martedì 15 aprile 2014

«Auctor nominis eius Christus Tiberio imperitante per procuratorem Pontium Pilatum supplicio adfectus erat» è un'Interpolazione Cristiana (III)


Ho potuto finalmente leggere l'articolo su Tacito che lo storico Richard Carrier prevede di sottoporre alla peer-review e pubblicarlo su una rivista scientifica (se non l'ha già fatto), nella sua raccolta di articoli accademici finora pubblicati dall'autore, Hitler Homer Bible Christ - The Historical Papers of Richard Carrier 1995-2013.

La lettura del capitolo su Tacito è stata ovviamente la prima cosa che ho fatto avuto tra le mani il libro. Avevo infatti già espresso alcune riflessioni su Tacito, pensando esclusivamente con la mia testa, qui e qui, con prevedibili errori che potevo commettere, non essendo uno storico di professione.

E tuttavia vedo che in qualche caso ci ho visto quasi giusto.

Ma andiamo con ordine.

Non vorrei anticipare il contenuto dell'articolo per rispetto dell'autore,
perciò mi limito solo a descriverlo per sommi capi, per approfondire solo in un punto a me particolarmente caro.


Innanzitutto, Carrier esordisce fin nel preambolo con un'onesto riconoscimento della problematicità intrinseca del Testimonium Taciteum:
Sebbene non possiamo essere certi, l'evidenza suggerisce che probabilmente è un'interpolazione, e Tacito non si riferì a Cristo.
(pag. 369-370)
La tesi dell'autore è ovviamente, come già si sapeva nella blogosfera, che il passo in rosso del cosiddetto Testimonium Taciteum è quantomeno sospettabile di interpolazione cristiana, nel caso migliore. Nel caso peggiore, è probabilmente un'interpolazione cristiana.



ergo abolendo rumori Nero subdidit reos et quaesitissimis poenis adfecit, quos per flagitia invisos vulgus Christianos appellabat. auctor nominis eius Christus Tibero imperitante per procuratorem Pontium Pilatum supplicio adfectus erat; repressaque in praesens exitiablilis superstitio rursum erumpebat, non modo per Iudaeam, originem eius mali, sed per urbem etiam, quo cuncta undique atrocia aut pudenda confluunt celebranturque

    Nerone allora per far tacere queste voci fece passare per colpevoli e li sottomise a torture a torture raffinate coloro che per i loro delitti il popolo detestava e chiamava Cristiani. Erano chiamati così dal nome di Cristo, il quale, sotto l'impero di Tiberio, era stato condannato al supplizio dal procuratore Ponzio Pilato; quella superstizione nefasta, repressa sulle prime, ora tornava a prorompere, non solo in Giudea, luogo d'origine di quel malanno, ma anche a Roma, dove da ogni parte confluiscono tutte le cose atroci e vergognose e vi trovano seguaci.

L'argomento dell'autore è in realtà l'unione di tutti i precedenti tentativi accademici di dimostrare l'inautenticità del riferimento specifico a Cristo, opportunamente corretti dove opportuno, e su ciascuno di essi portando il personale originale contributo alla discussione in favore dell'ipotesi interpolazione.
Ciascun argomento riguarda la relazione particolare del brano di Tacito in questione con uno (o più di uno) autore pagano o cristiano e tende ad essere un argomento della migliore spiegazione possibile (il che significa: della spiegazione più probabile) oltre che un forte argomento del Silenzio. Per essere tale, è dunque della forma:

1) questo particolare autore {pagano o cristiano} avrebbe dovuto sapere della connessione dell'incendio di Roma del 64 EC con i cristiani.

2) questo particolare autore {pagano o cristiano} avrebbe dovuto parlarne o agire di conseguenza rispettivamente in particolari punti della sua opera o in particolari punti della sua opera...

3) ...ma non lo fa.

4) ergo il riferimento a Cristo è sospettabile di interpolazione.

