giovedì 26 febbraio 2015

De Verissima Origine Christianismi


RAGIONE: Di tutte le cose di questo mondo è la più nociva ad un essere ragionevole, Dio lascia la ragione solo a coloro che vuole condannare; nella sua bontà, la fa invece scomparire a chi vuole salvare o rendere utile alla Chiesa. Niente ragione: ecco il fondamento della religione. Se la religione fosse ragionevole, nel credere non vi sarebbe alcun merito e allora che ne sarebbe della fede? Tuttavia è bene ascoltare la ragione ogni volta che, per caso, si accorda con gli interessi del clero.
(Il Libero Pensatore Paul Heinrich Dietrich, barone d'Holbach, La théologie portative, 1768)

 Thomas Whittaker è colui che mi ha fatto riscoprire il significato profondo del Criticismo Radicale e per tale ragione io gli sono grandemente debitore. Nell'Appendice di un post precedente avevo tratteggiato piuttosto imprecisamente una prima bozza delle Origini. Ma le parole di Whittaker colpiscono più nel centro (perchè evitano di fare meno supposizioni, tuttavia catturando davvero l'essenziale nella maniera più geniale possibile):
Lo sviluppo del cristianesimo.

È tra i meriti duraturi di Baur e la sua scuola, che hanno messo fine una volta per tutte al tacito presupposto che il cristianesimo dei primi due o tre secoli, non ebbe alcun sviluppo, che esso era dal principio quello che divenne in seguito. La loro formula, infatti - Petrinismo e Paolinismo in netta opposizione durante la durata di vita degli apostoli, e poi riconciliati nel Cattolicesimo -, non offrì una soddisfazione permanente; ma i tentativi da allora fatti per tornare alla veduta tradizionale sono ancor più completamente falliti. Ciò che era necessario era che più fasi dovevano essere riconosciute, e che un tempo più lungo doveva essere permesso per lo sviluppo. Queste condizioni sono soddisfatte se poniamo il "Paolinismo" considerevolmente più tardi rispetto all'insegnamento dei primi discepoli, Paolo incluso.

I discepoli, che noi potremo associare con Pietro, rimasero pii ebrei. Erano chiamati "santi" o "quelli santi", non in senso etico, ma nel vecchio senso israelita di "consacrati a Dio." Predicavano "le cose relative a Gesù," il loro Maestro crocifisso, che scambiarono per il Messia. È quindi del tutto comprensibile - la loro differenza dagli altri ebrei essendo così leggera -, che essi difficilmente destarono attenzione al proprio tempo, che essi passarono inosservati, o quasi inosservati, non solo dagli autori greci e romani di quei giorni, ma anche da uno storico ebreo come Flavio Giuseppe.

Nel frattempo, i grandi eventi in Giudea che si conclusero con la distruzione di Gerusalemme, non potevano non avere influenza su di loro. Alcuni discepoli, senza dubbio, erano già meno attaccati alla legge rispetto ad altri; e un maggiore contatto con il mondo greco-romano deve aver accelerato l'espansione del movimento, che, come abbiamo visto, non era esclusivamente "Paolino". Il "Paolinismo" spuntò, come la direzione giovannina fece più tardi e probabilmente in un altra cerchia - in stretta connessione con la germogliante gnosi. Esso era una riforma di un carattere così tanto in profondità da avere l'aspetto piuttosto di una nuova creazione. Alcuni reagirono duramente contro di esso. Quelli li chiamiamo "giudaizzanti". Essi devono essere distinti dai primi "discepoli" le cui credenze erano di un carattere più indeterminato. Gli uomini moderati che presero una posizione di equilibrio tra i Paolinisti estremi e i Giudaizzanti estremi erano quelli che ebbero successo nella formazione del Cristianesimo Cattolico. I Giudaizzanti che andarono fin troppo lontano ricevettero, come ricompensa per il loro zelo, un posto come eretici "Ebioniti". Infine, "Paolo", dopo un periodo durante il quale fu guardato con sospetto, ma non irrevocabilmente condannato dai Cattolici assieme agli eretici Gnostici  da lui ispirati, poteva essere ricevuto nel pantheon dei grandi uomini che, come preminentemente "Apostoli" - "i Dodici" con l'aggiunta di uno - erano stati autorizzati a stabilire la legge di fede e condotta per le generazioni presenti e future.

(mia libera traduzione da un estratto di An Exposition of Van Manen's Epistle to the Romans, Thomas Whittaker)


In altre parole, ciò che è il paradigma tradizionale, ben specificato da Parvus sostanzialmente qui, che praticamente ha l'unico vizio di ridurre ingenuamente eventi che richiesero in realtà decine di anni per accadere - la nascita del ''paolinismo'' - all'incontro-scontro tra persone totalmente avvolte nella nebbia della leggenda e della fiction (''Pietro'', ''Giacomo'', ''Paolo'', ''Giovanni'', ''Barsaba'', ecc) consumatosi in quattro e quattr'occhio con soli uno, due o tre incontri tra l'eretico Paolo e i reazionari Pilastri.

Ma la realtà è ancora più complessa. E l'evidenza decisamente più sfumata.

Il dr. Detering è dello stesso avviso, quando scrive:
...il Cristianesimo nella sua origine non fu nient'altro che un movimento giudeo-messianico. La figura di Gesù fu un simbolo e personificazione di pensieri che potevano solo fare pieno progresso nel secondo secolo. Ad una data più tarda una congregazione gnostica del Messia incontrò l'antica congregazione giudeo-crisiana del Messia. Negli anni 70-135 EC i due gruppi erano stati rivali in aspra animosità. Solamente nella metà del secondo secolo i due gruppi si riconciliarono. Di quelli il primo aveva Pietro e il secondo Paolo come suo rappresentante. Il risultato di questo processo di riconciliazione era stato il Cattolicesimo Romano.
(The Dutch Radical Approach to the Pauline Epistles, mia libera traduzione e mia enfasi, pag.169-170)


Sappiamo già, perchè è decisamente evidente, che la vera, storica ''Scuola Paolina'' fu nient'altro che la Scuola Marcionita e Pre-Marcionita, la vera culla delle 10 epistole paoline nonchè del primo vangelo.
Come conosciamo a menadito (purtroppo) la visione del mondo dei vincitori nella disputa per il titolo di ''Grande Chiesa''. Quando fu composto il primo corpus paolino, non c'era ancora nessuna collezione di detti attribuiti a Gesù perchè Gesù non era ancora stato inteso come una figura storica, ma piuttosto come un salvatore celeste la cui morte nel remoto passato oppure in qualche celeste Terra che Non C'è aveva recato salvezza per i soli iniziati. Fu solo nel corso della storicizzazione della figura di Gesù (ritenuta indispensabile da chi volle assicurare una posizione di influenza all'emergente protocattolicesimo permettendo ai vescovi di reclamare il vanto di una Traditio risalente nientemeno che ad un recente fondatore) che vari detti e saggi proverbi finirono per essere attribuiti ad uno storico, terrestre, Gesù.

L'unica zona buia sembra apparentemente essere quel cristianesimo originario che, in mancanza ancora di meglio, chiamiamo goffamente ''giudeocristianesimo'' (Detering lo chiama ''movimento giudeo-messianico'', laddove così Whittaker: ''Prima della caduta del Tempio noi dobbiamo assumere niente del tutto corrispondente al cristianesimo tranne che un oscuro culto - l'evidenza per il quale Mr. Robertson ha fatto molto per portare alla luce - e un indeterminato movimento messianico''). 

Si noti che così è preservata la Reductio ad Judaeum, perfino se sembra piuttosto probabile che il movimento proto-gnostico posteriore a questo ''giudeocristianesimo'' deve la sua nascita ai grandi centri ellenistici di Antiochia e di Alessandria (e approfitto di questo per sputare ancora su un certo folle astroteologo imbecille).

Dunque nota questa logica:

1) gli originatori furono ebrei messianici.
2) nulla ci è giunto del I secolo di costoro.
3) però del II secolo gli unici cristiani che sono nemici e di Marcione e dei protocattolici sono gli ''ebioniti''.
4) Perciò: gli originatori furono i lontani precursori degli ''ebioniti''.

Per poter passare dal punto 3 al punto 4 non basta il solo principio del terzo escluso, ma anche ricordarci chi furono gli ''ebioniti''.

Cosa sappiamo di costoro? Il folle apologeta Epifanio (315-403 EC) può dirci qualcosa. Pare che fosse stato scritto un vangelo per questi ''ebioniti'', che si basava chiaramente su quello di Matteo e iniziava con il ministero di Giovanni il Battista omettendo il racconto della natività. L'autore - o gli autori - ebbe anche accesso ai vangeli di Marco e Luca, che fornivano, insieme a quello di Matteo, materiale per la storia del battesimo di Gesù.

Secondo Epifanio, gli ''ebioniti'' erano seguaci di ''Ebion'', la qual cosa non ci dice nulla se non che i ''poveri'' discendono da ''Povero''. Secondo il folle apologeta Eusebio, che come al solito si basava sul folle apologeta Origene, questi idioti erano storicisti e credevano implicitamente nell'ortodossa osservanza ebraica della legge. Ma un altro gruppo di ebioniti, forse derivato dal primo, accettava la storia della natività e concordava sull'osservanza, anche se rifiutava gli scritti di ''Paolo''.
Fin qui non si sente e non si vede nulla di nuovo o di inatteso rispetto allo scenario evidente della seconda metà del II secolo, con ciascuno reagendo come poteva, a seconda dei suoi mezzi e della sua inventiva, alla potente narrativa del Vangelo scaturita dal genio di Marcione.

Dunque non è il vangelo degli ebioniti che mi interessa: quel vangelo, come tutti gli altri apocrifi (compreso quel fantomatico ''Marco Segreto'' che tanto attira i gonzi) e canonici, sono solo mere reazioni all'unico, primo Vangelo che fosse mai stato scritto (Mcn).

