venerdì 25 dicembre 2015

Del perchè non ci fu nessuna “Tomba Vuota” all'origine del cristianesimo

SEPOLTURE: Cerimonie che i preti del Signore rendono più o meno lugubri attraverso i loro santi ululati, a seconda che siano pagati più o meno abbondantemente.
(Il Libero Pensatore Paul Heinrich Dietrich, barone d'Holbach, La théologie portative, 1768) 

I Cristiani che fanno tanta pompa del loro sapere anche in materia di Religione, sì i Cristiani, sono i più scimuniti e baggei di tutti gli uomini; Gesù Cristo, di cui parlano tanto, quest'Uomo non è mai esistito, egli è un Ente chimerico; gli Evangelisti, che spiegano le sue geste, la sua morale, i suoi dommi, sono umane invenzioni ed imposture. Falso il Talmud degli Ebrei, falso l'Alcorano dei Turchi, che parlano di Gesù Cristo come di un vero personaggio comparso nel tale determinato tempo; ingannati tutti gli Storici, Ebrei, Greci, e Gentili; babbioni tutti i Cristiani di diciotto secoli, che lo venerarono. Bisogna quindi che noi abbruciamo tutte le Storie, che distruggiamo tutti i monumenti, che diciamo agli Ebrei che il loro Talmud gl'inganna, che Gesù Cristo non è mai esistito, e quindi ch'essi odiano un fantasma; e che avvisiamo i Turchi che il loro Alcorano sbaglia all'ingrosso allorchè parla di Gesù come del grande Profeta, che ha preceduto Maometto; che furono insensati e scimuniti non diremo solamente i Re della Persia, i Filosofi della Grecia, e del Lazio, ma gl'Imperatori Romani, a cui tanto premeva l'abiurazione del Cristianesimo; perchè niuno mai seppe dire ai Martiri Cristiani che essi pativano per un uomo, il quale non era mai stato al mondo, e che supponevano alsamente poco prima nato, vissuto, e morto in una Provincia Romana: niuno seppe dire che la di lui vita, parole, azioni tenute per sì pubbliche e circostanziate, non erano che chimere inventate di nascosto.
(Le Creature Ampio Libro Dell'Uomo, del folle apologeta cristiano Raimondo Sabunde, pag. 191-192)

