domenica 13 settembre 2015

“Il più venerabile degli angeli” — il “Gesù” di Filone di Alessandria

IMITAZIONE: La religione cristiana ci ordina di imitare il dio che adoriamo. Da ciò si deduce che dobbiamo tendere tranelli agli uomini, punirli per esserci cascati, sterminare gli infedeli, annegare o bruciare i peccatori; infine farci mettere in croce, per assomigliare al nostro modello divino.
(Il Libero Pensatore Paul Heinrich Dietrich, barone d'Holbach, La théologie portative, 1768)



Così scriveva Filone:
Stando a quanto sostiene la Scrittura, quelli che si sono associati allo scopo di commettere ingiustizie, «muovendo da levante trovarono una pianura nella terra di Sennaar e qui fissarono la loro dimora». Questa espressione ha un significato quanto mai profondo. Il “levante”, in relazione all'anima, può essere di due generi; l'uno di senso positivo e l'altro negativo. Si ha il “levante” in senso positivo quando lo splendore della virtù si leva come i raggi del sole; invece, sia ha il levante in senso negativo quando le virtù vanno oscurandosi e si levano i vizi. Un esempio del primo genere di levante potrebbe dedursi da questo passo della Bibbia: «E Dio piantò un giardino in Eden, a levante» (Gen 2:8). Certo, non un giardino di piante terrestri, ma di virtù celesti, che il Piantatore ha fatto sorgere dalla Sua luce incorporea, perchè fossero per sempre inestinguibili. Ho udito uno dei discepoli di Mosè uscire nella seguente esclamazione: «Ecco l'uomo il cui nome è levante» (Zac. 6, 12). Indubbiamente una ben strana affermazione, se la si riferisce a un uomo fatto d'anima e corpo. Ma quand'essa venga riferita a quell'essere incorporeo che è del tutto simile all'immagine di Dio, allora bisognerà riconoscere che il nome di levante gli è attribuito in modo del tutto pertinente. E d'altra parte il Padre dell'universo “ha fatto levare” proprio questo figlio, il più anziano —il quale peraltro, altrove è detto anche «primogenito» (Zac. 12, 10)—che, appena nato, seguendo le orme del Padre e guardando ai Suoi paradigmi archetipi, ha dato la forma appropriata ad ogni genere di realtà.
(Filone di Alessandria, La confusione delle lingue, 14:60-63)


Rileggendo questo passo, andare a leggere il passo di Zaccaria riferito da Filone dov'è presente il nome al quale si riferisce,[1] e trovarvi scritto “Gesù” sembra una coincidenza che ha dell'incredibile, al punto tale da non poterla mai più considerare una banalissima coincidenza.

Esistono quindi tre possibilità:

1) Filone fu il primo a chiamare “Gesù” il suo Logos.
2) Filone imitò i primi cristiani che già chiamavano prima di lui “Gesù” un'entità celeste.
3) Filone era al corrente, al pari dei cristiani ma indipendentemente dai cristiani, di una antica tradizione marginale ebraica che chiamava “Gesù” un'entità celeste.


L'ipotesi 2 è sicuramente la più improbabile di tutte: Filone non nomina da nessuna parte un'ipotetico Gesù storico, tantomeno nomina un predicatore di “Cristo Gesù” da qualche parte, tantomeno nomina un ipotetico Paolo storico. Quindi mi sento di scartare a priori l'ipotesi 2.

Il geniale Richard Carrier, che ha scoperto per prima questa “coincidenza-troppo-improbabile-per-essere-tale”, [2] ha scommesso ad occhi chiusi sull'ipotesi 3, dal momento che, assumendo l'esistenza di cristiani nel I secolo e prima del 70 E.C., lui non immagina credibile la possibilità che i primi cristiani, i cosiddetti “Pilastri” di Gerusalemme (come li chiama Paolo in Galati 2), avessero mutuato da Filone l'idea di chiamare “Gesù” il loro arcangelo celeste esperito tramite sogni, allucinazioni e visioni. Se agivano in modo quasi contemporaneo, ragiona giustamente il dr.Carrier, com'era possibile che, mentre Filone chiamava “Gesù” il suo ineffabile Logos, nello stesso tempo (sic) i cristiani chiamavano “Gesù” il loro arcangelo celeste? Come avrebbero fatto a passarsi la palla agendo così in contemporanea?