Ovviamente gli argomenti forti di Carrier sono tutti tesi a stabilire bene e con la massima certezza possibile le premesse 1 e 2.

Dopo aver illustrato le stime più affidabili dell'eventuale occorrenza di un'interpolazione cristiana in un determinato periodo di tempo (rendendo quindi in linea di principio legittimo il nostro Diritto a dubitare in primo luogo di ogni eventuale riferimento a Cristo) l'autore passa a valutare:


-- la relazione di Tacito con Plinio il Giovane e con Plinio il Vecchio (facendo emergere alla luce fin da questo primo caso quella ''stranissima'' ignoranza del primo sui cristiani a differenza dell'ottima conoscenza del secondo dell'incendio di Roma);

-- la relazione di Tacito con Svetonio, in particolare come i lettori di quest'ultimo dessero per scontato l'identità del famigerato impulsor Chrestus e come un impulsor sia l'uomo che istiga qualcosa, non la ragione per istigare quel qualcosa (venendo a cadere ogni lettura ''cristiana'' del passaggio Claudius Judaeos impulsore Chresto assidue tumultuantes Roma expulit che sarebbe peraltro particolarmente piaciuta all'autore delle tendenziosa propaganda anti-giudaica di Atti degli Apostoli e che stranamente non vi compare in dettaglio per fare l'ennesimo punto della perfidia judaica). Inoltre è chiaro che gli ebrei espulsi da Claudio erano solo quelli riottosi, sospettati di essere seguaci di Cresto, alla luce tra l'altro di quanto dice Cassio Dione (sul divieto di riunirsi imposto agli ebrei da Claudio, evidentemente per timore di sedizioni).

-- solo di passaggio, e per di più in una nota, viene citato Eric Laupot (la cui critica per Carrier continua ad essere assolutamente valida) e la possibilità puramente astratta che il frammento 2, se tacitiano (ma l'autore non lo crede probabile), possa confermare la natura riottosa dei crestiani di Cresto, e non di Cristo:


    Si racconta che Tito, tenuto consiglio, abbia, in un primo tempo, dibattuto se un tempio, che tanto lavoro aveva richiesto per la sua costruzione, dovesse essere distrutto. Qualcuno riteneva che non fosse opportuno demolire un santuario, famoso quanto nessuna altra opera umana: salvarlo voleva dire lasciare un documento della moderazione dei Romani; abbatterlo equivaleva a segnalare per sempre la crudeltà dei vincitori.
    Altri invece (e lo stesso Tito era di questo avviso), ritenevano che distruggere il tempio fosse un obbligo primario al fine di sopprimere più radicalmente la religione di Giudei e Cristiani: si trattava di due religioni a dire il vero, ostili l'una all'altra, ma comunque sviluppate dalle stesse origini. I Christiani sorgevano dai Giudei: tagliata la radice, anche il ramo si sarebbe facilmente seccato.
(Sulpicio Severo, Chronica, 2.30.6-7, meglio noto come il ''Frammento 2 di Tacito'')

Non avrebbe nessun senso una lettura cristiana del frammento 2 restituito a Tacito, scorgendovi in esso un riferimento ai cristiani di Gesù detto Cristo, perchè è impossibile che per Tacito, tanto più per l'imperatore Tito,  la distruzione del Tempio di Gerusalemme nel 70 EC fosse stata eseguita al solo scopo di soffocare sul nascere la neonata superstitio cristiana: sarebbe come immaginare un episodio storico l'evangelica Strage degli Innocenti, con Tito in persona stavolta a vestire i panni di un novello Erode che si preoccupa a tal punto delle pretese di una minuscola setta religiosa da ordinare la distruzione del Tempio pur di reciderla alla radice. Chi immagina un Tito preoccupato dalla minaccia dei cristiani -- gli stessi cristiani che un Paolo esortava a sottomettersi alle autorità -- è semplicemente un puro imbecille, oltre ad essere un folle apologeta cristiano.

