sabato 4 gennaio 2014

Del perchè creare una figura midrashica col nome di ''Salvatore''

Un altro tipo di conferma dell'inferenza che dovrebbe essere derivata naturalmente dal critico letterario, quando non è un banale Folle Apologeta -- ossia che Gesù è il popolo di Israele, che sta per essere crocifisso -- è riscontrabile nel fatto che il messianismo, come tecnica di sopravvivenza culturale, si ritrova in tempi relativamente recenti, nel 1889, quando il popolo degli indiani Lakota fu minacciato dall'estinzione sul suo stesso continente.
Il passaggio seguente, tratto dal libro di John G. Neihardt, Alce Nero Parla, mostra lo stesso tipo di necessità e motivazione culturale collettiva descritta da Flavio Giuseppe quando riconosce gli effetti devastanti della Guerra Giudaica sugli ebrei del primo secolo. L'enfasi posta sull'importanza della fede ricorda da vicino l'enfasi nel vangelo di Giovanni sulla necessità di credere al fine di ottenere la salvezza mediante il Messia, e i dettagli escatologici sono così simili da tradire senza dubbio un'influenza cristiana:
Ci fu una gran seduta... ma io non andai là ad ascoltare, perchè io ancora non credevo. Pensavo forse che fosse solo la disperazione a rendere il popolo credulone, proprio come un uomo che sta morendo di fame potrebbe sognare un sacco di ogni cosa buona da mangiare. Non ero andato all'incontro, ma ho udito tutto ciò che avevano da dire. Quei tre uomini hanno detto tutti la stessa cosa, ed erano uomini buoni. Hanno detto di aver viaggiato lontano fino a giungere ad una grande, piana vallata vicino alle ultime grandi montagne prima del grande oceano, e là hanno visto il Wanekia ["Colui Che Rende Vivi"], che era il figlio del Grande Spirito, e hanno parlato con lui. Il Washicus  [popolo bianco] lo chiamava Jak Wilson, ma il suo nome era Wovoka. Egli ha riferito loro che c'era un altro mondo a venire, proprio come una nube. Sarebbe giunto in un turbine dall'ovest e avrebbe annientato ogni cosa di questo mondo, che era vecchio e morente. In quell'altro mondo c'era abbondanza di cibo, proprio come ai vecchi tempi. E in quel mondo tutti gli Indiani morti erano vivi e tutti i bisonti che non erano mai stati uccisi stavano pascolando lì attorno di nuovo.
(pag. 236-237)
Ancora una volta, il vescovo anglicano John Shelby Spong riconosce la relazione di causa-effetto tra la Guerra Giudaica e il messianismo dei vangeli, ma non la esplicita fino in fondo (perchè?).
[La distruzione di Gerusalemme nel 70 EC] cambiò il volto della storia umana assai più drammaticamente di quanto gli storici abbiano ancora immaginato ... In verità, non si possono comprendere i libri del Nuovo Testamento senza riconoscere la storia violenta di quella parte del mondo in cui il movimento cristiano era prima nato e contro il quale fu definito. [1]
Sopravvivere era diventato un imperativo morale. E le sacre scritture erano l'unica arma a disposizione. [2]

