mercoledì 29 gennaio 2014

Ogni corretto ragionamento storico è per definizione bayesiano

Ho terminato la lettura di Proving History: Bayes' Theorem and the Quest for the Historical Jesus dello storico e filosofo Richard Carrier.

Non ci sono parole per descrivere e apprezzare debitamente la potenza del Teorema di Bayes applicato alla Storia come descritto in questo libro. Potenza che fa tutt'uno con la sua intrinseca naturalezza e la sua presenza effettiva dietro ogni corretto ragionamento storico degno di questo nome. E soprattutto, ogni altro valido metodo storico-critico esistente si può (e quindi si deve) ridurre alla corrispondente traduzione corretta in termini bayesiani. In altre parole, si può esprimere in numeri. E ogni eventuale sobbalzare sulla sedia che la semplice menzione dell'introduzione di *numeri* nella disciplina storica può scatenare e coagulare per reazione, è subito compensata da un'abile ed efficace risposta dell'autore a tutte le possibili obiezioni che si possono sollevare, tipo ''ma la matematica è difficile!'', ''ma l'infallibilità della matematica non si concilia con la realtà storica!'', ''ma chi decide i dati in ingresso?!'', ecc.
Il lettore che prima facie nutre giustamente quelle perplessità è esortato a leggere e a capire in secunda facie -- altrettanto giustamente -- questo libro. (Perchè, se non lo fa, le sue ostentate perplessità servono solo a nascondere l'ennesima manifestazione della solita follia apologetica all'opera). E a quel punto comprenderà che il dr.Carrier ha semplicemente ragione quando afferma che ogni corretto metodo storico è fondamentalmente Bayesiano.

Tale affermazione potrebbe provocare -- e difatti ha provocato -- un comune consenso da parte di parecchi scienziati e filosofi e storici (Carrier non è il primo e nemmeno l'ultimo ad appellarsi al Teorema di Bayes, tra gli studiosi di tutte le discipline scientifiche) ma così non è nel campo degli studi su Gesù, un campo reo di mostrare sempre più spesso una pressochè totale superficialità e mancanza di profondità nella ricerca, perfino a fronte di reali, buoni risultati. Richard Carrier (ateo) intende veramente definire per prima le ''regole del gioco'', e per onestà intellettuale ha scelto il metodo più imparziale di tutti, al quale tutti gli altri si riducono. In questo mi ricorda l'astro nascente della politica italiana (cattolico), che per meri motivi di real politik vuole prima definire le ''regole del gioco'' con un condannato per frode fiscale: spero che il lettore sappia apprezzare le differenze.

Questo libro è forse il primo libro che espone in maniera concisa e dettagliata tutti i motivi che dovrebbero costringere un vero storico a usare metodi bayesiani nel suo studio. [1] Da questo punto di vista, ad alcuni -- compreso me stesso -- può sembrare quasi un'offesa, una vera sciocchezza, che una così ottima illustrazione del metodo debba legare la propria fama ad una materia così gretta e meschina quale può essere, e rivelarsi di nuovo e ancora di nuovo, quella, così ideologicamente inquinata e ipocritamente affettata, degli studi biblici del Nuovo Testamento.
Parlare di Gesù non è affatto necessario per apprezzare il caso inteso fare dal dr.Carrier, quindi perchè avvelenare la presentazione di questo metodo storico bayesiano così potente e chiaro applicandolo di primo acchito in un campo così controverso? E per giunta per anticipare i risultati della prima applicazione di quel metodo addirittura sulla questione della storicità di Gesù?

I contenuti di Proving History sembrano troppo ovvi, esageratamente e spassionatamente ovvi, per poter anche solo raccomandare questo libro al lettore (tant'è vero che l'ho letto non in forma cartacea). Ma poi mi balena il pensiero che nessun altro libro di metodologia storica in generale, e sul Gesù storico in particolare, ha mai avuto anche solo la pretesa di usare la teoria della probabilità per giustificare i suoi risultati. Il che è un forte indizio che Proving History può essere realmente il miglior libro finora mai scritto nel campo.

Tuttavia il libro è importante anche per altri due aspetti.
Fornisce, nel capitolo 5, la più esaustiva e crudele critica di tutti i metodi finora impiegati nella ricerca del fantomatico Gesù di Nazaret. Una critica che vuole essere implicitamente anche una denuncia dell'enorme casino che hanno fatto e continueranno, temo, a fare i Grandi Soloni storicisti dell'accademia. [2]
E meraviglia delle meraviglie, Richard Carrier fornisce en passant sicuramente la più concisa descrizione di alcuni assiomi e argomenti classici impiegati dagli storici: parti del libro che trovo in assoluto le più utili su un piano più immediatamente intuitivo perchè coprono temi che sicuramente, a mio parere, si riveleranno di importanza cruciale nella penetrazione del vero problema, oltre che nella comprensione del caso che Richard Carrier farà nel suo prossimo libro, On the Historicity of Jesus, quando l'applicazione del metodo storico bayesiano su tutti i dati che riguardano il Gesù storico suggerirà fortemente che quel Gesù non è mai esistito.

Mi limito solo a presentarne alcuni:
Assioma 5: Ogni argomento che si basa sull'inferenza ''possibilmente, perciò probabilmente'' è fallace.
 Anche se ammettiamo che qualcosa che è possibile potrebbe tuttavia essere vera, ciò non dimostra che ogni cosa è realmente vera. Questa è una forma di fallacia modale che chiamo possibiliter ergo probabiliter (''possibilmente, perciò probabilmente'') ed è così comune in un argomento storico da meritare particolare attenzione. Solo perchè potete concepire una possibile spiegazione alternativa non implica che la vostra alternativa sia realmente più probabile (o in qualche modo del tutto probabile). Per esempio, gli storici spesso rifiuteranno un Argomento del Silenzio proponendo qualche spiegazione del perchè un documento è silente su quel dettaglio. Naturalmente, conoscere perchè non disponiamo di certa evidenza allora non cambia il fatto che non disponiamo di quell'evidenza. Tutto ciò allora che potete dire è che questa mancanza di evidenza è inconclusiva, non che supporta una conclusione rispetto ad un'altra. Ma ancor più importante, solo perchè potete pensare ad un motivo per spiegare il silenzio di un documento non significa che quel motivo è probabile, e se non è probabile, non è una valida obiezione ad un Argomento del Silenzio -- così trattarla come se fosse un'obiezione è una fallacia ...
(pag. 17)

Questo è certamente un monito al Folle Apologeta.
Assioma 8: Una conclusione è solo tanto certa quanto la sua più debole premessa.
È essenziale badare al più debole link in ogni argomento, perchè molto spesso un singolo debole link renderà tutte le conclusioni risultanti proprio altrettanto deboli -- o, mediante la loro accumulazione, perfino più deboli.
(pag. 20)
Quante volte questo assioma è stato infranto!
Assioma 10: Affermazioni deboli che contraddicono affermazioni forti sono probabilmente false (e non viceversa).
Ogni affermazione debole per definizione avrà una minor probabilità di esser vera rispetto ad una affermazione forte. Perciò, se una affermazione debole contraddice una affermazione forte, tutte le altre essendo uguali, più probabilmente che non l'affermazione debole è falsa. Questo non implica che l'affermazione forte è vera. Ma implica che solamente l'affermazione forte può allora venir asserita come la più probabile delle due, il che significa che una affermazione forte non può mai essere confutata con una più debole. Davvero troppo spesso, gli storici tenteranno di confutare una affermazione ben-supportata appellandosi ad una affermazione il cui supporto è molto meno sicuro. Un tale approccio è fallace e quindi, per il primo assioma, dovrebbe essere rifiutato da tutti gli storici esperti.
(pag. 21)
Questo va dritto al cuore di chi spera di ''vincere facile'' ricorrendo al Testimonium Apologetarum di turno!
Lo ''Smell Test'' [''Test dell'Odore''] è un comune principio metodologico nello studio del mito, leggenda e agiografia. Questo test può essere più semplicemente definito così ''se suona incredibile, probabilmente lo è''. Quando ascoltiamo racconti di cani parlanti e maghi volanti, non li prendiamo seriamente, neppure per un momento. Immediatamente li escludiamo come fabbricazioni. Di solito non investighiamo. Non aspettiamo finchè possiamo trovare una prova contro l'affermazione. Sappiamo giusto dall'inizio che il racconto è bogus [''artefatto, contraffatto, falso, finto'']. Tuttavia la sola base per questo giudizio è lo Smell Test. Si tratta di un test valido? È certamente accettato dappertutto dagli storici in ogni campo.  È solamente rigettato con sospetto dai credenti religiosi, e poi solo quando è applicato ad affermazioni impressionanti a cui preferiscono credere. Basano questo rigetto nell'affermazione che non dovremmo aver pregiudizi contro il soprannaturale, e Dio può fare ogni cosa. Tuttavia, se essi onestamente hanno creduto in quei principi dovrebbero essere indotti a concedere alle pretese di miracoli di ogni religione ''perchè non dovreste nutrir pregiudizi contro il soprannaturale, e Dio può fare ogni cosa.'' Questo include tutti i miracoli pagani (incredibili apparizioni di divinità, resurrezione di massa di pesci congelati, guarigioni mirabili, e teletrasporti), miracoli musulmani (dividere le lune, alberi piangenti, voli nello spazio extra-atmosferico), miracoli buddisti (bilocazione, levitazione, creare scale d'oro con un mero pensiero), e in verità ogni e qualsiasi affermazione incredibile di qualsiasi tempo.  
  ... 
In altre parole, il nostro pregiudizio contro il soprannaturale è giustificato, proprio come il nostro pregiudizio contro l'onestà di politici è giustificato: abbiamo ripreso la loro disonestà così numerose volte che sarebbe folle credere implicitamente ad ognuno in politica. Parimenti, racconti incredibili: abbiamo colto il loro essere fabbricati così numerose volte che sarebbe folle credere implicitamente ad ognuno di loro.
(pag. 71)

C'era veramente la necessità di ribadire questo principio, che sicuramente si rivelerà fondamentale nell'analisi dei vangeli.

