giovedì 30 ottobre 2014

«Martiri»??? No: «folli apologeti». Candida Moss sul Mito della Persecuzione

 Un dio che puzza
di carogna
che il nostro sangue Egli agogna
e della nostra carne si rimpinza



Il folle apologeta cattolico Gianluigi Bastia così si esprimeva, nel net più oscuramente apologetico:

L'unico dato certo è che per scatenare un movimento del genere ci sia voluta un'energia veramente grande, affrontando rischi e pericoli, poichè quella gente era in una posizione largamente minoritaria (Costantino, per intenderci, era ben lontano). Non sono facilmente spiegabili il fanatismo e l'attivismo delle prime sette cristiane.

Da queste parole, non si può non inferire che l'apologeta sta dando il suo piccolo, personale contributo nel riproporre, di nuovo e ancora di nuovo, il Mito della Persecuzione che i cristiani subivano dappertutto in ogni angolo dell'Impero.

Addirittura il folle apologeta John Dominic Crossan fa del motivo del martirio dei cristiani una prova della storicità di Gesù.


Nella sua risposta al saggio di Robert Price su
Jesus at the Vanishing Point, Crossan, che preferisce la ''Parabola di Gesù'' al ''Mito di Cristo'' pensa che ''il carattere di Dio si è rivelato nell'esistenza fattuale di una persona storica e non nella vita fittizia del protagonista di una parabola'', che gli assume sia ''il cuore dello stesso cristianesimo''. Pensa anche che ''nessuno poteva mai condurre una resistenza non violenta perfino sotto il martirio'' senza Gesù come modello principale. Ciò non prova che un tale modello sia esistito, tuttavia.

Ma è proprio così? I primi cristiani condussero davvero ''una resistenza non violenta perfino sotto il martirio''? Ci fu un ''martirio'', prima ancora che una resistenza non violenta da parte cristiana, prima di tutto?

Tanto per cominciare, non è mai esistito nessun Gesù. E nessuno se ne importava, al punto da non morire affatto per un essere mai esistito.

La tesi del libro

The Myth of Persecution: How Early Christians Invented a Story of Martyrdom
(New York: HarperOne, 2013)

della professoressa di Nuovo Testamento e Cristianesimo Antico Candida Moss dell'Università di Notre Dame, è straordinariamente semplice. 

Le storie sulla persecuzione dei cristiani erano ''fabbricate dal nulla''  (pag. 234).


Quando leggiamo le storie di coloro che preferirono la morte piuttosto che rinnegare il Cristo ''non si tratta più di storie che sono autentiche. Stiamo penzolando in modo precario sulla cuspide del crudo plagio e della fantasiosa invenzione'' (pag. 234).  
I narratori come Eusebio delle persecuzioni dei primi cristiani  non offrono per nulla racconti storici accurati nei loro libri. Al contrario  “misero per iscritto storie da bivacco oppure tradizioni orali di mero gossip, le cui origini sono completamente ignote'' (pag. 235). Moss ripete la stessa tesi di nuovo e ancora di nuovo per tutto il libro: 
La storia tradizionale del martirio cristiano è errata. I cristiani non erano costantemente perseguitati, diffamati o presi di mira dai romani. Davvero pochi cristiani morirono, e quando morivano, venivano spesso condannati per quelle che nel mondo moderno chiameremo ragioni politiche. C'è una differenza tra persecuzione e processo. Un persecutore prende di mira rappresentanti di un gruppo specifico per una punizione immeritata meramente a causa della loro partecipazione in quel gruppo. Un individuo è processato perchè quella persona ha infranto la legge.
(pag. 14, mia libera traduzione e mia enfasi)

Dunque ammesso e non concesso che qualche persecuzione c'è stata, i colpevoli erano i cristiani, e di certo perchè rei di fenomeni di intolleranza tipicamente monoteistica come quelli ben illustrati nel film Agorà.
 “Lo scopo di questo libro è dimostrare che le fondamenta per quest'idea sono immaginarie. La storia tradizionale del martirio è un mito . . . un mito che rende impossibile un dialogo.

Candida Moss non è la sola a riconoscere l'impossibilità del dialogo. Me n'ero accorto anch'io nella mia modesta esperienza di quanto sia praticamente impossibile dialogare con i folli apologeti di tutte le religioni monoteistiche (segnalo tra i non-cristiani il folle apologeta Ernesto Pintore, la cui apologia consiste nel voler insinuare, pur di salvare la faccia, una distinzione che non esiste - e mai esisterà - tra diversi tipi di credenti).


Non fi fu alcuna ''convalidata e continua persecuzione. Gli striduli lamenti degli antichi cristiani che dicono che i romani erano sempre in agguato là fuori per catturarli erano  esagerati.” (pag. 159)
 “La persecuzione era molto meno severa di quanto i cristiani immaginavano che fosse.”


Accorgendosi del fittizio personaggio di Stefano (il primo martire cristiano che guardacaso per purissima coincidenza - o sarebbe meglio dire, molto più semplicemente, per pura follia apologetica - ha un nome adatto al ruolo che gli spetta nella favola:
Στέφανος, ''corona'' del martirio, di cos'altro, altrimenti?) Candida Moss inizia a gettare dubbi sulla veracità delle pompose Sacre Scritture.
 “Il problema” con gli Atti degli Apostoli, secondo la prof Moss, “è che non possiamo esser certi che i dettagli della storia siano accurati.” (pag. 132).
 

Si noti che la Moss è una teologa cattolica, dunque bisogna apprezzarne l'onestà intellettuale che la conduce ad andare contro i dogmi della sua stessa Chiesa (e della stessa istituzione cattolica nella quale insegna), la quale ha sempre senza esitazione affermato la storicità dei testi del Nuovo Testamento al pari della loro origine apostolica, conformemente ad un'ovvia strategia darwiniana mirante alla conquista del potere. 
 
Candida Moss accusa l'autore di Luca-Atti di antisemitismo, un motivo ai miei occhi più che sufficiente per screditare la storia in questione e bollarla come mera tendenziosa propaganda protocattolica:
Gli autori del Nuovo Testamento fanno di tutto per incolpare gli ebrei della morte di Gesù, e gli ebrei sono descritti come discendenza dello stesso Satana (Giovanni 8:44). E' difficile sottostimare l'effetto profondamente negativo che quelle dichiarazioni hanno avuto per il trattamento degli ebrei, specialmente nell'Europa Occidentale. Non si deve negare che quel profondo antigiudaismo del Nuovo Testamento contribuì alla persecuzione degli ebrei da parte dei cristiani dall'antichità fino all'Olocausto.
(pag. 133, mia libera traduzione e mia enfasi)


Ecco qual è la malcelata agenda apologetica che si nasconde dietro tutte quelle favole del martirio e delle persecuzioni dei cristiani:
 “Se ognuno può pretendere di stare in continuità con i martiri e di essere vittima di persecuzione, e se venir perseguitati autentica il proprio messaggio religioso, allora ognuno può pretendere di aver ragione...

Visto? Altro che il martirio come prova recodnita dello ''straordinario impatto'' provocato da un Gesù storico sui primi cristiani! Altro che ''pura testimonianza di fede''!!! Altro che ''martiri''!!!! Ma folli apologeti, piuttosto! Siamo in presenza della solita pura apologia! Quel martirio dei primi cristiani è stato inventato per farti credere che la loro pretesa del LORO Gesù - guardacaso un Gesù Vero Dio e Vero Uomo- era giusta, anzi giustissima!


Come strategia darwiniana per prevalere sulle altre religioni funziona alla grande, una simile apologia. I folli apologeti cristiani non sono stati e mai saranno sulla difensiva, a dispetto di cosa potrebbe significare il termine ''apologia'' nel suo significato etimologico, ma al contrario hanno sempre giocato d'attacco. Com'è tipico di ogni religione in essenza illiberale e intollerante.


