lunedì 26 gennaio 2015

L'Intero Testimonium Flavianum È Interpolato ed È Evidenza Contro il Gesù Storico

Un altro accademico, un esperto linguista di fama internazionale, Paul Hopper, rende disponibile in pdf un suo precedente lavoro pubblicato su Flavio Giuseppe, intitolato: 

A Narrative Anomaly in Josephus: Jewish Antiquities xviii:63.
 
 
Si tratta certamente dell'ultimo chiodo conficcato nella bara del Testimonium Flavianum: ora l'evidenza è davvero enorme che Flavio Giuseppe non scrisse nemmeno una lettera del Testimonium.

 “Allo stesso tempo, circa, visse Gesù, uomo saggio, se pure uno lo può chiamare uomo; poiché egli compì opere sorprendenti, e fu maestro di persone che accoglievano con piacere la verità. Egli conquistò molti Giudei e molti Greci. Egli era il Cristo. Quando Pilato udì che dai principali nostri uomini era accusato, lo condannò alla croce. Coloro che fin da principio lo avevano amato non cessarono di aderire a lui. Nel terzo giorno, apparve loro nuovamente vivo: perché i profeti di Dio avevano profetato queste e innumeri altre cose meravigliose su di lui. E fino ad oggi non è venuta meno la tribù di coloro che da lui sono detti Cristiani”.


Questo già lo sapevo grazie alla ricerca di un altro accademico. Ma c'è dell'altro che Paul Hopper introduce, che non sia solo in termini di analisi testuale e linguistica del brano interpolato. Ovvero l'implicazione logica che ne fa seguire.


Di seguito mi sono limitato a commentare, previa mia libera traduzione, solo la parte dell'articolo meno tecnica e priva il più possibile di parole greche.


Il Testimonium Flavianum

Il testo è inserito in una serie di episodi storici relativa al governo di Ponzio Pilato in Palestina. Esso è comunemente conosciuto come la "Testimonianza Flavianea" (Testimonium Flavianum), Flavio essendo il nome romano di Giuseppe dopo la sua adozione nel clan dei Flavi. Se fosse autenticamente opera di Giuseppe Flavio, esso avrebbe enorme importanza storica, in quanto sarebbe l'unica conosciuta testimonianza pagana alla vita di Gesù ad essere sopravvissuta al primo secolo dell'Era comune (EC). Gli altri racconti di Gesù del primo secolo provengono da fonti cristiane (le lettere di Paolo e forse uno o più dei vangeli); non sono solo per questo motivo da trascurare, ma essendo intrecciati con una serie di eventi scarsamente credibili, non testimoniano in modo inequivocabile la storicità di Gesù. [4] Il mio obiettivo è quello di evidenziare alcune incompatibilità tra il linguaggio del Testimonium Flavianum e quello degli altri tre episodi nella sequenza di Pilato che suggeriscono che essi non provengono dallo stesso autore.


La nota 4 che ho riportato dal testo in inglese (con mia enfasi) è estremamente interessante per l'implicazione che attenderà il lettore al varco della conclusione finale:
[4] Mack (1995: 10) riassume la posizione scettica: dobbiamo noi pensare che tutto questo è storico: portenti, miracoli, resurrezioni, viaggi cosmici, visioni apocalittiche, angeli, un dio crocifisso, 'irruzioni' divine, e trasformazioni metafisiche? Dobbiamo noi fare un'eccezione per tale capitolo della storia umana, un record di eventi organizzati per essere vero, perfino se fantastici secondo normali criteri per dare giudizi? Price (2000, 2003) e Doherty (2005) danno spiegazioni, da una prospettiva scettica, delle diverse opinioni presenti e passate circa la storicità di Gesù.

Si tratta della saggia applicazione della Legge di Law: mai scommettere sulla presenza di un minuscolo nucleo storico in racconti affetti al 90% dal puro, indistinguibile fantasy, ma meglio, molto meglio, sospendere il giudizio in quel caso, fino a prova contraria (possibilmente esterna).