Ma ancor più mi preme prestare particolare attenzione al seguente brano:
Gli storici si basano quotidianamente sull'Argomento del Silenzio: quando qualcosa non è detta o attestata, concludiamo che non accadde. Un tale ragionamento è spesso sfidato con lo slogan: "assenza di evidenza non è evidenza di assenza.'' Ma la verità è, assenza di evidenza è evidenza di assenza -- ma solo quando quell'evidenza è attesa. Ascoltate a volte anche l'assioma ''non potete provare un negativo'', ma anche quello è falso. I negativi sono spesso piuttosto facili da provare e noi li proviamo tutto il tempo. In realtà, logicamente, ogni affermazione positiva implica una opposta affermazione negativa, quindi meramente nell'atto di provare un positivo abbiamo sempre provato un negativo; spesso un gran numero di loro. La questione se Gesù esisteva, per esempio, sarebbe decisamente provata nel negativo dalla scoperta di una lettera autenticata e firmata dall'apostolo Pietro che dice chiaramente che Gesù fu solo un essere cosmico il cui soggiorno sulla terra fu meramente un mito simbolico, e che fu solamente conosciuto da qualcuno mediante una percezione mistica. E potremo avere avuto un'evidenza di gran lunga maggiore di quella - come l'abbiamo per l'a-storicità di Betty Crocker, per esempio. Di qui, provare un negativo in principio non è di nessuna difficoltà. L'a-storicità di Mosè e Abramo e di tutti gli altri patriarchi è ora generalmente accettata da parte degli studiosi di tutto il mondo come un fatto stabilito, piuttosto giustamente, e tuttavia senza neppure il bisogno di una tale pistola fumante come una epistola contemporanea che li dichiara finzione. Ma possiamo dimostrare validamente  che se Gesù non è esistito avremo una tale lettera da Pietro (o qualcosa di tale evidenza), e perciò il fatto che non l'abbiamo dimostra contro la nozione? Sfortunatamente, no, perchè abbiamo poco motivo di aspettarci che una tale evidenza sia sopravvissuta per poterla avere noi ora. In verità, non ci sarebbe alcuna ragione per qualcuno di dire veramente che Gesù non camminò sulla terra fino a quando qualcun altro iniziò a dire che egli lo fece. Se ciò accadde solo dopo la morte di Pietro, egli non avrebbe mai potuto scrivere una lettera per contraddirlo. Se possiamo aspettare che qualcuno abbia agito così, comunque, è una questione che devo chiedermi nel prossimo volume. Per il presente, la nostra preoccupazione è relativa a quando un Argomento del Silenzio è valido e profondo -- e quando non lo è. Le condizioni logiche sono già state correttamente definite:
Per essere valido, l'argomento del silenzio deve realizzare due condizioni: lo scrittore il cui silenzio è invocato in una dimostrazione della non-realtà di un presunto fatto, certamente avrebbe conosciuto al riguardo se esso fosse stato un fatto; [e] conoscendolo, sotto le circostanze avrebbe certamente fatto menzione di esso. Quando quelle due condizioni sono realizzate, l'argomento del silenzio prova il suo punto con certezza morale.
Che sarebbe un caso slam-dunk [''schiacciata'']. Ma un impiego relativamente più debole è possibile, nella misura che ciascuna delle due condizioni è meno certa. Così potrebbe essere  soltanto ''un pò certo'' che gli autori attinenti conobbero il fatto e lo menzionerebbero, nel cui caso questo argomento può produrre soltanto una conclusione ''un pò certa''. Generalmente parlando, basandosi sul fatto ipotizzato stesso, e in congiunzione con ognicosa sappiamo su evidenza affidabile, abbondante, dovremo noi aspettarci di avere evidenza di quel fatto? Se la risposta è si, e tuttavia niente di tale evidenza appare, allora un Argomento del Silenzio è forte. Se la risposta è no, allora è debole. Non aver più evidenza del sole che si eclissa (esaminato nel capitolo 3) è un forte Argomento del Silenzio, ma non aver una lettera da parte dei primi Apostoli che dichiara esplicitamente Gesù una finzione è debole. Gli esempi di Cesare che che si fa la barba o gioca a dadi con una puttana (esaminato nel capitolo 2) sono ancora più deboli, essendo esattamente cosa gli storici hanno in mente quando dichiarano che assenza di evidenza non è evidenza di assenza. tuttavia, come dimostra il caso del sole, quella regola non sempre si applica. Una volta di nuovo, Il TB descrive la logica di questo argomento. Se su h dovremo aspettarci una qualche evidenza e1 dato b (tutta la nostra conoscenza di background)  e tuttavia non abbiamo e1, allora la probabilità conseguente di h dev'essere ridotta - esattamente di tanto quanto la perdita di e1 è improbabile (perchè l'assenza di quell'evidenza è una parte della piena e che deve essere spiegata da h). Questa stessa regola opera sul conseguente di ~h altrettanto bene, se ~h implica evidenza che non abbiamo. Il bit sporco è l'effetto che b ha su questa stima. La nostra conoscenza di background stabilisce una attesa davvero bassa per la sopravvivenza dell'evidenza dall'antichità, particolarmente il genere di evidenza che si aspetterebbe se Gesù non è esistito (discuterò il problema più generico di ''evidenza perduta'' nel capitolo 6, pagina 219). Comunque, quella stessa conoscenza di background stabilisce una aspettativa piuttosto alta che l'evidenza che sopravvisse possiederebbe certe caratteristiche, e alcuni studiosi hanno dimostrato che l'evidenza che è sopravvissuta è interamente di un diverso carattere. Nel mio prossimo volume io discuterò questa stranezza e come potrebbe essere trattata. Il punto da osservare qui è che l'Argomento del Silenzio è uno strumento storico comunemente accettato, ed è logicamente valido precisamente e soltanto quando si conforma al BT. 
(pag. 73-74)

Questo punto lo vorrei ribadire a caratteri cubitali, in questo post:

L'assenza di evidenza
È
evidenza di assenza
--
ma solo quando quella evidenza è attesa.

[1] Esiste in realtà anche un altro libro, che dimostra lo stesso risultato.

[2] Basta leggersi un'intervista rilasciata da Dale Allison, un dichiarato Buddha agnostic, per convincersi, prima facie, della innata pochezza, superficialità e trascuratezza del caso storicista. ''Pochezza'' perchè si tenta di liquidare in poche righe una questione invero affatto non banale. ''Superficialità'' perchè si affida colpevolmente ad una conclusione del tutto prima facie dell'evidenza disponibile. E ''trascuratezza'' perchè ignora -- affettatamente? -- tutte le serie argomentazioni contrarie. Perfino quando non sono relegate nell'oceano indistinto del Web, ma superano la peer-review accademica basandosi in parte sui risultati dello stesso Allison.

sabato 11 gennaio 2014

Della certezza che il ''Cristo Gesù'' di Paolo non è Gesù di Nazaret, ma è un arcangelo celeste

Dal 1° secolo ci furono una gran varietà di religioni nel mondo greco-romano note come "culti misterici". C'erano centinaia di queste diverse religioni misteriche, culti che adoravano eroi o divinità particolari, come Adone, Dioniso, Mitra, e Osiride. Molte di queste divinità erano divinità salvifiche, e le persone erano iniziate in queste religioni spesso attraverso cerimonie segrete, che includevano vari rituali, come i sacrifici, pasti speciali, unzioni, lavaggi battesimali, ecc.

Non sappiamo molto di queste religioni misteriche, sia perché molte di loro non hanno lasciato scritti e perchè le loro dottrine erano tenute segrete, e anche perché quel poco di informazione originale che c'era su di loro non è stato conservato o è stato distrutto dai cristiani una volta insediatisi al potere, ma sappiamo tuttavia qualcosa da alcuni commenti fatti su di loro dai primi cristiani. Sia Giustino Martire sia Tertulliano hanno fatto commenti che mettono a confronto i riti cristiani con i "misteri" di altre religioni.
Questo cibo è chiamato da noi Eucarestia, e a nessuno è lecito parteciparne, se non a chi crede che i nostri insegnamenti sono veri, si è purificato con il lavacro per la remissione dei peccati e la rigenerazione, e vive così come Cristo ha insegnato.
Infatti noi li prendiamo non come pane comune e bevanda comune; ma come Gesù Cristo, il nostro Salvatore incarnatosi, per la parola di Dio, prese carne e sangue per la nostra salvezza, così abbiamo appreso che anche quel nutrimento, consacrato con la preghiera che contiene la parola di Lui stesso e di cui si nutrono il nostro sangue e la nostra carne per trasformazione, è carne e sangue di quel Gesù incarnato.
Infatti gli Apostoli, nelle loro memorie chiamate vangeli, tramandarono che fu loro lasciato questo comando da Gesù, il quale prese il pane e rese grazie dicendo ''Fate questo in memoria di me, questo è il mio corpo''. E parimenti, prese il calice e rese grazie e disse: ''Questo è il mio sangue''; e ne distribuì soltanto a loro.
I malvagi demoni per imitazione, dissero che tutto ciò avveniva anche nei misteri di Mitra. Infatti voi già sapete, o potete apprendere, come nei riti di iniziazione si introducano un pane e una coppa d'acqua, mentre si pronunciano alcune formule.