Quell'infida pratica apologetica continua ancora oggi:
I media moderni sono colmi di gruppi di difesa e sapientoni politici che pretendono di essere perseguitati. Questa tendenza è più chiara, ma non solo limitata, nell'opera di organizzazioni di destra che agiscono in difesa del cristianesimo. 
(pag. 250, mia libera traduzione e mia enfasi)


Gli ebrei non perseguitavano i cristiani perchè il termine cristiano non era stato inventato al tempo in cui i vangeli e gli Atti degli Apostoli furono scritti.
 “La ragione principale per questa” assenza di persecuzioni durante i primi decenni del cristianesimo:
...è che non c'era nessun cristiano! Non solo il nome ''Cristiano'' non esisteva ancora, ma l'idea di cristiani come di un gruppo distinto dal resto dell'ebraismo non esisteva al tempo degli Apostoli. I seguaci di Gesù erano, come Gesù stesso, ebrei. Non esisteva nessun problema della loro fondazione di una setta separata. 
(pag. 133, mia ibera traduzione)

Così cosa fece esattamente Paolo quando scrisse:
 «Voi avete certamente sentito parlare della mia condotta di un tempo nel giudaismo, come io perseguitassi fieramente la Chiesa di Dio e la devastassi, superando nel giudaismo la maggior parte dei miei coetanei e connazionali, accanito com'ero nel sostenere le tradizioni dei padri.»
(Galati 1:13-14)

Paolo non stava affatto perseguitando, ma al più stava diffamando i seguaci di Cristo pubblicamente. Come spiega Richard Carrier:
 


Se dovessi tirare a indovinare, una più probabile ragione del perchè Paolo perseguitò la chiesa primitiva è il fatto che il suo vangelo sostituiva il culto del tempio (e quindi la legge del Levitico: Ebrei 8-9), ma non so davvero la sua ragione, perché Paolo non la dice mai.(mia libera traduzione da qui)


In Galati 1 afferma chiaramente che perseguitò la chiesa ed è stato ampiamente conosciuto per aver perseguitato la chiesa sia dai Galati che dai giudei cristiani - che ampiamente lo sapevano anche solo per sentito dire, così tanto era ben noto. È molto improbabile che avrebbe potuto farla franca inventandoselo.

Ciò che non è vero è che perseguitò chiunque in Giudea (il racconto di Atti così è una stronzata). Paolo dice che non era mai stato conosciuto "personalmente" dalle chiese di Giudea fino a quattordici anni dopo la sua conversione; era conosciuto solo per fama . Il che significa che doveva aver perseguitato la chiesa altrove (molto probabilmente in o intorno a Damasco).  

 (mia libera traduzione da qui)

 Infine, in Galati 1:22-24 Paolo dice che il suo essere stato un persecutore (e poi un apostolo) è stato visto dai cristiani come causa di gioia, non di messa in dubbio dei suoi meriti come apostolo (se non altro, come si può immaginare, questo voltafaccia gli ha procurato maggiore credibilità, che sono sicuro egli usò fino in fondo nella sua evangelizzazione).
 (mia libera traduzione da qui)

Anche al di là di solo polemica oratoria, o della persuasione dei convertiti ad apostatare, ci sono tanti modi in cui Paolo poteva molestare i cristiani, ad esempio nei tribunali civili o con  mezzi extralegali come intrighi e corruzione, ad esempio, Atti fa di Paolo un bersaglio di false accuse, una tattica che conosciamo era fin troppo comune tra rivali in quei giorni; allo stesso modo l'assassinio, che era illegale, ma comune, come Atti anche raffigura fu previsto per Paolo, e come dice Luciano lo si tentò anche su di lui quando egli tentò lui stesso di "molestare" il culto di Glicone esponendo il suo inganno.


Dato che Paolo non spiega, chiaramente assume che i suoi lettori fossero ben a conoscenza dei dettagli, brancoliamo nel buio sulle specifiche. Ma per la stessa ragione noi non possiamo neanche presumere che lui non avesse fatto condannare le persone per reati capitali ai sensi delle leggi ebraiche (che venivano onorate in molti luoghi al di fuori della Giudea, anche se solo gli ebrei erano loro soggetti, e solo se non avrebbero pouto giocare la  carta della cittadinanza da qualche parte). Queste esecuzioni semplicemente non accadevano per cose come la pretesa che il Messia è stato crocifisso (che non era illegale nel diritto della Torah o Mishnah).


Una combinazione è possibile, anche: se l'élite ebraica riteneva i cristiani pericolosi per la loro autorità e ottenevano ascolto presso il re Areta, per esempio, avrebbero potuto convincerlo ad ammazzare i cristiani con false accuse o in virtù delle sue proprie leggi o per mero capriccio reale, e poi incaricare ebrei di rango come Paolo per la loro caccia nei luoghi che controllava come Damasco (Paolo dice che non è mai stato in Giudea, al momento, così da non poter "perseguitare" eventuali chiese , al contrario del mito moderno). Questo spiegherebbe il motivo per cui, quando Paolo mutò posizione e diventò un agente dei cristiani, Areta avrebbe cercato di farlo uccidere (come Paolo racconta che ha fatto: 2 Cor 11:32). Quindi, non c'era bisogno per Paolo di utilizzare leggi ebraiche per organizzare esecuzioni; c'era bisogno solo di interessi ebraici, con l'autorità secolare come loro arma
 (mia libera traduzione da qui e mia enfasi)

La professoressa Moss sostiene che:
Non fu fino alla fine del primo secolo che i seguaci di Gesù cominciarono a chiamarsi ''Cristiani''. Il periodo storico quando Stefano morì e Paolo stava scrivendo non può essere considerato un periodo nel quale gli ebrei perseguitavano i cristiani, perchè i cristiani ancora non esistevano. E nel caso peggiore, assumendo che Luca ci sta raccontando tutta la storia, questa è una situazione di conflitto e tensione tra vari gruppi ebraici. Questa tensione potrebbe essere sfociata occasionalmente in violenza, ma ciò non significa che i ''cristiani'' erano perseguitati.
(pag. 133-134, mia libera traduzione e mai enfasi)

Idem per Paolo, allora, se era davvero un persecutore dei primi cristiani prima di esperire ''il Figlio in me'' e divenire pure lui un Apostolo come gli altri.


Candida Moss riduce al lumicino il numero dei martiri cristiani e delle sofferenze da essi subite, un numero quasi pari a zero in confronto alle persecuzioni subite da popolazioni non cristiane:
 
Oggi, siamo acutamente consapevoli del fatto che il martirio non è una pratica esclusivamente cristiana; virtualmente ogni gruppo religioso tiene in alta stima la morte dei loro eroi, e parecchie persone sono morte per religioni che più non esistono. 
(pag. 17, mia libera traduzione e mia enfasi)

...mentre i folli cristiani sono morti e continuano a morire per un Gesù mai esistito come figura storica, dovrei aggiungere.

Un esempio? I Maccabei sono un esempio di ebrei che ''accettarono la morte invece dell'apostasia'' (pag. 17).

Candida Moss è più interessante e meno scontata nella sua valutazione del famoso passo di Tacito sui crestiani.  Moss dichiara che gli Annali di Tacito risalgono al periodo 115-120 EC, circa cinquant'anni dopo la cosiddetta persecuzione neroniana dei cristiani.

Moss spiega che al tempo dell'Incendio, è piuttosto probabile che nessuno identificò i seguaci di Gesù chiamandoli cristiani. Perchè gli stessi cristiani non usavano regolarmente il termine per chiamarsi così fino alla fine del primo secolo EC. Moss fornisce un'interessante punto di vista sulla questione: al pari di altri studiosi, lei crede che Tacito stesse usando il termine, cristiano, come un anacronismo, testimoniando della crescente animosità verso i cristiani nel secondo secolo, al tempo di Tacito.
Moss sostiene che   “per quasi tutto il primo secolo, non è chiaro che gli imperatori romani sapessero mai dell'esistenza dei cristiani.”