Per semplice esclusione, il dr. Carrier opta per l'ipotesi 3: sia Filone sia i primi cristiani stavano attingendo, indipendentemente l'uno dagli altri, da una precedente tradizione ebraica marginale comune.

Sembrerebbe una scelta ragionevole, ma solo a condizione di accettare i primi cristiani già in azione prima del 70 E.C., a Gerusalemme e/o in Galilea, nei primi anni dell'Era Comune.

Ma si tratta di una scelta che va incontro a due problemi.

Il primo problema lo denuncia il miticista Stephan Huller: non esiste, in tutta l'angeleologia ebraica, nessun angelo o arcangelo di nome “Gesù”/“Giosuè”. Motivo per cui lo stesso Huller intende scommettere sull'evoluzione di un certo angelo “Isus” (o qualcosa del genere)—quello sì presente nel pantheon ebraico— nel “Gesù” dei primi cristiani, facendo leva, tra l'“evidenza” da lui portata, sul fatto che i marcioniti del terzo (!) secolo hanno lasciato un'iscrizione dedicata a “Isus Chrestos” e sul fatto che i musulmani chiamano il loro “Gesù” col nome di
ʿĪsā. Mentre io seguo Stephan nella totale assenza di “Gesù” nell'ancestrale angeleologia ebraica, tuttavia non lo seguo affatto laddove pretende di far passare per ebrei i gentili marcioniti.
il secondo problema è che i miticisti del secolo scorso che hanno preteso l'esistenza di un ancestrale e oscuro culto di Giosuè” nel passato ebraico precristiano hanno sempre fallito di suonare convincenti per mancanza di evidenza.
 
Come risolvere allora l'enigma suscitato da Filone di Alessandria col suo Logos di nome “Gesù”?


Penso che tutte le tessere del puzzle, more solito, si rimettano al loro posto non appena si considera, come ho insistito più volte, che il cristianesimo ha origine dopo il 70 E.C., che prima di quella data non esisteva nessun cristiano, nessun “giudeocristiano”, nessun “Gesù di Nazaret.”

Dove sarebbe allora l'evidenza che Filone fu il primo a chiamare “Gesù” il suo divino Logos metafisico?

Nello stesso Filone.

Il quale così scrive:
E se anche ci fosse qualcuno che non è ancora degno d'essere chiamato “Figlio di Dio”, si affretti a mettersi in sintonia con il Suo primogenito, il Logos, il più venerabile degli angeli, potremmo dire l'Arcangelo. A questo Logos si attribuiscono molti nomi, secondo che sia chiamato “principio”, “nome di Dio”, “Logos”, “uomo a immagine”, oppure “il Veggente”, ossia Israele. Per questo motivo poco prima mi sono lasciato andare a una lode della virtù di coloro che affermano «Siamo tutti figli di un solo uomo» (Gen. 42.11); e, infatti, se non siamo ancora degni di essere chiamati “figli di Dio”, almeno cerchiamo di essere figli della Sua immagine ideale: il santissimo Logos. In verità, l'immagine di Dio è il Logos, la più venerabile delle creature. In molti passi della Legge costoro sono chiamati anche in un altro modo e cioè “figli di Israele, il Veggente”. Questo appellativo equivale a “coloro che ascoltano”, dal momento che l'udito è degno del secondo posto dopo la vista e l'apprendere è comunque una condizione di secondaria importanza rispetto all'accogliere, senza bisogno di insegnamento, le chiare impronte degli oggetti.
(Filone di Alessandria, La confusione delle lingue, 28:146-148)

Evidentemente Filone, quando dice che “a questo Logos si attribuiscono molti nomi” non sta attingendo da nessuna tradizione precedente (che non sia la semplice lettura personale della Torah) riguardo presunti angeli chiamati rispettivamente con quei nomi che lui seguita a recitare: “principio”, “nome di Dio”, “Logos”, “uomo a immagine”, oppure “il Veggente”. E se non ricorre a tradizioni precedenti nell'attribuzione di quelli appellativi, perciò anche nel caso specifico di “Gesù” è lui, Filone, il primo nella Storia ad attribuire quel nome alla sua “immagine di Dio”, il “Logos, la più venerabile delle creature”, il “più venerabile degli angeli, potremmo dire l'Arcangelo”.