-- la relazione di Tacito con gli scrittori cristiani, anche con il falsario cristiano che si inventò la lettera di Seneca a Paolo. Anche qui, l'enorme Silenzio sul legame tra l'Incendio e i cristiani diventa impressionante allorchè Carrier ci accompagna quasi per mano a vedere come ciascun autore cristiano esperto delle opere di Tacito sia giunto pressochè a pochi passi dall'avere sotto gli occhi il riferimento a Cristo in Annali 15:44, e tuttavia a non averne proferito nessuna parola, neppure quando l'autore cristiano in questione si stava ripromettendo di elencare tutte le persecuzioni avvenute sotto i Cesari ed in particolare sotto il più crudele e diffamato di tutti e dagli stessi romani, quel Nerone che avrebbe decapitato Paolo e crocifisso a testa in giù Pietro secondo le apocrife leggende cristiane.

-- la relazione di Tacito con l'autore giudeocristiano dell'Apocalisse. Essendo giudeocristiano, l'autore dell'Apocalisse non vorrei annoverarlo tra gli autori cattolici o eretici del punto precedente. Sorprende, da parte dei cristiani migliori candidati ad aver bruciato Roma per anticipare eventualmente l'Apocalisse sulla terra (se non altro, per l'odio antiromano che spira in quel libro), non solo l'assenza in quell'opera di ogni criptico riferimento alla responsabilità o al coinvolgimento dei cristiani in un Incendio che pure è alluso in più punti (addirittura vi sarebbe allusa anche la colpa di Nerone nello scatenarlo: Apocalisse 17:16), ma anche l'eventuale interpretazione di quell'Incendio come la Colpa meritata da Nerone per la sua persecuzione precedente, per nulla affatto quella che seguì all'Incendio (Apocalisse 19:1-4, 17:12-14).


Particolarmente suggestivo, e qui ricordo al lettore il frutto della mia precedente riflessione, laddove Carrier riprende la tesi di Jean Rougé secondo la quale il cristiano Lattanzio descrive un Incendio, per lui più recente, di un'altra grande città dell'Impero, Nicomedia (nel 303 EC), avendo cura di attingere a piene mani dalla descrizione tacitiana del Grande Incendio di Roma nel 64 EC.



Ma Galerio, non soddisfatto con il tenore dell'editto, cercò in altro modo di far presa sull'imperatore. Così da poterlo spingere ad un eccesso di crudeltà nella persecuzione, impiegò emissari privati ​​per appiccare un incendio nel palazzo; ed essendo stata bruciata una parte di esso, la colpa venne riversata sui cristiani come nemici pubblici; e lo stesso nome di cristiano risultò odioso a causa di quell'incendio. Si diceva che i cristiani, di concerto con gli eunuchi, avessero complottato per eliminare i principi; e che entrambi i principi non furono per poco bruciati vivi nel loro palazzo. Diocleziano, scaltro e intelligente come sempre sceglieva di apparire, non sospettò nessun inganno, ma, infiammato dall'ira, subito comandò che tutti i suoi domestici dovessero essere torturati per estorcere una confessione del complotto. Si sedette sul suo tribunale, e vide uomini innocenti tormentati dal fuoco per estorcere la verità. Tutti i magistrati, e tutti coloro che sovrintendevano nel palazzo imperiale, ottenero commissioni speciali per amministrare la tortura; e gareggiavano l'un con l'altro su chi sarebbe stato il primo a portare alla luce il complotto. Nessuna circostanza, tuttavia, del fatto fu rilevata da qualche parte; perché nessuno applicò la tortura su eventuali servi di Galerio. Lui stesso fu sempre con Diocleziano, costantemente esortandolo, e non permettendo mai alle passioni di un vecchio uomo sconsiderato di raffreddarsi. Poi, dopo un intervallo di quindici giorni, tentò un secondo incendio; ma quello fu percepito rapidamente ed estinto. Ancora, però, il suo autore rimase sconosciuto. In quel giorno, Galerio, che nel mezzo dell'inverno aveva preparato per la sua partenza, improvvisamente precipitò fuori della città, protestando di essere fuggito per evitare di essere bruciato vivo.
...
Sacerdoti e diaconi, senza alcuna imputazione o processo, senza prova alcuna della loro colpevolezza, furono condannati a morte con tutti i loro familiari e servi. Cristiani di ogni condizione, senza distinzione di sesso o di età, furono presi e bruciati vivi, e non uno per volta, ma in massa, giacché il loro numero era troppo grande. Le case venivano circondate e date alle fiamme dove tutti perivano. I domestici erano gettati in mare con una pietra al collo e affogati   ...    torture, fino ad ora inaudite, furono escogitate.