Ma sentiamo, tolte le sciocchezze evangeliche, la dottrina degli ''ebioniti'':
 
Essi negano che egli sia stato generato da Dio Padre, dicendo che è stato creato come uno degli arcangeli... e governa sugli angeli e su tutte le cose create dall'Onnipotente e che è venuto e ha dichiarato... di essere venuto per porre fine ai sacrifici, «e se voi non cessate di compiere sacrifici l'ira [di Dio] non cesserà contro di voi».

Questo è il vero vangelo. La protocattolica Lettera agli Ebrei, scritta per gli ebioniti in tempi ancora non storicisti (cioè, ancora in assenza di un vangelo scritto), voleva persuaderli con tanto di domande retoriche del tipo:
...
Infatti a quale degli angeli Dio ha mai detto:
Tu sei mio figlio; oggi ti ho generato?
E ancora:
Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio?
E di nuovo, quando introduce il primogenito nel mondo, dice:
Lo adorino tutti gli angeli di Dio.
Mentre degli angeli dice:
Egli fa i suoi angeli pari ai venti,
e i suoi ministri come fiamma di fuoco,
del Figlio invece afferma:
Il tuo trono, Dio, sta in eterno
e:
Scettro giusto è lo scettro del tuo regno;
hai amato la giustizia e odiato l'iniquità,
perciò ti unse Dio, il tuo Dio,
con olio di esultanza più dei tuoi compagni.
E ancora:
Tu, Signore, da principio hai fondato la terra
e opera delle tue mani sono i cieli.
Essi periranno, ma tu rimani;
invecchieranno tutti come un vestito.
Come un mantello li avvolgerai,
come un abito e saranno cambiati;
ma tu rimani lo stesso, e gli anni tuoi non avranno fine.
A quale degli angeli poi ha mai detto:
Siedi alla mia destra,
finché io non abbia posto i tuoi nemici sotto i tuoi piedi?
Non sono essi tutti spiriti incaricati di un ministero, inviati per servire coloro che devono ereditare la salvezza?

(Ebrei 1:5-14)

Si noti che, come è tipico della tattica proto-cattolica, l'autore della Lettera agli Ebrei fa queste domande retoriche ai ''giudaizzanti'' o ''ebioniti'', nel malcelato tentativo di cooptarli entro la propria orbita, attaccando il loro credo che Gesù è un arcangelo adottato da Dio e non invece Figlio di Dio (cioè sua diretta emanazione alla maniera del Logos), subito dopo aver ricercato un primo ipocrita abboccamento di compromesso con gli ebioniti ALMENO nel segno del comune riconoscimento dell'originaria, vertiginosa esaltazione del pre-esistente Cristo cosmico (presente guardacaso proprio nel magnifico incipit dell'epistola). 

Ma perchè ''ebioniti''? Abbiamo già sentito questo termine:
Ci pregarono soltanto di ricordarci dei poveri, ed è quello che mi sono preoccupato di fare.
(Galati 2:10)

Riguardo poi alla colletta in favore dei santi, fate anche voi come ho ordinato alle Chiese della Galazia.
(1 Corinzi 16:1)

Si noti l'implicita caustica amarezza di chi si spaccia per un Paolo alle prese con la cupidigia dei Pilastri (talmente avidi da denaro da figurare dal primo vangelo in poi come ''figli di Zebedeo'', e quindi come il loro fittizio veterotestamentario ''padre'' bramosi di carpire beni destinati invece a Dio).

Questi indizi sono pochi, ma talmente illuminanti che insieme fanno un caso per me conclusivo della reale continuità tra questa dottrina degli ebioniti e il credo dell'originario ''giudeocristianesimo'' (nell'ipotesi che davvero fossero esistiti questi ''ebrei messianici''), per quanto quella continuità fosse compromessa dall'incipiente contaminazione storicista (che indusse gli stessi ebioniti a munirsi a loro volta di un proprio vangelo).

Si noti anche un altro aspetto di assoluta convergenza tra le due dottrine:

...e che è venuto e ha dichiarato... di essere venuto per porre fine ai sacrifici, «e se voi non cessate di compiere sacrifici l'ira [di Dio] non cesserà contro di voi».

Si tratta dell'ennesimo indizio che conferma la tesi (per me affatto stupefacente, come lo è invece per i folli apologeti cristiani) del prof Vinzent, secondo cui il sacrificio di Gesù, per tutti i cristiani tranne ''Paolo'' e prima di ''Paolo'' (cioè prima di Marcione), aveva carattere unicamente espiatorio (ovviamente al fine dichiarato di fare a meno per sempre del Tempio di Gerusalemme e di ogni latente speranza di ricostruirlo), con assente qualsivoglia riferimento alla Resurrezione. Dunque non fu la Resurrezione ciò che scatenò la genesi del ''giudeocristianesimo'', ma qualcos'altro. Probabilmente, a mio giudizio, banali fenomeni di possessione spirituale (meglio noti come Stati Alterati di Coscienza).

Per quanto riguarda il Paulus Historicus, è certamente esistito. Per essere brandito fieramente da Marcione (SOLUS PAULUS) come icona del Vero Apostolo, il mito di Paolo deve trovare un nucleo storico, per quanto minuscolo, in quel proto-gnostico che per primo giunse a contatto con l'originario giudeocristianesimo. Non sappiamo come si svolsero effettivamente le cose e chi subì la peggio (anche fisicamente). Non sappiamo se ci fu un reale conflitto ad Antiochia. O se fu davvero stipulata una tregua di comodo tra gli originari Pilastri e il Paulus Historicus. Non sappiamo come morì il Paulus Historicus. Non sappiamo se davvero viaggiò per tutto il bacino orientale del mediterraneo, arrivando fino a Roma.
Chi tenta si speculare come fa il pur geniale Roger Parvus sulle mosse del Paulus Historicus (filtrandole attraverso il mito di Paolo rappresentato dalle sue lettere) non farà altro che ripetere con le epistole ciò che miriadi e miriadi di storicisti incalliti hanno invano tentato a menadito coi vangeli per recuperare un Gesù dietro di essi.
E tuttavia non per questo bisogna disperare. Se il Paulus Historicus fu un proto-gnostico, cosa potrebbe essere stato il motivo che lo rese particolarmente importante agli occhi di Marcione?

Nell'Appendice A cerco di rispondere a questa domanda. Nell'Appendice B invece provo a offrire una nuova prova della non-storicità di Gesù.
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APPENDICE A

Per me proto-gnostico è colui che mostra anzitempo gli aspetti poi divenuti ricorrenti nella Grande Gnosi successiva: cosmofobia, antinomismo, spregio del demiurgo, adorazione di un dio ignoto, enfasi sul valore salvifico della conoscenza. Tutti questi elementi furono attribuiti alla leggendaria figura di Simon Mago, del quale un soldo fondamento storico sarebbe, per Detering, nientemeno che le seguenti parole di Flavio Giuseppe.
Nel tempo in cui Felice era procuratore della Giudea, la osservò: era infatti più bella di tutte le donne e nacque una passione per lei. Le mandò uno dei suoi amici, un Giudeo cipriota Simone detto Atomo, che si faceva passare per mago, per convincerla ad abbandonare il marito e sposare Felice. Felice le prometteva di renderla estremamente felice, purché lei non lo respingesse.
(Antichità Giudaiche 20:142)
Ricordiamo quanto anche scoperto dal prof Eisenman, ossia che Elima il Mago negli Atti degli Apostoli non sarebbe altro che l'ennesimo clone letterario di Simon Mago (Simon Mago ~ Elymas ~ Etomas ~ Atomus ~ Simone di Flavio Giuseppe).

E tuttavia c'è un aspetto non ancora esaminato a proposito di Simon Mago: Flavio Giuseppe lo farebbe provenire da Cipro.

A proposito di Cipro, ecco come accennò all'isola Plinio il Giovane, nel trentesimo libro della sua Storia Naturale:
Nella parte precedente di quest'opera, dovunque il soggetto e il luogo lo richiedessero, abbiamo ripetutamente mostrato la falsità delle imposture magiche, e le sveleremo ancora. L'argomento tuttavia è fra i pochi di cui si può dire molto, se non altro perchè la più fraudolenta delle arti ha avuto un potere grandissimo in tutto il mondo per moltissimi secoli. Nessuno si meraviglierà della sua grandissima autorità dal momento che, unica fra le arti, abbracciò e unificò in sé tre altre arti dotate di un fortissimo dominio sulla mente umana. Nessuno potrà aver dubbi sul fatto che essa è nata originariamente dalla medicina e sotto la parvenza di apportare salvezza s'è insinuata come medicina più alta e più santa; così alle promesse più dolci e desiderabili ha aggiunto le forze della religione, per le quali soprattutto ancora oggi il genere umano diventa cieco, e, per aggiungere anche questo punto di forza, si è incorporate ancora le arti astrologiche: e non vi è nessuno che non sia avido di sapere il proprio futuro e che non creda che questo provenga nel modo più certo dal cielo. Avvinti così i sentimenti umani con un triplice legame, la magia è cresciuta a una tale altezza che oggi essa prevale in una gran parte dei popoli e, in oriente, comanda ai re dei re.
Senza dubbio essa è nata in Persia da Zoroastro: su ciò vi è accordo fra gli autori. Non vi è però consenso se Zoroastro sia stato uno solo o ve ne sia stato poi un altro. Eudosso, che ritiene che la magia sia da considerarsi, fra le sette filosofiche, la più illustre e utile, informa che questo Zoroastro visse seimila anni prima della morte di Platone; così anche Aristotele. Ermippo, che ha scritto con gran precisione di tutta questa arte e ha commentato i due milioni di versi composti da Zoroastro, aggiungendo anche gli indici dei libri, riferisce che il maestro, da cui Zoroastro fu istruito, fu Agonace, vissuto cinquemila anni prima della guerra di Troia.
...
Il primo che, secondo le mie ricerche, abbia trattato di magia è Ostane, che accompagnò Serse, re dei Persiani, nella guerra che questi fece alla Grecia, e sparse, per così dire, i semi di questa arte mostruosa, infettando per via il mondo dovunque passasse. Prima di costui autori più accurati pongono un altro Zoroastro, nativo di Proconneso.
...
La cosa più straordinaria è poi che le due arti, voglio dire la medicina e la magia, sono sbocciate assieme: nella stessa epoca Ippocrate dava lustro alla medicina, Democrito alla magia, ai tempi della guerra del Peloponneso in Grecia, che fu combattuta a partire dall'anno 300 della nostra città. Vi è anche un'altra setta magica che si ricollega a Mosè, Ianne, Iotape e agli Ebrei, ma posteriore di molte migliaia d'anni a Zoroastro. Assai più recente la setta cipriota. Non poca autorità fu data all'immagine pubblica della magia dal secondo Ostane ai tempi di Alessandro Magno, che il mago ebbe l'onore di accompagnare, e viaggiando ovviamente, c'è da crederci, per tutta la terra.

