro delle Antichità Giudaiche (20:200), Giuseppe racconta la storia di come il sommo sacerdote Anano, figlio di Anano, fu rimosso dai suoi perchè condannò a morte ''il fratello di Gesù, che è chiamato Cristo, il cui nome fu Giacomo, e alcuni altri''.
Giuseppe ci racconta che quando il procuratore romano della Giudea, Festo, morì (nel 62 EC), l'imperatore Nerone mandò Albino in Giudea per diventare il successore di Festo. Nel vuoto di potere conseguente, il sommo sacerdote Anano colse l'opportunità di accusare di infrazione della legge ebraica "il fratello di Gesù, che fu chiamato Cristo, il cui nome fu Giacomo, e alcuni altri'', per poi lapidarli. Ma alcuni furono oltraggiati da questo atto, protestarono dal re Agrippa II e mandarono una delegazione per ricevere Albino. Costui condannò l'azione di Anano dopodichè re Agrippa II gli strappò di dosso la carica di sommo sacerdote e designò Gesù, il figlio di Damneo, sommo sacerdote al suo posto.

Ecco la traduzione del passo.

''Festo era ora morto, e Albino non era che sulla strada; così egli riunì il Sinedrio dei giudici, e portò di fronte a loro il fratello di Gesù, che fu chiamato Cristo, il cui nome era Giacomo, e alcuni altri, [oppure, alcuni dei suoi compagni]; e quando aveva formulato un'accusa contro di loro come trasgressori della legge, consegnò loro affinchè fossero lapidati: ma per coloro che sembravano i più equanimi dei cittadini, e come tali erano i più turbati per la trasgressione delle leggi, non gradirono cosa fu fatto; inviarono un messaggio anche al re [Agrippa], desiderando da lui di mandare a dire ad Anano che lui  dovrebbe non più agire così, infatti cosa egli aveva già fatto non doveva essere giustificato; ecco, alcuni di loro andarono anche a incontrare Albino, in quanto costui era in cammino di ritorno da Alessandria, e lo informarono che non era lecito per Anano riunire un sinedrio senza il suo consenso. Al che Albino assentì a cosa dissero, e scrisse con sdegno ad Anano, e minacciò di portarlo in giudizio per quanto aveva fatto; per tale motivo il re Agrippa strappò da lui il sommo sacerdozio, nel cui ruolo aveva operato da tre mesi, e fece sommo sacerdote Gesù, il figlio di Damneo.'' (Flavio Giuseppe, Antichità Giudaiche, 20:200-203) [1]
Questo passo non si concentra principalmente sulla morte di Giacomo, bensì sulla rimozione di Anano dalla carica di sommo sacerdote -- a causa della deriva autoritaria da lui manifestata con l'uccisione di Giacomo e di alcuni altri -- e sulla sua sostituzione nella carica con Gesù, il figlio di Damneo.

Il significato di Cristo

Il fatto che Gesù nel passaggio di Giacomo è identificato come colui ''che fu chiamato Cristo'' è di solito citato come prova della autenticità flavianea del paragrafo nella sua forma attuale. L'argomento presentato è che se fosse stato un cristiano ad aver aggiunto la parte su Gesù, avrebbe scritto che Gesù fu Cristo e non solo che fu chiamato Cristo. Ma a parte il fatto che Giuseppe nella frase ''che fu chiamato Cristo'' (tou legomenou Christou oppure τοῦ λεγομένου Χριστοῦ) usa il genitivo, essa è la stessa espressione che si ritrova sia in Giovanni 4:25 sia in Matteo 1:16: ''da cui nacque Gesù, che è chiamato Cristo'' [2]. L'espressione è trovata in una forma simile in Matteo altre due volte, in 27:17 e poi in 27:22; e l'autore del vangelo di Matteo ha Pilato entrambe le volte chiamare Gesù come quel ''Gesù che è chiamato Cristo'' [3]. La maniera con cui un testimone non-cristiano identificherebbe Gesù come colui che fu ''chiamato Cristo'' può dunque palausibilmente venir fatta risalire indietro ai vangeli. Questo implica ragionevolmente che non sarebbe stato affatto innaturale per un cristiano provvisto della conoscenza dei vangeli definire Gesù come colui che è chiamato Cristo, se più tardi lo stesso cristiano trovò una menzione di Gesù da parte di Giuseppe.

Il cosiddetto Cristo. A volte la frase ton adelfon Iêsou tou legomenou Christou è tradotta come ''il fratello di Gesù, il cosiddetto Cristo''. Non è quindi tradotta in ''che fu chiamato Cristo'' ma bensì in ''il cosiddetto Cristo''. Questo risulta in una dissociazione anche maggiore dalla comprensione di Gesù come un Cristo e quindi rende più probabile l'idea che Giuseppe possa aver scritto quell'espressione. Ma non c'è davvero alcun bisogno di tradurre il testo in quella maniera, anche se ovviamente la cosa è possibile nel caso il contesto circostante lo richieda.