E che questo “Arcangelo” venisse poi appellato “Figlio di Davide” nell'interpolazione proto-cattolica di Romani 1:3 (non presente nell'Apostolikon di Marcione), è assolutamente coerente alle stesse parole di Filone quando seguita a dire poco dopo:
Sono colpito anche dalle profezie esposte nei libri dei Re, stando alle quali coloro che sono vissuti molte generazioni dopo Davide e che sono ormai nel fiore degli anni sono chiamati, senza timore di cadere nel ridicolo, “figli di Davide”, colui che eleva inni a Dio (3 Re 15,11; 4 Re 18,3). E si noti che forse neppure i loro bisnonni potevano essere contemporanei di Davide; ma qui si tratta della nascita di anime rese immortali dalla virtù e non della genesi di corpi corruttibili. Si dà il caso, infatti, che questa generazione sia attribuita a coloro che primeggiano nel campo della perfetta virtù, quasi fossero genitori e padri.
(Filone di Alessandria, La confusione delle lingue, 28:146-148)

Se l'Arcangelo “Gesù” di Filone primeggia “assolutamente nel campo della perfetta virtù”, allora assurge di diritto al titolo di “figlio di Davide” per antonomasia, se non esplicitamente per Filone, almeno per l'interpolatore proto-cattolico di Romani 1:3 che alla logica di Filone si ispirò.

Coloro, come quell'idiota del folle apologeta cattolico Gianluigi Bastia, che mancano di riconoscere che il Gesù delle lettere è lo stesso Gesù “Arcangelo” di Filone (allegorizzato dietro il “Gesù” sommo sacerdote di Zaccaria e il successore di Mosè) non giungeranno mai ad una piena comprensione delle origini del cristianesimo, che cominciano probabilmente con la stessa allegorizzazione delle scritture praticata ad Alessandria e/o ad Antiochia — e per niente affatto a Gerusalemme.

Quindi tutti gli essenziali concetti teologici che saranno utilizzati da alcuni ebrei dopo la Caduta del Tempio nel 70 E.C. per dare origine al mito cristiano erano già presenti in forma embrionale nel pensiero allegorico di Filone di Alessandria.

Resta ancora da vedere perchè emerse in primo luogo, dopo quel tempo, l'intima necessità spirituale di dare un volto personale — assieme ad un'intera Non-Vita sulla Terra — a “Gesù”, “il più venerabile degli angeli”.



[1]   Ricorda che nel greco della Septuaginta Gesù e Giosuè si rendono con lo stesso nome: Ιησους
Prendi l'argento e l'oro, fanne una corona e mettila sul capo di Gesù, figlio di Jehotsadak, il sommo sacerdote.
Quindi parla a lui, dicendo: Cosa dice l'Eterno degli eserciti: Ecco, l'uomo, il cui nome è il Germoglio. Germoglierà nel suo luogo e costruirà il tempio dell'Eterno.
(Zaccaria 6:11-12)
 [2]  Si veda Richard Carrier, On the Historicity of Jesus, pag. 203-204.
In particolare laddove dice:
Paolo identifica il suo Gesù con tutti gli stessi attributi (tranne il dettaglio del suo essere sommo sacerdote, che troviamo in Ebrei), che è una coincidenza davvero improbabile: a due uomini cosmici di nome Gesù sono attribuiti tutti gli stessi insoliti attributi; e due di quegli attributi (filiazione e sommo sacerdozio) sono dichiarati nella stessa frase di Zaccaria da cui cita Filone, una citazione di un uomo che lo stesso Filone poi collega al personale concetto di Filone del figlio primogenito di Dio e sommo sacerdote, un'altra improbabile coincidenza a meno che Filone (o la sua fonte) fosse ben consapevole del resto della frase e ne tenesse conto nella sua interpretazione. Filone fa anche uso dello stesso gioco di parole (tra il sostantivo e la forma verbale di anatolē) nella sua interpretazione (o della sua fonte) su cui gioca la frase di Zaccaria. In verità, dovrebbe essere assurdo suggerire che Filone, un biblista assai erudito, non avesse mai letto Zaccaria e quindi non conoscesse il contenuto residuo di questo passo, o da dove proveniva perfino la riga. Così possiamo concludere con sicurezza che Filone (o la sua fonte) fosse a conoscenza del fatto che questo cosmico figlio primogenito  è stato chiamato Gesù. Perché negarlo (non importa con quale scusa) richiede l'affermazione di una serie di coincidenze improbabili, mentre affermarlo no.
 (liberamente tradotto da pag.203-204, mia enfasi, corsivo originale)

mercoledì 2 settembre 2015

Falsi Testimoni: nessun Gesù e nessun cristianesimo prima del 70 E.C.