(Storia Naturale, Libro XXX, 1-13)

Si noti la presenza nello stesso contesto di tre parole chiave: ''Zoroastro'', ''magia'', ''setta cipriota''.
L'influenza della religione di Zoroastro si percepiva, al tempo di Plinio, soprattutto tra i maghi, in quella zona grigia dove religioni diverse si incontrano e si scontrano con accuse di eresia e di impostura fioccando reciprocamente da ambo le parti, prima di dare nascita a nuovi sincretismi, mere ripetizioni dei medesimi pattern mitologici. E in particolare a Cipro.

Con questo non voglio dire che il cristianesimo sia nato a Cipro. Le origini sono sicuramente ebraiche al 99% (vedi sopra quanto detto a proposito degli ebioniti). Ma il Paulus Historicus potrebbe essere stato influenzato dalla religione di Zoroastro.

Riporto la mia libera traduzione del libro XXX dello zoroastriano Bundahishn:
Sulla natura della risurrezione e sull'esistenza futura

È detto nella rivelazione, che mentre Mashye e Mashyane, cresciuti dalla terra, prima si nutrirono di acqua, poi di piante, poi di latte, e poi di carne, gli uomini anche, quando il loro tempo di morte è sopraggiunto, prima desistono dal mangiare carne, poi latte, poi il pane, fino a che, quando moriranno essi sempre si nutrono d'acqua. Così, allo stesso modo, nel millennio della Hoshedarmah, la forza della fame quindi diminuirà, quando gli uomini rimarranno tre giorni e tre notti in sovrabbondanza mediante un assaggio del cibo consacrato. Allora desisteranno dal mangiare cibo, e dal mangiare verdura e latte; in seguito, si astengono dal latte e si astengono dal cibo vegetale, e si nutrono di acqua; e per dieci anni prima dell'arrivo di Saoshyant rimangono senza cibo, e non muoiono.

 Dopo l'arrivo di Saoshyant preparano la resurrezione dei morti, come è detto, che Zartosht domandò a Ohrmazd così:

''Da dove si forma di nuovo un corpo, che il vento ha portato via e l'acqua ha trascinato via? E come si verifica la resurrezione?''

Ohrmazd rispose così:

    'Quando attraverso di me il cielo emerse dalla sostanza del rubino, senza colonne, sul sostegno spirituale di luce tutto penetrante;
    quando attraverso di me la terra emerse, che recò la vita della materia, e non c'è sostegno della creazione mondana se non essa;
    quando da me il sole e la luna e le stelle sono condotte nel firmamento dei corpi luminosi;
    quando da me il grano fu creato in modo tale che, sparso nella terra, crescesse di nuovo e tornasse con frutto;
    quando da me il colore di vari generi fu creato nelle piante;
    quando da me il fuoco fu creato in piante e altre cose senza combustione;
    quando da me un figlio fu creato e modellato nel grembo di una madre, e la struttura rispettivamente della pelle, delle unghie, del sangue, dei piedi, degli occhi, delle orecchie, e altre cose fu prodotta;
    quando da me gambe furono create per l'acqua, in modo che scorresse via, e la nuvola fu creata che portasse l'acqua del mondo e piovesse là dove essa ha uno scopo;
    quando da me fu creata l'aria che convoglia sotto la propria vista, attraverso la forza del vento, dal  basso verso l'alto secondo la sua volontà, e non si è in grado di afferrarla col tendere della mano;
    ognuno di loro, quando creato da me, fu qui più difficile della causa della resurrezione, perché è un aiuto per me nella risurrezione che essi esistono, ma quando si sono formate non si stava formando il futuro dal passato.

 Osserva che quando ciò che è era non fu poi prodotto, perché non è possibile produrre ancora una volta quello che era? Perché in quel momento si richiederà l'osso dallo spirito della terra, il sangue dall'acqua, i capelli dalle piante, e la vita dal fuoco, dal momento che furono loro consegnate nella creazione originale.'

Prima di tutto, le ossa di Gayomard sono destate, poi quelle di Mashye e Mashyane, poi quellie del resto del genere umano; nei 57 anni di Saoshyant si preparano tutti i morti, e tutti gli uomini si alzano; chi è giusto e chi è malvagio, ogni creatura umana, si desta dal punto in cui la sua vita si diparte. Poi, quando tutti gli esseri viventi materiali assumono di nuovo i loro corpi e le loro forme, allora assegnano loro una sola classe. Della luce che accompagna il sole, una metà sarà per Gayomard, e una metà darà illuminazione tra il resto degli uomini, in modo che l'anima e il corpo sapranno che questo è mio padre, e questa è la mia madre, e questo è il mio fratello, e questa è mia moglie, e questi sono alcuni altri dei miei parenti più vicini.
 
Allora ecco l'assemblea del Sadvastaran, dove tutta l'umanità starà in questo momento; in quell'assemblea ognuno vede le sue buone azioni e le sue cattive azioni; e poi, in quella assemblea, un uomo malvagio diventa tanto evidente quanto una pecora bianca tra quelle che sono nere. In quell'assemblea qualunque uomo giusto era amico di un malvagio nel mondo, e l'uomo malvagio lamenta di colui che è giusto, quindi:

    'Perché non mi mise a conoscena, quando ero nel mondo, delle buone azioni che lui stesso praticò?'

se colui che è giusto non lo informò, allora è necessario che lui soffrisse vergogna di conseguenza in tale assemblea.

In seguito, separarono l'uomo giusto dall'empio; e quindi il giusto è per il cielo, e scaraventano i malvagi all'inferno. Tre giorni e tre notti infliggono punizioni corporali all'inferno, e poi egli assiste fisicamente alla felicità di quei tre giorni in paradiso. Poichè è detto che, il giorno in cui l'uomo giusto è separato dagli  empi, le lacrime di tutti, allora, corrono giù ai suoi piedi. Quando, dopo aver separato un padre dalla sua consorte, un fratello dal fratello, e un amico dal suo amico, soffrono, ognuno per i propri atti, e piangono, il giusto per i malvagi, e il malvagio di sé stesso; infatti ci può essere un padre che è giusto e un figlio che è malvagio, e ci può essere un fratello che è giusto e uno che è malvagio. Quelli per le cui gesta peculiari è stabilito, come ad esempio Dahak e Frasiyav di Tur, e altri di questa sorta, come quelli che meritano la morte, subiscono una punizione che nessun altro uomo sopporta; la chiamano 'la punizione delle tre notti.'

Tra i suoi produttori del rinnovamento dell'universo, quegli uomini giusti di cui è scritto che stanno vivendo, quindici uomini e quindici dame, verranno in aiuto di Saoshyant. Come Gochihr cade nella sfera celeste da un raggio di luna sulla terra, il dramma della terra diventa tale e quale a quella di una pecora quando un lupo si scaglia su di essa. In seguito, il fuoco e aureola fondono il metallo di Shahrewar, nelle colline e montagne, e rimane su questa terra come un fiume. Allora tutti gli uomini passeranno in quel metallo fuso e diventeranno puri; quando uno è giusto, allora gli sembra come se cammina continuamente nel caldo latte; ma quando uno è empio, allora gli sembra in tale maniera come se, nel mondo, camminasse continuamente nel metallo fuso.

Successivamente, con il più grande affetto, tutti gli uomini si incontrano, padre e figlio e fratello e amico e si domandano l'un l'altro così:

   'Dove è stato tutti questi anni, e cos'era il giudizio sulla tua anima? Sei stato giusto o malvagio? '

La prima anima che il corpo vede, si interroga di esso con quelle parole. Tutti gli uomini diventano di una sola voce ed elevano alta lod per Ohrmazd e gli arcangeli.

Ohrmazd completa la sua opera in quel momento, e le creature diventano così che non è necessario effettuare alcun sforzo su di esse; e tra coloro per cui i morti sono preparati, non è necessario che venga effettuata alcuna fatica. Saoshyant, con i suoi assistenti, esegue una cerimonia di Yazishn nel preparare i morti, e massacra il bue Hadhayosh durante tale Yazishn; dal grasso di quel bue e il bianco Haoma preparano Hush, e lo danno a tutti gli uomini, e tutti gli uomini diventano immortali per sempre ed eterni. Anche questo, è detto, che qualunque sia stata l'età di un uomo, lo riportano quindi ad un'età di 40 anni; coloro che sono stati piccoli quando non morti, li portano allora ad un'età di quindici anni; e danno a ciascuno la sua moglie, e lo mostrano ai suoi figli con la moglie; quindi agiscono come ora nel mondo, ma non c'è procreazione.

Successivamente, Saoshyant ei suoi assistenti, per ordine del creatore Ohrmazd, offre ad ogni uomo la ricompensa e una ricompensa adeguata alle sue opere; questa è anche l'esistenza del giusto, dove è detto dice che lo portano in paradiso, e il cielo di Ohrmazd porta su il corpo come si richiede; con quell'assistenza avanza continuamente per sempre ed eternamente. Anche questo, è detto, che chiunque non ha eseguito alcun culto, e non ha ordinato nessun getig-kharid, e non ha donato vestiti come giusto regalo, è spoglio lì; ed egli esegue il culto di Ohrmazd, e gli angeli del cielo lo riforniscono dell'uso del suo abbigliamento.
 