Ecco una critica fondamentale a tutte le ipotesi ''vivisezionistiche'' dei folli apologeti fatte al solo scopo di salvare il salvabile del Testimonium (e quel che rappresenterebbe se soltanto una riga o mezza riga fosse autentica): è proibito ''vivisezionare'' il Testimonium perchè ''il passaggio è linguisticamente e concettualmente integrato''. Dunque prendere o lasciare. Una sola mano scrisse il brano e bisogna verificare a quale persona appartenne quella mano, se a Flavio Giuseppe oppure al falsario cristiano:
Il Testimonium stesso è, rispetto agli episodi circostanti, insolitamente breve. La sua stessa brevità è una caratteristica sospetta, una che ha portato alcuni difensori della sua autenticità a suggerire che, mentre parti del testo sono veramente di Flavio Giuseppe, il testo è stato manomesso dai cristiani successivi intenzionati a cancellare contenuti scandalosi. Ci sono stati molti tentativi di ripristinare il presunto testo originale, tutti speculativi. Tuttavia, anche la concessione che ci sono state alterazioni è self-serving, dal momento che ogni menzione di Gesù, non importa quanto diffamatoria, avrebbe preservato il fatto fondamentale della testimonianza di Giuseppe Flavio. In realtà, tuttavia, la sintassi del Testimonium non mostra i segni di discontinuità che noi potremmo aspettarci di trovare se modifiche sostanziali, quali principali cancellazioni o inserzioni, fossero state fatte. Le frasi sono ben formate, l'uso di particelle come gar e de è opportuno, le costruzioni greche sono corrette e complete. In breve, il passaggio è linguisticamente e concettualmente integrato, e l'ipotesi di un testo originariamente più lungo che è stato sostanzialmente ridotto o di un testo più breve che è stato allungato non sembra essere giustificato su basi linguistiche puramente interne.




Vengo a sapere che già Voltaire sarebbe stato volentieri miticista, se soltanto avesse avuto le possibilità che abbiamo oggi di esaminare criticamente i testi e le reali opinioni dei loro autori originali. Ma almeno il Filosofo dei Lumi assaporò almeno il piacere di dubitare dell'autenticità dell'intero Testimonium:
 Dal 17° secolo l'autenticità del passaggio è stata ripetutamente messa in discussione. Nel 18° secolo, Voltaire (1764) sapeva di dubbi sulla sua genuinità, e notava con piacere che un pilastro apparente della storicità di Gesù, e implicitamente del cristianesimo, era stato tirato via. I suoi difensori hanno sottolineato che si trova in tutti i manoscritti noti e che alcuni elementi dello stile e della formulazione sono caratteristici di Giuseppe Flavio. Contro questi punti si sostiene che tutti i manoscritti noti sembrano provenire da un abbastanza tardo unico manoscritto e che lo stile e la formulazione presumibilmente di Flavio Giuseppe non sono unici e sono in ogni caso non difficili da imitare. Inoltre, nonostante la sua evidente importanza per dibattiti e discussioni di Gesù nei primi secoli dell'Era Comune, i primi scrittori cristiani e pagani sono reticenti circa il passaggio, anche in contesti in cui sarebbe stato decisamente vantaggioso per loro parlarne. Feldman annota nel suo articolo su Flavio Giuseppe in The Cambridge History of Judaism:

Il passaggio appare in tutti i nostri manoscritti; ma un numero considerevole di scrittori cristiani - Pseudo-Giustino e Teofilo nel secondo secolo, Minucio Felice, Ireneo, Clemente di Alessandria, Giulio Africano, Tertulliano, Ippolito e Origene nel terzo secolo, e Metodio e Pseudo-Eustazio agli inizi del IV secolo, che conoscevano Flavio Giuseppe e citavano dalle sue opere, non si riferiscono a questo passaggio, anche se si potrebbe immaginare che sarebbe stato il primo passo che un apologeta cristiano avrebbe citato. In particolare, Origene (Contro Celso 1,47 e Commentario su Matteo 10,17), che certamente conosceva il Libro 18 delle Antichità e cita cinque passaggi da esso, afferma esplicitamente che Giuseppe Flavio non credeva in Gesù Cristo. Il primo a citare il Testimonium è Eusebio (c 324.); e anche dopo di lui, potremo notare, ci sono undici scrittori cristiani undici che citano Giuseppe Flavio, ma non il Testimonium. In realtà, non è fino a Girolamo all'inizio del V secolo che abbiamo un altro riferimento ad esso. (Feldman 1999: 911-12)   Vi è, quindi, motivo di sospettare che l'episodio di Gesù è un inserimento più tardo, risalente a più di duecento anni dopo la morte di Flavio Giuseppe, e probabilmente assente dalla maggior parte manoscritti delle Antichità Giudaiche fino a molto più tardi. Il suo status è almeno ambiguo, con commentatori cristiani che tendono fortemente (ma non universalmente) a sostenere la sua autenticità e gli scettici religiosi che lo considerano un falso.

Si noti che l'argomento del silenzio nei folli apologeti del II secolo dovrebbe valere, come per il Testimonium, anche per ogni menzione dei vangeli, straordinariamente assenti (al pari di ogni apparente convinzione storicista), fino a Marcione e Giustino.
L'uso del negativo in due dei quattro aoristi suggerisce qualcos'altro.
I negativi puntano implicitamente ai corrispondente affermativi. Essi appartengono nei contesti di negazione, di risposta ad una sfida. Essi suggeriscono qui che l'autore sta contraddicendo voci inascoltate che mettono in discussione la verità della cronaca. Vi è un elemento di protesta nella voce dell'autore del Testimonium che è impossibile attribuire a Giuseppe Flavio, il sobrio storico: "Ci deve essere qualcosa di vero in tutto questo, perché i suoi seguaci non si sono dileguati, in realtà non hanno smesso di adorarlo."
 
La Crocifissione
Che cosa dell'unico vero evento nel Testimonium, la crocifissione di Gesù? È qui che Ponzio Pilato fa la sua unica apparizione in questo episodio. Mentre negli altri episodi Pilato è il protagonista principale, nel Testimonium il ruolo di Pilato è inconfondibilmente subordinato. Egli è menzionato nella costruzione del genitivo assoluto che è stato descritto in precedenza: il suo nome è nel caso genitivo, e la sua azione nel condannare Gesù viene accennata rapidamente in quattro parole, una di loro un participio perfetto, anche nel caso genitivo. Laddove  negli altri passaggi di Pilato egli è raffigurato mentre devia dal suo modo di agire con premeditazione (nel brano delle Insegne il verbo utilizzato è ephronese, cioè, agì deliberatamente, con premeditazione), e come l'esplicito istigatore di atti di repressione contro gli ebrei, ora c'è una distinta ambiguità.
Non solo il coinvolgimento di Pilato nella condanna di Gesù viene relegato ad una clausola periferica ... ma la colpa per questa azione viene trasferita sui maggiorenti ebrei ...


E su accusa dei primi uomini tra noi, Pilato dopo lo condannò alla croce, [...]
Così Pilato, il decisivo boss romano degli altri tre episodi di Pilato, spietata piaga degli ebrei e spregiatore delle loro leggi, ora appare come il burattino accondiscendente della gerarchia ebraica. Ma le azioni degli anziani e di Pilato sono esse stesse secondarie al principale punto del passaggio, come identificato dai verbi in aoristo, cioè la resurrezione di Gesù e la continuata devozione dei seguaci di Gesù, che vengono presentati come eventi essenziali dell'intero passaggio. Ancora, la struttura grammaticale del Testimonium è in contrasto con quella della sequenza di Ponzio Pilato, in cui il protagonista principale è lo stesso Pilato.
 