Un Cantico Per Paolo


Perché sei nato al cader della neve?
Dovevi arrivare al richiamo del cuculo,
o quando verdeggiano i grappoli d'uva
o quando sinuose le rondini si radunano
per volare lontano
dall'estate che muore.

Perchè sei morto al tosare del gregge?
Dovevi morire al cader delle mele
al tempo funesto per le cavallette
quando i campi di grano son stoppie inzuppate
e del vento corre il sospiro
per la morte di ogni dolcezza.


Christina G. Rossetti, Lamento funebre

«E la volpe ingannatrice che va a finire nelle trappole ben occultate, non dimostra forse di essere un animale senza utilità alcuna, anzi odioso per le sue ruberie, degne di disprezzo per la sua dappocaggine, perché, mentre tende agguati all'incolumità altrui, perde incautamente la propria?»
(Sant'Ambrogio, Exameron. Commento ai sei giorni della creazione, VI, 12)

Quando ho letto la prima volta la traduzione inglese di Analyse des origines chrétiennes (“Analisi delle origini cristiane”) di Georges Ory fatta da un certo “tenorikuma”, sono rimasto letteralmente entusiasta e sconcertato da un fatto che avevo davvero trascurato: preso com'ero nella foga anti-apologetica dall'enfatizzare l'assenza di credibile evidenza storica della storicità di Gesù nel I secolo EC, in realtà non mi ero neppure accorto che mancava evidenza credibile dello stesso cristianesimo anteriore al 70 EC!

Ma ora che mi sono convinto definitivamente che:
allora la conclusione finale è proprio quella di Georges Ory: non è mai esistito nessun Gesù, nessun cristianesimo, nessun giudeo-cristianesimo, prima del 70 EC in Israele...

....“E fuori di Israele”: aggiungerei io contro lo stesso Georges Ory (che ancora postula un cristianesimo misterico pagano nel mondo gentile prima del 70 EC). Difatti, per quanto sono ora convinto che l'originario  movimento cristiano nasce solo DOPO il 70 EC, non per questo rinuncio alla mia forte convinzione delle origini esclusivamene ebraiche di tale movimento, cogliendo anche l'occasione per rinnovare i miei insulti a tutti coloro (compreso lo stesso Ory) che figurano origini pagane/gnostiche per il cristianesimo sulla scorta di Freke & Gandhy, di Acharya, di Tom Harpur, di Pier Tulip e di tanti altri, considerevoli sognatori/idioti della medesima specie.

Le conclusioni di cui sopra significano dunque che il tradizionale calendario cristiano fatto risalire PRIMA della distruzione del Tempio di Gerusalemme (70 E.C.), per quanto possa dispiacere ai miei lettori accettare la mia prospettiva, dev'essere necessariamente rimosso: non ci fu nessun evento circa Gesù, nessun cristiano, nessuna chiesa di Gerusalemme prima della graduale formazione del primo vangelo.
 L'assenza completa di ogni conferma extra-biblica degli eventi evangelici e degli attori cristiani principali proprio durante il periodo assegnato loro dai vangeli è totalmente attesa su questa prospettiva. Flavio Giuseppe, di solito così prolifico nelle sue Antichità dei Giudei e Guerra dei Giudei (al punto da menzionare perfino il folle profeta Gesù ben Anania e un sedicente mago samaritano come Simone detto Atomo) è completamente silenzioso su Gesù e su tutti i suoi discepoli, per non dire sugli eventi miracolosi ad essi associati. Contrariamente a quel che si crede quando si leggono i vangeli, le lettere o gli Atti, quei personaggi non sono mai esistiti prima e durante il Disastro del 70 (salvo Giovanni il Battista, che notoriamente non era mai stato cristiano). 
Anche gli eventi cristiani a Roma vanno inevitabilmente rivisti: nessun “Paolo” morì martire sotto Nerone nel 64 EC, tantomeno nessuna chiesa primitiva fondata da “Pietro” esisteva a Roma durante quel periodo. Quando non si attribuiscono più a nessun “Paolo storico” le sue lettere, diventa subito chiaro che chiunque predicò Gesù al di fuori di Israele (fosse stato perfino un genuino “Paolo storico”, non è più dato saperlo) inevitabilmente cominciò a farlo soltanto DOPO la comparsa del primo vangelo — per di più: in forma solo orale —, non prima.
Perciò non ci fu nessuna “chiesa di Gerusalemme”, nessun'antica chiesa romana, e nessun martirio sotto Nerone. E comprensibilmente nessun testimone extrabiblico, a parte inventati (quanto banali) falsi testimoni.