Successivamente, Ohrmazd afferra lo spirito del male! Vohuman su Akoman, Ardwahisht su Andar, Shahrewar su Savar, Spandarmad su Taromat chi è Naunghas, Hordad e Amurdad su Tairev e Zairich, i il veritiero su ciò che menzognero, Srosh su Eshm. Poi due demoni rimangono ancora in libertà, Ahriman e Az; Ohrmazd viene al mondo, lui stesso la Zota e Srosh la Raspi, e detiene il Kusti in mano; sconfitto dalla formula di Kusti le risorse dello spirito maligno e Az agiscono con maggiore impotenza, e per il passaggio attraverso il quale si precipitò verso il cielo corre di nuovo al buio e alle tenebre. Gochihr brucia il serpente nel metallo fuso, e il fetore e l'inquinamento che erano nell'inferno sono bruciati in quel metallo, e (l'inferno) diventa abbastanza puro. Egli (Ohrmazd) pone la volta in cui lo spirito maligno fuggì, in quel metallo; egli porta la terra di inferno indietro per l'ampliamento del mondo; il rinnovamento emerge nell'universo per la sua volontà, e il mondo è immortale per sempre ed eterno. Anche questo, è detto, che questa terra diventa spoglia di ghiacci, priva di rupi;  perfino la montagna, il cui vertice è il supporto del ponte Chinwad appianano, e non esisterà.

Le somiglianze con quello che dice la prima lettera ai Tessalonicesi è notevole:
PRIMA LETTERA AI TESSALONICESI
Paolo e Silvano e Timòteo alla Chiesa dei Tessalonicesi che è in Dio Padre e nel Signore Gesù Cristo: a voi, grazia e pace.
Rendiamo sempre grazie a Dio per tutti voi, ricordandovi nelle nostre preghiere e tenendo continuamente presenti l’operosità della vostra fede, la fatica della vostra carità e la fermezza della vostra speranza nel Signore nostro Gesù Cristo, davanti a Dio e Padre nostro. Sappiamo bene, fratelli amati da Dio, che siete stati scelti da lui. Il nostro Vangelo, infatti, non si diffuse fra voi soltanto per mezzo della parola, ma anche con la potenza dello Spirito Santo e con profonda convinzione: ben sapete come ci siamo comportati in mezzo a voi per il vostro bene.
E voi avete seguito il nostro esempio e quello del Signore, avendo accolto la Parola in mezzo a grandi prove, con la gioia dello Spirito Santo, così da diventare modello per tutti i credenti della Macedonia e dell’Acaia. Infatti per mezzo vostro la parola del Signore risuona non soltanto in Macedonia e in Acaia, ma la vostra fede in Dio si è diffusa dappertutto, tanto che non abbiamo bisogno di parlarne.
Sono essi infatti a raccontare come noi siamo venuti in mezzo a voi e come vi siete convertiti dagli idoli a Dio, per servire il Dio vivo e vero e attendere dai cieli il suo Figlio, che egli ha risuscitato dai morti, Gesù, il quale ci libera dall’ira che viene.
Voi stessi infatti, fratelli, sapete bene che la nostra venuta in mezzo a voi non è stata inutile. Ma, dopo aver sofferto e subìto oltraggi a Filippi, come sapete, abbiamo trovato nel nostro Dio il coraggio di annunciarvi il vangelo di Dio in mezzo a molte lotte. E il nostro invito alla fede non nasce da menzogna, né da disoneste intenzioni e neppure da inganno; ma, come Dio ci ha trovato degni di affidarci il Vangelo così noi lo annunciamo, non cercando di piacere agli uomini, ma a Dio, che prova i nostri cuori. Mai infatti abbiamo usato parole di adulazione,
come sapete, né abbiamo avuto intenzioni di cupidigia: Dio ne è testimone. E neppure abbiamo cercato la gloria umana, né da voi né da altri, pur potendo far valere la nostra autorità di apostoli di Cristo. Invece siamo stati amorevoli in mezzo a voi, come una madre che ha cura dei propri figli. Così, affezionati a voi, avremmo desiderato trasmettervi non solo il vangelo di Dio, ma la nostra stessa vita, perché ci siete diventati cari.
Voi ricordate infatti, fratelli, il nostro duro lavoro e la nostra fatica: lavorando notte e giorno per non essere di peso ad alcuno di voi, vi abbiamo annunciato il vangelo di Dio. Voi siete testimoni, e lo è anche Dio, che il nostro comportamento verso di voi, che credete, è stato santo, giusto e irreprensibile.
Sapete pure che, come fa un padre verso i propri figli, abbiamo esortato ciascuno di voi, vi abbiamo incoraggiato e scongiurato di comportarvi in maniera degna di Dio, che vi chiama al suo regno e alla sua gloria.
Proprio per questo anche noi rendiamo continuamente grazie a Dio perché, ricevendo la parola di Dio che noi vi abbiamo fatto udire, l’avete accolta non come parola di uomini ma, qual è veramente, come parola di Dio, che opera in voi credenti. Voi infatti, fratelli, siete diventati imitatori delle Chiese di Dio in Cristo Gesù che sono in Giudea, perché anche voi avete sofferto le stesse cose da parte dei vostri connazionali, come loro da parte dei Giudei. Costoro hanno ucciso il Signore Gesù e i profeti, hanno perseguitato noi, non piacciono a Dio e sono nemici di tutti gli uomini. Essi impediscono a noi di predicare ai pagani perché possano essere salvati. In tal modo essi colmano sempre di più la misura dei loro peccati!
Ma su di loro l’ira è giunta al colmo.
Quanto a noi, fratelli, per poco tempo privati della vostra presenza di persona ma non con il cuore, speravamo ardentemente, con vivo desiderio, di rivedere il vostro volto. Perciò io, Paolo, più di una volta ho desiderato venire da voi, ma Satana ce lo ha impedito. Infatti chi, se non proprio voi, è la nostra speranza, la nostra gioia e la corona di cui vantarci davanti al Signore nostro Gesù, nel momento della sua venuta? Siete voi la nostra gloria e la nostra gioia!
Per questo, non potendo più resistere, abbiamo deciso di restare soli ad Atene e abbiamo inviato Timòteo, nostro fratello e collaboratore di Dio nel vangelo di Cristo, per confermarvi ed esortarvi nella vostra fede, perché nessuno si lasci turbare in queste prove. Voi stessi, infatti, sapete che questa è la nostra sorte; infatti, quando eravamo tra voi, dicevamo già che avremmo subìto delle prove, come in realtà è accaduto e voi ben sapete. Per questo, non potendo più resistere, mandai a prendere notizie della vostra fede, temendo che il tentatore vi avesse messi alla prova e che la nostra fatica non fosse servita a nulla.
Ma, ora che Timòteo è tornato, ci ha portato buone notizie della vostra fede, della vostra carità e del ricordo sempre vivo che conservate di noi, desiderosi di vederci, come noi lo siamo di vedere voi. E perciò, fratelli, in mezzo a tutte le nostre necessità e tribolazioni, ci sentiamo consolati a vostro riguardo, a motivo della vostra fede. Ora, sì, ci sentiamo rivivere, se rimanete saldi nel Signore.
Quale ringraziamento possiamo rendere a Dio riguardo a voi, per tutta la gioia che proviamo a causa vostra davanti al nostro Dio, noi che con viva insistenza, notte e giorno, chiediamo di poter vedere il vostro volto e completare ciò che manca alla vostra fede?
Voglia Dio stesso, Padre nostro, e il Signore nostro Gesù guidare il nostro cammino verso di voi! Il Signore vi faccia crescere e sovrabbondare nell’amore fra voi e verso tutti, come sovrabbonda il nostro per voi, per rendere saldi i vostri cuori e irreprensibili nella santità, davanti a Dio e Padre nostro, alla venuta del Signore nostro Gesù con tutti i suoi santi.
Per il resto, fratelli, vi preghiamo e supplichiamo nel Signore Gesù affinché, come avete imparato da noi il modo di comportarvi e di piacere a Dio – e così già vi comportate –, possiate progredire ancora di più. Voi conoscete quali regole di vita vi abbiamo dato da parte del Signore Gesù. Questa infatti è volontà di Dio, la vostra santificazione: che vi asteniate dall’impurità, che ciascuno di voi sappia
trattare il proprio corpo con santità e rispetto, senza lasciarsi dominare dalla passione, come i pagani che non conoscono Dio; che nessuno in questo campo offenda o inganni il proprio fratello, perché il Signore punisce tutte queste cose, come vi abbiamo già detto e ribadito. Dio non ci ha chiamati all’impurità, ma alla santificazione. Perciò chi disprezza queste cose non disprezza un uomo, ma Dio
stesso, che vi dona il suo santo Spirito.
Riguardo all’amore fraterno, non avete bisogno che ve ne scriva; voi stessi infatti avete imparato da Dio ad amarvi gli uni gli altri, e questo lo fate verso tutti i fratelli dell’intera Macedonia. Ma vi esortiamo, fratelli, a progredire ancora di più e a fare tutto il possibile per vivere in pace, occuparvi delle vostre cose e lavorare con le vostre mani, come vi abbiamo ordinato, e così condurre una vita decorosa di fronte agli estranei e non avere bisogno di nessuno.
Non vogliamo, fratelli, lasciarvi nell’ignoranza a proposito di quelli che sono morti, perché non siate tristi come gli altri che non hanno speranza. Se infatti crediamo che Gesù è morto e risorto, così anche Dio, per mezzo di Gesù, radunerà con lui coloro che sono morti. Sulla parola del Signore infatti vi diciamo questo: noi, che viviamo e che saremo ancora in vita alla venuta del Signore, non avremo alcuna precedenza su quelli che sono morti. Perché il Signore stesso, a un ordine, alla voce dell’arcangelo e al suono della tromba di Dio, discenderà dal cielo. E prima risorgeranno i morti in Cristo; quindi noi, che viviamo e che saremo ancora in vita, verremo rapiti insieme con loro nelle nubi, per andare incontro al Signore in alto, e così per sempre saremo con il Signore. Confortatevi dunque a vicenda con queste parole.
Riguardo poi ai tempi e ai momenti, fratelli, non avete bisogno che ve ne scriva; infatti sapete bene che il giorno del Signore verrà come un ladro di notte.
E quando la gente dirà: «C’è pace e sicurezza!», allora d’improvviso la rovina li colpirà, come le doglie una donna incinta; e non potranno sfuggire. Ma voi, fratelli, non siete nelle tenebre, cosicché quel giorno possa sorprendervi come un ladro. Infatti siete tutti figli della luce e figli del giorno; noi non apparteniamo alla notte, né alle tenebre. Non dormiamo dunque come gli altri, ma vigiliamo e siamo sobri.
Quelli che dormono, infatti, dormono di notte; e quelli che si ubriacano, di notte si ubriacano. Noi invece, che apparteniamo al giorno, siamo sobri, vestiti con la corazza della fede e della carità, e avendo come elmo la speranza della salvezza. Dio infatti non ci ha destinati alla sua ira, ma ad ottenere la salvezza per
mezzo del Signore nostro Gesù Cristo. Egli è morto per noi perché, sia che vegliamo sia che dormiamo, viviamo insieme con lui. Perciò confortatevi a vicenda e siate di aiuto gli uni agli altri, come già fate.
Vi preghiamo, fratelli, di avere riguardo per quelli che faticano tra voi, che vi fanno da guida nel Signore e vi ammoniscono; trattateli con molto rispetto e amore, a motivo del loro lavoro. Vivete in pace tra voi. Vi esortiamo, fratelli: ammonite chi è indisciplinato, fate coraggio a chi è scoraggiato, sostenete chi è debole, siate magnanimi con tutti. Badate che nessuno renda male per male ad alcuno, ma cercate sempre il bene tra voi e con tutti. Siate sempre lieti, pregate ininterrottamente, in ogni cosa rendete grazie: questa infatti è volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi. Non spegnete lo Spirito, non disprezzate le profezie.
Vagliate ogni cosa e tenete ciò che è buono. Astenetevi da ogni specie di male. Il Dio della pace vi santifichi interamente, e tutta la vostra persona, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo. Degno di fede è colui che vi chiama: egli farà tutto questo!
Fratelli, pregate anche per noi.
Salutate tutti i fratelli con il bacio santo. Vi scongiuro, per il Signore, che questa lettera sia letta a tutti i fratelli.
La grazia del Signore nostro Gesù Cristo sia con voi.