8 Struttura Narrativa
8.1 Temporalità

La distribuzione delle forme verbali è un fenomeno di microlivello che ha una controparte nel macrolivello che ha a che fare con come è organizzato il tempo in una narrazione.
L'organizzazione del tempo nel Testimonium è molto diverso da quello del testo circostante. Ad esempio, la narrazione dell'Acquedotto è pieno di particolari dettagli - i rivoltosi che urlavano insulti, i soldati romani che si mischiano alla folla in abito ebraico, l'ordine ai manifestanti di disperdersi, la reazione eccessiva del soldati, e la sanguinosa repressione della rivolta. Ad ogni punto sappiamo non solo quello che gli attori hanno fatto, ma perché l'hanno fatto, e quali erano le cause e gli effetti della loro azioni. L'episodio dell'Aquedotto, come gli altri episodi che coinvolgono Ponzio Pilato, ha una struttura di eventi. Il tempo in questi episodi è kairotico, cioè, è tempo qualitativo (kairos) esperito da attori singoli. Esso è tempo eventive, i temps événementiel della scuola di Annales di storiografia (vedi, ad esempio, Braudel 1972-4). Per contro, la temporalità del Testimonium è cronica (chronos), cioè, è parte della temporalità generale della storia umana. Si svolge in una  prospettiva più remota di lenti cambiamenti e verità generali; è temps conjoncturel, il tempo dei movimenti sociali e di riorganizzazione sociale. Ha una veduta a volo d'uccello del suo soggetto, scansionando l'intera vita di Gesù e la sua influenza in nessun particolare ordine, anacronisticamente (Genette 1980: 34). Nel Testimonium ci sono accadimenti ma nessun evento, perchè gli eventi in modo da qualificarsi come tali devono essere integrati in una cornice eventive, cioè una storia, e deve avere interconnessioni sequenziali e causali (Ricoeur 1981; Croft 1991: 269). Così il Testimonium appartiene ad un diverso tipo di tempo dal resto delle Antichità Giudaiche. La temporalità del Testimonium deriva dalla sua presunta familiarità al suo pubblico, che a sua volta è più compatibile con un contesto cristiano del terzo secolo o successivo che ad un contesto romano del primo secolo.   Ricoeur osserva: "Non appena una storia è ben nota ...  seguire
la storia non è tanto per racchiudere le sorprese o scoperte all'interno del nostro riconoscimento del significato collegato alla storia, quanto per apprendere gli episodi che sono essi stessi ben noti come conducenti a questo fine ". Significativamente, Ricoeur prosegue: "Una nuova qualità del tempo emerge da questa comprensione" (Ricoeur 1981: 67).
 

