martedì 16 settembre 2014

Del vangelo secondo il mito

La mia tesi è semplice. Il vangelo di Marco è un'allegoria della conquista romana della Giudea raccontata dal punto di vista della comunità dei seguaci di Paolo, con la salvezza come suo tema, scritta in risposta alla caduta di Gerusalemme e intesa ad incoraggiare i suoi lettori originari a preservare la fede a dispetto delle avversità della guerra.
L'allegoria è un racconto che ''dice qualcos'altro'' e questo è il significato originario di ἀλληγορία. Gli esseni interpretavano le Scritture allegoricamente. Filone interpretava le Scritture allegoricamente. I greci e i romani interpretavano le loro mitologie allegoricamente. Il I secolo si può chiamare l'età dell'allegoria. Il periodo dove l'allegoria regna sovrana. È importante, comunque distinguere tra due tipi di allegoria - filosofica e storica. Un'allegoria filosofica ha un significato morale o metafisico.  Gli elementi dell'allegoria stanno per idee astratte. All'opposto, in un'allegoria storica, persone, luoghi ed eventi si riferiscono ad altre persone, ad altri luoghi, ad altri eventi. La trama principale potrebbe o non potrebbe essere vera, in tutto o in parte. Al centro del vangelo di Marco è semplicemente un fatto che vi affiora costantemente in superficie un senso apocalittico del tempo e una percezione di un preciso scopo divino.
Dunque l'apocalitticismo in Marco dev'essere stato per forza collegato, nella mente dei suoi lettori originari, a ciò che accadde nel 70 EC, durante la capitolazione di Gerusalemme ai romani. 

Gesù è una creazione allegorica di una civiltà sotto assedio.
Gesù serve a incarnare e idealizzare quella civiltà. Gesù sta per il santo e immortale Israele che trionfa passando attraverso la sua persecuzione e morte. Tutte le cose che Gesù compie nell'allegoria sono realizzate per ottemperare al mito originario da un lato (mutuato dalle lettere di Paolo), per reagire al tentato sterminio del popolo ebraico, dall'altro (mutuato da quello che era un Fatto auto-evidente agli occhi dei lettori del vangelo di Marco).


Il vangelo riflette la prospettiva anti-establishment e contro-culturale della de-tribalizzata comunità cristiana fondata da Paolo. Gesù, ossia il vero Israele, è opposto ai farisei e ai sadducei, rappresentanti del vecchio, corrotto Israele. Gesù è processato di fronte ai sommi sacerdoti, agli scribi, agli anziani, ai leader della società ebraica. I cristiani, ebrei o gentili, seguaci di Paolo, videro in sè stessi il solo, vero Israele.
L'unica Storia che affiora nel vangelo riguarda eventi di un tempo e di un luogo particolari relativi ad un popolo particolare, gli eventi che rappresentano il culmine dell'intera storia di Israele. E quelli eventi non riguardano un Gesù storico che non è mai esistito, ma precisi eventi che riguardano la comunità, e ben riflessi nella sua letteratura:
Ma prima è necessario che il Vangelo sia proclamato a tutte le nazioni.
(Marco 13:10)


La distruzione di Gerusalemme, ed in particolare del tempio, la Casa del Signore, fu estremamente traumatica per gli ebrei e non era facile da spiegare. Sembrava ad Israele come se gli dèi pagani fossero più potenti del Tetragramma, di YHWH. Se, comunque, Yhaweh era l'unico Dio e gli ebrei erano il popolo di Dio, la conclusione logica non poteva essere se non che Dio era irato con il suo popolo infedele e che la caduta di Gerusalemme fu volontà di Dio.  Si tratta certamente di un tema costante nella letteratura apologetica ebraica, sia quando si trattava di giustificare la distruzione del primo tempio ad opera dei babilonesi, sia quando si doveva spiegare la distruzione del secondo tempio da parte dei romani. Furono scritti due libri durante la fine del I secolo che tentano di spiegare la distruzione avvenuta come volontà di Dio: il secondo libro di Baruch e il secondo libro di Esdra. Quei libri sono allegorie storiche esattamente come Marco: a differenza di Marco, però, cercano di spiegare la conquista romana di Gerusalemme allegorizzandola sotto forma della conquista babilonese. Marco è più creativo perchè utilizza il martirio di Gesù del mito cristiano originario per inventare la sua allegoria: un mito che per un seguace di Paolo era ''storico'' come lo era per Paolo. Tutti quei libri, in ogni caso, appartengono essenzialmente allo stesso tipo di letteratura apocalittica ebraica.