Offro innanzitutto la traduzione della parte di Ory che evidenzia davvero bene proprio quest'aspetto che mi trova assolutamente concorde. Gli omissis riguardano le parti che scarto volentieri perchè relative alle concezioni errate di Georges Ory (che io non condivido affatto).
 
I. Il cristianesimo proveniva da Gerusalemme?
È stato a lungo creduto che Gerusalemme fu la culla del cristianesimo. È lì che Gesù Cristo sarebbe stato crocifisso; è da lì che gli apostoli sarebbero partiti ad evangelizzare il mondo pagano. Questa affermazione si basa esclusivamente su testi cristiani che furono scritti due o tre generazioni dopo gli eventi che sostengono di descrivere, e che sono giunti a noi
notevolmente modificati grazie ad alcuni manoscritti del IV secolo.
Ciò equivale a sostenere che il cristianesimo è nato a Gerusalemme del I secolo AD, perchè copisti (dal IV secolo) di manoscritti (dal II secolo), che erano in natura religiosi, non storici, attestano ciò. Non è una petizione di principio, vale a dire un argomento circolare, dimostrare qualcosa d'incerto con qualcos'altro altrettanto incerto?
Più il tempo passa, e con esso la nostra lettura e la ricerca,  più scettici dobbiamo diventare per quanto riguarda la prima chiesa cristiana di Gerusalemme, che sarebbe stata la madre delle altre comunità cristiane.
Noi abbiamo cominciato a realizzare che non c'era il cristianesimo, strettamente parlando, prima della caduta del Tempio nel 70. Certo, esistevano, in Giudea, ai margini della religione ufficiale, gruppi di messianisti, apocalittici, gnostici (prima della comparsa del nome nel II secolo), e culti misterici, ma le persone che costituivano quei gruppi non erano ancora i cristiani, anche se non erano ortodossi ebrei [Per non parlare degli ebrei della diaspora.]

Il termine “cristiano” risale agli anni 145-150.
Il termine “cristiano” non appariva nei manoscritti fino al secondo secolo, intorno al 145-150, con Giustino, Atenagora, e Teofilo. Ciò che complica la situazione è che il termine è stato applicato retroattivamente ad alcune sette ebraiche precedenti i cui discendenti erano riuniti in comunità che sarebbero andati a formare la grande Chiesa; quello che abbiamo è un'usurpazione storica, un pio anacronismo molto simile, se dovessimo parlare di truppe “francesi” che hanno combattuto sotto Clodoveo.
I cosiddetti cristiani che erano sorvegliati, banditi, e talvolta condannati da parte di Roma durante il primo secolo AD e parte del secondo, non erano cristiani, ma erano fanatici ebrei che annunciavano la fine del mondo, e quindi di Roma, e che pretesero di accelerare questo fine, sia ribellandosi attraverso i Messia che produssero, sia conducendo una campagna di sinistre predizioni, minacce, e perfino attacchi contro l'Impero romano.
Quando si ripete, in base a un'opinione diffusa, che i cristiani erano stati inizialmente confusi con gli ebrei, questa affermazione è dettata solo dalla convinzione che i primi cristiani erano ebrei palestinesi, e che apparsero intorno all'anno 30 AD. Senza rendersene conto, si sta modellando la Storia per adattarla a un'ipotesi che, anche se può meritare rispetto per via della sua età, probabilmente può essere abbandonata senza alcun disagio da coloro che non sono motivati da interessi personali. In realtà, quando i romani parlano degli ebrei nel primo secolo, non dobbiamo far dire loro qualcosa di diverso da quello che effettivamente dicono; si riferiscono a ebrei, non a cristiani.

[...]