Ogni vangelo rivela, in qualche modo, che fu scritto sotto l'impatto tremendo degli eventi drammatici di quell'anno cruciale.
Così, successivamente alla disfatta del 70, troviamo che ogni altro valore del popolo ebraico fu sublimato o messo al servizio della sopravvivenza. La sopravvivenza diventò l'agenda principale e predominante del popolo ebraico. Le sacre scritture degli ebrei divennero non solo il loro unico possesso degno di nota ma anche la loro arma principale nella loro ricerca per raggiungere questo obiettivo di sopravvivenza. In tale lotta, fu inevitabile che il popolo avrebbe difeso la sua arma principale con una veemenza sconosciuta e mai udita prima nella storia di quelle sacre scritture. Quello, in realtà, è cosa è accaduto tra gli ebrei, specialmente tra gli ebrei di Giudea e di Gerusalemme. Fu nel processo di convertire le loro sacre scritture in un'arma con la quale combattere per la sopravvivenza che enormi possibilità si aprirono per il futuro degli ebrei e, in verità, dei cristiani. (mia enfasi)
 Riguardo il nascente anti-semitismo, così scrive Spong:
Perchè fu il popolo ebraico, e specialmente i leader ebrei rigidamente ortodossi e tradizionalisti, ad essere associato al culto del Tempio, un nemico politicamente popolare? Al fine di considerare questa questione,  bisogna ricordare che tutti i quattro vangeli furono scritti o durante (Marco) o in seguito alla guerra romana contro gli ebrei (Matteo, Luca, Giovanni). Questo significa che ogni vangelo inevitabilmente rifletteva o quella guerra o le tensioni del sentimento anti-ebraico che seguirono la conclusione di quella guerra.(mia enfasi)
Un fatto che spiega l'invenzione letteraria, ad hoc, di Giuda Iscariota.

Incolpare gli ebrei stessi delle loro disgrazie, e non i romani,
...fu raggiunto principalmente creando il racconto di un traditore ebreo secondo la tradizione midrashica a partire dai pezzi e pezzettini delle sacre scritture e fornendo a quel traditore il nome Giuda, proprio il nome della nazione degli ebrei.
Psicologicamente, i seguaci di Gesù cercarono di ''rimuovere l'oscurità, di alleviare il loro senso di disfatta e sconfitta''. Che suona esattamente simile a quanto profetizzò Alce Nero, ma possiamo riconoscere che in entrambi i casi la disfatta e la sconfitta storica sono appartenute ad una cultura che affronta la sua propria rovina, non ad individui che affrontano la scomparsa di un altro individuo.

A proposito della Pasqua, Spong dice, con una disarmante ambiguità:
Qualche momento tremendo e potente ci deve essere stato per forzare tutti quei simboli a concentrarsi attorno a questa vita.
e riconosce che la visione del Gesù risorto
...non fu di un corpo resuscitato emergente da una tomba, ma quello fu il solo modo in cui poter narrare la loro convinzione che la morte non poteva contenere lui.(mia enfasi)
Proprio così. E proprio come quel ''lui'' non punta ad una persona che risorge dalla tomba, così non punta ad una figura storica particolare confinata ad uno solo, ma invece ad una intera società condannata a migliaia di tombe, e rappresentata simbolicamente nel miglior modo possibile che si poteva raccontare per obiettivi liturgici: creando un personaggio midrashico di nome ''Salvatore'', oppure, come potremo renderlo se fossimo Indiani Lakota, ''Colui Che Rende Vivi''.

[1] Tutti i miei estratti di Jon Shelby Spong, in questo post, sono presi dal suo libro, disponibile in rete, Liberating the Gospels: Reading the Bible with Jewish Eyes (SF HarperSanFrancisco 1996).

[2] Non esistevano altre vie di fuga. Perfino i capi della rivolta, invece di galvanizzare gli animi in prossimità dello scontro contro Roma, offrirono un pessimo modello da imitare, a ulteriore dimostrazione della futilità dell'impresa, e della chimerica speranza di indipendenza dai romani.
Sid Martin fa la seguente citazione, nel suo Secret of the Savior: The Myth of the Messiah in Mark (University Press of America, 2013) .
Se esiste qualcosa che distingue questo (da un punto di vista ebraico) dono di una pausa nella guerra contro i romani, ad essere sicuri, è la completa incapacità dei gruppi rivoluzionari che si erano concentrati a Gerusalemme e attorno al Tempio, nel trovare una strategia comune che promettesse qualche speranza di successo. Invece di ciò, all'impressionante armata che si cingeva all'assedio fu offerto lo spettacolo di una divisione intestina ebraica con un conflitto letteralmente a morte, che non fu neppure realmente terminato con la ripresa dell'offensiva romana.(pag. 117)