Tacito racconterebbe, secondo Candida Moss, che “Nerone addossò la colpa e inflisse le più squisite torture su coloro che erano odiati per i loro abomini.” (pag. 138)

Per la professoressa di Notre Dame, il fatto che Tacito non fosse cristiano e dunque fosse privo di particolare interesse in questo scontro, fa in modo che la sua affermazione:
non significa che questa storia sia completamente degna di fede. Bisogna esercitare qualche cautela quando si arriva a trattare Tacito. Gli Annali di Tacito risalgono agli anni 115-120, almeno 50 anni dopo gli eventi che descrive. Il suo uso del termine ''Cristiano'' è in qualche modo anacronistico. È altamente improbabile, al tempo in cui accadde il Grande Incendio, che qualcuno riconosca i seguaci di Gesù usando il nome ''Cristiani'' fino, come minimo, giusto alla fine del primo secolo.  Se i seguaci di Gesù non furono neppure identificati come cristiani, è altamente improbabile che i cristiani fossero ben noti e malvisti abbastanza da poterli Nerone selezionarli come capro espiatorio. Appare più probabile che la discussione di Tacito degli eventi di Roma intorno al tempo dell'Incendio rifletta la sua personale situazione intorno al 115. Tacito è evidenza della crescente animosità popolare verso i cristiani nel secondo secolo, ma egli non offre evidenza della loro persecuzione nel primo. 
(pag. 139, mia libera traduzione e mia enfasi)


Ci sono dunque dei problemi col mito di Nerone. Primo, non ha senso pensare ad un Nerone che dà la colpa ai cristiani perchè il nome ''cristiani'' non era conosciuto fino alla fine del primo secolo, quando Nerone era deceduto da un pezzo. Nerone morì nel 68 e Tacito nacque nel 56 e pubblica i suoi scritti solo all'inizio del secondo secolo. Per allora i cristiani non erano ancora emersi dalla loro matrice ebraica come gruppo religioso ben distinto, almeno agli occhi dei romani.
Perciò, per Candida Moss, come lei stessa dichiara in questa intervista,
L'evidenza punta alla provenienza dal secondo secolo di questa storia di Nerone che incolpa i cristiani. Come poteva aver incolpato “Cristiani,” quando essi erano ancora noti come ebrei a quel tempo in Roma? È chiaro che le fonti romane condannavano Nerone per l'Incendio e Nerone tentò di incolpare altri, ma proprio non ha senso che egli specificamene nominò i  “Cristiani.


In questo modo, a sua insaputa, la prof Moss offre un altro indizio a conferma della vera natura delle vittime giustiziate crudelmente da Nerone: semplicemente, non erano cristiani, ma Crestiani, i sediziosi seguaci di Cresto citato da Svetonio. Sarebbe altrimenti troppo sorprendente (=inatteso = improbabile) che Nerone sfogasse la sua crudeltà su un gruppo del quale non sapeva neppure il nome! Viceversa è impossibile che al tempo di Nerone i romani sapessero tutto dei cristiani al punto da provare pietà per il loro presunto supplizio e al contempo che sotto Traiano lo storico Tacito fosse costretto a prendere informazioni sull'Incendio di Roma dagli stessi cristiani. Candida Moss potrebbe spiegare quest'enigma solo scommettendo ad hoc su un'amnesia collettiva di tutti i romani contemporanei di Tacito, improvvisamente ''dimentichi'' di tutto ciò che i loro padri avevano visto appena una generazione prima, e cioè la presunta crudelissima persecuzione neroniana dei cristiani, e per giunta dopo un siffatto Incendio!
Tacito sembra davvero dare per scontato che i suoi lettori non avessero affatto udito per nulla dei cristiani prima di allora. Ha senso che in avanzato II secolo praticamente nessuno a Roma sapesse della vera identità dei cristiani, mentre paradossalmente nel lontano 64 EC i cristiani fossero nel contempo così facilmente riconosciuti e non amati dai romani da essere ipso facto passibili della naturale accusa di essere i veri responsabili del disastro? È chiaramente il cane che si morde la coda. Pefino l'ipotesi del mero ''sentito dire'' sui cristiani da loro stessi si porta seco un problema logico insormontabile.  Dunque la più semplice spiegazione si conferma essere ancora una volta quella del dr. Carrier: Tacito non si riferiva affatto ai cristiani e non accennò mai a Cristo.


Spaventosa e imbarazzante ignoranza dei cristiani per se (oltre che, ovviamente, della loro connessione con l'incendio di Roma, nonostante l'avere un genitore che di quell'Incendio parlò in dettaglio in un libro perduto) emerge pure dal rapporto di Plinio il Giovane fatto a Traiano:
Il fatto che Plinio deve fare inchieste su questo indica che, prima di questo momento, non esistevano misure a disposizione per il trattamento dei cristiani. E' chiaro, allora, che i cristiani non erano l'equivalente antico romano di nemici dello stato. Nessun governatore moderno sentirebbe il bisogno di scrivere al Dipartimento di Sicurezza Nazionale per domandare cosa dovrebbe essere fatto circa un'ipotetica base operativa di al-Qaeda nel di lui o di lei stato. Plinio non avrebbe dovuto scrivere a Traiano se i cristiani fossero in cima alla lista delle preoccupazioni romane. La sua lettera dimostra una mancanza di familiarità con i cristiani e su come trattarli. Plinio era incerto se decretare che tutti i cristiani indipendentemente dall'età e maturità egualmente dovessero essere condannati  as a matter of course oppure se ritrattare le loro credenze poteva far meritare loro un perdono.
(pag. 140, mia libera traduzione)

Dunque se Plinio scrisse a Tacito non è indizio del mito di sedicenti ''cristiani nemico pubblico numero 1'', bensì tutto il contrario: cosa fare in particolare, come un mero appunto tra mille cose da fare di ordinaria amministrazione di una provincia orientale, di queste persone troppo ''entusiaste'' (nel significato negativo della parola ''entusiasmo'', lo stesso che intese il conte di Shaftesbury), probabilmente a causa di sconvenienti visioni e allucinazioni di massa del Cristo celeste (tanto per cambiare).

La Moss scrive:
I romani non erano noti per la loro crudeltà; al contrario degli antichi Assiri, che si guadagnarono una reputazione di brutalità e sadismo, loro erano noti per essere al confronto benevoli governanti.... Nella valutazione del trattamento romano dei cristiani, questa supposta gentilezza è stata usata in due modi diametralmente opposti: da una parte, viene usata per illuminare la straordinaria qualità della loro persecuzione dei cristiani e per ingrandire il senso di ingiustizia. I romani erano di solito così gentili, recita l'argomento, che il loro trattamento dei cristiani fu fuori dell'ordinario e crudele. D'altra parte, viene usata come evidenza dell'innocenza romana; i romani erano così gentili che noi dobbiamo concludere che i cristiani lo meritavano.

Dnque faccio il gioco dei folli apologeti se ammetto che i cristiani, con le loro manifestazioni di intolleranza verso gli idoli pagani, si beccavano di tanto in tanto l'odio della popolazione.
E da mito nasce mito:

Secondo Giustino Martire, "Gli ebrei erano dietro a tutte le persecuzioni dei cristiani. Essi vagavano per il paese in tutto il mondo odiando e minando la fede cristiana".

"Plinio aveva due schiave che erano anche diaconesse torturate e aveva deciso che il cristianesimo non fosse altro che una stupida ''superstizione.''. . . ma questo non significa che Plinio odiava il cristianesimo."
(pag. 142, mia libera traduzione e mia enfasi)


In realtà, le due facce della stessa medaglia sono le seguenti:

Se morivano di continuo senza mai rinnegare Cristo, il motivo era uno solo: perchè possedevano ''la verità''.
Se i romani erano innocenti pure quando persecutori, il motivo era uno solo: perchè c'erano gli ebrei ''dietro'' di loro.