Se la Chiesa di Gerusalemme fosse esistita fin dall'inizio del cristianesimo, e se avesse giocato il ruolo guida che gli è stata attribuita, avrebbe necessariamente  inviato direttive ad altre comunità cristiane, non importa se in greco, ebraico o aramaico. Come si spiega il motivo per cui queste lettere non sono state salvate, mentre quelle di Paolo e altre meno importanti non lo furono?
Perché non erano neppure menzionate o riferite dai Padri della Chiesa? Perché i copisti e gli editori secondari delle sacre scritture (se erano esperti di interpolazioni e di scrittura di false epistole) non sentivano la necessità di attribuire i loro scritti a Giacomo, a Pietro o alla Chiesa stessa e di lasciare tali raccolte di documenti in eredità così da stabilire la loro importanza e autorità? Se nessuno di quei documenti, veri o falsi, ci hanno raggiunto, non sarebbe perché non ci fu nessuna chiesa cristiana di Gerusalemme, e gli scribi (intorno all'anno 100) non avevano ancora il sospetto che ci fosse mai stata una?
Un'altra sorpresa: non esiste alcuna attestazione ebraica della chiesa cristiana del primo secolo, che è altrettanto ignorata dai contemporanei pagani. Questo silenzio è ancora più grave del silenzio riguardo a Cristo, poiché non vi è assolutamente alcuna spiegazione per esso.

[...]

In realtà, nessuno intorno all'anno 110 avrebbe avuto alcun ricordo di sorta di fatti storici avvenuti in Palestina intorno all'anno 30. Possiamo essere abbastanza certi che gli apologeti dell'XI secolo non ne sapessero più di noi su questo argomento, e che le loro fonti di informazione erano le stesse che abbiamo oggi a nostra disposizione.

La caduta di Gerusalemme è ignorata dal Nuovo Testamento.
D'altra parte, la guerra e la distruzione di Gerusalemme nel 70 - fatti di rilievo, non solo per gli ebrei, ma anche per i cristiani, se esistettero - non sono menzionati affatto nel Nuovo Testamento. Sarebbe stato degno di nota o che un certo numero dei cristiani fosse sfuggito al disastro, oppure che la maggior parte di loro fosse stata sterminata. Così, un evento così importante per la storia della Chiesa cristiana nascente, quindi degno di essere richiamato alla memoria degli uomini, è assente dai nostri documenti. Nessun scrittura ci ha trasmesso il destino di questa Chiesa sulla caduta del Tempio.
Eusebio, che ha scritto tra il 300 e 340, ci riferisce nella sua Storia Ecclesiastica (III. 5.3) che i cristiani lasciarono la Palestina all'incirca nell'anno 66 e si diressero a Perea in vista dell'arrivo dell'esercito romano e allo scopo di sfuggire alla calamità della guerra. Questa fuga è dovuta, presumibilmente, ad un oracolo rivelato ai capi di Gerusalemme, avvertendo loro di andare a Pella. Di conseguenza, ci viene detto che tutti i cristiani abbandonarono completamente Gerusalemme e la  Giudea allo scopo di andare “a Pella”. Abbiamo qui un'ammissione che questi “cristiani” sarebbero stati molto pochi di numero, visto che tutti si rifugiarono a Pella; non sarebbe quindi stato un esodo importante, ma piuttosto la partenza di una setta che non era necessariamente giudaico-cristiana, ma che fu in grado di essere descritta come cristiana duecentocinquanta anni più tardi.
Inoltre, Pella di Perea, una delle città della Decapoli, era di origine  e cultura greca; è difficile immaginare che i cristiani ebrei avrebbero scelto una città così. In seguito, secondo Epifanio, sarebbero tornati a Gerusalemme, ed Eusebio ci informa che al tempo di Adriano, la Chiesa di Aelia (la ricostruita e ripopolata Gerusalemme) era composto da pagani. Non vi è alcuna indicazione di questi cristiani di Pella alla fine del primo secolo o nel corso del secondo secolo; se essi si stabilirono a Gerusalemme (Aelia Capitolina) dopo il 132, tutto fa pensare che fossero “ellenisti” in natura, e, a dispetto di Eusebio, che potrebbe essere stato sbagliato in buona fede, non vi è alcuna prova che in precedenza vivessero a Gerusalemme; forti ragioni (troppo numerose per descriverle qui) ci permettono di considerare la fuga dei cristiani ebrei a Pella come impossible.
In ogni caso, non sentiamo della Chiesa di Gerusalemme prima del 70; essa non prese parte alla vita e alle preoccupazioni del cristianesimo; tutto è accaduto come se nessuno sapesse che fosse esistita dopo tale data.