La ragione per cui questa traduzione è proposta consiste in una caratteristica della lingua greca, dove come in questo caso un articolo determinativo ton non solo precede ''fratello'' (adelfon), a formare quindi ''il fratello'', ma anche un articolo determinativo in più, tou, precede ''fu chiamato'' (legomenou). Questo può allora essere inteso come se legomenou ''fu chiamato'' debba a sua volta essere espresso nella forma determinativa, ossia come ''il co-siddetto''. Comunque, questo modo di costruire espressioni, mediante la ripetizione di un articolo determinativo dinanzi ad un aggettivo determinativo quando questo segue il nome che complementa, è una cosa piuttosto normale in greco. La cosa è normale, e non significa che l'aggettivo debba essere per forza pensato nella forma determinativa. In questo caso legomenou (fu chiamato) è un aggettivo determinativo (esso è davvero un participio tuttavia è usato come un aggettivo) , al nome Iêsou (Gesù) [4]. Nel Nuovo Testamento i costrutti simili non sono tipicamente tradotti in ''il co-siddetto'' ma in ''è chiamato'' o ''fu chiamato''. Questo si applica anche a tutti i quattro casi dove il termine viene usato in connessione a Gesù (Matteo 1:16, 27:17, 27:22 e Giovanni 4:25).

Quando il greco tou legomenou in quei passaggi fu reso nel Latino della Versio Vulgata, fu tradotto in qui dicitur (tranne che in Matteo 1:16, dove fu usata l'espressione sinonima qui vocatur), che significa ''è chiamato''. Anche Rufino nella sua traduzione della Storia Ecclesiastica di Eusebio, e Cassiodoro nella sua traduzione delle Antichità Giudaiche di Giuseppe, traducono questo costrutto in qui dicitur. ''Il fratello che è [fu] chiamato Cristo'' è normalmente espresso come ton adelphon tou legomenou Christou in greco, senza alcuna connotazione scettico-dispregiativa sulla legittimità della designazione di Cristo.

E neppure più del greco tou legomenou, il latino qui dicitur insinua il dubbio sulla validità della denominazione. Io ho perciò deciso di usare la stretta traduzione ''che fu chiamato Cristo''.

Un aspetto che va contro l'autenticità dei due passaggi su Gesù, cioè il Testimonium Flavianum e il costrutto che identifica Giacomo come ''il fratello di Gesù chiamato Cristo'', è la presenza della parola Cristo/Messia in entrambi i passaggi. Nel primo passaggio viene detto che ''egli fu il Cristo'' e nel secondo che egli ''fu chiamato Cristo''. La parola Cristo (l'equivalente greco dell'ebraico Messia) non appare mai in Giuseppe se non solo nelle due occasioni in cui Gesù è menzionato. Questo fatto indica che Giuseppe probabilmente non gradiva discutere il concetto messianico che fu così spesso associato alle sedizioni tra gli ebrei.
Questo fatto a sua volta suggerisce che quei passaggi fossero aggiunte posteriori fatte da una mano cristiana. Solamente una volta Giuseppe indica veramente in qualcuno il tanto atteso Messia, sebbene in maniera indiretta: riferendosi ovviamente a Vespasiano. Ma perfino in quell'occasione non usa la parola Messia.

[1] Il paragrafo chiave è forse meglio letteralmente tradotto come:
''Egli riunisce il sinedrio dei giudici. E avendo recato di fronte a loro il fratello di Gesù, che fu chiamato Cristo, Giacomo fu il suo nome, e alcuni altri, e avendo formulato un'accusa contro di loro come trasgressori della legge, li consegnò perchè fossero lapidati.''
Poichè il predicato della proposizione principale è al passato (li consegnò perchè fossero lapidati), tou legomenou è meglio tradotto come ''fu chiamato'' e non ''è chiamato''. Qui il tempo passato indica solo contemporaneità.