A ulteriore dimostrazione di come i folli apologeti proto-ortodossi di un tempo sono gli stessi di oggi e non hanno cambiato sostanzialmente strategia, Moss scrive:
Daniel R. Jenky,  il vescovo di Peoria, Illinois, consegnò uno dei più controversi sermoni nella recente memoria americana. Durante il suo sermone alla Messa per l'''Adunanza degli Uomini di fede Cattolica'' sfidò il suo pubblico a praticare ''eroico Cattolicesimo''. L'eroico Cattolicesimo, in questo caso, significa ergersi - e votare - contro l'amministrazione Obama e opporsi al mandato del Dipartimento USA della Salute e Servizi Umani. Non c'è nulla di sorprendente in un vescovo cattolico che si oppone all'aborto e alla contraccezione, ma ciò che scatenò una calorosa risposta e un fervente dibattito fu l'implicito confronto che Jenky fece tra il Presidente Obama, Adolf Hitler, e Joseph Stalin.  Jenky dichiarò, “Barack Obama— con la sua agenda radicale, pro-aborto e secolarista estrema - ora sembra intento a seguire un simile percorso'' come altri governi per tutta la storia che hanno ''tentato di costringere i cristiani ad ammucchiarsi e a nascondersi solo entro i confini delle loro chiese.'' Jenky indica nei regimi nazisti e stalinisti gli antecedenti delle riforme sanitarie di Obama.
(pag. 9-10, mia libera traduzione e mia enfasi)

Moss conclude il suo libro, discutendo "L'Eredità Pericolosa di un Complesso del Martirio", il che implica che il martirio va trattata come una malattia mentale che può essere elencata insieme ad altre demenze mentali.
La lettura di quel giorno era presa dagli Atti degli Apostoli. Quando il vescovo D'Arcy ha iniziato la sua omelia, ha paragonato gli apostoli e le loro lotte contro "il mondo" nel primo secolo, le lotte che hanno portato al  loro eventuale martirio, alle lotte dei sostenitori del movimento pro-vita. L'implicazione è che i pro-life sono martiri moderni e  vittime di persecuzioni. Ricordo vividamente come mi girai verso il mio amico e sollevai le sopracciglia.
(pag. 251, mia libera traduzione e mia enfasi)

Ma a chi va la Palma d'Oro del più Famigerato Folle Apologeta Cristiano di Tutti i Tempi? Non ci sono dubbi. All'interpolatore dell'intero Testimonium Flavianum, all'esatta quintessenza del folle apologeta, Eusebio di Cesarea.


Eusebio “inventò la schiacciante maggioranza di storie di martirio in nostro possesso oggi'' (pag. 216) essendo lui il primo a propagandare il mito di una chiesa perseguitata, e ovviamente, come ogni pio cristiano che si rispetti, Eusebio ''aveva un'agenda'' (pag. 216) nel perseguire questo scopo:
La conseguenza del racconto di Eusebio di una chiesa perseguitata è che divide la chiesa in due gruppi: gli ortodossi, rappresentati dai vescovi e martiri ortodossi, e i loro avversari: gli eretici, gli scismatici e i persecutori. I bersagli polemici di Eusebio sono le voci di dissenso all'interno della Chiesa: coloro con i quali non è d'accordo, coloro che minacciano l'idea di una singola linea di vescovi autorevoli, e quelli che mettono in discussione i dogmi dell'ortodossia. Polarizzando il cristianesimo in questo modo, Eusebio espelle quei gruppi al di fuori della Chiesa. 
(pag. 233, mia libera traduzione e mia enfasi)

Eusebio crea e utilizza questa idea di una chiesa perseguitata piena di martiri per portare avanti la sua agenda. Eusebio aiuta a creare la propagandistica dicotomia di "noi perseguitati contro loro aggressivi"  che viene utilizzata come un potente dispositivo retorico fino ad oggi. Quando Moss scrive che "i 'noi' perseguitati è ora l'establishment,” si riferisce ad Eusebio di Cesarea, consigliere di Costantino il Grande.

Effetto collaterale di quell'esaltazione apologetica di martiri mai esistiti (come non è mai esistito nessun Gesù) è l'invenzione di reliquie di martiri su scala industriale:

  Le reliquie dei martiri, spiega Moss:
...potevano attirare una folla immensa. Il possesso dei resti di un martire. . . assicurava ad un villaggio non solo protezione e fama, ma anche visitatori. I pellegrini al santuario di un martire hanno bisogno di luoghi di soggiorno, di cose da mangiare e di una lampada o di un pettine commemorativo da portare a casa con loro. Ogni villaggio ha voluto avere i resti di un famoso martire . . . . un villaggio necessitava più di un semplice rumore; aveva bisogno di una leggenda  . . . per la gente del posto, era un modo per promuovere il commercio locale.
 (pag. 236, 238, mia libera tradizione e mia enfasi)

Un altro effetto collaterale è la falsificazione costante di quella che doveva passare alla fine per ''Venerabile Traditio'':
La ragione per la quale era così facile creare o inventare storie di martirio era che, a differenza del Nuovo Testamento, ma come la stragrande maggioranza della letteratura cristiana, le storie di martiri non sono mai state canonizzate. Questo significava che quando sono state copiate, gli scribi responsabili avevano una considerevole libertà di modificare, ampliare, modificare, o inventare tradizioni come meglio credevano. A volte gli autori stavano semplicemente aggiungendo ad una tradizione più antica. Essi fissano per iscritto storie da bivacco o tradizioni orali da gossip, le cui origini sono completamente sconosciute. Altre volte modificano un testo per renderlo più ortodosso, ponendo credi, dichiarazioni di fede, o  denunce di eretici sulle labbra dei santi.
(pag. 235, mia libera tradizione e mia enfasi)


A proposito di questo fatto evidenziato dalla prof Moss, il prof Robert Price mette in luce un'aspetto per nulla trascurabile da esso sottilmente implicato, e che costringe, per puro amore di coerenza intellettuale, ad applicare il suo medesimo criticismo anche ai vangeli, in particolare laddove parlano della presunta persecuzione che subì l'inesistente Gesù di Nazaret:
Ma io penso che non lei [la Moss] non intenda erigere un firewall per salvaguardare l'accuratezza del vangelo. Lei vuol dire solo, credo, che, una volta canonizzati, i libri del Nuovo Testamento non potevano essere casualmente ampliati o riscritti come potevano esserlo i materiali non canonici. Ma il confronto dei manoscritti del Nuovo Testamento mostra che,  più indietro nella genealogia del manoscritto si va, maggiore è la fluidità del testo e la libertà degli scribi nell'emendare e modificare. E allora dobbiamo chiederci se le stesse tendenze sono state più dilaganti nei decenni durante i quali i libri del Nuovo Testamento stavano prendendo forma, prima della canonizzazione. Per esempio, Moss mostra come apparenti documenti processuali nei racconti dei martiri in realtà non sono conformi ai modelli legali riportati nelle reali trascrizioni processuali del mondo antico, e che i martiri sono spesso raffigurati come rappresentanti di credenze teologiche  molto più tarde rispetto a quelle prevalenti nell'epoca in cui le scene sono state impostate. Da molto tempo è evidente ai critici della Bibbia che lo stesso si applica a profusione nei racconti evangelici del processo. Che cosa? Il Sinedrio che cerca Gesù nel giorno di Pasqua? Non una chance. E che lo trova colpevole di blasfemia per le sue pretese messianiche? Non c'era nulla di blasfemo in Gesù, Bar Kochba, o chiunque altro affermò di essere il messia (anche se, naturalmente, potevano essere in errore). No, l'intero affare del "figlio di Dio" riflette sicuramente la più tarda cristologia cristiana, non di un re ebreo, ma di un essere divino. Le scene evangeliche del processo non sono più storiche di quanto lo siano le fantasiose martirologie. 




Il cospirazionismo tipicamente cristiano, e più precisamente integralista cattolico, lo stesso che si respira leggendo i deliranti articoli online di un Blondet o di Livio Fanzaga, è alle porte:
I martiri cristiani videro sè stessi come soldati nella battaglia tra il bene e il male. Questa visione del mondo li ha portati a rappresentare il governo romano ed i loro carcerieri, giudici, torturatori e carnefici come agenti di Satana. I cristiani erano in guerra con un mondo posseduto da Satana, ed i martiri non potevano cedere un centimetro di retorica. In ultima analisi, questa è la visione del mondo apocalittica, una forma di scrittura e un modo di pensiero relativo al soprannaturale, a rivelazioni divine, a visioni, a salvezza escatologica e alla battaglia cosmica.
(pag. 240, mia libera traduzione e mia enfasi)



Il più grande merito della prof Moss è certamente denunciare il Mito apologetico della Chiesa Eternamente Perseguitata, e perciò rotta a tutte le fatiche e a tutti gli sconvolgimenti, ma sempre e comunque vittoriosa, perchè è già scritto nel suo destino, per la sua ostinata fede nel Cristo e non da ultimo, per l'''impatto straordinario'' che il ''Gesù storico'' ebbe su di lei alla sua fondazione (e/o origine che dir si voglia):
Per 2000 anni i nemici di Cristo hanno certamente fatto del loro meglio. Ma rifletti su questo. La Chiesa sopravvisse e fiorì persino durante secoli di terribili persecuzioni, durante i giorni dell'Impero Romano. La Chiesa sopravvisse alle invasioni barbariche. La Chiesa sopravvisse a ondate di Jihad. La Chiesa è sopravvissuta all'età della rivoluzione. La Chiesa è sopravvissuta al nazismo e al comunismo. E nella potenza della risurrezione  la Chiesa sopravviverà l'odio di Hollywood, la malizia dei media, e la maligna corruzione dell'industria dell'aborto.
(pag. 10, mia libera atraduzione e mia enfasi)


Della vigorosa propaganda nel net di tale mito si fanno più o meno deliberatamente strumento e portavoce i folli apologeti cristiani Valerio Polidori e Jerim Pischedda sotto le mentite spoglie degli ''storici'', e così pure tutti gli sfacciati apologeti complottisti cristiani del giornalismo di basso consumo, da Vittorio Messori ad Antonio Socci passando per Maurizio Blondet.