La dipendenza letteraria di Lattanzio su Tacito è indubbia.


(E Lattanzio, profondo conoscitore di Tacito, si ripromise di scrivere per filo e per segno tutte le persecuzioni subite dai cristiani ad opera degli imperatori romani.)


Ed il mio merito tutto personale è di essermene accorto ben prima della lettura di Carrier. L'apologeta cristiano Jerim Bogdanic Pischedda addirittura nega di vedere quei paralleli letterari e giura e spergiura che Lattanzio non stia affatto esagerando nei particolari macabri e nei risvolti più bui della vicenda copiando da Tacito perchè quelle torture e quella stessa sequenza -- incendio doloso, identificazione del capro espiatorio, successiva persecuzione, svelamento prima o poi della verità sul vero colpevole -- sarebbero fatti del tutto comuni, all'epoca. Ma io non sto affatto negando che erano fatti comuni all'epoca.

L'analisi è più sottile di quanto anch'io pensavo.

Infatti mi ero spinto a sospettare fin troppo audacemente, ed erroneamente (e qui faccio notare la mia impreparazione quando per un momento mi sono atteggiato a storico), che per il solo fatto dell'esistenza di quei paralleli troppo incredibili per essere mere coincidenze NELLA LETTERATURA allora i due Incendi non potevano riguardare le stesse vittime NELLA STORIA.

In realtà, riuscire a identificare con successo chiari paralleli tra due descrizioni letterarie fatte da due autori diversi rispettivamente di due eventi collocati in tempi e luoghi differenti non significa affatto identificare paralleli tra i due eventi reali ivi descritti ANCHE nella Storia reale, specie se quei due eventi in questione accaddero veramente e non fu quello successivo inventato di sana pianta sulla falsa riga della descrizione del primo (come sarebbe stato legittimo sospettare qualora non avessimo avuto nessuna prova indipendente dell'Incendio di Nicomedia). Assistiamo in questo caso solamente ad una squisita dipendenza letteraria dell'autore successivo (Lattanzio) sul precedente (Tacito).

Negare l'esistenza di quella dipendenza letteraria (al di là di cosa accadde veramente a Roma prima e a Nicomedia dopo, a distanza di così tanti anni tra i due eventi) significa infatti commettere la fallacia della distinzione senza una reale differenza.
Vedi due elefanti o no?


Una distinzione senza una differenza è un tipo di fallacia logica dove un autore o oratore tenta di descrivere una distinzione tra due cose anche se non esiste, in realtà, nessuna reale differenza. È in particolare usata quando una parola o frase ha connotazioni associate con essa che un partito votato ad un argomento preferisce evitare.
(da wikipedia, mia libera traduzione)

Ed è esattamente questa fallacia logica che commette l'apologeta cattolico Jerim Pischedda.  A chi nega infatti che Lattanzio si sta basando su Tacito nel descrivere l'Incendio di Nicomedia e la persecuzione dei cristiani del 303 EC, io chiederei (retoricamente): cosa doveva scrivere Lattanzio, o folle apologeta, per convincerti che stava imitando deliberatamente la descrizione di Tacito dell'Incendio di Roma e della persecuzione dei crestiani ivi svoltasi ??? Doveva forse essere più esplicito rammentando magari al tuo orecchio: ''ecco, i cristiani a Nicomedia furono bruciati vivi proprio come lo furono i crestiani a Roma?'', ''ecco,  i cristiani a Nicomedia furono affogati vivi proprio come lo furono i crestiani a Roma?'', ''ecco, il colpevole fu Galerio a Nicomedia proprio come lo fu Nerone a Roma'', ''ecco i cristiani a Nicomedia furono ingiustamente accusati proprio come lo furono i crestiani a Roma'' ??? ????? ????????? CHIARAMENTE NON REGGE.