Questa Storia nascosta - il Disastro del 70 EC - è la fondamenta su cui è costruito l'edificio del vangelo di Marco. Delineare la sottostruttura determina la forma della sovrastruttura. Ci offre il modo per approcciare giustamente il vangelo di Marco.
L'autore del vangelo di Marco era il padrone assoluto del suo materiale. Lui sapeva esattamente cosa stava facendo. E lo fece davvero bene.

Il vangelo di Marco è letteralmente la storia della persecuzione, morte e risurrezione di Gesù Cristo. 
Gesù al culmine della sua missione sfama miracolosamente migliaia di persone, ebrei e gentili. Poi Pietro confessa che egli è il Cristo e, contrariamente ad ogni aspettativa, Gesù va a Gerusalemme per esservi processato e condannato dai leader, anzichè essere venerato e adorato. Soffre una morte ignominiosa, abbandondato dai suoi seguaci.

Cosa significa tutto questo?

Per l'autore di Marco, significa una sola cosa: Israele, il popolo eletto, è stato sconfitto paradossalmente dai romani, il suo Tempio è stato distrutto. Ma alla fine, ci assicura Marco, Israele sorgerà di nuovo, e stavolta non più a Gerusalemme, ma nella Galil ha-goyim.


Questa interpretazione tiene conto dell'influenza di Paolo su Marco.

In particolare, io penso che il ''mistero del regno''
E diceva: «Chi ha orecchi per ascoltare, ascolti!». Quando poi furono da soli, quelli che erano intorno a lui insieme ai Dodici lo interrogavano sulle parabole. Ed egli diceva loro: «A voi è stato dato il mistero del regno di Dio; per quelli che sono fuori invece tutto avviene in parabole...
(Marco 4:9-11)

si riferisca in qualche modo al ''mistero'' di Romani 11:25.
Non voglio infatti che ignoriate, fratelli, questo mistero, perché non siate presuntuosi: l’ostinazione di una parte d’Israele è in atto fino a quando non saranno entrate tutte quante le genti.

Il mistero è rivelato a tutti da Marco nella sua nuova situazione post-70 in cui egli si trovava ad agire, a differenza del da tempo deceduto Paolo. Un secondo esilio, una seconda Pasqua, è diventato una realtà. L'avvento di Gesù sulla Terra, che Paolo considerava imminente, è stato ritardato. Ma la via ai gentili è ora aperta e il Gesù risorto "vi precede in Galilea".

Così il giovane vestito di bianco (Paolo?) di Marco 16:5 comunica alle donne di dire a Pietro e ai discepoli che il nuovo esilio tra le nazioni è volontà divina. Dio ha convertito finalmente il male che i romani hanno rovesciato su Gerusalemme in un bene per gli stessi pagani.



Le buone nuove, ossia il Cristo Gesù di Paolo, raggiungeranno anche i pagani.

Il vantaggio di questa soluzione interpretativa è che incontra alla perfezione la realtà storica. La comunità di Gerusalemme, quella fondata dai Pilastri Pietro, Giacomo e Giovanni, continuava a guardare con preoccupazione e sospetto alle concezioni paoline sulla validità della Legge. Ma fu il pensiero di Paolo a prevalere alla fine.

Anche se ora, col vangelo di Marco, è stata introdotta una più alta autorità di Paolo, nonostante fosse a sostegno della versione di Paolo del vangelo e a sfavore di quella dei suoi rivali. Quella sola più alta autorità in grado di scavalcare il potere e l'influenza di Paolo sarebbe stata da allora ''Gesù di Nazaret''.

E altri, troppi, ne avrebbero profittato.


Vi sono ancora molte altre cose compiute da Gesù che, se fossero scritte una per una, penso che il mondo stesso non basterebbe a contenere i libri che si dovrebbero scrivere.
(Giovanni 21:25)