È ora diventato standard e pensiero comune, grazie all'alacre propaganda apologetica dei cristiani che procede dap 2000 anni, l'idea che la Chiesa Cattolica è sempre perseguitata, in ogni luogo e in ogni tempo e con ogni mezzo, senza tregua e senza posa. Perfino una persona apparentemente obiettiva come Gianluigi Bastia sposa questa logica apologetica, rivelando il pesante condizionamento della sua fede cattolica. Perfino il folle apologeta Ernesto Pintore, che pure cristiano non è, manifesta tale creduloneria, così fortemente ha messo radici il mito nella coscienza collettiva.



A proposito dell'apologetica cristiana che grida al martirio degli innocenti quando si oppone con tutti i mezzi alla legalizzazione dell'aborto, stigmatizzando nei tratti anticristici le politiche favorevoli a quella pratica, la prof Moss così si esprime:


Invece di demonizzare i nostri avversari, potremmo cercare di trovare punti di accordo e lavorare insieme. Questo non è un libro che parla di aborto, e io non sono un'esperta di etica, ma trovo difficile credere che a qualcuno facesse davvero piacere vedere più aborti. 
(pag. 257, mia libera traduzione e mia enfasi)

Qui la prof Moss pecca troppo di politicamente corretto:
per dirla tutta, io credo che non esiste e non esisterà mai un dialogo vero con i fondamentalisti di qualsiasi religione. In questo il prof Price concorda implicitamente con me:
Moss vuole che la smettiamo di demonizzare i nostri nemici e di avviare un dialogo simpatico con loro. Le si faccia vedere fino a che punto tali appelli fuzionano con Al-Qaeda e i Talebani. Devo dire che chi va sparando bambini per le scuole e chi massacra i membri di religioni rivali hanno abbastanza bene demonizzato sé stessi. Non posso permettermi di curare ciò che traumi infantili o chissà quali privazioni socio-economiche possono averli portati ai loro trascorsi di azione sanguinaria, e neppure può permetterselo lei. Gandhi una volta consigliò ad ebrei tedeschi di usare i suoi principi di resistenza nonviolenta contro Hitler. Sapete dove vi porta? Ah, ecco, al martirio.


Quelal che segue è la conclusione della prof Moss (pagine 160-161):
     Non c'è dubbio che i cristiani pensano che sono perseguitati; che rimuginano su questo, teologizzano a questo proposito, gemono, si lamentano, protestano e si rimpiangono. Né si deve sottovalutare la realtà delle loro esperienze. Non vi è dubbio che i cristiani morirono, e sono stati orribilmente torturati e giustiziati in una maniera che allarmerebbe persone oggi, per quanto disinteressati sono nel campo dei diritti umani. Possiamo immaginare che per una piccola comunità la morte anche di un solo membro avrebbe avuto un effetto devastante sul gruppo e ha lasciato un'impronta duratura sui modi in cui hanno pensato di sé stessi. Non abbiamo bisogno di concludere che gli autori dell'Apocalisse e di 1 Pietro fossero isterici quando si lamentano sull'essere perseguitati, ma le loro esperienze non si allineano né con la mitologia della persecuzione cristiana e neppure con le definizioni moderne di persecuzione in cui la persecuzione è centralizzata e condotta dallo Stato.
  Acutamente, il prof Price, nella sua recensione dello stesso libro, evidenzia come paragonare il revisionismo storico della prof Candida Moss al revisionismo storico praticato dai negazionisti dell'Olocausto (quello , una vera persecuzione) fa emergere una netta differenza morale:
La storica della Chiesa Moss effettivamente rifiuta come fabbricazione il credo principale circa la massiccia sofferenza di pii innocenti nel passato, solo che le vittime fittizie sono i cristiani, non gli ebrei. La vera differenza, tuttavia, è che Moss offre un'attenta analisi dei testi, sottili sfumature dell'evidenza e argomenti persuasivi. Coloro che negano la persecuzione nazista degli ebrei stanno usando quella negazione per facilitare i loro sogni di ripetere l'Olocausto, mentre Candida Moss spera dal suo scrutinio di disarmare nuova violenza ispirata da false visioni del passato e degli odi che nutrono.
Il libro-denuncia della prof Candida Moss mi rafforza ancor di più nel mio personale:

1) disgusto per la religione cattolica e il monoteismo semitico nelle sue varie espressioni,

2) disgusto per l’ambito cosiddetto ''spirituale'' come ''importante collante'' per popoli del medesimo retaggio, al pari della lingua, della cultura,

3) disgusto per l’eterno problema petrino che angustia questa Penisola da quando la Roma pagana cedette il posto alla Roma cattolica.


Col cristianesimo ho rotto ormai anni fa ed ho volutamente preso le distanze con sommo disprezzo dalle sue istanze orridamente ibride ebraiche e pagane.

Ritengo che il cattolicesimo proto-cattolico o ortodosso a lungo andare ci abbia rovinati perché da una parte ha cancellato e anzi parassitato la razionalità pagana e dall’altra ha snaturato e pervertito la luminosa eredità greco-romana. l’Europa castrata dalla croce di Cristo s’è sacrificata ad un culto desertico totalmente estraneo al senso greco della misura, seppur filtrato e raffinato dalla filosofia greco-romana.

Dico BASTA con la fede in un demiurgo creatore estraneo, assoluto, e partorito dall’umiliazione pecoronica dell’uomo e che la sua intelligenza ostacolava con patetici scrupoli di coscienza.

Intendo sbarazzarmi senza remore del cristianesimo e del monoteismo ebraico perché è solo una zavorra creata ad arte per renderci agnelli sacrificali mansueti e pronti ad ingurgitare ogni boiata papalina per ingrassarci, anche a costo di farci rinnegare la nostra più autentica e più pura razionalità e umanità.

Il servilismo, l’umiliazione sistematica delle nostre carni e del nostro spirito, la demonizzazione dell’indole umana, il peccato, la fede riposta in patetiche rimasticature del mondo pagano greco-romano e dello stesso, estraneo, ebraismo e monoteismo mediorientale, la distruzione della precedente cultura pagana in favore del semitismo assolutista, questo e molto altro la cristianizzazione dell’occidente ha arrecato e oggi, quasi per beffa, dopo secoli di sfruttamento becero perpetuato dalla Chiesa spesso sfociato in violenza e morte anche fisiche, la Chiesa Cattolica ha aperto a quel modernismo postconciliare che se da una parte ha edulcorato il fanatismo precedente dall’altra ha abbracciato la più cospirazionista follia apologetica e le sue sfaccettature vittimiste e ipocrite finendo per confermarsi nemica della ragione e dell'Umanità in una maniera conforme al passo coi tempi.