8.2 Costruzione della trama
Questo ci porta ad un altro punto: a differenza del Testimonium, le azioni dei partecipanti nell'episodio dell'Aquifero (e quelli degli altri due episodi di Ponzio Pilato, delle Insegne e della Rivolta samaritana) sono comprensibili in termini di costruzione della trama. La storia dell'Acquedotto è una narrazione in cui è stabilita una situazione ed i personaggi interagiscono, e vi è una risoluzione. Ha una trama nel modo in cui i recenti teorici narrativi hanno stipulato: nei termini di Paul Ricoeur, la trama è "il tutto intelligibile che governa la successione di eventi in ogni storia", e la ''trama rende gli eventi in una storia" (Ricoeur 1981: 65). Lo stesso vale per gli altri due episodi di Pilato, cioè, l'episodio delle Insegne e della Rivolta samaritana.  L'attenta elaborazione di costruzione della trama è una parte essenziale dell'abilità di Flavio Giuseppe come storico. Il Testimonium non ha tale trama. Dal punto di vista del suo posto nelle Antichità Giudaiche di Giuseppe Flavio, esso non si qualifica per nulla come un racconto. Il Testimonium non poteva essere inteso come una storia se non da qualcuno che poteva già collocarlo nel suo "tutto intelligibile", il contesto del primo cristianesimo. Il Testimonium guadagna la sua intelligibilità non attraverso la sua segnalazione di nuovi eventi, ma in virtù di essere una "ripetizione del familiare" (Ricoeur 1981: 67) - familiarità qui significa  la familiarità di un pubblico cristiano del terzo secolo, non di un pubblico romano del primo secolo.  
Il "tutto intelligibile" posto da Ricoeur come fondamento indispensabile per una storia non risiede, come accade per gli altri eventi raccontati da Giuseppe Flavio in questa parte delle Antichità Giudaiche, nel più ampio racconto dei destini intrecciati tra Roma e Gerusalemme, ma invece nel racconto evangelico del Nuovo Testamento cristiano, ed è dai vangeli, e dai vangeli soli, che il racconto di Gesù Cristo nel Testimonium trae la sua coerenza e la sua legittimità come un complotto, e forse anche un pò del suo linguaggio. Non solo l'origine cristiana del Testimonium è tradita dalla sua fedeltà al vangelo, dal momento che senza i vangeli il passaggio è incomprensibile. Ancora una volta per derivare da Paul Ricoeur, il Testimonium non tanto racconta ai Romani del primo secolo nuovi eventi, ma piuttosto ricorda ai cristiani del III secolo terzi eventi a loro già familiari.

8.3 Genere
Nell'analisi di Swales (1990), noi dobbiamo guardare dietro il linguaggio di un testo in ordine di identificare il suo genere. Un genere, sostiene Swales, è in ultima istanza radicato nelle pratiche della comunità del discorso che lo crea e lo usa. Il Testimonium è ancorato in una comunità di discorso radicalmente differente da quello del resto delle Antichità Giudaiche. Il Testimonium si legge più come l'articolo di una posizione, come un manifesto di partito, che ad una narrazione. A differenza del resto delle Antichità Giudaiche, esso ha lo stessa ambiguità generica tra mito e Storia che Kermode (1979) ha osservato nei vangeli nella loro totalità. La sua novità per i suoi intesi lettori  non si trova nella narrazione storica stessa, ma nel suo inserimento politico narrativo nel contesto dell'amaro racconto di Flavio Giuseppe del governo di Ponzio Pilato, e la sua dichiarazione rivolta al mondo cristiano che gli storici pagani contemporanei avevano dopo tutto preso atto della vita terrena di Gesù Cristo. Si tratta, in altre parole, di una interpolazione politica. Essa serve a convalidare la pretesa cristiana della crocifissione del fondatore della setta durante l'amministrazione di Pilato, e, posizionando il suo testo all'interno di quello del genere "Storia", con il suo ethos di verità, per garantire l'autenticità storica dei vangeli. Ma enunciato come una serie di nuovi eventi per un pubblico romano del primo secolo non familiare con esso, il Testimonium sarebbe stato una bizzarra aggiunta e probabilmente abbastanza incomprensibile.
 
Ken Olson aveva difatti denunciato l'uso politico del Testimonium in funzione anti-pagana, per attaccare in particolare quei pagani che, pur non disprezzando Gesù alla Celso maniera, soltanto, il loro unico torto agli occhi di Eusebio era di non interrogarsi ''se pure uno lo può chiamare uomo'' come recita ''per pura coincidenza'' nell'incipit il Testimonium scomodando a vantaggio degli apologeti cristiani la ''voce'' autorevole di un non cristiano come Flavio Giuseppe.

