martedì 23 settembre 2014

Quando lo Spirito del Figlio scivolò dentro l'anonimo figlio d'uomo

NOTA: Quello che segue, oltre a riflettere alcune mie riflessioni personali, ha solo il crisma del possibile, dunque non può essere considerato probabile nella misura in cui lo è la tesi di Doherty-Carrier sulle vere origini cristiane.

Io sospetto che il mito originario dei Pilastri e di Paolo era il seguente:

il Figlio di Dio, puro spirito, è entrato in un uomo possedendolo per le poche ore della sua agonia sulla croce ad opera dei romani, mere marionette nelle mani degli arconti di questo eone. Quegli arconti, a differenza di qualunque essere umano presente alla crocifissione, sapevano che il Figlio di Dio era scivolato nell'uomo ma credevano erroneamente che, ammazzando l'uomo, avrebbero trionfato una volta per sempre sul Figlio di Dio. Non sapevano invece che il Figlio, esperendo la morte umana sulla croce, l'avrebbe sconfitta insieme ai demoniaci arconti di questo eone, per diventare il Signore della gloria.
Per i Pilastri con quella morte il Figlio aveva espresso implicitamente solidarietà alla causa antiromana (l'uomo nel quale lo spirito del Figlio era scivolato era considerato un ribelle al dominio romano, per aver meritato la morte sulla croce). Ma per Paolo i romani avevano solo fatto il loro dovere di rappresentanti dell'autorità imperiale, se avevano crocifisso qualcuno, posseduto o meno dal Figlio. Per Paolo e per gli altri apostoli quell'uomo, chiunque fosse stato, non aveva alcuna importanza. Nessun essere umano, ricordiamolo, aveva riconosciuto il Figlio dentro quell'uomo crocifisso sulla croce, ammesso che fosse stato presente alla crocifissione come carnefice o mero osservatore. Paolo, al pari dei Pilastri prima di lui, ''vide'' solo il Figlio risorto comunicargli il suo vangelo.  

Paolo si identificava nel Figlio, e esortava gli altri fratelli del Signore ad identificarsi a loro volta nel Figlio perchè morire e risorgere con Cristo nel battesimo è l'inizio del processo mediante cui il credente ottiene la stessa immagine di Dio, il suo eikon, che fu resa la prima volta ''umana'', seppure di nascosto e all'insaputa di tutti, quando Gesù divenne il Figlio dell'Uomo.
Al pari dei profeti dell'Antico Testamento, gli apostoli come Paolo erano chiamati attraverso un'esperienza allucinatoria. Com'è tipico di quelle esperienze, i visionari credevano sinceramente di subire una trasformazione nell'immagine dell'oggetto stesso della visione: il Figlio di Dio.
Il Figlio, umanizzandosi in un anonimo e rivelandosi agli apostoli, aveva permesso agli apostoli, e tramite loro ai nuovi credenti, di divinizzarsi a loro volta. Di purificarsi a loro volta. Senza più necessità di sacrifici espiatori in un Tempio caduto nelle mani di collaborazionisti filo-romani.

Dunque con la rivelazione, il Figlio permetteva a Paolo di essere cosciente del fatto che il Figlio lo stava possedendo. Lui e tutti i cristiani come lui.

Perciò la rivelazione celeste agli apostoli come Paolo era per certi versi più importante della stessa ''incarnazione'' del Figlio nell'anonimo perchè in quel caso l'anonimo, ovviamente ''storico'' solo per quelli allucinati, non si rese conto lui per primo (al pari degli altri presenti alla sua crocifissione) di essere ''posseduto'' dal Figlio, mentre al contrario Paolo, quando ''vedeva'' il Figlio, esperiva anche la propria identificazione col Figlio perchè contemporaneamente permetteva allo spirito del Figlio di scivolare in lui.

Una Non-Vita per il Figlio prima ancora che per Gesù


Poi ''Marco'' decise di inventarsi una vita per il Figlio, dall'istante che era scivolato nell'anonimo (al suo battesimo), all'istante in cui lo lasciava (alla sua morte) per riapparire nella Galilea dei Gentili. Presumibilmente agli apostoli come Paolo e non solo a loro, ma a tutti i cristiani che credevano di salvarsi identificandosi totalmente, tramite il battesimo, col loro salvatore celeste.

Si deve fare attenzione che l'autore di Marco non dice che Gesù divenne il Figlio al battesimo ma che il Figlio penetrò e possedette Gesù da quell'istante allo stesso modo in cui i demoni, nel medesimo vangelo di Marco, scivolano nelle loro sventurate vittime (vedi l'indemoniato geraseno, ad esempio) e coesistono dentro di loro assieme alla loro natura umana. Allo stesso modo in cui lo spirito di Elia entra dentro Giovanni il Battista. Dunque Marco non era un adozionista: non pensava che Dio avesse adottato Gesù come suo figlio a causa della sua superiorità morale rispetto ad altri uomini. Marco era un separazionista: nel suo Gesù convivevano due esseri separati, uno umano e l'altro divino. Si tratta di sapere, per decifrare la sua allegoria, chi Marco scelse come rappresentante dell'essere umano (o degli esseri umani) destinato ad essere posseduto dal Figlio. E questo è certamente l'impresa più difficile che attende chiunque voglia interpretare correttamente il primo vangelo su cui tutti gli altri furono basati.

 Però possiamo sapere fin d'ora qual è in estrema, anzi estremissima, sintesi il vero messaggio di fondo che vuole veicolare Marco con la sua allegoria, e quel messaggio è talmente semplice che lo si può rappresentare graficamente.

Se prima del battesimo il Figlio non aveva ancora attraversato i cieli da quell'immagine di Dio che egli era fin dal principio, e dunque al più le persone, se erano possedute, lo erano solo da spiriti maligni:


...col battesimo di Gesù lo Spirito Santo del Figlio era scivolato almeno dentro un uomo, coabitando dentro di lui assieme alla sua originaria natura umana. Da questo momento in poi solo i demoni che possedevano altre persone potevano identificare quale spirito possedeva Gesù.


Spirando Gesù sulla croce, il tormento dello spirito sulla croce è paragonabile alle grida di tormento dei demoni quando riconoscevano la presenza del Figlio nel corpo di Gesù e ne venivano esorcizzati.
Ma lo scopo finale del Figlio è fare in modo che, con la risurrezione, il Figlio dell'Uomo e il Figlio di Dio diventino uno e lo stesso. In modo che tutti i veri fratelli del Signore, a cominciare da Paolo,  possano diventare a loro volta immagine, eikon, del Figlio, e per logica conseguenza, dell'invisibile Dio. Tutti gli altri sono condannati a non essere mai visitati dallo Spirito Santo. Prima della Fine.




I successivi evangelisti, assecondando sempre più la tendenza interpretativa storicista che ormai aveva fatto irruzione tra gli hoi polloi per ovvi motivi di convenienza e rivalità settarie, pretesero di correggere l'originario separazionismo di Marco insistendo che il Figlio non era solo uno spirito possessore di Gesù dal suo battesimo, ma era da sempre stato Gesù di Nazaret fin dal momento della sua nascita predetta dalle Scritture (vedi Luca e Matteo), e addirittura (col quarto vangelo canonico) perfino prima della sua nascita, quale Logos pre-esistente ed eterno. L'identificazione tra vero dio e vero uomo, che doveva culminare a Nicea, era dunque inevitabile.