(Prima Apologia, Giustino Martire)

Qui Giustino Martire afferma che "malvagi demoni", per ''imitazione'', hanno innestato quei sacri misteri nelle religioni mitraiche perché questi rituali esistevano prima della religione cristiana, per cui l'affermazione del Padre della Chiesa era che Satana avesse "imitato" questi misteri ben prima della venuta di Cristo sulla terra firma. Spero che si possa vedere il problema con questa logica grottesca, ma almeno ci dice che i rituali del cristianesimo furono simili ai rituali del mitraismo.

Tertulliano ha anche commentato su questo argomento:
XL. Falsi e ingannevoli procedimenti degli eretici

Ma si domanda: da quale potenza può venire interpetrato il senso di quei luoghi, in modo che essi favoriscano poi lo svolgersi di una credenza eretica? È manifesto che ciò non può avvenire se non da parte del diavolo; è proprio il suo mestiere, del resto, quello di sconvolgere e di turbare ogni principio di verità. E lui pure imita nei misteri degli idoli, i riti delia divina fede; egli pure battezza chi professa fede in lui e si dice suo seguace; e promette pure lui che le loro colpe otterranno perdono da questo lavacro. Se ancor bene mi ricordo, anche Mitra segna i suoi seguaci, e imprime loro il suggello sulla fronte, dì quella che sia la sua religione; anche l'offerta del pane è fra le cerimonie che si ricollegano a lui; ecco che nei suoi riti appare anche un'immagine della resurrezione, e ai caduti di spada offre la corona. Eppoi, non ha fissato pur lui per il suo sommo sacerdote la facoltà di stringere una sola volta vincolo di nozze? Anche lui ha le sue vergini ed ha pure discepoli, che osservano i principi della continenza. Del resto se ci rifacciamo a considerare le credenze superstiziose di Numa Pompilio, se esaminiamo le funzioni dei sacerdoti gli onori di cui sono insigniti, i loro privilegi, le funzioni sacrificali a cui essi presiedono, gli strumenti e i vasi diversi che vengono usati nei molteplici riti, e le stranezze, le particolarità curiose e minuziose dei voti e delle cerimonie espiatorie, non ci appare forse manifestamente che il demonio ha imitato la Legge Mosaica in tutta la sua minuziosa esattezza?
Egli dunque, che i medesimi procedimenti rituali con cui vengono trattati e celebrati i Sacramenti del Signore, si è studiato con tanta scrupolosità di riprodurre nelle cerimonie idolatre; egli dico, tese con ogni desiderio a raggiungere questo scopo e potè infatti applicare ad una credenza profana, in contrasto aperto colla vera, quei procedimenti proprì delle cose divine e dei Sacramenti Cristiani. I pensieri suoi si ritrovavano nei nostri, le sue parole erano quelle nostre, le sue parabole non erano che le parabole nostre. Ed è per questo, dunque, che non ci deve essere alcuno, il quale possa nutrire dubbi che quei principi di male e di menzogna, da cui traggono origine e alimento le eresie, derivino proprio dal diavolo e che le eresie non sono affatto molto lontane dalla idolatria, in quanto riconoscono come loro principio e usano come loro mezzi, quelli stessi che riconosce e di cui si serve l'idolatria. Infatti o immaginano un Dio diverso dal Dio, sommo Creatore, oppure, se riconoscono un Dio unico Creatore, seguono intorno a Lui una credenza che non è la vera. E dunque, qualunque parola di menzogna che si possa pronunziare contro Iddio, diviene, in certo modo, elemento d'idolatria.

(Tertulliano, La Prescrizione Contro gli Eretici)
Sempre Tertulliano ha ripetuto le stesse cose in un'altra opera:
''Ma'', obietterai, ''i Gentili, estranei a ogni comprensione delle cose spirituali, attribuiscono un potere di pari efficacia ai loro idoli''. Essi raccontano a loro stessi delle menzogne, infatti le loro acque battesimali sono sterili. In certi riti sacri vengono iniziati mediante un battesimo in modo che appartengono a Iside forse, o a Mitra. Gli déi stessi parimenti onorano con battesimi. Inoltre essi ritualmente purificano le case della loro regione e villaggio, i loro templi e città intere, portandovi acqua e cospargendola. Certamente ai giochi apollinariani e di Eleusi vengono tutti quanti battezzati, e suppongo che stanno facendo questo con una prospettiva di rinascita e liberazione dai loro giuramenti infranti. Tra gli antichi, uno che si era macchiato di omicidio si guardava attorno alla ricerca di acque purificatrici.
Allora, poichè la purificazione è una caratteristica particolare del battesimo, se cercano favori di un idolo in quanto causa di purificazione, quanto più veramente il battesimo trasmetterà tale beneficio mediante l'autorità del Dio dal quale ognuno dei suoi attributi è stato costituito?
Se si suppone che il battesimo riceve il potere di guarigione dall'uso religioso, quale più efficace utilizzo religioso esiste del riconsocimento del Dio vivente? Anche qui osserviamo lo zelo del diavolo nell'ostilità verso le cose di Dio, in quanto anch'egli pratica il battesimo tra i suoi.

(Tertulliano, Il Battesimo)
Quindi se ne può dedurre che molte delle pratiche, come il battesimo e i pasti sacri, che furono una parte degli insegnamenti di Paolo, erano già in uso tra le religioni misteriche nel mondo greco-romano. Vediamo anche che nel culto misterico di Mitra ''appare anche un'immagine della resurrezione". Questo è importante da comprendere quando si leggono le opere di Paolo. Può essere il caso che il vangelo di Paolo e dei primi insegnamenti su "Gesù Cristo" non fosse altro che un'istanza ebraica di questo identico tipo di religione misterica? Passo dunque agli scritti di Paolo per avere un'idea.
Non voglio infatti che ignoriate, fratelli, questo mistero, perché non siate presuntuosi: l’ostinazione di una parte d’Israele è in atto fino a quando non saranno entrate tutte quante le genti.
Allora tutto Israele sarà salvato, come sta scritto: 
Da Sion uscirà il Liberatore, egli toglierà l’empietà da Giacobbe. Sarà questa la mia alleanza con loro quando distruggerò i loro peccati.  
Quanto al Vangelo, essi sono nemici, per vostro vantaggio; ma quanto alla scelta di Dio, essi sono amati, a causa dei padri, infatti i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili!

 (Romani 11:26-29)
Qui Paolo sembra parlare della venuta di un futuro "Liberatore", ma non fa nessuna menzione di Gesù qui. Se Gesù fosse appena stato sulla terra firma, allora perché Paolo sta parlando di antiche scritture, invece di Gesù Cristo, che era appena stato qui?

Questo è simile a quanto è detto anche in Filippesi.
Non ho certo raggiunto la mèta, non sono arrivato alla perfezione; ma mi sforzo di correre per conquistarla, perché anch’io sono stato conquistato da Cristo Gesù. Fratelli, io non ritengo ancora di averla conquistata. So soltanto questo: dimenticando ciò che mi sta alle spalle e proteso verso ciò che mi sta di fronte, corro verso la mèta, al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù. Tutti noi, che siamo perfetti, dobbiamo avere questi sentimenti; se in qualche cosa pensate diversamente, Dio vi illuminerà anche su questo. Intanto, dal punto a cui siamo arrivati, insieme procediamo. Fratelli, fatevi insieme miei imitatori e guardate quelli che si comportano secondo l’esempio che avete in noi. Perché molti – ve l’ho già detto più volte e ora, con le lacrime agli occhi, ve lo ripeto – si comportano da nemici della croce di Cristo. La loro sorte finale sarà la perdizione, il ventre è il loro dio. Si vantano di ciò di cui dovrebbero vergognarsi e non pensano che alle cose della terra. La nostra cittadinanza infatti è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso, in virtù del potere che egli ha di sottomettere a sé tutte le cose.
(Filippesi 3 :12-21)
 Qui Paolo dice di attendere un Salvatore dal cielo, che è Gesù. Non dice di star aspettando il suo ritorno, o qualcosa di simile, ma che attendono un Salvatore dal cielo.

Torno nuovamente alla lettera ai Romani dove si parla di misteri:
A colui che ha il potere di confermarvi nel mio Vangelo, che annuncia Gesù Cristo, secondo la rivelazione del mistero,  avvolto nel silenzio per secoli eterni, ma ora manifestato mediante le scritture dei Profeti, per ordine dell’eterno Dio, annunciato a tutte le genti perché giungano all’obbedienza della fede, a Dio, che solo è sapiente, per mezzo di Gesù Cristo, la gloria nei secoli. Amen. 
(Romani 16:25-27)
  
Suonano davvero strane queste parole di Paolo, se si sta parlando di un Gesù Cristo appena esistito di recente sulla terra firma che aveva appena predicato il suo messaggio, testimoniato da migliaia di persone. Paolo sta dicendo che antichi misteri vengono ora rivelati e resi noti attraverso gli scritti profetici, ma perché non potrebbe dire, al contrario, che queste cose sono state rese note da Gesù stesso?