Il Testimonium Flavianum si qualifica poveramente come esempio di Storia o racconto.
 Dove, allora, esso si adatta genericamente? La più vicina corrispondenza generica per il Testimonium è forse i vari credi che cominciarono ad essere formulati agli inizi del IV secolo, come ad esempio il Credo di Nicea  (325 EC). Alcuni elementi del credo sono chiaramente presenti: Gesù era il Messia; fu crocifisso sotto Ponzio Pilato (passus sub Pontio Pilato, nelle parole del Credo Apostolico); resuscitò il terzo giorno dopo la sua morte; il movimento da lui fondato - la  chiesa cristiana - continua a prosperare; ha fatto miracoli; i profeti biblici avevano predetto molti dettagli della sua vita. Meno specificamente relativi al credo, ma simili nel carattere alle credenze, sono la sua lunghezza (77 parole greche, paragonabili alle 76 parole del Credo latino degli Apostoli e alle 91 parole del Credo greco degli Apostoli) e il tono sicofantico del confermato credente  ("ha avuto un seguito tra gli ebrei e i gentili", "Apparve a loro vivo dopo il terzo giorno", "i profeti biblici hanno preannunciato i suoi numerosi miracoli"). L'introduzione immotivata di Gesù immediatamente dopo l'apertura ginetai ("Accadde") è anche strutturalmente reminiscente delle formule di fede come per esempio il credo in unum deum etc.

I credi sono tanto dichiarazioni politiche quanto dichiarazioni teologiche. Sopraggiungono dopo feroci e, spesso, a lungo perduranti dispute, come il Credo di Nicea, concepito sull'onda della forte rivalità contro l'eresia ariana. Essi rappresentano una dichiarazione non negoziabile di credenze correnti elaborate dai vincitori. Rispondono alla necessità di vincolare e rassicurare i credenti, e di confrontarsi con i non credenti (in questo caso, gli ebrei) e dividerli nettamente dai credenti. Il Testimonium riflette quello che era diventato dal terzo secolo EC un luogo comune del cristianesimo: che la colpevolezza della morte di Gesù va addossata sugli ebrei.  Si precisa nel Testimonium che la responsabilità di Pilato è indiretta: i veri responsabili sono "i primi tra noi", i leader ebrei che pronunciano l'"accusa" contro Gesù, il ruolo di Pilato essendo limitato a pronunciare la condanna a morte. Il "tra noi" è inequivocabile: la responsabilità della morte di Gesù si trova nei connazionali di Flavio Giuseppe, gli Ebrei, non nei Romani, e anche in questo il Testimonium è difficile da conciliare con la denuncia di Flavio Giuseppe dei crimini di Pilato contro gli ebrei. Il Flavio Giuseppe del Testimonium è rappresentato nell'atto di allineare sé stesso con i cristiani (versus gli ebrei) e sul punto di ammettere che la colpa della crocifissione di Gesù il Messia risiede sugli ebrei; non vale proprio la pena di dire che una tale ammissione da parte di Giuseppe Flavio è inconcepibile.