In grassetto ho messo in entrambi i testi i curiosi temi apocalittici corrispondenti: la presenza di un salvatore messianico, e la sequenza temporale durante la resurrezione dei morti.  Saoshyant, al pari di Mitra (e il mitraismo subì anch'esso influenze dallo zoroastrismo) non è un dio che muore e risorge, tuttavia affronta un combattimento contro le forze del male che è insieme una prova e una sfida supreme, prima del trionfo definitivo del bene.
Ho evidenziato questo parallelo di certo per sottolineare la concreta possibilità che un protognostico come il Paulus Historicus fosse influenzato più o meno esplicitamente dallo zoroastrismo in materia di resurrezione (per cui forse fu proprio il concetto di Resurrezione il contributo originale del Paulus Historicus riscoperto e fatto proprio poi da Marcione). In parte per dare un assaggio di quanto ogni tentativo di risalire alla sua figura sia puramente speculativo. La possibile associazione con Simon Mago serve a ribadire ambedue le cose. La stragrande maggioranza degli studiosi ritiene probabilmente esistito Simon Mago, anche se avvolto nella leggenda. Ma c'è anche una seria ragione, anche se poco nota, per dubitare della sua esistenza (e perciò è un vicolo cieco indagare più oltre su di lui). Perfino uno storicista gesuano duro e puro che pone il Paolo delle lettere nel I secolo come il prof Hoffmann così si esprime a proposito dell'inevitabile sincretismo tra giudeocristianesimo e gnosi in colui a cui furono attribuite le epistole:
In its purest form, this encompassing myth is Gnostic and perhaps our closest approximation to it, outside Paul, is the so-called Hymn of the Pearl. It is that mythology, in some form, that Paul knows from his vantage point in ancient Turkey where Anatolian myth blended with Greek mystery ideas to the detriment of all historical interest.

Ad ogni caso, era destino che l'originario movimento messianico ebreo dovesse prima o poi sfociare in sincretismo e opposizione con l'ambiente ellenistico circostante, aprendo la strada al culto proto-gnostico che trovò in Marcione il suo più geniale esponente. Mentre non è necessario un Paolo autore di lettere nel I secolo, era tuttavia fondamentalmente necessario e ineluttibile l'emergere prima o poi di un ''Paolo'', tra I e II secolo.
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APPENDICE B

Inutile dire che se tutte le epistole cristiane furono scritte nel II secolo, allora è assente perfino ogni menzione del Gesù mitologico nel I secolo. Tutto questo è straordinariamente atteso sotto l'ipotesi mitica. Eppure ancora non permette di dubitare di Gesù oltre ogni ragionevole dubbio. Ricordiamo che Whittaker giustamente dice a proposito dei primi originari giudeocristiani che ''È quindi del tutto comprensibile - la loro differenza dagli altri ebrei essendo così leggera -, che essi difficilmente destarono attenzione al proprio tempo, che essi passarono inosservati, o quasi inosservati, non solo dagli autori greci e romani di quei giorni, ma anche da uno storico ebreo come Flavio Giuseppe.'' A maggior ragione questo varrebbe per un loro ipotetico fondatore.
E tuttavia, se fosse esistito, una prova della sua esistenza sarebbe stata inevitabilmente impugnata dai protocattolici nelle loro dispute contro Marcione. Cosa c'è di meglio, nell'opporsi a un nemico che crede che Gesù sia stato un fantasma che cammina, che offrire una prova scontata della sua carnalità e soprattutto della sua ebraicità? In fondo Gesù era ebreo, come ripetono ad nauseam i folli apologeti cristiani, non è così?
 
Eppure, l'evidenza ci dice qualcos'altro.
Tutti gli evangelisti si sentivano liberi di offrire un Gesù che discute sui problemi del loro tempo, e che insegna a favore della loro teologia. Non c'è nulla di diverso in questo senso tra il vangelo di Marcione o quello di Giovanni o di Luca,: tuti mettono in bocca a Gesù la loro particolare teologia. Ciò che è scritto è effettivamente divorziato da qualsiasi ipotetico personaggio o evento reale del primo secolo. È una storiella che viene raccontata, non importa il vangelo in questione, non importa la teologia in questione.
 
Questo potrebbe significare, se Gesù fosse esistito, che dei suoi memi originari non ci è rimasto nulla, essendo stato prima ignorato del tutto dai contemporanei e poi eclissato ancora di più da una teologia, non rivestito neppure di un'agiografia con qualche nucleo di verità storica.

Ma il problema è che la nostra concezione moderna di ''storicità'' era del tutto assente nell'Antichità. Giove e Giulio Cesare erano considerati personaggi ''storici'' in pari misura. Come distinguere allora un Giove da un Giulio Cesare?

A fare la differenza tra proto-gnostici e proto-cattolici non smebra essere prima facie la questione della storicità di Gesù: per loro, sia che fosse un fantasma, un angelo, un posseduto da Dio, o un uomo di carne e ossa, Gesù era ''reale''. Perfino io, quando durante l'estate 2014 esperii un'allucinazione, ebbi per qualche istante la fortissima sensazione che quanto da me ''esperito'' fosse REALE. 

Che cosa allora, faceva la differenza tra gnostici e cattolici? Tertulliano risponde ottimamente a quella domanda, con il suo eccessivo zelo a difesa di una piena, REALE, incarnazione del dio-uomo, contra Marcione: per lui, evidentemente, solo la resurrezione ''NELLA CARNE'' di un essere pienamente umano poteva garantire a tutto il volgo cristiano, agli ignoranti hoi polloi, la fruizione di basso consumo della speranza cristiana in un'aldilà, per TUTTI gli esseri umani e soprattutto comprensibile prima facie a chiunque.

Se Gesù non era esistito veramente ''NELLA CARNE'', allora secondo Tertulliano, i VERI cristiani (=i protocattolici) non avrebbero avuto nessuna ragione di credere e di sperare nella resurrezione e nella vita eterna, perciò i veri cristiani, se erano veramente VERI cristiani, AVREBBERO DOVUTO credere che Gesù esisteva ''NELLA CARNE'' prima durante e dopo la resurrezione. 

Dunque il credo nella reale presenza di Gesù ''NELLA CARNE'' nacque per ragioni di mera convenienza: estendere la speranza della resurrezione ''NELLA CARNE'' - vale a dire, il proprio singolo credo protocattolico - al maggior numero di hoi polloi tramite la vendita di un Gesù fin dal principio calato ''NELLA CARNE'' (e non nella sola apparenza di essa). Il target desiderato (rendere cattolici tutti quanti) veniva a coincidere essenzialmente con la vendita del medesimo prodotto (il Gesù ''NELLA CARNE'').

Dunque quanto detto prima, che per gli antichi non c'era apparentemente differenza in termini di storicità tra un Giove e un Giulio Cesare (in virtù della loro percepita identica ''storicità''), viene a cadere come particolare eccezione proprio nel caso cristiano: il cristianesimo proto-cattolico era l'unico caso in cui il dogma della storicità di Gesù ERA NECESSARIO non solo per la sua diffusione, ma anche tragicamente PER LA SUA PROPRIA STESSA ESISTENZA in quel mondo ostile.

Se la chiesa proto-cattolica non voleva abortire sul nascere, DOVEVA assicurarsi il credo nella storicità di Gesù. Doveva ''provare'' un Gesù storico. Doveva ''dimostrare'', scientificamente se possibile, che Gesù era veramente storico, era veramente e totalmente ''NELLA CARNE''. Pena altrimenti l'estinzione della Vera Chiesa e la vittoria di Marcione e dei marcioniti.

Ecco perchè quei folli apologeti cristiani non esitarono a interpolare goffamente Flavio Giuseppe, Tacito, ecc. Un Gesù storico ERA ''NECESSARIO'' per la Chiesa protocattolica.