Giuseppe scrive nelle Antichità Giudaiche 20:9:1, o 20:197-203:
”Πέμπει δὲ Καῖσαρ Ἀλβῖνον εἰς τὴν Ἰουδαίαν ἔπαρχον Φήστου τὴν τελευτὴν πυθόμενος. ὁ δὲ βασιλεὺς ἀφείλετο μὲν τὸν Ἰώσηπον τὴν ἱερωσύνην, τῷ δὲ Ἀνάνου παιδὶ καὶ αὐτῷ Ἀνάνῳ λεγομένῳ τὴν διαδοχὴν τῆς ἀρχῆς ἔδωκεν. τοῦτον δέ φασι τὸν πρεσβύτατον Ἄνανον εὐτυχέστατον γενέσθαι: πέντε γὰρ ἔσχε παῖδας καὶ τούτους πάντας συνέβη ἀρχιερατεῦσαι τῷ θεῷ, αὐτὸς πρότερος τῆς τιμῆς ἐπὶ πλεῖστον ἀπολαύσας, ὅπερ οὐδενὶ συνέβη τῶν παρ᾽ ἡμῖν ἀρχιερέων. ὁ δὲ νεώτερος Ἄνανος, ὃν τὴν ἀρχιερωσύνην ἔφαμεν εἰληφέναι, θρασὺς ἦν τὸν τρόπον καὶ τολμητὴς διαφερόντως, αἵρεσιν δὲ μετῄει τὴν Σαδδουκαίων, οἵπερ εἰσὶ περὶ τὰς κρίσεις ὠμοὶ παρὰ πάντας τοὺς Ἰουδαίους, καθὼς ἤδη δεδηλώκαμεν. ἅτε δὴ οὖν τοιοῦτος ὢν ὁ Ἄνανος, νομίσας ἔχειν καιρὸν ἐπιτήδειον διὰ τὸ τεθνάναι μὲν Φῆστον, Ἀλβῖνον δ᾽ ἔτι κατὰ τὴν ὁδὸν ὑπάρχειν, καθίζει συνέδριον κριτῶν καὶ παραγαγὼν εἰς αὐτὸ τὸν ἀδελφὸν Ἰησοῦ τοῦ λεγομένου Χριστοῦ, Ἰάκωβος ὄνομα αὐτῷ, καί τινας ἑτέρους, ὡς παρανομησάντων κατηγορίαν ποιησάμενος παρέδωκε λευσθησομένους. ὅσοι δὲ ἐδόκουν ἐπιεικέστατοι τῶν κατὰ τὴν πόλιν εἶναι καὶ περὶ τοὺς νόμους ἀκριβεῖς βαρέως ἤνεγκαν ἐπὶ τούτῳ καὶ πέμπουσιν πρὸς τὸν βασιλέα κρύφα παρακαλοῦντες αὐτὸν ἐπιστεῖλαι τῷ Ἀνάνῳ μηκέτι τοιαῦτα πράσσειν: μηδὲ γὰρ τὸ πρῶτον ὀρθῶς αὐτὸν πεποιηκέναι. τινὲς δ᾽ αὐτῶν καὶ τὸν Ἀλβῖνον ὑπαντιάζουσιν ἀπὸ τῆς Ἀλεξανδρείας ὁδοιποροῦντα καὶ διδάσκουσιν, ὡς οὐκ ἐξὸν ἦν Ἀνάνῳ χωρὶς τῆς ἐκείνου γνώμης καθίσαι συνέδριον. Ἀλβῖνος δὲ πεισθεὶς τοῖς λεγομένοις γράφει μετ᾽ ὀργῆς τῷ Ἀνάνῳ λήψεσθαι παρ᾽ αὐτοῦ δίκας ἀπειλῶν. καὶ ὁ βασιλεὺς Ἀγρίππας διὰ τοῦτο τὴν Ἀρχιερωσύνην ἀφελόμενος αὐτὸν ἄρξαντα μῆνας τρεῖς Ἰησοῦν τὸν τοῦ Δαμναίου κατέστησεν.”
[2] Earl Doherty, The Jesus Puzzle, Supplementary Article No. 10, Josephus Unbound: Reopening the Josephus Question.

[3] Le varie espressioni recitano:

Ἰησοῦ τοῦ λεγομένου Χριστοῦ (Iêsou tou legomenou Christou) = Gesù che fu chiamato Cristo (Antichità dei Giudei 20:200).

Ἰησοῦς ὁ λεγόμενος Χριστός (Iêsous ho legomenos Christos) = Gesù, che è chiamato Cristo (Matteo 1:16).

ὁ λεγόμενος Χριστός (ho legomenos Christos) = [egli] che è chiamato Cristo (Giovanni 4:25).

Ἰησοῦν τὸν λεγόμενον Χριστόν (Iêsoun ton legomenon Christon) = Gesù che è chiamato Cristo (Matteo 27:17).

Ἰησοῦν τὸν λεγόμενον Χριστόν (Iêsoun ton legomenon Christon) = [con] Gesù che è chiamato Cristo (Matteo 27:22).

[4] Earl Doherty, Jesus: Neither God Nor Man – The Case for a Mythical Jesus (2009), p. 584; note 220, p. 771.