Anche Romani 10, ben prima di questo passo, evidenzia il medesimo problema.
Fratelli, il desiderio del mio cuore e la mia preghiera salgono a Dio per la loro salvezza. Infatti rendo loro testimonianza che hanno zelo per Dio, ma non secondo una retta conoscenza. Perché, ignorando la giustizia di Dio e cercando di stabilire la propria, non si sono sottomessi alla giustizia di Dio. Ora, il termine della Legge è Cristo, perché la giustizia sia data a chiunque crede. 
(Romani 10: 1-4)
Poiché non c’è distinzione fra Giudeo e Greco, dato che lui stesso è il Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che lo invocano. Infatti: Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato. Ora, come invocheranno colui nel quale non hanno creduto? Come crederanno in colui del quale non hanno sentito parlare? Come ne sentiranno parlare senza qualcuno che lo annunci? E come lo annunceranno, se non sono stati inviati? Come sta scritto: Quanto sono belli i piedi di coloro che recano un lieto annuncio di bene! Ma non tutti hanno obbedito al Vangelo. Lo dice Isaia: Signore, chi ha creduto dopo averci ascoltato? Dunque, la fede viene dall’ascolto e l’ascolto riguarda la parola di Cristo.
(Romani 10:12-17)
Il problema sollevato da questo passo è il seguente: se Gesù era appena stato sulla terra firma a predicare agli ebrei e a operare miracoli in Galilea e Giudea e ad attirare grandi folle, come affermano i vangeli (letti dottrinalmente), allora perché Paolo ci tiene a precisare qui che gli ebrei non possono venire biasimati per non credere in Cristo, perché non hanno mai sentito parlare di lui? Paolo poi dice che la fede viene dall'ascolto, e ciò che si ascolta è ''la parola di Cristo". (Alcune traduzioni anche rendono "di Dio"). Tutte queste cose non hanno senso se Gesù fosse appena stato qui sulla terra firma, proclamando il proprio messaggio e operando i propri miracoli. Questo passo è seguito da un altro in cui Paolo si chiede ancora "forse non hanno udito?", a cui lui risponde retoricamente, "Tutt’altro", seguito da un passo dell'Antico Testamento che recita: "Per tutta la terra è corsa la loro voce", cioè il messaggio di Cristo, attraverso i profeti. Da nessuna parte in questo passo, dove avrebbe totalmente senso affermare che Gesù in persona aveva fatto conoscere ai figli d'Israele il suo vangelo, Paolo ci dice qualcosa riguardo a Gesù: egli cita solo antiche scritture e parla unicamente di profeti di Cristo.
Anch’io, fratelli, quando venni tra voi, non mi presentai ad annunciarvi il mistero di Dio con l’eccellenza della parola o della sapienza. Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e Cristo crocifisso. Mi presentai a voi nella debolezza e con molto timore e trepidazione. La mia parola e la mia predicazione non si basarono su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza, perché la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio.
(1 Corinzi 2:1-5)
Qui Paolo chiama Gesù Cristo, "e Cristo crocifisso", un mistero di Dio.
Vi dico questo, o fratelli: carne e sangue non possono ereditare il regno di Dio, né ciò che si corrompe può ereditare l’incorruttibilità. Ecco, io vi annuncio un mistero: noi tutti non moriremo, ma tutti saremo trasformati, in un istante, in un batter d’occhio, al suono dell’ultima tromba. Essa infatti suonerà e i morti risorgeranno incorruttibili e noi saremo trasformati. È necessario infatti che questo corpo corruttibile si vesta d’incorruttibilità e questo corpo mortale si vesta d’immortalità. Quando poi questo corpo corruttibile si sarà vestito d’incorruttibilità e questo corpo mortale d’immortalità, si compirà la parola della Scrittura: 
La morte è stata inghiottita nella vittoria. Dov’è, o morte, la tua vittoria? Dov’è, o morte, il tuo pungiglione? 
Il pungiglione della morte è il peccato e la forza del peccato è la Legge.

(1 Corinzi 15: 50-56)
Qui Paolo afferma che sta comunicando a queste persone un "mistero", ma perché questo sarebbe un mistero, se Gesù Cristo era appena stato sulla terra firma un paio di anni prima per portare questo medesimo messaggio alla gente, un messaggio che ha presumibilmente predicato più volte stando ai vangeli (letti dottrinalmente), e che ha ulteriormente confermato resuscitando Lazzaro, e poi sé stesso, dai morti? Per giunta, perché mai Paolo farebbe riferimento alla Scrittura in quanto sostegno di vita eterna, invece di riferirsi con tale espressione a Gesù stesso?
Per questo io, Paolo, il prigioniero di Cristo per voi pagani... penso che abbiate sentito parlare del ministero della grazia di Dio, a me affidato a vostro favore: per rivelazione mi è stato fatto conoscere il mistero, di cui vi ho già scritto brevemente. Leggendo ciò che ho scritto, potete rendervi conto della comprensione che io ho del mistero di Cristo. Esso non è stato manifestato agli uomini delle precedenti generazioni come ora è stato rivelato ai suoi santi apostoli e profeti per mezzo dello Spirito: che le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo.
(Efesini 3:1-6)
 C'è incertezza sul fatto che Efesini sia o no una lettera autentica di Paolo, ma a prescindere dalla questione della sua autenticità o meno, come potrebbe venire pronunciata una dichiarazione come questa se Gesù Cristo era appena stato qui sulla terra firma? Si sta affermando che Cristo è un mistero, e che il mistero di Cristo è "stato rivelato ai suoi santi apostoli e profeti per mezzo dello Spirito." Non sarebbe da dire al contrario che Gesù è stato rivelato ai suoi apostoli mediante lo Spirito, se un Gesù storico fosse appena stato sulla terra firma come ogni altro essere umano?
Ora io sono lieto nelle sofferenze che sopporto per voi e do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa. Di essa sono diventato ministro, secondo la missione affidatami da Dio verso di voi di portare a compimento la parola di Dio, il mistero nascosto da secoli e da generazioni, ma ora manifestato ai suoi santi. A loro Dio volle far conoscere la gloriosa ricchezza di questo mistero in mezzo alle genti: Cristo in voi, speranza della gloria. È lui infatti che noi annunciamo, ammonendo ogni uomo e istruendo ciascuno con ogni sapienza, per rendere ogni uomo perfetto in Cristo.
(Colossesi 1: 24-28)
Colossesi è un altra lettera che potrebbe non essere una lettera autentica di Paolo, ma qui ci viene detto che il "corpo di Cristo" è "la chiesa"! Ci viene detto che Dio ha scelto Paolo per far conoscere il suo "mistero", cioè "Cristo in voi". La chiesa è chiamata il corpo di Cristo pure in Efesini.
A ciascuno di noi, tuttavia, è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo. Per questo è detto: Asceso in alto, ha portato con sé prigionieri,  ha distribuito doni agli uomini. Ma cosa significa che ascese, se non che prima era disceso nelle parti più basse della terra? Colui che discese è lo stesso che anche ascese al di sopra di tutti i cieli, per essere pienezza di tutte le cose. Ed egli ha dato ad alcuni di essere apostoli, ad altri di essere profeti, ad altri ancora di essere evangelisti, ad altri di essere pastori e maestri, per preparare i fratelli a compiere il ministero, allo scopo di edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, fino all’uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo. Così non saremo più fanciulli in balìa delle onde, trasportati qua e là da qualsiasi vento di dottrina, ingannati dagli uomini con quella astuzia che trascina all’errore. Al contrario, agendo secondo verità nella carità, cerchiamo di crescere in ogni cosa tendendo a lui, che è il capo, Cristo. Da lui tutto il corpo, ben compaginato e connesso, con la collaborazione di ogni giuntura, secondo l’energia propria di ogni membro, cresce in modo da edificare se stesso nella carità.
(Efesini 4: 7-16)
Qui osservo diverse cose. Innanzitutto questo passo cita le scritture dell'Antico Testamento (Salmo 68:18: Tu sei salito in alto, portando prigionieri, hai ricevuto doni dagli uomini, anche dai ribelli, per far qui la tua dimora, o Signore Dio) per descrivere Cristo, davvero molto strano se Gesù era appena stato qui sulla terra firma e si fosse fatto riconoscere per uscire in qualche modo dall'oscurità e marginalità più totale che l'avvolgeva. Nell'interpretare le Scritture che parlano circa l'ascensione si dice che Gesù ha dovuto discendere in primo luogo: ma dove ha compiuto la discesa? "Nelle parti più basse della terra", in altre parole l'Ade, il mondo degli Inferi, l'Inferno. Questo è tutto un discorso metaforico e mitico basato sulle scritture, ma perché interrogare sempre le scritture se Gesù si era appena incarnato "nella carne" sulla terra firma, circa 15-20 anni fa? Se Gesù fosse stato veramente sulla terra firma per predicare e parlare al popolo, perché parlare di discesa negli Inferi qui? Non soltanto si parla di un Cristo che scende negli inferi, ma da nessuna parte nella lettera viene mai detto qualsosa su una predicazione terrena di Gesù. Se questo fosse mero catechismo che veniva annunciato in aggiunta ad una discussione della sua attività terrena e dei suoi insegnamenti è un conto, ma tutte queste lettere si limitano solamente a citare le scritture e a parlare di Gesù in modi metaforici come questo.

Il passo continua a parlare della comunità come il "corpo di Cristo". Paolo descrisse la comunità o la Chiesa come corpo di Cristo in quasi tutte le sue lettere.

Tutto questo discorso  sul mistero (e vi è più di esso nelle varie epistole del Nuovo Testamento) non solo è simile a ciò che si crede fu predicato nelle altre religioni misteriche, ma esclude anche una precedente predicazione terrena di Gesù!