È estremamente noioso, per non dire nauseante, perfino nauseabondo, osservare nel Net le stupide repliche & 'argomentazioni' odierne di folli apologeti cristiani (e in special modo cattolici) ansiosi in tutti i modi di dimostrare la realtà della Resurrezione pur di guadagnare almeno un nuovo proselita al giorno. Ma è ancor più disgustoso vedere la “soluzione” sbrigativa di altri cristiani, apparentemente più sofisticati (ma realmente solo più dementi), al problema (e quale sia il problema in questione non ho neppure bisogno di dirlo, quando si parla del sepolcro vuoto di Gesù): “non licet” allo storico indagare se l'oggetto delle visioni post-pasquali fosse reale o meno. Apparentemente la “soluzione” potrebbe funzionare, ma si dà il caso che i suoi proponenti si sono a tal punto compromessi con la nozione della tomba vuota (a tal punto 2000 anni di tradizione cristiana “ortodossa” ha reso imprescindibile per un cristiano abbracciarla ciecamente, pena altrimenti il ventilato sospetto di eresia o di miscredenza) da essere costretti per necessità a correggere il tiro: “non licet” sapere se il sepolcro di Gesù fu improvvisamente vuoto del suo corpo. Per tale cristiano, che la tomba si rivelò vuota è un dogma di fede. Merito in questo anche dello stesso credo cristalizzato definitivamente a Nicea:
...mori e fu sepolto; discese agli inferi;
il terzo giorno risuscitò da morte; 
Logicamente, se Gesù fu sepolto [1], per “risorgere fisicamente” doveva pur lasciare dietro di sé una “tomba vuota”. Lo stesso demente credo cattolico incatena i fedeli al più cieco e irrazionale letteralismo, alla faccia di quei cristiani che rimproverano quel difetto ai loro (pur dementi) colleghi musulmani.
In realtà, dietro ogni cieco letteralismo si nasconde sempre una bieca volontà di predominio, volontà di potenza e di sopraffazione delle altrui ragioni (specie se appositamente bollate come eretiche o addirittura “ispirate da Satana”). È quello che accadde storicamente all'apologeta cristiano Giustino, il cosiddetto “Padre della Chiesa” che il destino volle situare suo malgrado sulla soglia fatidica tra vangeli non ancora canonizzati (perchè molti, troppi, sapevano di gnostica ostilità al dio degli ebrei almeno nella misura in cui erano branditi così fieramente da cristiani gnostici e dualisti) e vangeli in procinto di diventare tali (vale a dire: VERITÀ ASSOLUTA).
Come tragicomico effetto collaterale, le vittime incolpevoli di queste beghe interne ai folli apologeti cristiani di allora si rivelarono essere ovviamente i pagani, i quali mai avevano attribuito, nella loro allegra spensieratezza, alle favole sui loro dèi, eroi e semidèi quel medesimo status di verità ontologica al quale i cristiani protocattolici fin dal principio agognarono pur di guadagnare in termini di prestigio e di autorità morale e fagocitare via via tutte le altre sette cristiane sotto il proprio ombrello.
E così il folle apologeta Giustino si rivolgeva ai pagani, schiumante di rabbia e di tronfia arroganza (un ritratto non dissimile da quello odierno di cripto-teologi sotto mentite spoglie di storici, una volta prese le dovute distanze):
E anche quando affermiamo che il Logos, che è il primogenito di Dio, fu prodotto senza unione sessuale, e che Lui, Gesù Cristo, nostro Maestro, fu crocifisso e morì, e risorse di nuovo, e ascese al cielo, non proponiamo nulla di diverso da cosa credete riguardo coloro che considerate figli di Giove. Infatti sapete quanti numerosi figli i vostri stimati scrittori attribuirono a Giove: Mercurio, interprete della parola e maestro di tutte le cose; Esculapio che, sebbene fu un grande medico, fu colpito da un fulmine e così ascese al cielo; e anche Bacco, dopo che era stato squartato a pezzi; ed Ercole, quando si scaraventò tra le fiamme per fuggire ai suoi travagli; e i figli di Leda, e i Dioscuri; e Perseo, figlio di Danae; e Bellerofonte, che, nonostante nato tra i mortali, ascese al cielo in groppa al cavallo Pegaso. Cosa dirò poi di Ariadne, e di quelli che, al pari di lei, sono state elevate all'altezza delle stelle? E cosa degli imperatori che morirono in mezzo a voi, da voi ritenuti degni di apoteosi, in onore dei quali immaginate uno che giura di aver visto Cesare mentre bruciava ascendere al cielo dalla pira funeraria? E che genere di atti sono ricordati dei cosiddetti figli di Giove, non c'è bisogno di dirlo a coloro che già lo sanno.
(Giustino Martire, Prima Apologia 21)
“Sappi dunque, Trifone, - continuavo nel mio discorso - che colui che è chiamato diavolo ha prodotto delle falsificazioni in modo che circolassero tra i Greci, così come ha operato per mezzo dei maghi egiziani e, al tempo di Elia, dei falsi profeti: tutto questo ha consolidato la mia conoscenza e la mia fede nelle Scritture.
“Infatti, quando affermano che Dioniso è nato come figlio di Zeus dall'unione di quest'ultimo con Semele, e raccontano che ha scoperto la vite, che è stato fatto a pezzi e, morto, è risorto e salito al cielo, e quando nei suoi misteri fanno comparire un asino, non debbo forse pensare che il diavolo ha imitato la profezia del patriarca Giacobbe messa per iscritto da Mosè e qui sopra riportata?
“Quando poi dicono di Eracle che fu forte e girò per tutta la terra, che Zeus lo ebbe da Alcmena e che dopo morto è salito al cielo, non debbo ugualmente pensare che si tratta di una scimmiottatura della Scrittura detta di Cristo:  «Forte come un gigante correrà per la sua strada»
[2] ? E quando il diavolo presenta Asclepio che risuscita i morti e guarisce le altre malattie, non devo dire che anche per questo verso egli imita sempre le profezie relative a Cristo?