Per i marcioniti e i pre-marcioniti, Gesù era solo apparentemente ''NELLA CARNE'' sia prima che dopo la resurrezione (per quanto la sua passione fosse reale). Se Tertulliano voleva insistere nella PIENA presenza del Gesù risorto ''NELLA CARNE'', avrebbe dovuto parimenti insistere che anche prima della resurrezione Gesù era interamente ''NELLA CARNE''. Quando un cristiano del tempo, al di là se proto-gnostico o ebionita, sentiva la prima volta qualcosa del genere da parte di un protocattolico come Tertulliano, avebbe trovato difficile armonizzare questo nuovo concetto della realtà di Gesù ''NELLA CARNE'' con la sua più ancestrale percezione di fondo che Gesù era reale solo apparentemente ''NELLA CARNE''. Si presentava davanti a lui dunque un bivio, anzi un trivio: o rinnegare in toto la propria vecchia concezione docetica di Gesù, o rinnegare in toto la nuova altrui concezione cattolica di Gesù, oppure ancora cercare come meglio poteva di fondere quell'antica concezione con il nuovo vangelo che leggeva cercando a sua volta di elaborare una nuova soluzione al problema mediante un nuovo vangelo da passare ad altri, così da rendere comune il problema, e quella che per lui era la sua (temporanea) soluzione a quel problema, al maggior numero possibile di cristiani. I vangeli, con la loro inesauribile ricerca di infiniti e fantasiosi compromessi con questa o quella particolare sensibilità, percezione, orientamento, tendenza, devono essere tutti reinterpretati come soluzioni & armonizzazioni di volta in volta offerte al problema presentato la prima volta dal credo di un Gesù veramente ''NELLA CARNE'' che fu venduto a dispetto del credo originario in un Gesù solamente ''NELL'APPARENZA'' di carne.

Ciò che è illuminante ed evidente, in tutta questa drammatica, affannosa e goffa armonizzazione del docetismo originario con l'emergente fattualità della resurrezione ''NELLA CARNE'', è che entrambi gli schieramenti del dibattito avanzavano di certo le loro ragioni, ma ragioni esclusivamente teologiche, non portando nient'altro a proprio sostegno che solo e soltanto letture sempre più letteraliste di parti e porzioni dei vari vangeli, ovvero: mere variazioni del medesimo, potente pattern letterario introdotto la prima volta dal vangelo di Marcione. E NIENT'ALTRO.

Dimostrare che il miticismo precedeva lo storicismo (e dunque che Gesù non è mai esistito nella Storia) si riduce dunque a dimostrare che il credo originario cristiano era docetico prima ancora che si trasformasse poi in proto-cattolico (perfino assumendo un'origine ebraica del più antico movimento cristiano). Che il docetismo precedeva il primo vangelo. Perchè sarebbe difficile, anzi impossibile, dimostrare il contrario (cioè che il docetismo era successivo al primo vangelo). Eppure il consensus dei folli apologeti cristiani pensa che il docetismo sia successivo al primo vangelo (e non piuttosto, inerente già al primo vangelo, cioè Mcn).

Dunque ricapitolando, ecco la nuova dimostrazione della non-esistenza di Gesù:

1) tutti i gruppi non protocattolici credevano in un Gesù docetico, al di là delle divergenze dottrinali in materia di Torah.
2) i protocattolici avevano legato fin da subito il loro successo, e la loro stessa sopravvivenza, al credo in un Gesù veramente ''NELLA CARNE'' prima e dopo la resurrezione.
3) in virtù del punto 2, era imperativo per i protocattolici PROVARE la storicità di Gesù.
4) tutto ciò che i protocattolici riuscirono a portare come prova del Gesù storico era solo e soltanto una lettura letteralista di un primo originario vangelo scritto da Marcione opportunamente bonificato e corretto iteritamente mediante la stesura di quattro vangeli ''canonici'' (tutti e quattro reazioni a quel primo vangelo). Oppure inventando i Testimonia Flaviana oppure il Testimonium Taciteum oppure ancora la leggenda di un Giacomo ''fratello di Gesù'': tutte pure invenzioni.
5) in virtù del punto 3 del punto 4, segue con matematica necessità che non esistevano altre prove del Gesù storico. I protocattolici erano indotti per forza a fare quella ricerca al nostro posto, se volevano sopravvivere. Non trovando nulla

Se non interessate letture, o deliberate invenzioni.

6) Perciò: Gesù non è mai esistito al di là di ogni ragionevole dubbio.

martedì 24 febbraio 2015

Se pure Richard si scopre Folle Apologeta Cristiano . . .

CREDERE: Significa avere fiducia illimitata nei preti. Un buon cristiano non può fare a meno di credere a tutto ciò che gli si dice, altrimenti è buono solo da bruciare. Se ci viene detto che qualcuno è privo della grazia, che venga bruciato, poichè la divinità, rifiutandogli la grazia, mostra di considerarlo buono solo da ardere per alimentare la fede dei propri eletti. 
(Il Libero Pensatore Paul Heinrich Dietrich, barone d'Holbach, La théologie portative, 1768)
 Colui che combatte i mostri dovrebbe fare attenzione a non farsi egli stesso mostro.
 (Nietzsche)
Che io mi consideri fortemente debitore verso la profonda ricerca del duo Doherty-Carrier, è fuori di dubbio. Un paradigma è pur sempre un paradigma, e il merito di questi due grandi studiosi è di aver seguito un paradigma del tutto nuovo, sia pure ancora grezzo (ma solo come può esserlo un fresco, nuovo paradigma) e ancora in procinto di essere istanziato nella sua migliore specificità.
Quel paradigma nuovo, rivoluzionario, copernicano, parla a noi di come il mito venne prima dell'allegoria, e l'allegoria prima della leggenda, la leggenda del plagio, e il plagio della stessa illusione di un ''Gesù storico''.
Non si scampa. È lo scenario più probabile. Non c'era mai stato un Gesù storico sulla Terra. Punto.

Il problema però, che si porta seco il dr. Carrier, è l'eccessiva fiducia che nutre verso l'autenticità delle 7 famose epistole paoline. Così mi rispose quando gli chiesi a proposito di alcune idee del prof Price.

Lì per lì credetti acriticamente alla sua decisa stroncatura dello scetticismo sulla vera voce di ''Paolo''. Però poi ho notato quanto vecchio e infantile appare lo stesso Richard Carrier quando non riscopre per nulla la possente personalità di Marcione, e il ruolo determinante che ebbe nella nascita di un vangelo scritto. Quixie chiama ''ansia di influenza'' questo limite del dr. Carrier, anche se secondo me il suo unico errore è un altro.

Il vizio che sembra chiaramente portarsi appresso Richard Carrier è per puro paradosso intrinsecamente legato al suo medesimo miglior punto di forza: sapere confutare abilmente i folli apologeti cristiani e filocristiani, come pure i dementi chiromanti e imbroglioni astroteologi come Pier Tulip, sfidandoli sul loro stesso terreno. Niente di ineccepibile sul piano dell'onestà intellettuale.

Per apprezzare tutto questo, prova a metterti nei panni del folle apologeta cristiano e chiediti: se il tuo polemico interlocutore è disposto a dialogare con te esattamente dove tu lo porti, ovvero fissando TU in anticipo le regole del gioco (e NON lui) allora quale miglior prova della profonda serietà e onestà e sincerità d'animo di quella ostentata dal tuo medesimo interlocutore? È così che ha fatto Richard. Sfidando il consenso su ciò che pensava Paolo all'interno del più generale (e tradizionale) consenso su Paolo.

Eppure, una volta sbaragliati e ridotti all'ombra meschina di sé stessi quei folli apologeti cristiani rei terribilmente di aver letto con lenti colorate di vangelo le autentiche epistole di Paolo, al risveglio finale della coscienza cosa rimane? Un gigantesco, imponente testimone della non-storicità di Gesù, ovvero Paolo.

Non solo quello. Paolo è anche la controfigura del suo Gesù nel vangelo di Marco, considerato dal consenso (ma non da me) il primo vangelo.
Paolo fu anche l'apostolo di Marcione. E di Valentino.
Per Parvus, Paolo è quanto di più vicino si possa immaginare ad un ''Gesù storico'', una volta rimossa la maschera giudaizzante di Giovanni il Battista dall'icona classica evangelica.

I folli apologeti dicono che il ''Gesù storico'' è chiamato tale per distinguerlo dal Gesù evangelico, cioè dal Gesù apologetico.

I Critici Radicali Olandesi chiamarono Historicus Paulus l'uomo che le epistole associano al nome di Paolo. E si dicono certi della sua esistenza storica. E così pure fa il dr. Detering.

Ma se Paolo fu davvero così colossale e determinante per la nascita del cristianesimo, sotto qualunque paradigma ci si pone, per quale ragione, se solo fosse stato neppure un decimo di quanto pretese insistentemente d'essere con enorme supponenza di sé nelle cosiddette epistole paoline, non ha lasciato una sola traccia di sé nelle fonti non cristiane?



Ma la domanda non è ancora legittima farla. Parlare a proprio nome è di default un appello alla propria consistenza ontologica, sufficiente per non negarla.

Però la domanda diventa legittima farla quando considero il simbolismo che si porta seco Paolo: il suo nome. Piccolezza riscattata dalla grazia, per sola fede. Non è questo il messaggio di fondo della lettera ai Galati? L'ultimo è il primo.
Inoltre, che il nome di Paolo potrebbe già essere concepito in senso figurato dallo scrittore delle lettere paoline si vede chiaramente in 1 Corinzi 15:9, dove Paolo parla di sé stesso come l'ultimo e il più piccolo, come un aborto spontaneo per così dire. B. Bauer ha correttamente commentato su questo: “Egli è l'ultimo, l'imprevisto, la conclusione, il caro annidato. Anche il suo nome latino, Paolo, esprime piccolezza, che è in contrasto con la maestà a cui è elevato dalla grazia nei passaggi precedenti della lettera.
Bauer giustamente richiama l'attenzione sul significato teologico del concetto di piccolezza. In realtà, al di là di Bauer, che ancora non aveva questa connessione in vista, si deve considerare che, proprio per i marcioniti e ovviamente già per i Simoniani pure, ai quali questo risale - la parola “Paolo”, esprimeva tutto ciò che costituiva il nucleo della loro teologia e per cui le lettere di Paolo offrono continua testimonianza. Dov'è la liberamente occorrente, inannunciata e incondizionata elezione per grazia meglio illustrata che proprio dall'inferiore, l'incompleto, da un bambino, da un piccolo?