Paolo ci rivela espressamente che la sua conoscenza di Gesù Cristo non è venuta da un altro essere umano, ma è venuta a lui direttamente per "rivelazione" da parte di Gesù Cristo stesso.
Vi dichiaro, fratelli, che il Vangelo da me annunciato non è opera d'uomo; infatti io non l’ho ricevuto né l’ho imparato da uomini, ma per rivelazione di Gesù Cristo.
(Galati 1:11-12)
   Se Gesù Cristo era appena stato sulla terra firma circa 15-25 anni prima della stesura di questa lettera di Paolo (naturalmente per predicare il suo messaggio), allora perché la prima persona a scrivere il vangelo (la buona notizia) di Gesù Cristo è qualcuno che non ha mai testimoniato la sua esistenza e che neppure ha ricevuto il suo messaggio da lui, mentre era sulla terra, né lo ha ricevuto da uno qualsiasi dei suoi presunti seguaci? Inoltre, se Gesù era appena stato qui sulla terra firma, allora perché Paolo è così categorico nel dire che ha ricevuto il suo vangelo mediante esclusiva rivelazione celeste? Se Gesù fosse appena stato qui, allora il vangelo proveniente dalla bocca di Gesù (non ha importanza se messogli artificialmente in bocca da Paolo) sarebbe dovuto essere visto come il più legittimo e autorevole, eppure Paolo presenta il suo messaggio come il più autorevole perché non è venuto da nessun altro, ma solo, esclusivamente, mediante rivelazione celeste. Come potrebbe competere il messaggio di Paolo mediante "rivelazione" celeste con il messaggio di Pietro che proviene direttamente dalla bocca di Gesù? E per di più in una lettera dove Paolo è tutto teso ad affermare la propria indipendenza rispetto a Giacomo!

Naturalmente, l'idea che Gesù era venuto sulla terra e diffondere il suo messaggio non apparve fino a quando i Vangeli furono scritti e interpretati letteralmente (ossia dottrinalmente), circa 10 o 60 anni dopo l'evangelizzazione di Paolo.

Davvero incredibile anche come Paolo non abbia mai usato il termine "discepolo": si riferiva a Pietro e agli altri come "apostoli". Questo è un indizio molto importante.

I discepoli sono allievi di Gesù, quindi per definizione sarebbero stati in contatto personale con il loro Maestro. Gli apostoli, d'altra parte, sono missionari.
Da parte dunque delle persone più autorevoli – quali fossero allora non m’interessa, perché Dio non guarda in faccia ad alcuno – quelle persone autorevoli a me non imposero nulla. Anzi, visto che a me era stato affidato il Vangelo per i non circoncisi, come a Pietro quello per i circoncisi – poiché colui che aveva agito in Pietro per farne un apostolo dei circoncisi aveva agito anche in me per le genti – e riconoscendo la grazia a me data, Giacomo, Cefa e Giovanni, ritenuti le colonne, diedero a me e a Bàrnaba la destra in segno di comunione, perché noi andassimo tra le genti e loro tra i circoncisi. Ci pregarono soltanto di ricordarci dei poveri, ed è quello che mi sono preoccupato di fare. Ma quando Cefa venne ad Antiòchia, mi opposi a lui a viso aperto perché aveva torto. Infatti, prima che giungessero alcuni da parte di Giacomo, egli prendeva cibo insieme ai pagani; ma, dopo la loro venuta, cominciò a evitarli e a tenersi in disparte, per timore dei circoncisi. E anche gli altri Giudei lo imitarono nella simulazione, tanto che pure Bàrnaba si lasciò attirare nella loro ipocrisia. Ma quando vidi che non si comportavano rettamente secondo la verità del Vangelo, dissi a Cefa in presenza di tutti: «Se tu, che sei Giudeo, vivi come i pagani e non alla maniera dei Giudei, come puoi costringere i pagani a vivere alla maniera dei Giudei?».
(Galati 2:6-14)
    Paolo chiama Pietro apostolo e dice che lui e Pietro sono stati chiamati nello stesso modo. In tutti i suoi colloqui con gli apostoli, Paolo non fornisce alcun indizio che queste persone hanno letteralmente camminato fianco a fianco con Gesù e visto i suoi miracoli di prima mano. Paolo considera queste persone un altro gruppo di evangelizzatori come lui. È solo con il vangelo che Pietro e gli altri sono chiamati "discepoli", cioè persone che sono state letteralmente instruite da Gesù. Paolo non li identifica mai come tali.

Un'opinione degli studiosi che pensano che Gesù non è mai esistito è che Paolo e gli altri primi cristiani considerarono Gesù Cristo un entità spirituale reale, ma celeste, la cui crocifissione ha avuto luogo in un regno celeste che si trova fisicamente sopra la terra. Un'atra opinione è che i primi cristiani hanno visto Gesù in modo simile al modo in cui i Greci hanno visto i loro eroi, come esseri che vivevano in un mitico passato primordiale. Altri, come alcuni gnostici in passato, hanno interpretato il Gesù di Paolo come un fantasma, un'ologramma, sceso sulla terra firma solo per poche ore, altri ancora lo hanno interpretato metaforicamente.

Earl Doherty sostiene la tesi che almeno Paolo, e forse altri primi cristiani, considerò Gesù Cristo un'entità celeste, la cui crocifissione avvenne in una dimensione spirituale nei cieli sopra la terra.

Roger Parvus, un formidabile intelletto verso cui nutro profonda stima, è d'accordo sostanzialmente con la tesi centrale di Earl Doherty:
Io inizierò questo post riconoscendo il mio debito ad Earl Doherty. È stato lui a convincermi che il vangelo che Paolo credeva e predicava fu derivato solamente dalle scritture e da visioni/rivelazioni, e che non comprendeva un Figlio di Dio che ha vissuto una vita umana sulla terra. La dimostrazione di Doherty di quei punti nel suo The Jesus Puzze e Jesus: Neither God Nor Man è, nella mia opinione, piuttosto persuasiva.  ...Io prendo come mio punto di partenza il fatto che Paolo non credeva in un Figlio di Dio che aveva peregrinato intorno alla Galilea e alla Judaea insegnando e predicando, cacciando demoni, operando miracoli, e raccogliendo discepoli.
...

[Doherty] propone che la crocifissione fu ritenuta aver preso luogo in ''una non specificata dimensione spirituale'', in una ''dimensione al di là della terra'', o forse da qualche parte sopra la terra ma sotto la luna (Jesus: Neither God Nor Man, p.112). Ma io penso che fu creduta di essere avvenuta in Judaea. Io vedo la discesa del Figlio per la crocifissione come una particolare attività limitata come quelle eseguite da angeli e personaggi divini sotto mentite spoglie, che scendevano sulla terra nell'altra letteratura intertestamentale e dell'Antico Testamento, ad esempio la visita in incognita effettuata dalle figure celesti ad Abramo e Lot; la missione in incognito dell'angelo Raffaele nel libro di Tobia.
(fonte, mia enfasi)

Poichè ho profondo rispetto per entrambi gli studiosi, personalmente sospendo il giudizio sulla vera sede della crocifissione del Figlio, ritenendo probabili in egual misura l'ipotesi sub-lunare di Earl Doherty e l'ipotesi ''docetica'' di Roger Parvus.

L'idea di molteplici strati del cielo, in cui vari esseri sono esistiti e hanno interagito con il mondo inferiore, il nostro mondo, era davvero parte della visione del mondo nel momento in cui il cristianesimo è entrato in esistenza, ed è una parte di tante storie ebraiche apocalittiche che hanno preceduto il cristianesimo. Paolo ha anche parlato del suo presunto viaggio fino al "terzo cielo".
Se bisogna vantarsi – ma non conviene – verrò tuttavia alle visioni e alle rivelazioni del Signore. So che un uomo, in Cristo, quattordici anni fa – se con il corpo o fuori del corpo non lo so, lo sa Dio – fu rapito fino al terzo cielo. E so che quest’uomo – se con il corpo o senza corpo non lo so, lo sa Dio – fu rapito in paradiso e udì parole indicibili che non è lecito ad alcuno pronunciare.
(2 Corinzi 12:1-4)
 Possiamo vedere qui la prova che Paolo credeva nell'esistenza di reali strati celesti, che furono ritenuti in aria sopra la terra. È anche interessante il fatto che è accaduto 14 anni prima, in quanto questa lettera fu scritta probabilmente intorno al 52-56 EC, il che significa che l'ascesa dell'apostolo fino al terzo cielo avrebbe avuto luogo apparentemente nel 38 o 40 CE, circa 5-7 anni dopo che Gesù era in apparenza appena stato sulla terra. Mi sembra abbastanza strano che Paolo avesse voluto occupare la scena svelando una ''circostanza'' come questa se fossero state appena ''osservate'' dai primi cristiani, con il medesimo occhio mistico, la resurrezione fisica del corpo di Gesù e la sua ascesa al cielo, e solo pochi anni prima. Tuttavia, questo dimostra la visione di Paolo degli strati celesti e la realtà delle attività che si svolgono in quei livelli del cielo. È anche importante notare qui che Paolo sta discutendo di "visioni e rivelazioni" , che sembra essere proprio il genere di cose di cui Paolo sta parlando quando descrive sé o altri mentre "vedono Gesù".