(Giustino, Dialogo con Trifone Giudeo, LXIX,1-3)
Non capita tutti i giorni di vedere la testimonianza di un cristiano - e che cristiano: nientemeno che il protocattolico Giustino “Martire”! - riuscire nella mirabile impresa di illustrare nel medesimo istante il meglio del paganesimo e il peggio del cristianesimo, offrendoci evidenza di almeno tre puri e semplici fatti:

1) secondo Giustino, i vangeli, e precisamente proprio i racconti evangelici su tombe vuote e dintorni, sono solo mere storielle al pari delle storielle pagane;

2) secondo Giustino, i pagani erano così tolleranti buontemponi da non prendere affatto sul serio la “verità” di quelle ridicole storielle su dèi ed eroi ecc., almeno non in misura tale da doverla imporre ad altri con la forza;

3) ...e pur tuttavia, apparentemente per via del tutto irrazionale quanto bruscamente stridente coi fatti 1 e 2 (da lui riconosciuti e appena introdotti!) il protocattolico Giustino recide brutalmente ogni possibilità di autentico dialogo coi suoi interlocutori pagani (ma a quel punto sarebbe più giusto chiamarli “contradditori”), dal momento che insiste a spada tratta che le sue storielle su tombe vuote e dintorni sono VERITÀ ASSOLUTA mentre le storielle pagane, pur così simili, pur così innocue, sono INSPIRATE DA SATANA E DAI SUOI DEMONIACI ADEPTI.

Avverto qualcosa di intrinsecamente e moralmente PERVERSO nell'insistenza di Giustino di possedere lui solo la verità, dopo aver egli stesso riconosciuto che tuttavia quella “verità” è davvero simile, per come è letterariamente presentata, alle “menzogne” altrui.

Immagina la scena di un sadico burocrate di un regime totalitario di tua scelta che si siede di fronte ad un dissidente politico e gli sussurra con voce diabolicamente suadente le seguenti agghiaccianti parole:

1) “LE MIE OPINIONI POLITICHE SONO MERE OPINIONI COME LE TUE...”

2) “...E IO SO BENISSIMO CHE TU NON HAI MAI CERCATO DI IMPORRE LE TUE OPINIONI CON LA FORZA...”

3) “CIÒ NONOSTANTE, IO DOVREI UCCIDERTI PERCHÈ TU SEI UN MIO NEMICO PUBBLICO”.

Detto, fatto: quel sadico burocrate porterà la rivoltella all'altezza della tempia del suo dichiarato nemico e premerà il grilletto.

 
Non trovo così azzardato affermare che Giustino si rivolse praticamente così ai pagani in tempi nei quali erano i cristiani ad essere sporadicamente perseguitati e avversati qua e là dai pagani nei territori dell'Impero. Eppure quando i cristiani proto-ortodossi avrebbero conquistato l'Impero romano, non avrebbero esitato a mettere in pratica i loro freddi propositi di intolleranza religiosa anti-pagana la cui velenosa anticipazione era già tutta diabolicamente in nuce nel testo di Giustino “Martire” sopra citato.
Il protocattolicesimo, ovvero quel ramo del cristianesimo sviluppatosi dietro i nomi di Ireneo, Giustino, Tertulliano, era per natura intrinsecamente violento, il frutto marcio e malato del cristianesimo del II secolo. [3]