Ma come ho già fatto notare sopra, Pischedda ha già dato prova di non saper offrire nient'altro che mera, insulsa apologetica cristiana: è sempre lui infatti che crede addirittura all'autenticità del frammento 2 e a vedervi ivi riferiti gli stessi cristiani di Gesù, raggiungendo così il colmo della propria ingenuità apologetica e dando la piena misura di quanto la ricerca scientifica possa lasciarsi totalmente condizionare dalla pervicace cecità ideologica del ricercatore. Il signor Pischedda è veramente la quintessenza dell'irrazionale apologeta cristiano duro e puro.



Questo fatto rende probabile che Tacito scrisse il suo resoconto come noi lo abbiamo (e Lattanzio lo conosceva altrettanto bene), ma senza alcuna menzione di Cristo o di Cristiani. Altrimenti, Lattanzio avrebbe certamente usato quel fatto nel suo resoconto precedente, in questo stesso libro, della persecuzione sotto Nerone, e poteva perfino aver derivato espliciti paralleli ad esso quando sviluppò il suo resoconto di Galerio.
(Hitler Homer Bible Christ: The Historical Papers of Richard Carrier 1995-2013, pag. 388, mia libera traduzione e mia enfasi)

Praticamente Lattanzio approfittò di Tacito (e della sua magistrale descrizione della persecuzione dei Crestiani di Cresto) per descrivere negli stessi termini macabri e suggestivi la descrizione dell'Incendio di Nicomedia (Incendio altrettanto reale dell'Incendio di Roma descritto da Tacito), confermando che aveva davvero sotto gli occhi Annali 15:44, e tuttavia non approfittandone affatto per menzionare il riferimento tacitiano ivi presente a Cristo o ai martiri cristiani, quando parlò di Nerone quando parlò di Nicomedia. Lattanzio non mostra nessun segno di sapere di quella persecuzione, tantomeno dell'allusione a Cristo.

Ma non è finita:


Anche Eusebio si riferisce allo stesso racconto dell'Incendio di Nicomedia, e poteva aver adattato Lattanzio come fonte, tuttavia non mostra nessuna conoscenza particolare della storia neroniana o nessuna somiglianza con essa.
(Hitler Homer Bible Christ: The Historical Papers of Richard Carrier 1995-2013, pag. 381, mia libera traduzione e mia enfasi)

Eusebio legge Lattanzio, e a differenza sua è più storico e meno apologeta nel descrivere l'Incendio di Nicomedia perchè non si ispira a Tacito come fa Lattanzio: in questo modo, non abbellendo il discorso alla maniera di Lattanzio (che attinge da Tacito), evidenzia ancor più la dipendenza letteraria (per scopi di abbellimento apologetico) di Lattanzio su Tacito, e  conferma in ultima analisi la  conoscenza non superficiale di Lattanzio di Annali 15:44, con tanto di ulteriore, implicita Denuncia del suo profondo Silenzio sul Cristo ivi alluso (e sui relativi presunti martiri cristiani di Nerone).




Un'Indifferenza ed un Silenzio davvero impossibili da parte di un cristiano di cui si è provato l'essere giunto a pochi passi (se non millimetri) dall'occasione di menzionare orgogliosamente un'eventuale testimonianza pagana del Cristo: ''dal momento che menzioni di Cristo sembrano essere state un motivo per la preservazione dei testi in generale: le opere di Flavio Giuseppe e di Tacito potrebbero essere sopravvissute al Medioevo precisamente per quella ragione.''