L'aspetto principale degli insegnamenti di Paolo, che i Folli Apologeti identificano a priori con il Gesù Cristo dei vangeli, è la crocifissione. Quindi vediamo di dare un'occhiata alle dichiarazioni di Paolo sulla crocifissione di Gesù. Le opere in cui Paolo parla di una crocifissione di Gesù sono Galati, 1 Corinzi, 2 Corinzi, e Romani. Cominciamo con Galati:
Noi, che per nascita siamo Giudei e non pagani peccatori, sapendo tuttavia che l’uomo non è giustificato per le opere della Legge ma soltanto per mezzo della fede in Gesù Cristo, abbiamo creduto anche noi in Cristo Gesù per essere giustificati per la fede in Cristo e non per le opere della Legge; poiché per le opere della Legge non verrà mai giustificato nessuno. Se pertanto noi che cerchiamo la giustificazione in Cristo siamo trovati peccatori come gli altri, Cristo è forse ministro del peccato? Impossibile! Infatti se torno a costruire quello che ho distrutto, mi denuncio come trasgressore. In realtà mediante la Legge io sono morto alla Legge, affinché io viva per Dio. Sono stato crocifisso con Cristo, e non vivo più io, ma Cristo vive in me. E questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me. Dunque non rendo vana la grazia di Dio; infatti, se la giustificazione viene dalla Legge, Cristo è morto invano.
(Galati 2:15-21)
Si menziona la crocifissione, ma è ovviamente molto metaforica in natura e di certo non può essere assunta come prova di un Paolo testimone di un evento storico. Perchè la crocifissione può essersi verificata anche in cielo, o sulla terra firma, o in un mitico passato primordiale, o essere una pura allegoria. E se è accaduta sulla terra firma, questo ci dice che la crocifissione del Figlio celeste fu intesa storica da Paolo, ma non che fu storico il Figlio: poteva essere stato un mero ologramma divino, ''in forma di uomo'', ossia sotto mentite spoglie, a venire crocifisso. 

Galati 3 continua a dire:
O stolti Gàlati, chi vi ha incantati? Proprio voi, davanti ai cui occhi è stato chiaramente ritratto Gesù Cristo crocifisso! Questo solo vorrei sapere da voi: è per le opere della Legge che avete ricevuto lo Spirito o per aver ascoltato la parola della fede? Siete così privi d’intelligenza che, dopo aver cominciato nel segno dello Spirito, ora volete finire nel segno della carne? Avete tanto sofferto invano? Se almeno fosse invano! Colui dunque che vi concede lo Spirito e opera portenti in mezzo a voi, lo fa grazie alle opere della Legge o perché avete ascoltato la parola della fede?
(Galati 3:1-5)
Questo paragrafo getta un pò di confusione. A un certo punto sembra che Paolo stia chiaramente dicendo che questi sono testimoni della crocifissione di Gesù, ma poi ti accorgi che lui intende "ritratto" come crocifisso. L'intera questione è risolta, tuttavia, quando prendiamo in considerazione dove si trovano i Galati, ossia in Galazia, in quella che oggi si chiama Turchia.


Ovviamente quelle persone non potevano essere state potenziali testimoni, neppure per un poco, del momento della crocifissione che ebbe luogo a Gerusalemme. Questo rende ancor più sconcertanti i commenti di Paolo su Gesù Cristo che viene ''ritratto'' come crocifisso. Paolo sta probabilmente parlando di qualcosa di molto simile a quello che Tertulliano ha descritto per quanto riguarda l'uso delle immagini nei riti di Mitra.  È certamente un indizio del atto che Paolo ha visto la crocifissione di Cristo in un modo diverso rispetto alla nostra solita comprensione della crocifissione come viene descritta nei vangeli. Inoltre, Paolo ammonisce i Galati ad ''ascoltare la parola della fede", ovviamente non una cosa che si deve dire a individui che sono testimoni personali di un evento.

Paolo tornerà a discutere la crocifissione. In Galati 5 leggiamo:
Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé; contro queste cose non c’è Legge. Quelli che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la carne con le sue passioni e i suoi desideri. Perciò se viviamo dello Spirito, camminiamo anche secondo lo Spirito. Non cerchiamo la vanagloria, provocandoci e invidiandoci gli uni gli altri.
(Galati 5 :22-26)
 Anche qui vediamo Paolo parlare di crocifissione in un certo senso metaforico, e, come al solito, Paolo non fa nessun riferimento a eventuali parole o insegnamenti di Gesù, egli offre solo le sue esortazioni e si riferisce a "Cristo Gesù" in un senso astratto e metaforico.

In Galati 6, Paolo menziona la crocifissione per l'ultima volta nella lettera, laddove afferma:
Infatti neanche gli stessi circoncisi osservano la Legge, ma vogliono la vostra circoncisione per trarre vanto dalla vostra carne. Quanto a me invece non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo. Non è infatti la circoncisione che conta, né la non circoncisione, ma l’essere nuova creatura. E su quanti seguiranno questa norma sia pace e misericordia, come su tutto l’Israele di Dio.
(Galati 6:13-16)
  Anche in questo caso otteniamo una metafora da Paolo, ma nessun indizio, neppure il minimo sentore, della conoscenza di una crocifissione letterale, storica, di Gesù.

Ora possiamo passare alla lettera ai Romani, dove Paolo menziona la crocifissione di Gesù, una volta in Romani 6:
Che diremo dunque? Rimaniamo nel peccato perché abbondi la grazia? È assurdo! Noi, che già siamo morti al peccato, come potremo ancora vivere in esso? O non sapete che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte? Per mezzo del battesimo dunque siamo stati sepolti insieme a lui nella morte affinché, come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova. Se infatti siamo stati intimamente uniti a lui a somiglianza della sua morte, lo saremo anche a somiglianza della sua risurrezione. Lo sappiamo: l’uomo vecchio che è in noi è stato crocifisso con lui, affinché fosse reso inefficace questo corpo di peccato, e noi non fossimo più schiavi del peccato. Infatti chi è morto, è liberato dal peccato. Ma se siamo morti con Cristo, crediamo che anche vivremo con lui, sapendo che Cristo, risorto dai morti, non muore più; la morte non ha più potere su di lui. Infatti egli morì, e morì per il peccato una volta per tutte; ora invece vive, e vive per Dio.    
(Romani 6 :1-10)
Questo passaggio sembra certamente un pò più concreto e meno metaforico di quelli provenienti da Galati, e forse sembra implicare una crocifissione terrena, ma ancora nessuna informazione storica è fornita e c'è ancora un bel pò di metafora in uso. Ci sono anche buone ragioni per credere che si sta parlando di una sepoltura e risurrezione dei morti interamente spirituale. Andiamo avanti e prima diamo un'occhiata alle discussioni della crocifissione in 1 Corinzi.
Dov’è il sapiente? Dov’è il dotto? Dov’è il sottile ragionatore di questo mondo? Dio non ha forse dimostrato stolta la sapienza del mondo? Poiché infatti, nel disegno sapiente di Dio, il mondo, con tutta la sua sapienza, non ha conosciuto Dio, è piaciuto a Dio salvare i credenti con la stoltezza della predicazione. Mentre i Giudei chiedono miracoli e i Greci cercano sapienza, ma noi annunciamo Cristo crocifisso: scandalo per i Giudei e follia per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, Cristo è potenza di Dio e sapienza di Dio. Infatti ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini.
(1 Corinzi 1 :20-25)
  Qui abbiamo un parlare più metaforico e nulla di più specifico e particolare. È anche singolare affermare che "i Giudei chiedono miracoli, ma noi annunciamo Cristo crocifisso". Secondo i vangeli Gesù era appena stato tra gli ebrei non troppo tempo fa, presentando loro miracoli, e gli ebrei avevano appena crocifisso pubblicamente Gesù, quindi questo messaggio di Paolo sembra gettare un pò di confusione se si assume che i racconti evangelici sono storici. Salto avanti ora per 2 Corinzi 13, prima di tornare su un altro passo di 1 Corinzi.
L’ho detto prima e lo ripeto ora – allora presente per la seconda volta e ora assente – a tutti quelli che hanno peccato e a tutti gli altri: quando verrò di nuovo non perdonerò, dal momento che cercate una prova che Cristo parla in me, lui che verso di voi non è debole, ma è potente nei vostri confronti. Infatti egli fu crocifisso per la sua debolezza, ma vive per la potenza di Dio. E anche noi siamo deboli in lui, ma vivremo con lui per la potenza di Dio a vostro vantaggio. Esaminate voi stessi, se siete nella fede; mettetevi alla prova. Non riconoscete forse che Gesù Cristo abita in voi? A meno che la prova non sia contro di voi!
(2 Corinzi 13: 2-5)
Anche questo è un altro passo che è una forte metafora e tuttavia cruciale nella sostanza. Non c'è nulla in questo passo che spinge a credere che Paolo stia parlando di una vera e propria crocifissione che ha avuto luogo sulla terra firma. C'è un altro passo che discute la crocifissione di Gesù, tuttavia, e che proviene da 1 Corinzi 2:
Tuttavia, a quelli tra di voi che sono perfetti esponiamo una sapienza, però non una sapienza di questo mondo né dei dominatori di questo mondo, i quali stanno per essere annientati; ma esponiamo la sapienza di Dio misteriosa e nascosta, che Dio aveva prima dei secoli predestinata a nsotra gloria e che nessuno dei dominatori di questo mondo ha conosciuta. Perchè, se l'avessero conosciuta, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria.  Ma, come è scritto: 

Le cose che occhio non vide, e che orecchio non udì, e che mai salirono nel cuore dell'uomo, sono quelle che Dio ha preparato per coloro che lo amano. 

A noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito; perchè lo Spirito scruta ogni cosa, anche le profondità di Dio. Infatti chi, tra gli uomini, conosce le cose se non lo spirito dell’uomo che è in lui? Così anche i segreti di Dio nessuno li ha mai conosciuti se non lo Spirito di Dio.  
 