(The Falsified Paul, pag. 146-147, mia libera traduzione)

Sarebbe come giungere a sapere che l'etimologia di ''Hitler'' fosse ''sterminatore'' o ''tiranno'': troppo impossibile per essere una coincidenza, fosse stato quello il caso. E difatti non è il caso.

O meglio ancora, ricordati del Gobbo di Notre Dame. Difficile mancare l'allusione che a tanta bruttezza corrisponda altrettanta bontà d'animo.

Anche di Shakespeare verrebbe il dubbio che fosse solo un nome appiccicato addosso al vero autore delle tragedie. Ma lo Shakespeare storico aveva un motivo per nascondersi sotto la gonna della casta Elizabeth: salvare la pelle per il suo essere un cripto-cattolico. Che cosa si fa per campare sotto le religioni!!? Il mio quasi-dogma di fondo qui è che un autore geniale e per di più prolifico non potrà mai nascondersi, mai. Dovrà per forza venire allo scoperto. Da questo punto di vista, era inevitabile che spuntasse fuori prima o poi un pagano che citerebbe ''Paolo'': Luciano di Samosata.
Così si esprimeva, con gran stridore di denti, quel folle apologeta fetente e demente di Maurice Casey:

 "Fu 'circonciso l'ottavo giorno ... un ebreo da ebrei' (Fil. 3,5), così i suoi genitori erano ebrei di lingua aramaica, e osservante almeno quanto essi. Era anche un cittadino romano, come sappiamo da Atti. Per nascere ebreo e cittadino romano, ... la madre, o entrambi i suoi nonni, dovevano essere stati schiavi, e suo padre, o entrambi i suoi nonni, devono essere stati anch'essi schiavi, o devono aver prestato servizio nelle legioni ausiliarie, nel qual caso potevano essere ricompensati con la cittadinanza romana, al loro ritiro dal servizio attivo. Da qui il nome romano di Paolo, e il fatto che Luca lascia sfuggire che Saul fu anche chiamato Paolo proprio quando incontrò il proconsole Sergio Paolo, governatore di Cipro (At 13,9). Sergio Paolo era un illustre membro della gens romana Pauli, a un membro del quale erano stati ridotti in schiavitù uno o più membri della famiglia di Paolo. Questo spiega il nome greco-romano di Paolo. Niente di tutto questo è noto ai miticisti, per la ragione altamente deplorevole che esso è poco conosciuto alla ricerca tradizionale pure. L'ho visto correttamente presentato solo in un articolo del 1994 dal classicista Peter van Minnen, che gli studiosi del Nuovo Testamento hanno generalmente ignorato."
(Maurice Casey, “Jesus: Evidence and Argument or Mythicist Myths?” (2014) p 151, mia libera traduzione)

(Osserva come Casey sta usando Atti degli Apostoli come una fonte letterale di Storia senza alcuna legittimità scientifica. Il lettore attento noterà che il temperamento isterico di Casey assomiglia a quello di un fanatico storicista della rete che si nasconde dietro il nomignolo di ''Veritas'': cito quest'ultimo perchè davvero i due si assomigliano nella loro schizofrenica ricerca minuziosa di particolari del NT che loro per primi, e solo loro, prendono per dettagli storici ''oltre ogni ragionevole dubbio''. Se dunque un Casey non è nient'altro che un Giannino Sorgi infiltrato in accademia, allora è palese perchè questi storicisti sono tutti indiscriminatamente folli apologeti cristiani).


Ridicolo. Casey sembra voler costruire una possente torre d'avorio per il suo Paolo edificandola sulle sabbie mobili, anzi sulla pura sabbia di Atti degli Apostoli, nella più totale assenza e di ''atti'' e di ''apostoli''. Ma se merito di Richard è di aver scaraventato giù quel pazzo re nudo di Casey da quella vertiginosa torre d'avorio, il pari demerito suo malgrado di Richard è di esservi salito lui stesso, su quella medesima infaustamente apologetica torre d'avorio, così alacremente costruita nei secoli proprio dai folli apologeti simil-Casey che Richard intese sfidare.

Un Gesù storico è assente nelle epistole, per il loro autore originario e per i suoi successivi editori (perfino se divenuti, nel frattempo, puri e duri storicisti della prim'ora).
Interpolare un Gesù storico nelle epistole era segno troppo evidente che si stava falsificandole: meglio non farlo, interpolando magari altro, meno sospettabile poi di essere interpolazione. Il Paolo che si voleva cooptare (e non eliminare, non annientare del tutto) era esattamente il Paolo estremamente fiero di non conoscere (più) nulla ''secondo la carne'', per nulla affatto il Paolo storicista in sua vece (che per definizione, era già cooptato sul nascere, negli Atti degli Apostoli).

E così prendo serenamente congedo da Richard Carrier. C'è chi diventa folle apologeta cristiano perchè si chiude a priori al dialogo (e ce ne sono tanti, parecchi in giro). Ma Richard Carrier è diventato singolarmente un folle apologeta cristiano per il motivo opposto: si è aperto fin troppo al dialogo coi reali folli apologeti cristiani. Non mettendo minimamente in discussione l'attribuizione di 7 epistole paoline all'Historicus Paulus.

Stimo Richard, e continuerò a stimarlo e a provare sincero affetto per lui. Come pure non biasimerò mai, lui solo, di una scelta di vita che personalmente mi lascia perplesso e stupito.

La verità è che comincio a dubitare dell'autenticità dell'intero corpus paolino. Il criticismo radicale è una malattia che quando ti assale, non ti molla più.

Ma ormai è giunto il momento di testare il miticismo oggi apparentemente trionfante con un'altra descrizione delle Origini, entro lo stesso paradigma miticista.

È giunto il momento di esaminare direttamente gli scritti inglesi di Van Manen, il più grande Critico Radicale Olandese, per decidere finalmente con la mia testa.

Provo ad abbozzare rapidamente nell'Appendice, per amor di sintesi, come sarebbe lo scenario risultante, anche se ovviamente merita in futuro di essere raffinato e corretto.

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APPENDICE


30-40 EC.

La vasta maggioranza degli ebrei nel primo e secondo secolo aspirava alla libertà dall'invasore romano. Tra di loro figuravano sicuramente movimenti messianici dell'idea che i costumi ebraici e il dio ebraico fossero superiori ai romani. Se i romani si trovavano in posizione dominante, era solo perchè gli ebrei non percepivano di essere superiori, e questo perchè non si accorgevano che il loro Messia era oramai alle porte. Fu il dio ebraico il solo Dio vivente, mentre al suo confronto tutti gli altri dèi erano solo malvagi demoni.
Mentre Giovanni il Battista, con il suo scatenato apocalitticismo in odor di sedizione (che poi lo porterà alla morte), induceva in chi battezzava il fenomeno conosciuto a noi moderni come ''possessione spirituale'' (o Stati Alterati di Coscienza), ad Alessandria d'Egitto Filone Giudeo riserbava parole di giubilo verso il Logos, chiamandolo ''Gesù'':
“Ecco, l'uomo che si chiama ‘Germoglio’!” è proprio un insolito appellativo, invero, se lo consideri pronunciato a proposito di un uomo che è composto di corpo e anima. Ma se guardi ad esso come se fosse stato applicato a quell'entità incorporea che in alcun modo differisce dalla divina immagine, allora riconoscerai che il nome di ‘Germoglio’ gli è stato dato assai felicemente. Infatti il Padre dell'Universo lo ha innalzato in quanto il figlio maggiore, che in un altro passo egli chiama il primogenito. E lui che è dunque generato, imita le vie di suo padre... 
Quindi Filone, un ebreo alessandrino contemporaneo dell'ipotetico Gesù storico, aveva già concepito in maniera indipendente una figura celeste di nome Gesù, un figlio di Dio fatto a sua divina immagine, un re e sommo sacerdote. È la prova che il Gesù celeste fu immaginato senza alcun riferimento ad un Gesù di Nazaret. La dimostrazione che il ''Gesù storico'' non fu un uomo miticizzato, ma un mito storicizzato.


40-70 EC. Tra i vari messianisti ebrei del I secolo, almeno uno si atteggia al ''Giosuè'' dell'AT, come novello successore di Mosè: l'Egiziano. Mentre a Roma si ode il tumulto di ebrei messianisti aizzati da Cresto, sterminati poi fino all'ultimo dal crudele Nerone. Queste sono le sole possibili attestazioni dell'uso dei nomi ''Gesù'' e ''Cristo'' come titoli messianici del I secolo, legati all'ambiente apocalittico-zelota.

70-135 EC.

La sfera d'inizio del cristianesimo fu il mondo degli ebrei fortemente ellenizzati e di ellenisti filogiudei di Alessandria appena dopo il 70.
Filone dimostrò che per Dio era assai più facile assumere sembianza umana per coloro che egli ama che non per l'uomo diventare Dio. L'Israele secondo la carne era per Filone solo la temporanea Terra Promessa per Israele. La vera Terra Promessa è in Dio, non in questo mondo. Così anche per Filone la salvezza era imminente. Questo è riflesso nella Lettera agli Ebrei. 
Un altro tema importante presente in Filone è il ruolo di Gesù come Sommo Sacerdote, ricavato da Zaccaria 3:1-6. Il Sommo Sacerdote è privo di peccati, e serve da mediatore tra Dio e l'umanità peccatrice. Quindi è di natura ibrida, sia umana sia divina. Filone pregava affinchè il Sommo Sacerdote potesse vivere dentro la sua anima, e dentro le anime degli uomini, per superare tutti i mali e i dolori.
Proprio come dice la Lettera agli Ebrei, anche Filone sottolinea la stretta relazione tra la persona senza peccato e il Logos soprannaturale. Solo attraverso il Logos lo spirito profetico parla all'umanità.