Ecco la conclusione finale, con la sorpresa che riserva da ultimo il prof Paul Hopper al lettore:
Conclusione
La grammatica narrativa del Testimonium Flavianum si pone nettamente a parte rispetto ad altre storie di Flavio Giuseppe del governo di Ponzio Pilato. La più probabile spiegazione è che l'intero passaggio è interpolato, presumibilmente da cristiani imbarazzati dalla manifesta ignoranza di Flavio Giuseppe sulla vita e sulla morte di Gesù. Le Antichità Giudaiche sarebbero in questo senso  coerenti con l'altro cronista di questa età, contemporaneo e rivale storico di Giuseppe Flavio, Giusto di Tiberiade, che ha scritto una storia di questo periodo che era in conflitto con Flavio Giuseppe e insinuava che la versione di Flavio Giuseppe fosse auto-adulatoria. Il lavoro di Giusto non è sopravvissuto, ma sappiamo da altre fonti che ha scritto in modo molto dettagliato circa l'esatto periodo del regno di Tibero che coincise con il ministero di Gesù - e che egli non menzionò Gesù. [13] Al di fuori dei vangeli, non c'è nessun racconto contemporaneo indipendente  (cioè, nel primo secolo EC) di quelli eventi. Il silenzio di altri commentatori, e l'assenza di qualsiasi menzione del Testimonium da parte di scrittori cristiani per due secoli interi dopo Flavio Giuseppe, anche se impegnati nella feroce polemica su Gesù, sono forti indicazioni che il passaggio non era presente nel racconto straordinariamente dettagliato di Flavio Giuseppe di questo periodo. Le attività di un fanatico religioso che si mosse attraverso Galilea e Giudea predicando un vangelo di pace e di salvezza, del quale fu detto che compì miracoli, è che fu seguito da folle di migliaia di adoranti discepoli, e che nel giro di poche ore invase il cortile esterno del Tempio, che fu condotto in presenza del Sinedrio, che fu processato dal re Erode, interrogato da Ponzio Pilato e crocifisso, il tutto durante un pubblico tumulto, non fecero nessuna impressione sugli scrittori di Storia del periodo.

(mia libera traduzione e mia enfasi)
Lo sappiamo perché Fozio, il patriarca di Costantinopoli del nono secolo, che ha letto le opere di Giusto, si meravigliò che egli non fece alcuna menzione di Gesù, e commentò su questo.

Si noti la chiusa finale del prof Hopper:
Le attività di un fanatico religioso che si mosse attraverso Galilea e Giudea predicando un vangelo di pace e di salvezza, del quale fu detto che compì miracoli, è che fu seguito da folle di migliaia di adoranti discepoli, e che nel giro di poche ore invase il cortile esterno del Tempio, che fu condotto in presenza del Sinedrio, che fu processato dal re Erode, interrogato da Ponzio Pilato e crocifisso, il tutto durante un pubblico tumulto, non fecero nessuna impressione sugli scrittori di Storia del periodo.

 Giustamente Neil Godfrey si domanda astutamente cosa diamine avesse voluto dire il prof Hopper con quel tono quasi da domanda retorica con una risposta già implicita in nuce.

E il bello è che ora Paul Hopper è sospetto di covare, coerentemente con le sue premesse (vedi sopra), un sano agnosticismo sulla storicità di Gesù.

Dunque non solo il Testimonium Flavianum è una totale interpolazione oltre ogni ragionevole dubbio, ma il Testimonium Flavianum è addirittura evidenza contro la storicità di Gesù, almeno in parte.

Si tratta di un punto che mi concede pefino Peter Kirby, l'autore di un corrente ''Miglior Caso a favore di un Gesù Storico'' [1].

Perchè rivela ancora una volta come i folli apologeti cristiani del tempo, per quanto ''istruiti'' e ''intellettuali'' come Eusebio [2], si trovassero disperatamente alle strette, nella pressochè totale assenza di una conferma esterna della storicità dei vangeli, al punto da doverla inventare di sana pianta nel testo di Flavio Giuseppe. E al punto da tradire OGGI, NEL 2015, A DISTANZA DI COSÌ TANTO TEMPO, un'imbarazzante, colossale ignoranza di ogni altro riferimento possibile ad un Gesù umano che non fosse sempre, e solo, e soltanto, l'autentico ghiaccio sottile su cui erano costretti volenti o nolenti a basare le loro pretese dogmaticamente pesanti: 4 ridicoli vangeli [3].



[1] la cui lettura per intero consiglio caldamente ad ogni mio lettore per invitarlo ad accorgersi dell'estrema debolezza di un caso che si pretende ''migliore''.

[2] il lettore intelligente mi perdonerà se faccio comparire nella medesima frase la parola ''folli apologeti cristiani'' e la parola ''intellettuali''.

[3] per giunta, a loro volta basati uno sull'altro (e probabilmente tutti e quattro reazioni al Vangelo del Signore di Marcione).

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