E per tema che l'incauto lettore di questo blog mi accusi di esagerata ostilità anticristiana in generale ed anti-cattolica in particolare, gli farei notare che io mi sono semplicemente limitato a tradurre nel mio indelicato tono polemico ciò che è nitidamente espresso nelle chiare parole di un recente (nonchè apprezzato da più parti) libro accademico:
...l'apologia non proponeva alcun argomento a favore di quest'affermazione che i due gruppi di storie erano distinguibili mediante la presunta veracità dei racconti cristiani e la falsità degli analoghi racconti classici mediterranei; quest'affermazione di nuovo forniva meramente un'asserzione, tentando di assegnare un'arcaica precedenza alla tradizione giudeocristiana. L'ovvio passo, se questo fosse stato un tentativo di fare un argomento storico, sarebbe stato l'offerta di testimonianza oculare che attestasse la storicità di tali antichi racconti cristiani, un argomento che avrebbe potuto forse apparire irresistibile considerando la prossimità di Giustino alla regione e al tempo dei presunti eventi.
Come è stato indicato nella lettura di 1 Apologia 21, comunque, l'apologia confessò che i due gruppi erano identici in genere (
οὐ . . . καινν τι φέρομεν), proprio il punto che induce l'inchiesta in questione. L'apologia propone semplicemente quello che il logico potrebbe ritenere una genetic fallacy, vale a dire, che i demoni ispirarono gli autori classici nel fabbricare menzogne o fiction che proletticamente imitavano i racconti evangelici cristiani, quindi cercando di prevenire e minare la loro veracità e legittimazione tramite un'apparente associazione generica. Δαμονες, secondo le opere di Giustino, avevano ispirato gli autori letterari classici nel produrre le figure principali della cultura classica.
Il riposizionamento riflette un mutamento sottostante nella proposta modalità dei racconti evangelici, che si muove lungo il continuum da mitografia fittizia verso il fatto storico. Un mutamento del genere corrisponde a bisogni nascenti nel secondo secolo in procinto di caricarsi sui vangeli. Laddove, al principio, storie del genere ebbero successo nella misura in cui erano capaci di appropriarsi, attingere, e confrontarsi alle convenzioni e ai temi della tradizione letteraria classica, per la metà del secondo secolo, i primi cristiani posero le loro mire su un prezzo più alto: una rivoluzione culturale globale del mondo ellenistico romano. Questa pretesa ad un ordine nuovo richiedeva una fondazione di una distinta superiorità, la quale poneva un nuovo peso senza precedenti sui miti eziologici del movimento, cioè, i vangeli. Il fondatore dev'essere meglio di, più vero di, più virtuoso di, di una tradizione più arcaica di, e più profeticamente legittimato, delle stabilite forme culturali classiche. Non più a lungo era sufficiente che Gesù dovesse congiungersi alla lista classica di semidèi come un suggestivo frutto o esempio mediorientale; egli deve ottenere una statura sui generis, mentre nel contempo si condanna tutte le precedenti figure iconiche mediterranee.  

(Richard C. Miller, Resurrection and Reception in Early Christianity, 2015 – Routledge, pag. 4-5, mia libera traduzione)

In un prossimo post riporterò i 77 esempi (!) scovati dal dr. Miller  in tutta l'evidenza pagana a noi preservataci, dove raffiora per ciascuno di essi di nuovo e ancora di nuovo, nella complessità di molteplici forme e tuttavia nella monotona ripetizione del solito ricorrente tropos letterario, il tema della morte apparente dell'eroe (o dio/dea, o semi-dio/semi-dea) di turno, causa da ultimo la sua misteriosa quanto enigmatica scomparsa (e collaterale ascensione nell'aldilà), di cui quella del cadavere di Gesù in Marco costituisce solo il mero, ennesimo esempio in prevedibile sintonia con un tropos letterario ellenistico fin troppo consolidato e diffuso quanto efficace sul mercato religioso.
Passato il sabato, Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e Salome comprarono oli aromatici per andare a ungerlo. Di buon mattino, il primo giorno della settimana, vennero al sepolcro al levare del sole. Dicevano tra loro: «Chi ci farà rotolare via la pietra dall’ingresso del sepolcro?». Alzando lo sguardo, osservarono che la pietra era già stata fatta rotolare, benché fosse molto grande.
Entrate nel sepolcro, videro un giovane, seduto sulla destra, vestito d’una veste bianca, ed ebbero paura. Ma egli disse loro: «Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui. Ecco il luogo dove l’avevano posto. Ma andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro: “Egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto”». Esse uscirono e fuggirono via dal sepolcro, perché erano piene di spavento e di stupore. E non dissero niente a nessuno, perché erano impaurite.

(Marco 16:1-8)
E al termine sorgerà spontanea la domanda: perchè credere alla lettera a quei racconti, perchè credere alla storiella della Tomba Vuota, alla stessa menzione di una Tomba Vuota, quando è Giustino “Martire” in persona a garantirci che si tratta di una storiella in nulla dissimile da quella dei vari miti pagani?