(1 Corinzi 2:6-11)
 
Questo è il passo puntualmente sottolineato da coloro che sostengono che Paolo ha ritenuto Gesù vissuto in un contesto storico recente e che era stato condannato alla pena capitale, ma c'è più di questo passo che innanzitutto richiama l'attenzione, oltre al fatto che questo passo non ci dà ancora nessun dettaglio sulla crocifissione di Gesù, ad esempio non menziona Pilato, i Romani, o anche gli ebrei, ma solo "i dominatori". E chi sono questi dominatori? La parola in greco che viene utilizzata originariamente qui è "Arconti", che significa semplicemente "potenze", "autorità", "dominatori", "principati", ecc., ma in base al contesto può implicare sia "governanti terreni " sia "governanti celesti". In verità, un sinonimo di arconti viene utilizzato altrove nelle lettere paoline a significare governanti celesti. Sappiamo anche che la parola è stata usata nell'Antico Testamento, a significare sia governanti terreni sia governanti celesti. Il prestigioso Dizionario Teologico Integrale del Nuovo Testamento di Kittel, una risorsa autorevole sul significato delle parole usate nel Nuovo Testamento, osserva che Arconti viene utilizzato nella versione greca delle scritture ebraiche, la Septuaginta, in relazione alle potenze celesti contro cui il Messia e i suoi seguaci sono in conflitto. Certamente questo è il contesto migliore per l'utilizzo di Paolo della parola.
ἄρχων. [archon]:
Nella Septuaginta, anche, l' ἄρχων è colui che esercità un'influenza autoritaria; il termine è usato per il leader nazionale, locale o tribale dal libro della Genesi al secondo libro delle Cronache. Nei libri storici viene usato per un generale, sebbene a volte leggiamo anche degli ''ἄρχοντες dei sacerdoti'' (Neemia 12:7). Nei libri più tardi denota più spesso ufficiali del signore supremo della Palestina (''ἄρχων del re'', Daniele 2:15).
In Daniele 10:13, 20f. cfr. 12:1 (e anche in Daniele LXX: 10:13) indica gli esseri celestiali che sorvegliano e rappresentano stati terreni (identificati comunemente con i popoli corrispondenti), e dal cui rango e potere (→ ἀρχή) nel mondo spirituale dipende la posizione di quelli stati. L' ἄρχων di Israele ha il nome di Michele. La sua vittoria (o quella del Figlio dell'Uomo) sugli ἄρχοντες dei Persiani e dei Greci porta al dominio degli Ebrei sugli altri popoli.
2 In gran misura gli ἄρχοντες  sono avversari del popolo di Dio che si sono opposti al Figlio dell'Uomo (più tardi iil Messia) e ai Suoi alleati, e che saranno annientati negli ultimi giorni. Nel conflitto con i nemici terreni  il popolo di Dio è realmente impegnato in combattimento con quei poteri celestiali.  Lo stesso concetto è presente in Pesikt. Kah., 23 (150b–151a): שרי אמות העולם ἄρχοντες ἐθνῶν τοῦ κόσμου, di Babilonia, Grecia, ecc. Vedi anche M. Ex., 15, 1 (36b, 6 f., Friedm.): Nel regno futuro Dio citerà in giudizio i principi (שריהם) dei regni prima di chiamare i regni stessi.
(Kittel, Unabridged Theological Dictionary of the New Testament)
Sappiamo anche che molti primi cristiani interpretarono questo passo di Paolo nel senso di "dominatori celesti", non nel senso di ''dominatori terreni''. Il noto apologeta cristiano Origene, scrivendo nel 2° secolo, intese chiaramente i dominatori, o principi, di cui Paolo stava parlando, come governanti celesti. Origene ha discusso questo passo di Paolo nella sua opera De Principiis, dove ha dichiarato:
Di conseguenza, nelle Sacre Scritture troviamo che ci sono principi sulle singole nazioni, in quanto in Daniele leggiamo che c'era un principe del regno di Persia, e un altro principe del regno di Grecia, che sono chiaramente dimostrati essere, per la natura del passo, non esseri umani, ma certi poteri. Nelle profezie di Ezechiele, inoltre, il principe di Tiro è inequivocabilmente dimostrato essere una sorta di potere spirituale. Quando questi, poi, e altri dello stesso tipo, che possiedono ciascuno la sua particolare saggezza, e basandosi sulle proprie opinioni e sensazioni, videro il nostro Signore e Salvatore professare e dichiarare che era venuto per questo scopo nel mondo, in modo che tutte le opinioni della scienza, falsamente detta, possa venir distrutte, non sapendo ciò che era nascosto dentro di lui, Gli hanno immediatamente teso una trappola: infatti "I re della terra si sono sollevati e i principi si sono radunati insieme contro il Signore e contro il suo Cristo". Ma le loro insidie furono scoperte, ed i piani che avevano tentato di effettuare furono resi manifesti quando crocifissero il Signore della gloria, pertanto, dice l'apostolo: "a quelli tra di voi che sono perfetti esponiamo una sapienza, però non una sapienza di questo mondo né dei dominatori di questo mondo, i quali stanno per essere annientati, una sapienza che nessuno dei dominatori di questo mondo ha conosciuta: perchè, se l'avessero conosciuta, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria.''
(Origene, De Principiis)
Origene sostiene qui chiaramente, nel 2° secolo, che gli ''Arconti di questo mondo" sono "non esseri umani", ma sono invece "una sorta di poteri spirituali".

Ma possiamo anche guardare in altri brani del corpus paolino per vedere come questi termini sono utilizzati in altre situazioni.
...del quale io sono divenuto ministro secondo il dono della grazia di Dio, che mi è stata concessa secondo l’efficacia della sua potenza. A me, che sono l’ultimo fra tutti i santi, è stata concessa questa grazia: annunciare alle genti le impenetrabili ricchezze di Cristo e illuminare tutti sulla attuazione del mistero nascosto da secoli in Dio, creatore dell’universo, affinché, per mezzo della Chiesa, sia ora manifestata ai Principati e alle Potenze dei cieli la multiforme sapienza di Dio, secondo il progetto eterno che egli ha attuato in Cristo Gesù nostro Signore, nel quale abbiamo la libertà di accedere a Dio in piena fiducia mediante la fede in lui.
(Efesini 3: 7-12)
 Si deve notare che la parola per governanti che abbiamo nei primi testi in questo caso non è arconti, ma un'altra parola greca per il sovrano, anche se questo non è necessariamente importante. Una questione più problematica, tuttavia, è che vi è incertezza sul fatto che Efesini sia una lettera autentica di Paolo o sia invece una successiva lettera pseudo-paolina. Indipendentemente da ciò, Efesini è nella Bibbia, è attribuita a Paolo ed è ancora rappresentativa dei primi punti di vista cristiani su Gesù. Vi è pure un altro passo in Efesini, tuttavia, in cui viene utilizzata la parola archon, e questo passo rende piuttosto evidente una visione interamente celeste dei dominatori e di Gesù:
Anche voi eravate morti per le vostre colpe e i vostri peccati, nei quali un tempo viveste, alla maniera di questo mondo, seguendo il principe delle Potenze dell’aria, quello spirito che ora opera negli uomini ribelli. Anche tutti noi, come loro, un tempo siamo vissuti nelle nostre passioni carnali seguendo le voglie della carne e dei pensieri cattivi: eravamo per natura meritevoli d’ira, come gli altri. Ma Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amato, da morti che eravamo per le colpe, ci ha fatto rivivere con Cristo: per grazia siete salvati. Con lui ci ha anche risuscitato e ci ha fatto sedere nei cieli, in Cristo Gesù, per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua grazia mediante la sua bontà verso di noi in Cristo Gesù. Per grazia infatti siete salvati mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio; né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene. Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone, che Dio ha preparato perché in esse camminassimo.
(Efesini 2 :1-10)
Qui vediamo chiaramente la "morte" e la "resurrezione" celeste e spirituale di "Cristo Gesù". Vediamo anche qui usato il termine archon per descrivere chiaramente un dominatore "delle Potenze dell’aria". Earl Doherty ricorda che molti studiosi del Nuovo Testamento, tra cui S. G. F. Brandon, C. K. Barrett, Jean Hering, Paula Fredriksen, S. D. F. Salmond, interpretano tutti quanti il passaggio di Paolo in 1 Corinzi 2, riferendolo ad arconti spirituali, non ad arconti terrestri. Alcuni di questi studiosi sono ora deceduti, ma sono tutti considerati studiosi altamente affidabili del Nuovo Testamento. Questa lettura di 1 Corinzi 2 è tanto più comprensibile se si pone la visione del Gesù di Paolo nel contesto di un'altra letteratura apocalittica giudaica precedente, di cui si è già parlato in questo post.

Un passo che molti studiosi considerano pre-paolino è Filippesi 2:6-11. Si tratta di un antico inno cristiano che Paolo non scrisse ma inserì nella sua lettera. Quindi questo inno apre una finestra su cosa era insegnato riguardo Cristo nelle chiese giudeo-cristiane e gentili prima dell'enorme influenza che esercitò Paolo sul cristianesimo successivo.
L'inno recita:
Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù:
egli, pur essendo in forma di Dio,
non ritenne un privilegio 
l’essere come Dio,
ma svuotò se stesso
assumendo una condizione di servo,
diventando simile agli uomini.
Dall’aspetto riconosciuto come uomo,

umiliò se stesso
facendosi obbediente fino alla morte
e a una morte di croce.
Per questo Dio lo esaltò
 
e gli donò il nome
che è al di sopra di ogni nome,
perché nel nome di Gesù
ogni ginocchio si pieghi nei cieli,
sulla terra e sotto terra,
e ogni lingua proclami: «Gesù Cristo è Signore!»,
a gloria di Dio Padre.
 Nell'inno ai Filippesi, lo stesso Folle Apologeta di turno è costretto a riconoscere:
Il velo della non-realtà è gettato sulla sua vita terrena da frasi che sembrano suggerire che egli non fu realmente umano'' (F.C. Porter, The Mind of Christ in Paul, pag. 210).
E il ''nome che è al di sopra di ogni altro nome'' che riceve la misteriosa entità celeste, ma solo dopo che ha subito una morte di croce, non è Signore, ma è chiaramente Gesù. Quindi assume un nome ed una identità solo dopo la morte. A differenza di ogni altro essere umano. A meno che non si tratta di un essere umano, ma di un arcangelo celeste.