mercoledì 29 ottobre 2014

Solus Paulus

...εν ομοιωματι ανθρωπων, nell'apparenza degli uomini (Filippesi 2:7)
Che dire delle lettere di Paolo? Nel suo caso finalmente abbiamo qualcuno che è universalmente accettato come un personaggio storico. Tuttavia, gli studiosi ritengono che le sue lettere successive, note come "pastorali", sono falsi che contraddicono le sue precedenti lettere. Come le lettere attribuite agli altri discepoli, sono state scritte nel secondo secolo EC per combattere le divisioni interne nella chiesa. Ma alcune delle lettere precedenti, mentre hanno sofferto modifiche, aggiunte e omissioni, sono ampiamente ritenute originali di Paolo. Paolo scrisse le sue lettere prima del 70 EC. Così, quelle lettere sono in realtà anteriori a tutti i vangeli. Sono i primi documenti cristiani esistenti e alcune di loro sono sostanzialmente genuine. Finalmente abbiamo qualcosa di sostanziale! È un fatto del tutto straordinario, tuttavia, che Paolo non dice nulla sul Gesù storico! Egli si preoccupa solo con il Cristo crocifisso e risorto, la cui importanza è del tutto mistica. Paolo chiarisce che non ha mai incontrato un Gesù storico. Egli scrive:

E invero, fratelli, io vi dichiaro che il vangelo da me annunziato non è secondo l’uomo; poiché io stesso non l’ho ricevuto né l’ho imparato da alcun uomo, ma l’ho ricevuto per rivelazione di Gesù Cristo.
 (Galati 1:11-12)


Paolo non menziona Gerusalemme o Pilato. In effetti egli dichiara che Gesù è stato crocifisso su istigazione degli 'Arconti' o 'dominatori dell'eone' - potenze demoniache che sono discusse dagli gnostici! In realtà Paolo non collega Gesù con qualsiasi tempo e luogo storici, neppure al passato recente.
Il Cristo di Paolo, come Osiride e Dioniso per i pagani, è una figura mitica e senza tempo. Paolo non dice niente su Nazaret e mai chiama Gesù un Nazareno. Anche se ritrae il cristianesimo come una setta che pratica il battesimo, non ha mai menzionato Giovanni il Battista.  Egli non ci dice nulla di un Gesù che mangia e beve in compagnia di pubblicani e di peccatori, del suo discorso della montagna, delle sue parabole, dei suoi argomenti con i farisei e degli scontri con le autorità romane. Paolo non sa nemmeno il Padre Nostro, che, secondo i Vangeli, Gesù diede ai suoi discepoli, dicendo:
''Voi dunque pregate così''  (Matteo 6:9) infatti Paolo scrive, ''Nello stesso modo, anche lo Spirito Santo ci aiuta giorno per giorno nei nostri problemi e nelle nostre preghiere. Perché, in realtà, noi non sappiamo neppure per che cosa pregare, né pregare nel modo giusto, ma lo Spirito Santo prega per noi con tale sentimento, che non si può esprimere a parole'' (Romani 8:26). Se Paolo stava seguendo veramente un Messia recentemente scomparso, è sorprendente che non sentiva la necessità di andare a vedere gli apostoli che hanno conosciuto Gesù di persona prima di intraprendere la sua personale missione di predicazione. Ma egli dice di non ottenere la sua autorità da nessuno e si sforza di convincere i Galati in tal senso come se quello è esattamente cosa speravano i Galati che lui confermasse. Sarebbe inoltre apparentemente ragionevole supporre che, se Gesù fosse una figura letterale e non un Cristo mitologico, Paolo avrebbe attinto dagli insegnamenti del suo maestro e brandito l'esempio della sua vita a partire da una base certa. In realtà egli non menziona mai la vita di Gesù e cita Gesù solo una volta - e quando lo fa, è la formula universale del Mistero dell'Eucaristia:
«Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me». 
«Questo calice è il nuovo patto nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne berrete, in memoria di me.»
 (da 1 Corinzi 11:24-25)
 
Quando Paolo cita questo passo, ci dice che Gesù lo pronunciò 'la notte in cui venne tradito' (1 Corinzi 23) oppure in alcune traduzioni 'la notte del suo arresto'. Entrambe queste traduzioni, comunque, impreziosiscono il greco originale per insinuarvi l'idea della storicità. Il greco afferma in realtà che Gesù pronunciò queste parole nella notte in cui fu 'consegnato',  una frase che ricorda quella utilizzata per descrivere la sorte del pharmakós sacrificale greco, il quale va incontro anche lui alla sua morte per espiare i 'peccati del mondo'. Paolo dà i suoi insegnamenti etici di sua iniziativa, senza menzionare Gesù. Quando desidera sostenerli egli si basa sull'Antico Testamento, anche quando citando Gesù avrebbe conferito loro un'aurea ieratica e autorevole altrettanto bene, o persino meglio. Paolo insegna che la morte di Cristo pone fine alla legge ebraica, ma non fa leva sulla pretesa di Gesù che egli è venuto allo scopo di fare esattamente questo. Egli non rafforza l'autorevolezza della sua esortazione al celibato con la lode di Gesù di coloro che rinunciano al matrimonio per amore del regno dei cieli. Quando sostiene che alla risurrezione il corpo di una persona sarà cambiato dalla carne e dal sangue, lui non cita gli insegnamenti di Gesù per cui ''quando risusciteranno dai morti, infatti,
non prenderanno moglie né marito, ma saranno come angeli nei cieli' (Matteo 12:25). Se avesse saputo le parole del maestro, dovrei credere per davvero che Paolo non avrebbe fatto assolutamente alcun loro riferimento? 

Anche se Paolo non menziona un Gesù storico, fa menzione di un Giovanni e di un Giacomo, che spesso sono presunti essere due dei discepoli menzionati nei Vangeli.

Paolo non ci dice nulla di Giocanni, ma chiama Giacomo 'il fratello del Signore', che a volte viene inteso a dimostrare che Paolo ha riconosciuto un Cristo storico, perché aveva incontrato il suo fratello. Era una pratica cristiana comune, tuttavia, chiamarsi l'un l'altro 'fratello' (ovviamente sottinteso: ''del Signore'') e Paolo in quella precisa occasione menzionata in Galati 1:19 voleva distinguere quel particolare fratello, cioè Giacomo, non solo da eventuali fratelli di Cefa, ma anche dagli apostoli di cui Cefa era il solo rappresentante in quel brevissimo incontro a Gerusalemme, rappresentando così, nelle intenzioni di Paolo, un'ulteriore prova (non importa se vera o falsa) agli occhi dei Galati della pretesa di Paolo di non aver rubato il vangelo da nessun apostolo in precedenza, ma solo misticamente da Gesù in persona. Sia nel vangelo di Matteo e nel vangelo di Giovanni, Gesù chiama i suoi seguaci suoi 'fratelli', senza dedurre che essi sono la sua famiglia di sangue, e in un vangelo gnostico chiamato L'Apocalisse di Giacomo si legge espressamente che Giacomo fu chiamato da Gesù in persona ''
mio fratello, anche se tu non sei mio fratello materialmente''.  Paolo menziona anche un  certo 'Cefa'. Questo è tradizionalmente considerato come l'apostolo Pietro. Peietro è stato originariamente chiamato Simone, ma, in circostanze diverse in ogni vangelo, gli è stato dato il nome di 'Roccia' da Gesù. Si tratta di "Cefa'' in aramaico e ''Pietro'' in greco. È Cefa la stessa persona di Pietro? Paolo menziona anche un 'Pietro' una volta nelle sue lettere, ma non eguaglia Cefa e Pietro in una sola e stessa persona. Uno scritto proto-ortodosso titolato La Lettera degli Apostoli si apre con un elenco di 11 apostoli, il terzo dei quali è chiamato Pietro, e l'ultimo dei quali è chiamato Cefa, quindi c'era certamente una tradizione cristiana secondo la quale Cefa e Pietro non erano identici. La tendenza moderna di supporre che essi fossero necessariamente la stessa persona è errata.  Anche se Cefa fosse considerato come un altro nome per Pietro, è questo il Pietro che presumibilmente conosceva Gesù? È facile supporre così, perché siamo tutti così familiari con le storie del vangelo. Tuttavia, non vi è nulla nelle lettere di Paolo che suggerisce che il Cefa incontrato a Gerusalemme e ad Antiochia fosse lo stesso Pietro dei vangeli che ha personalmente conosciuto Gesù. In realtà tutto il contrario. Il rapporto di Paolo con il Cefa delle sue lettere certamente non suggerisce per nulla affatto che Cefa fosse il braccio destro di un Messia storico. Paolo è estremamente ostile a Cefa e si oppone a lui con un linguaggio forte:
Ma quando Cefa venne ad Antiochia, mi opposi a lui a viso aperto perché evidentemente aveva torto.
(Galati 2:11)