I cristiani erano e sono avidi di riferimenti pagani al Cristo perchè si stupivano, anzi ne erano imbarazzati -- e tuttora lo sono, e lo saranno sempre --, della loro pressochè totale assenza in tutta la storiografia non cristiana del I e del II secolo.


Non posso che ricordarmi allora la leggenda del famigerato Riferimento Perduto circa il nesso causale tra la morte di Giacomo il Giusto e la Caduta di Gerusalemme, che alcuni folli apologeti (anche atei) vorrebbero immaginare gratuitamente frutto di Flavio Giuseppe: un pio cristiano non avrebbe mai permesso che una minima allusione pagana a Cristo in un'opera non cristiana finisse perduta insieme all'opera. L'avrebbe manomessa a dovere, se avesse contenuto dettagli blasfemi su Cristo, ma mai perduta.

L'articolo di Carrier, con tutti i suoi profondi avvistamenti, merita davvero di considerare sospetto il riferimento tacitiano a Cristo, e di neutralizzare ogni pretesa del contrario. Perfino se Carrier non avesse ragione, elenca anche delle buone ragioni per le quali l'eventuale testimonianza tacitiana del Cristo non possa esser considerata affatto indipendente (ma pur così rendendo comunque problematico il passo di Tacito, come ho avuto gusto di dimostrare personalmente).

Che devo dire, allora, alla luce della concreta probabilità che i cristiani di Tacito fossero in realtà i CRESTIANI di CRESTO, del sedicente ''studio'' apologetico di Pischedda, il quale nelle intenzioni del suo autore, voleva cogliere l'occasione di denunciare l'ennesimo plagio per riaffermare con maggior fede di prima la sua ''granitica'' certezza nella testimonianza indipendente di Tacito di un ''Gesù storico''??


La copertina del pdf che dovrebbe scrivere per redimersi l'apologeta Pischedda


La ''conclusione'' del suo ridicolo ''studio''/''denuncia'', per il quale i crestiani di Tacito sarebbero gli stessi cristiani di Gesù ''detto Cristo'' e non andrebbero affatto scambiati per riottosi ebrei antiromani, lungi dall'essere una conclusione dimostrata, si rivela l'ennesimo tentativo apologetico per diffamare stupidamente e provocatoriamente i veri miticisti, con una punta di larvata e insopportabile ipocrisia, specie quando identifica nella tesi che il Gesù storico fosse ''Giuda il Galileo o suo figlio'' addirittura un'immaginaria ''via italiana al miticismo'' (quando in realtà il più noto proponente di quella teoria, Eric Laupot, oltre a non essere italiano, si mantiene interamente entro il miglior paradigma storicista, come chiunque sostiene che il ''Gesù storico'' fu un sedizioso antiromano).

Ma ancor più scandaloso è che il suo ''studio'' abbia meritato la prefazione positiva di Valerio Polidori, PhD, il quale si rivela così ridicolo complice degli stessi errori di Pischedda e della medesima propaganda apologetica cristiana.

La denuncia del plagio di turno da parte del duo Pischedda & Polidori, se ha l'indubbio merito di aver dimostrato anche alcune inconsistenze dell'articolo oggetto del plagio (per ammissione del suo stesso autore), andrebbe tuttavia tenuta distinta -- SE I LORO AUTORI FOSSERO INTELLETTUALMENTE ONESTI (e nel caso specifico, non lo sono) -- dalla diffamazione en passant della Tesi del Mito di Cristo (equiparando implicitamente bizzarri plagiatori da strapazzo o addirittura Dan Brown al nome di un così valido studioso autodidatta miticista come Earl Doherty), e da conclusioni (fin troppo) affrettate nello sconfessare a priori un'ipotesi (la natura sediziosa dei crestiani di Tacito) come ''ridicola e irrazionale''.

Quindi la problematicità del Testimonium Taciteum è confermata: Tacito probabilmente non menzionò mai i cristiani di Gesù (che è chiamato Cristo).