È anche importante notare che Paolo non parla mai di una "seconda venuta" o "ritorno" di Cristo sulla terra firma, egli afferma soltanto che egli verrà, ma mai come se fosse già venuto prima sulla terra firma e fosse stato almeno visto e riconosciuto come tale dai suoi primi discepoli.

Con tutto questo possiamo vedere che i primi scritti su "Cristo Gesù" non ritraggono Gesù come una persona recente che era stata sulla terra, che aveva compiuto miracoli, che aveva impartito degli insegnamenti, che aveva attirato folle di seguaci, o che proclamò il suo messaggio. Gli scritti di Paolo presentano Gesù Cristo come un "mistero", che sta per essere rivelato da Paolo e dagli altri apostoli attraverso l'interpretazione delle Scritture e gli scritti profetici. La sua "crocifissione" è descritta metaforicamente e soprannaturalmente, non come un evento recente che era appena accaduto un pò di anni prima sulla terra firma.

Non pretendo di aver raccolto in questo modesto post tutti i possibili indizi e tutte le possibili implicazioni che tradiscono la natura non-umana ma interamente celeste del ''Cristo Gesù'' di Paolo -- e come ovvio corollario un naturale, profondo silenzio su qualunque inesistente ''Gesù storico'' in Paolo.

L'Argomento del Silenzio ha un certo peso, che non è affatto banale, quando è formulato nei seguenti, precisi termini:

1) L'autore in questione {inserisci qui un qualsiasi scrittore del I secolo} sarebbe stato nella posizione di conoscere cosa disse o fece Gesù sulla terra firma?

2) L'autore in questione {inserisci qui un qualsiasi scrittore del I secolo} ebbe un motivo di introdurre cosa fece o disse Gesù sulla terra firma, almeno in qualche punto della sua opera?

Se la risposta ad entrambe le domande è SI, e tuttavia ancora non si trova nessuna traccia di un Gesù storico da nessuna parte negli scritti del I secolo (a parte l'unica allegoria di ''Marco'', su cui tutti gli altri vangeli dipendono), è ragionevole domandarsi perchè. In altre parole, solo in quel caso, ho il Diritto di porre la domanda: perchè questo autore non parla del Gesù storico?

Ebbene, esiste almeno un autore, e quell'autore si chiama PAOLO, dove l'Argomento del Silenzio, così definito, si applica perfettamente.  E spero di averne dato una parziale giustificazione in questo post.

Gli indizi che ho presentato dunque rappresentano solo un modesto assaggio, e tuttavia spero di aver veicolato al lettore la giusta percezione del Profondo Silenzio su Gesù in Paolo, e in profondità tale da dare il Diritto, a me come al lettore come a qualsiasi altro, di rivolgere a Paolo un inquietante interrogativo:
Perchè, Paolo, non dici mai nulla, nemmeno una parola, di cosa disse o fece il tuo Cristo Gesù sulla terra firma, a parte morire e risorgere dai morti, ''secondo le Scritture'' ???

E tuttavia non mi basta. Un Argomento del Silenzio, per quanto forte, per quanto serio, per quanto profondo, mi regala al massimo solo il Diritto di sollevare quel serio e inquietante interrogativo. Un Diritto a mettere in dubbio l'esistenza stessa di Gesù di Nazaret. Ma quel Diritto non mi basta affatto per negare, con alto grado di certezza, l'idea che Gesù è esistito veramente in Judaea. E non perchè l'esistenza di Gesù, del marginalissimo Gesù semi-anonimo profeta apocalittico fallito, è ''non-falsificabile'' a priori. Non per questo. Perchè sarebbe  disarmante o fastidioso, a seconda dei gusti, ripetere ad nauseam che l' ''assenza di evidenza non è evidenza di assenza'', posizione che tradisce in nuce la natura dogmatica e irrazionale dell'ipotesi Gesù storico, non sottoponendola per nessun motivo al vaglio di una critica sana e razionale. Il Folle Apologeta sostiene che Gesù di Nazaret è esistito ''al di là di ogni ragionevole dubbio''.  E' impossibile discutere seriamente con un simile modo di vedere. Se si deve aver fede per credere che Gesù è esistito -- e non neppure una briciola di Prova degna di questo nome --, o per credere IN ''Cristo Gesù'', allora le probabilità che l'affermazione ''Gesù di Nazaret è storicamente esistito'' possegga una qualche verità o un qualche valore -- per lo ''storico'' e per l'uomo ''di fede'' -- si riduce considerevolmente. Il lavoro assai più faticoso dell'indagine, della prova e della dimostrazione è di gran lunga più gratificante e ci mette di fronte a scoperte assai più ''miracolose'' e ''trascendenti'' di qualsivoglia malcelata agenda apologetica cristiana o filo-cristiana.
In realtà, il ''salto della fede'' nel Dogma del Gesù storico -- per chiamarlo con una memorabile espressione di Soren Kierkegaard -- è un'impostura. Perchè non si tratta di un ''salto'' che possa essere fatto una volta per sempre. È un salto che deve essere eseguito e ancora eseguito, a dispetto delle crescenti prove in contrario. È uno sforzo davvero eccessivo per la mente umana, destinato a portare a deliri e ossessioni. Il lettore onesto riconoscerà perfettamente che un tale ''salto'' è soggetto a ripetizioni sempre più deboli; perchè spesso non si appoggia affatto sulla ''fede'', ma piuttosto corrompe la fede e oltraggia la ragione fornendo evidenze e avvalendosi di ''prove'' pre-confezionate a tavolino, e perfino letteralmente, come il totalmente falso Testimonium Flavianum o il malinteso Testimonium Taciteum. Tali ''evidenze'' e tali ''prove'' comprendono un armamentario di ''argomenti'' viziati in essentia dalla fallacia dell'appello al consenso e del ragionamento circolare.

 Adesso che il monopolio della religione è stato spezzato, è alla portata di ogni essere umano contemplare simili ''evidenze'' e simili ''prove'' di un ''Gesù storico'' semplicemente come invenzioni di una mente debole.

L'Argomento del Silenzio invece, come l'ho delineato in questo post, non basta per una ragione più profonda, più sottile, in definitiva più vera.

Perchè esiste la concretà possibilità di poter trasformare l'Argomento del Silenzio in un Argomento della Migliore Spiegazione Possibile, o della Spiegazione Più Probabile.

Nella sua critica del libro di Earl Doherty, The Jesus Puzzle, il serio e competente studioso Richard Carrier pone in rilievo questa enorme differenza:
Ci sono due modi per dimostrare l'a-storicità [di Gesù di Nazaret]:

(1) Se tu puoi dimostrare che esiste sia (a) prova insufficiente per credere x e sia (b) prova sufficiente per non credere ad x, allora è ragionevole non credere ad x. Questo è l' ''Argomento del Silenzio''.
(2) Se tu puoi dimostrare che tutto lo stato dell'evidenza può essere di gran lunga meglio spiegato da una teoria (y) diversa dalla storicità (teoria x), allora è ragionevole credere ad y e, di conseguenza, non credere ad x. Questo è l'Argomento della Miglior Spiegazione."
Ne consegue, come corollario, che
L'Argomento del Silenzio è ... [una giustificazione]  solamente dell'agnosticismo, e solamente quando [è] forte. In contrasto, se possiedi un forte Argomento della Miglior Spiegazione, diventa sempre irrazionale, a dispetto di esso, mantenere la convinzione [in un Gesù storico]. Agire altrimenti significa rinunciare all'esatta esistenza di un Argomento della Miglior Spiegazione, che è equivalente ad asserire che non ci sono migliori argomenti per qualsiasi convinzione rispetto ad ogni altra, il che conduce facilmente all'irrazionalità dell'incoerenza.  
(Richard Carrier, Did Jesus Exist? Earl Doherty and the Argument to Ahistoricity, 2002, mia enfasi)
Dunque, solo una volta sancito, mediante il forte Argomento del Silenzio appena illustrato, quel Sacro Diritto di porre quella Domanda -- ed è Sacro perchè solo spiriti liberi e razionali, servi di nessuna Chiesa o agenda apologetica, possono porla -- si intravede in tutta la sua profondità la vera Forza della tesi che Gesù non è mai esistito.

E cioè nella maggiore probabilità del puro e semplice Fatto che una misteriosa entità, la quale si limitava soltanto a morire e risorgere -- al pari di altre entità che morivano e risorgevano --, ottenne, solamente in seguito, un nome, prima ancora di ottenere le sue parziali o intere vite, da altre persone e da altre letterature.
E il libro che più di tutti espliciterà un tale argomento della estrema improbabilità di un Gesù storico, misurando la vera forza della teoria che Gesù di Nazaret non è mai esistito rispetto alla tesi opposta, sarà senza dubbio il libro dello stesso Richard Carrier e di prossima pubblicazione a Febbraio 2014, che ha da poco superato la peer-review da parte di ben quattro accademici (ciascuno iper-specializzato nel suo campo specifico), e dal titolo decisamente significativo:

On the Historicity of Jesus.