La più semplice risposta al  momento che mi verrebbe in mente è che, se una stessa persona crede ciecamente alla resurrezione di Gesù ma considera la storiella della Tomba Vuota solo una mera storiella, solo un mero abbellimento letterario, allora quella stessa persona ha dell'interesse ideologico nello spacciare tale storiella per verità assoluta a discapito della verità di tutte le altre storielle. Tale fu oggettivamente il caso con Giustino. Ma se quella stessa persona riconosce che la storiella della Tomba Vuota è solo una mera storiella, solo un abbellimento letterario, e come tale, per definizione, qualcosa che fu clamorosamente AGGIUNTO come mera decorazione narrativa ad un “fatto” tanto semplice quanto enigmatico come può essere la “resurrezione di Gesù” — il quale “fatto”, quando creduto in origine, non poteva che essere totalmente spoglio di fittizi abbellimenti letterari posteriori del genere (leggi: nessuna menzione di una Tomba Vuota) — , allora in cosa consisteva davvero quella fede nella “resurrezione di Gesù” prima del sopraggiungere sulla carta di quella decorazione con tanto di voce insistente sulla sua dogmatica “realtà” ?

Rimossa una volta per sempre la menzione della Tomba Vuota come mero artificio decorativo letterario posteriore, ciò che sappiamo, l'oscurità che vediamo, diventa ineluttabilmente parte integrante ed essenziale della poca “luce” che riusciamo a scorgere, a conferma indiretta per una volta almeno che quella “luce” era autentica, e non artificiale, genuina, e non ideologica, anche se solo per coloro che “Dio aveva prescelto” fin dalla nascita, che “Dio ha chiamato mediante la sua grazia” e che a ciascuno dei quali “Dio si compiacque di rivelare il Figlio suo in me” in me” e non a me” — per “annunciarlo tra i pagani” (Galati 1:15-17).

Io sono stanco di udir ripetere che dodici uomini sono stati sufficienti per stabilire il Cristianesimo, ed io ho voglia di provar loro che basta un solo uomo per distruggerlo.
(Voltaire)

Voltaire fu profeta. L'uomo chiamato Paolo è quell'uomo. 

NOTE:
[1] Per quanto riguarda 1 Corinzi 15, ed in particolare il verso 4:
 fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture
 Paolo sta apprendendo della ''sepoltura'' di Gesù dalle stesse Scritture, oltre che mediante la sua rivelazione personale. Così il dr. Miller:
In questo capitolo, Paolo presupponeva la consapevolezza del lettore di più antiche ''testimonianze oculari''  cristiane delle apparizioni postmortem di Gesù. Cioè vale a dire, non si dovrebbe vedere Paolo come l'innovatore di storie del genere; egli meramente s'aggiunge ad una lista corrente di cristiani precedenti da cui tali storie erano già emerse. Paolo impiegò il mito e la sua fusione con la corrente nozione ebraica di un ''Giorno di Resurrezione'' corporale, una tradizione a sua volta di diversa origine, allo scopo di introdurre un breve trattato filosofico sulla natura dei corpi ''risorti''. Notate anche la dichiarata δόξα della riga d'apertura della missiva di Paolo ai cristiani di Galazia (1:5), un linguaggio onorifico di exaltatio che eleva Gesù alla statura di semidio. In aggiunta, si potrebbero osservare numerosi sforzi tesi motivati dalla fede per supportare un principio estremamente antico di questa tradizione, sulla base dei resoconti dei viaggi di Paolo in Gal. 1-2. Colla prevalenza di una mitopoiesi di apoteosi in una regale consecratio, argomenti sulla scorta dell'antichità della tradizione, per quanto speculativi, non risultano essere di alcuna conseguenza per le proposte di questo libro. Invero, parecchie se non la maggior parte delle figure traslate ricevettero l'abbellimento o immediatamente oppure subito dopo le loro rispettive morti. Ciò nonostante, proprio il sottotesto di Gal. 1-2 smentisce ogni serio argomento a favore di una presunta armonizzata ''ortodossia'' o ''ortoprassi'' tra Paolo e la leadership cristiana di Giudea (vale a dire Pietro, Giacomo e Giovanni). Quei due capitoli articolavano come loro punto retorico centrale la sfacciata indipendenza di Paolo e il suo totale disprezzo di qualsiasi autorità tradizionale. Le sue ripetute ''escursioni'' in Giudea per interagire coi cosiddetti pilastri non servivano come qualche forma di legittimazione per Paolo e la sua ideologia. Al contrario, egli cercò di apprendere se le sue interazioni con quelle primitive scuole giudeocristiane fossero degne del suo tempo del tutto. Alla fine, così sembrerebbe, entrambe le fazioni riconobbero di rimanere separate, sotto qualche momento di ostilità reciproca.
(ibid., pag. 195-196, nota 85, mia libera traduzione e mia sottolineatura)
Praticamente il dr. Miller conferma che quelle storie di corpi traslati, sepolcri vuoti, ascensioni in cielo, erano, perfino se fabbricate prestissimo (addirittura eventualmente prima di Paolo), pur sempre posteriori e quindi non facevano parte del mito originario puro e semplice (ovvero la credenza, ottenuta esclusivamente tramite rivelazioni, visioni, sogni, allucinazioni, che un arcangelo celeste di nome Gesù era morto e risorto).