Una scuola di ebrei ellenistici neoplatonici, probabilmente ad Alessandria e ad Antiochia (grandi centri ellenistici orientali), riscoprì il nome ''Gesù'' con cui Filone chiamava il Logos. È indotta a farlo perchè le malefatte del militante messianismo antiromano (che sarebbe sfociato nella rivolta del ''Cristo'' Bar Kokhba) spingeva ad una ridefinizione del concetto di Messia (di cui fino ad allora il copy-right era solo di messianisti sediziosi e apocalittici invasati dallo Spirito). L'imbarazzo ebraico per aver compromesso, con un Bar Kokhba, il titolo di ''Cristo'' è parzialmente paragonabile alla vergogna provata dai tedeschi, dopo la guerra, per le responsabilità dell'Olocausto.
Quelli intellettuali chiamavano ''Gesù'' il Logos, sulle orme di Filone, ovvero esattamente l'unico intermediario consentito tra il Dio trascendente e la misera umanità, sviluppando la prima embrionale cristologia. Però per loro ''Gesù'' non era il Figlio del Dio ebraico: quel dio avevano imparato a disprezzare in quanto lo identificavano con il demiurgo platonico. Platone, com'è noto, non demonizzava il demiurgo, tuttavia dopo di lui fu Aristotele il primo a insistere che entità immateriali (le idee di Platone) non potevano produrre movimento di entità materiali. Nell'opinione di Aristotele, solo oggetti concreti collocati nello spazio e nel tempo potevano spostare o alterare altri oggetti fisici concreti. Il Dio supremo di Aristotele, il Nous o Divino Intelletto, era completamente immateriale e metacosmico, per nulla coinvolto in qualsiasi attività pratica, al punto da non essere neppure causa efficiens di cambiamenti nel mondo fisico.  È solo per attrazione che il Primo Motore Immobile causa il movimento della parte sublunare del cosmo. Il Big Bang non fu voluto da Dio, come voleva Platone. L'impersonale deismo aristotelico fornì le basi ai proto-gnostici per opporre il vero Dio ai demiurgici arconti di questo eone: solo grazie alla modifica aristotelica della cosmologia platonica potevano adorare il loro vero Dio, puro spirito, mentre nel contempo disprezzare il Dio demiurgico ebraico e i suoi maligni scherani e rappresentanti sulla Terra (i quali per loro venivano a coincidere con le stesse autorità romane da un lato, e i capi dei vari movimenti messianici ebrei dall'altro).
Dunque abbiamo da un lato un messianismo ebraico che, trovando infine espressione nel Cristo Bar Kokhba, avrebbe portato alla propria auto-distruzione, e dall'altro un'incipiente scuola protognostica (o marcionita, dal nome del suo principale esponente) che raffigura il vero Dio e il vero ''Cristo'' come un Padre amorevole e suo Figlio e non un giudice vendicativo. Rivendicando pubblicamente una supremazia spirituale, questo culto ebraico proto-gnostico trovò quasi subito opposizione in un'altra scuola alessandrina di ebrei ellenistici neoplatonici e amanti dell'etica ebraica i quali, contrariamente ai proto-gnostici, consideravano disdicevole il loro disprezzo verso il Creatore e la sua creazione. Il loro manifesto teologico era la Lettera agli Ebrei, il cui scopo era convertire il Tempio di Gerusalemme (la cui ricostruzione era ancora fervidamente attesa presso la maggioranza degli ebrei) in un tempio spirituale nel cuore di ogni cristiano, ma d'altro canto anche, per la stessa logica, rendere effettivamente REALE la morte espiatrice di Cristo (perfino in assenza di un reale Gesù storico!).
Ma ancora nè la voce di un Paolo, nè un Gesù apparso sulla Terra erano stati inventati.

135-150 EC

Infine, nel 129 EC, a Roma, Marcione ''trovò'' le originali epistole paoline (a significare che lui e/o la sua scuola proto-gnostica le inventarono) e volle pubblicarle assieme al primo vangelo. Paolo era per lui l'apostolo del vero Dio che, nel suo incontro-scontro coi seguaci di Giovanni il Battista (''coloro che erano apostoli prima di me'') ne aveva denunciata l'infedeltà e l'incapacità di riconoscere lo Spirito di Dio che pure li possedeva: se un seguace eretico di Giovanni il Battista a cui fu dato il nome simbolico-teologico di ''Paolo'' fosse veramente esistito o meno, non mi interessa [1]. Ma intanto, prima ancora che Marcione effettuò l'ufficiale pubblicazione del primo Nuovo Testamento, i proto-cattolici, coalizzatisi con quel che restava dei messianisti ebrei che erano intanto stati attratti dall'adorazione di Gesù Cristo (ebioniti), realizzando che un fantasma docetico, come descritto da Marcione, fosse inadeguato per la fondazione di una nascente chiesa universale (''cattolica''), optarono per estendere la loro influenza sulla base della chimerica ma estremamente utile ''Traditio'', proiettando interamente, cioè dalla sua nascita fino alla sua apparizione post-resurrezione, la figura mitica di Cristo in un ebreo di carne e sangue di Israele. Uno storico ''Gesù di Nazaret'' fu il risultato. A tal fine, da Roma, la chiesa proto-cattolica ''rigiudaizzò dall'alto'' ogni documento, vangelo o lettera, che puntava a Gesù, riducendolo alla morale ebraica (considerata superiore) e ad un'interessata allegorizzazione (che è anche una cooptazione) della Septuaginta. Oppure, in alternativa, al più completo oblìo.
Da notare che mentre per il vangelo di Marcione figurano come nemici di Gesù principalmente gli stessi 12 apostoli rappresentanti del messianismo ebraico (ciò che viene comunemente chiamato ''giudeocristianesimo''), nei vangeli successivi i nemici di Gesù diventano gli ''scribi e i farisei'' (di cui Pilato è solo la marionetta), innescando così il bacillo contagioso del morbo antisemita (anche se devo ricordare che per Marco ''gli scribi e i farisei'' continuano ad essere implicitamente cifre simboliche per i leaders giudeocristiani).

Marcione sta sulla soglia tra mito e storicizzazione di Gesù. Forse egli scelse Pilato perchè era vissuto esattamente 100 anni prima della stesura del vangelo di Marcione. Così anche Marcione, come i suoi rivali in seguito, vide la necessità di una finzione storica per ragioni propagandistiche. Egli insegnò una deità angelica del tutto priva di emozioni. Di certo tutto il contrario del collerico dio degli ebrei, che si muove facilmente ad ira.


150-200 EC
Curioso effetto collaterale posteriore della reazione al vangelo di Marcione, perfino nelle retrovie delle file dei protocattolici, germinavano senza tregua nuove chiese gnostiche decisamente più esoteriche della chiesa marcionita (che fu fin dal principio una chiesa pubblica con niente di esoterico addosso). Questi nuovi venuti sono le chiese che produssero un diluvio di vangeli gnostici e un sofisticato codice di decriptazione delle epistole cattoliche (che si traduceva nel recupero dell'originaria lettura marcionita di lettere oramai interpolate dai protocattolici), oltre che, per i più idioti letteralisti come Pier Tulip, complicate cosmologie astroteologiche del cazzo.


Come si vede, non mi so ancora decidere sulla reale presenza di un oscuro culto di Cristo cosiddetto giudeocristiano nel I secolo. Il punto è che forse esisteva un tale oscuro culto, e allora dovrei ridefinire il primo punto così:

30-70 EC
Un minuscolo ma diffuso, oscuro movimento basato su misticismo misterico e un Messia trovato profetizzato nelle Scritture, che aveva già compiuto la sua missione ed era solo ora contattabile nella visione dello spirito, e nell'unione mistica raggiungibile con la divinità. Durante le rivelazioni vengono esperite (tra le altre cose) i messaggi del Messia sulle azioni che aveva compiuto mentre soggiornò sulla Terra durante le poche ore in cui si consumò il dramma cosmico.  

135-200 EC
Dopodichè dovrei vedere la Seconda Guerra Giudaica all'origine di una profonda crisi di identità del movimento originario. Alcuni realizzarono che era giunto oramai li momento che il cristianesimo doveva separarsi dall'ebraismo e dal dio degli ebrei, fin troppo compromessi con il messianismo bellicoso di un Bar Kokhba. Sostituendo la Torah con il Comandamento dell'Amore, Marcione in particolare trasformò il cristianesimo in una religione che avrebbe richiamato parecchi greci (e altri pagani). Paolo si adattava per lui al ruolo di messaggero del suo vangelo, e così ne fu evocato il mito. Per contrasto, gli ebioniti o giudeocristiani non ritennero mai valida quella separazione, e si consideravano i legittimi ebrei messianici, osservanti della Torah. Gli avversari protocattolici di Marcione avrebbero invece adottato una strategia divide et impera. Si armavano della Torah contro i Marcioniti, mentre ostentavano il Comandamento dell'Amore e le posizioni paoline quando avversavano gli Ebioniti.
Alla fine la necessità di legare questi comandamenti rivali diventò d'obbligo per l'universalità cattolica. Perciò Paolo rappresenta un personaggio leggendario che non è separabile da Marcione, considerando che i suoi scritti non erano mai attestati prima di Marcione.
Il Comandamento dell'Amore era centrale per la dottrina marcionita. Fu un tentativo di  soppiantare la normativa Torah ebraica con la legge spirituale, rivelata, non tramite l'uomo o la tradizione, ma mediante rivelazione divina attraverso l'eroe di Marcione, Paolo. Cristo tramite Paolo aveva rivelato un Dio che non era degli ebrei, ma di tutte le nazioni, e perciò infinitamente superiore al Dio creatore ebraico. Egli era il Dio dell'Amore. 

[1] Il prof Price ipotizza che fosse Simon Mago. D'altro canto, tutta la leggenda di Simon Mago potrebbe essere stata nient'altro che una pura invenzione del III-IV secolo - con tanto di interpolazione in Ireneo - per farne un grottesco precursore dell'eretico Mani. Con eguale probabilità l'ispirazione per la leggenda di Paolo potrebbe derivare da Flavio Giuseppe. Ad ogni caso, è molto probabile che lo Historicus Paulus, ovvero l'uomo che non scrisse lettere ma a cui furono attribuite lettere, sia realmente esistito.