Paolo se la prende con Cefa per la sua conformità alla legge ebraica e il suo rifiuto di mangiare con cristiani gentili. Ma Paolo non fa apparire il fatto che, se Cefa è il Pietro dei vangeli, avrebbe dovuto sapere che Gesù mangiò e bevve con i peccatori e prostitute e si era difeso dalle critiche che egli stava violando la Legge ebraica. Paolo chiama Cefa un ipocrita. Tuttavia, se è il Pietro dei vangeli, perché Paolo non gli rimprovera il fatto che lui si era addormentato nel giardino di Getsemani, e aveva rinnegato il Signore tre volte con maledizioni,  ed era anche stato paragonato a Satana da Gesù stesso? 
C'è solo un breve passaggio in Paolo, che potrebbe giustificare la convinzione che il Cefa delle sue lettere è il Pietro dei vangeli. Scrivendo del Gesù risorto, Paolo dice,
'
...apparve a Cefa e quindi ai Dodici. In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta.'' (1 Corinzi 15:7)

Questo è curioso, perché, secondo i Vangeli, Giuda Iscariota era morto per quel tempo, così Gesù sarebbe potuto apparire solo agli 11, non ai 12.

E nessuno dei vangeli parla di Gesù che appare ad un "centinaio" di persone. Ancora una volta dobbiamo riconoscere che siamo in difficoltà nel sapere cosa credere veramente. Questo passaggio potrebbe essere un'aggiunta posteriore alla lettera di Paolo. Ma anche se non lo fosse, tutto ciò che ci dice in realtà è che un Cefa, insieme a centinaia di altri, ha avuto l'esperienza mistica di vedere Cristo risorto, proprio come Paolo stesso aveva fatto. Paolo sta descrivendo un evento storico o dei riti mistici? Migliaia di iniziati nei pagani Misteri di Eleusi avrebbero potuto fare sostanzialmente la stessa pretesa di partecipare alla visione dell'uomo-dio risorto, senza da ciò dedurre che ognuno di loro avesse incontrato uno storico Osiride o Dioniso. Questo può sembrare un'interpretazione radicale, ma dà un senso ad un passaggio nella lettera di Paolo ai Galati, che è altrimenti incomprensibile. Paolo critica gli '
...stolti Galati, chi mai vi ha ammaliati, proprio voi agli occhi dei quali fu rappresentato Gesù Cristo crocifisso? - ovviamente, ''rappresentato'' in un testo sacro precedente - per aver osato guardare ad una comprensione della salvezza ''materiale'' piuttosto che ''spirituale''. Dobbiamo davvero credere che questa comunità cristiana in Asia Minore aveva assistito alla crocifissione a Gerusalemme, e che Paolo, che non ha mai affermato di aver conosciuto Gesù, si sentiva  giustificato nel chiamare ''stolti'' tali testimoni? L'insulto di Paolo avrebbe senso, però, se i cristiani della Galazia avevano invece ascoltato di una drammatica profezia sacra della passione di Cristo presente in un testo sacro precedente.  È questo, afferma Paolo, che li renderà ''perfetti'' (τέλειοι, 1 Corinzi 14:20) - o per usare la traduzione più accurata, ''iniziati''!


Che cosa possiamo realmente dire sul Cefa di Paolo? Soltanto che lui è un leader di ebrei cristiani a Gerusalemme e un rivale teologico di Paolo. Sembrerebbe che le lettere di Paolo, i primi documenti cristiani, non possono aiutarmi nella ricerca di un Gesù storico. Tutto quello che si può dire è che la comunità cristiana era già divisa internamente già a metà del primo secolo tra cristiani filo-ebrei a Gerusalemme e quelli, come Paolo, che vedevano in Gesù colui che è venuto a sostituire la vecchia legge ebraica. È solo a causa dei vangeli e degli Atti degli Apostoli, entrambi scritti molto più tardi, che le figure di Cefa, Giovanni e Giacomo nelle lettere di Paolo sono diventate associata alle figure del vangelo che portano i loro nomi. Non c'è in realtà nulla in Paolo che ci induca a credere che i cristiani con cui sta parlando sapevano per proprio conto di un Gesù storico. I vangeli sono stati scritti dopo le lettere di Paolo e sono stati rivelati come documenti teologici piuttosto che storici. È più probabile, quindi, che gli scrittori del vangelo hanno raccolto i nomi di Cefa, Giacomo e Giovanni indicati in precedenza da Paolo per trasformarli in personaggi che troviamo nella storia di Gesù.

L'evidenza suggerisce che il Nuovo Testamento non è una storia di eventi reali, ma una storia dell'evoluzione della mitologia cristiana. Il primo vangelo è stato scritto da Marcione, (come il prof Markus Vinzent e il prof Matthias Klinghardt si stanno apprestando a dimostrare) e Marcione stesso inventò a partire da tradizioni preesistenti. Gli autori di Marco, Matteo e Luca hanno aggiunto e modificato questo vangelo per creare le proprie versioni cattocilizzate della vita di Gesù. Da questo possiamo concludere che non hanno visto il Vangelo di Marcione come un record storico prezioso che deve essere preservato intatto. Nemmeno lo videro come la 'Parola di Dio' inviolabile che non deve mai essere modificata. Evidentemente credevano che fosse una storia che poteva essere abbellita ed adeguata ai propri interessi teolofici - esattamente nello stesso modo in cui i filosofi pagani avevano sviluppato ed elaborato i miti di Osiride e di Dioniso per secoli. Ma il Vangelo di Marcione non è la nostra prima prova della storia di Gesù. Questa si trova nelle lettere di Paolo. Nonostante il fatto che queste lettere sono state scritte prima di tutti i vangeli, e ben circa 110 anni prima del primo Vangelo, esse sono collocate nel Nuovo Testamento, dopo i vangeli canonici e Atti. Questo dà la falsa impressione che Paolo segue cronologicamente Vangeli e Atti, piuttosto che il contrario. Quindi, è molto facile non accorgersi nemmeno che il Cristo di Paolo non è una figura storica. Tuttavia, se mettiamo gli elementi che compongono il Nuovo Testamento nel loro corretto ordine cronologico, vediamo la storia di Gesù in via di sviluppo sotto i nostri occhi. La morte e la resurrezione del Cristo mitologico di Paolo sono sviluppate dalla storia primitiva di Gesù del Vangelo di Marcione. Questo è significativamente corretto dai cattolici Marco, Matteo e Luca. Poi abbiamo il più filosoficamente sviluppato bangelo di Giovanni, con la sua dottrina del 'Logos' e completo di lunghi discorsi greci di Gesù. Infine abbiamo una raccolta di leggende sugli apostoli, seguito da un numero di lettere false che presuppongono un Gesù letterale e adottano l'autorità degli apostoli per attaccare i cristiani eretici. Visto in questo modo, il Nuovo Testamento stesso racconta la storia di come il cristianesimo si è sviluppato:


Le lettere di Paolo  50 EC
Il Vangelo di Marcione 138 EC
I Vangeli di Marco, Matteo, Luca e Giovanni 140-150 EC
Atti degli Apostoli 150-177 EC
Lettere degli Apostoli 177-220 EC


Gesù è un mistico uomo-dio che muore e risorge.
Al mito di Gesù è dato un contesto storico e geografico la prima volta nel Vangelo di Marcione.
I dettagli della nascita di Gesù e della sua resurrezione sono aggiunti e la storia viene abbellita.
Avendo ora creato l'illusione di un Gesù storico, Atti è creato per raccontare dei suoi discepoli.
Lettere attribuite a Paolo e agli apostoli sono fabbricate dai protocattolici letteralisti nelle loro battaglie contro lo gnosticismo, attaccando ''il mendace'' che '
'non riconosce che Gesù Cristo è venuto nella carne'' (1 Giovanni 4:3).