[2] Non si è mai capito a quale particolare 'Scrittura' facesse riferimento Giustino, a ulteriore riprova che esistevano al tempo assai più racconti selvaggiamente mitologici o riferimenti midrashici (rispetto a quelli a noi pervenutici) attorno a Gesù quale poteva essere uno dove di lui si diceva che «Forte come un gigante correrà per la sua strada».


 [3] Questa è l'affermazione fatta dal folle apologeta proto-cattolico Giustino contro l'accusa di ateismo mossagli dai pagani:
Sul fatto che noi non siamo atei (risponderò a ogni accusa) è cosa ancor meno che ridicola confutare coloro che lo affermano.
Giustamente gli ateniesi accusarono Diagora in quanto ateo, chè non solo diffondeva in pubblico la dottrina orfica e rendeva noti i misteri di Eleusi e quelli dei cabiri e fece a pezzi la statua lignea di Eracle per cuocere le rape, ma apertamente dichiarava che Dio non esiste affatto. A noi, però, che distinguiamo Dio dalla materia e dimostriamo che una cosa è la materia e un'altra cosa è Dio e che molta è la differenza (infatti la divinità è ingenerata ed eterna, contemplata dalla sola mente e dalla ragione, mentre se la materia è creata e corruttibile), non è irrazionale che ci attribuiscano il nome di atei?
Se infatti pensassimo le stesse cose di Diagora - mentre siamo obbligati a venerare Dio grazie al buon ordine, all'armonia in ogni cosa, alla grandezza, al colore, alla forma, alla disposizione del mondo - giustamente ci verrebbe attribuita o la fama di non essere uomini pii o il motivo di essere perseguitati. Ma poichè la nostra dottrina sostiene che artefice di ogni cosa è un unico Dio il quale non è stato generato (poichè non si crea ciò che è, ma ciò che non è), ma ha creato ogni cosa per mezzo del Verbo che è da lui, due cose subiamo in modo irrazionale: siamo diffamati e siamo perseguitati.

(Giustino, Apologia 4, mia enfasi)

Giustino, mentre invoca tolleranza per sè, invoca intolleranza contro i veri atei.
Diagora di Melo fu il primo ateo della Storia (intesa come insieme di ricordi). Se fosse rimasto ad Atene sotto l'accusa di ateismo, sarebbe stato costretto a bere pure lui la cicuta.

Quindi nell'universo preferito da Giustino, i pagani e gli islamici avrebbero cittadinanza, ma non gli atei.

per Giustino è giusto che gli atei vengano diffamati e perseguitati.
 
Nota Bene:

Giustino proferì quelle parole in un tempo in cui i dementi cristiani come lui erano perseguitati e lontanissimi dalle leve del potere. 

In altre parole, quel folle apologeta, se fosse vivo oggi, avrebbe tacitamente applaudito alla strage di Charlie Hebdo.

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