La versione originale del Vangelo di Marcione, il primo racconto della storia di Gesù, non ha incluso del tutto la nascita di Gesù. Questa nascita è stata aggiunto in seguito. Prima di queste aggiunte, il Vangelo di Marcione esordiva con l'angelico e celeste Gesù che appariva in sembianze umane già adulto sulla Terra. Tipicamente, i vangeli gnostici successivi iniziano allo stesso modo. Essi però non riguardano gli eventi della vita di Gesù, ma si concentrano sugli insegnamenti segreti del Cristo risorto dopo la risurrezione. Ciò suggerisce che la storia originale semi-storica di Gesù riferita nel Vangelo di Marcione fu subito utilizzata dagli gnostici come un Mistero esterno progettato per fare appello a principianti spirituali. Quel Mistero esterno poteva accompagnare un iniziato nel suo apprendimento su come ottenere la salvezza, ma solo gli insegnamenti segreti degli gnostici rivelavano le parole del Cristo risorto, perfino se Marcione stesso si opponeva a questa segretezza perchè Marcione fu il primo a coltivare l'obiettivo di istituzionalizzare un cristianesimo altrimenti anarchico, come dimostra la sua pubblicazione del Nuovo Testamento. Marcione stava tentando col suo Vangelo di rischiarare con la sua immaginazione una realtà ''storica'' incapace per definizione di comprendere e definire il Dio trascendente che non è di questo Mondo, non è il Creatore di questo Mondo e che non ha nulla a che fare con questo Mondo. Un Dio che rivela che quello che noi chiamiamo Storia è in realtà vano mito, mentre quello che per Marcione era Vero Mito, il Mito dell'Angelo Gesù che Muore & Risorge per riscattare dal crudele Demiurgo ebraico coloro che lo amano, era in realtà più ''vero'', più ''reale'' e più ''storico'' della stessa Storia. 

 Ma  gli gnostici, andando contro perfino le intenzioni letteraliste di Marcione, miravano al di là della storia letterale di Gesù al vero Mistero, alla vera esperienza mistica della loro personale morte e risurrezione e alla realizzazione della loro identità più profonda con il Cristo - il sempiterno universale Daemon. 



Come innumerevoli studiosi che hanno fatto questa ricerca prima di me, ho trovato che la ricerca di un Gesù storico è inutile. È sorprendente che non abbiamo prove sostanziali dell'esistenza storica di un uomo che si dice sia stato l'unica e sola incarnazione di Dio in tutta la Storia dell'umanità. Ma il fatto è che non abbiamo prove. Allora, che cosa abbiamo?

interpolazione in Tacito

interpolazioni in Giuseppe Flavio tra tutte le storie scritte da storici ebrei.

una manciata di passi tra la vasta letteratura del Talmud, che ci raccontano di un uomo di nome Yeshu vissuto con cinque discepoli chiamati 'Mattai, Nakkia, Netzer, Buni, e Todah'.

il Vangelo di Marcione scritto nel 138 EC, che non è nemmeno inteso dal suo autore come una testimonianza storica e di certo non lo è perchè, perfino se Marcione avesse avuto in mente una figura storica, magari un predicatore apocalittico, come ispirazione per la sua storicizzazione del Mito di Gesù sulla Terra, l'evidenza mostra che il processo andò dal divino all'umano, dal mito all'uomo (il Gesù angelico e spirituale, ''docetico'' del Vangelo di Marcione, rappresentando l'esatto passo intermedio atteso al 100% in un processo del genere).  

vangeli attribuiti a Marco, Matteo, Luca e Giovanni, che si basano in modo indipendente sul Vangelo di Marcione e tentano invano di connettere il Gesù angelico di Marcione con una genealogia ebraica, enfatizzando la sua natura umana ma non eliminando del tutto le tracce dell'originaria natura angelica e spirituale del Gesù di Marcione. Questi quattro vangeli anonimi proto-cattolici non si mettono nemmeno d'accordo sui fatti della nascita e della morte di Gesù e tradiscono influenza letteraria tutti quanti dal Vangelo di Marcione.

i nomi dei 12 discepoli per i quali non vi è alcuna prova storica.

gli Atti degli Apostoli, scritti in pieno inoltrato II secolo, che si leggono come un romanzo fantasy, completo di citazioni dell'Antico Testamento ebraico, in contraddizione con le lettere di Paolo e che mirano a soggiogare l'''apostolo di Marcione'' (Tertulliano) all'autorità dei 12 e di Pietro.

una selezione di lettere false attribuite a Pietro, Giacomo, Giovanni e Paolo. 

alcune lettere autentiche di Paolo, che non parlano di un Gesù storico per nulla, ma solo di una morte e resurrezione mistiche di Cristo. 

un sacco di prove che suggeriscono che il Nuovo Testamento non è una storia di eventi reali, ma una storia dell'evoluzione della mitologia cristiana.

 
Forse (proprio a voler essere buono), qualcosa di queste fonti potrebbe (forse) nascondere la prova di un Gesù storico. Questo non può essere escluso. Ma l'evidenza che suggerisce che Gesù è una figura mitica è così convincente che avrei bisogno di qualcosa di molto più sostanzioso di tutto questo per indebolirla. 

La mancanza di qualsiasi prova di un Gesù storico, infine, mi ha fatto abbandonare completamente l'idea che la vera biografia di Gesù fosse stata distorta e ricoperta di mitologia pagana per creare le storie del vangelo. Inoltre mi ha fatto respingere un'idea straordinaria sviluppata nel 1920 da un gruppo di monaci folli apologeti in Germania chiamata 'teoria del Mistero'. Questa teoria spiega le somiglianze tra la 'biografia' di Gesù e la mitologia dei Misteri sostenendo che, al culmine di un piano divino, la vita di Gesù aveva finalmente realizzato nella storia ciò che era stato precedentemente solo mitico. Questo è in realtà solo la teoria dell''imitazione diabolica' sotto amorevoli e positive mentite spoglie. Non esiste nessun buon motivo per considerare le storie di Osiride e Dioniso sotto l'etichetta ''mito'' e la storia di Gesù invece come una specie di loro unico compimento storico. Pensare una cosa del genere è solo mero pregiudizio culturale.

Si sostiene spesso che solo l'esistenza di un Gesù storico può spiegare la forza e il fascino del cristianesimo. Senza l'ispirazione di qualche fondatore carismatico come poteva aver avuto origine il cristianesimo ed essersi diffuso in tutto il mondo antico? 

L'ipotesi del Mito di Gesù spiega tutto questo senza bisogno di ipotizzare l'esistenza di un uomo del quale non abbiamo prove. Il cristianesimo si originò e si diffuse in tutto il mondo antico esattamente nello stesso modo in cui i Misteri di Dioniso avevano fatto - e i Misteri di Mitra, e di Attis, e di Serapide, e  tutti gli altri misteri di uomini/dèi che muoiono e risorgono.  

Lungi dal mettere in discussione l'ipotesi del Mito di Gesù, la mia ricerca di un Gesù storico l'ha confermata. 

Yaldabaoth leontoeides
Tuttavia, il mio studio del Nuovo Testamento ha aperto, almeno per me, una grande zona del Dubbio. Se Paolo è il primo cristiano di cui sappiamo con certezza che è  una reale figura storica, e se fu Marcione a scrivere il primo Vangelo contro le accuse del contrario mossegli dai primi Padri della Chiesa, allora aumenta la credibilità anche dell'altra affermazione di Marcione che il Verus Paulus fu qualcuno che non credeva che il dio ''giusto'' dell'Antico Testamento fosse il supremo Dio. E che le lettere erano state interpolate da qualcuno che mirava a giudaizzarle. Allora sicuramente dovrei aspettarmi di trovare che il Paolo storico fosse uno gnostico. 

Ma tradizionalmente Paolo è raffigurato come un veemente anti-gnostico, che al più ''si finse gnostico per meglio guadagnare gli gnostici''. Questa sembra essere una grave carenza nella mia tesi (il motivo per il quale molti miticisti, compreso Richard Carrier, non vogliono scommettere più di tanto su un Paolo protognostico e preferiscono per amor di discussione con i folli apologeti accettare in linea di principio un Paolo fedele devoto di YHWH). Fino a quando, cioè, ancora una volta ho osato sfidare l'opinione corrente e ho esaminato più da vicino le prove con l'aiuto di studiosi veramente indipendenti.