Una sconosciuta e inspiegabile  “rapida mutazione”
Questo fenomeno straordinario immerge un certo numero di storici in una perplessità che non possono nascondere, nonostante le “spiegazioni” che forniscono. Così, nel recente lavoro, possiamo trovare l'ammissione involontaria del caos con cui devono vedersela coloro che affermano come un dogma un cristianesimo gerosolomitano prima della caduta della città: Gerusalemme assediata cadde nell'estate del 70. Il Tempio bruciato fu ridotto a parte di un muro, la città ad un semplice villaggio. I sopravvissuti furono venduti come schiavi o furono esiliati; l'ebraismo sopravvisse solo nelle sinagoghe della diaspora. Questo colpo contro il giudaismo ebbe ripercussioni per i  cristiani ebrei ... Iniziò una nuova era per il cristianesimo, che da questo punto in poi voltò le spalle completamente alle sue origini ebraiche e si sviluppò solo all'interno di un ambiente gentile.
Sottolineiamo le ultime due affermazioni che mostrano come casualmente si possa scrivere la storia.
Nulla ci permette di affermare che la caduta di Gerusalemme causò un danno verso preesistenti cristiani ebrei; nessuno ne sa nulla a proposito. Per quanto riguarda il fatto di un capovolgimento totale del cristianesimo dall'essere ebraico come lo era stato in origine all'essere essenzialmente gentile, è prudente rimanere scettici al riguardo. Le mutazioni così rapide in materia di religione, e così fondamentali in quanto riguardano le origini stesse della fede, sono rare se si sono verificate davvero; in ogni caso, un tale evento meriterebbe uno studio serio e chiarimenti accettabili.
Questo fatto non è sfuggito a Marcel Simon, che ha appena ripubblicato un libro breve, Les Premiers chrétiens (che appare nella collezione “Que Sais-je?”). Ecco cosa dice a questo proposito:
Originatosi in Palestina, dalla predicazione di un ebreo, i cui primi discepoli erano anche ebrei, e che si rivolgeva gli ebrei, il cristianesimo procede in linea diretta dall'ebraismo. Tuttavia, ben presto lasciò lo scenario ebraico in cui era originariamente limitato. Fin dalla prima generazione, il messaggio cristiano fu proclamato a gentili, che l'accolsero con più entusiasmo di Israele ... è nel mondo greco-romano che stabilì un punto d'appoggio e crebbe ...
Questa setta palestinese, oscura nella migliore delle ipotesi, si sviluppò in questo periodo in una religione universale ... La documentazione che abbiamo a nostra disposizione per far luce su questo problema è molto limitata e singolarmente difficile da utilizzare. La cronologia (dei vangeli) è molto controversa; tutti e quattro sembrano essere stati scritti nella forma attuale dopo il 70 ... Ma gli elementi della tradizione che essi contengono, tradizione orale per neofiti, risalgono a molto prima del 70. Interpretati con cautela, possono fornire informazioni indirette sulle comunità che li produsse...
Così, sarebbe sulla base di alcuni documenti religiosi la cui interpretazione richiede cautela che noi veniamo ad essere indirettamente informati sullo sviluppo anormale della nuova religione.
Quelle precauzioni stilistiche si riducono a nulla e saranno persuasive solo ai credenti.

[...]

La Chiesa di Gerusalemme è una creazione artificiale secondaria.
Questi sforzi patetici, evidenti, goffi, e contraddittori per individuare le origini cristiane in Palestina e per tentare, senza successo, di creare un'immagine del primo “governo” della Chiesa di Gerusalemme mostrano in realtà che gli scrittori del Nuovo Testamento non avevano nessun'informazione su questa materia a loro disposizione.
Quando leggiamo gli Atti degli Apostoli, la raffigurazione di Gerusalemme come centro di attività degli apostoli sembra essere davvero artificiale. Dopo la resurrezione, gli apostoli prendono rifugio permanente all'interno della città; non la lasciano mai, se non per farvi ritorno; senza di loro, Gerusalemme cessa di essere il centro della Chiesa. Diventa di nuovo il centro in occasione del famoso consiglio di Atti 15, ma quella è l'ultima volta. D'ora in poi, non è più la Chiesa di Gerusalemme che manda i rappresentanti a sorvegliare l'espansione del cristianesimo come lo era stato fino ad allora (At 8,14, 9.32, 11.22, 15.1, 15.30); è Paolo che visiterà le chiese ogni qualvolta lo ritenga necessario, ed è Paolo che scrive per loro.

[...]

La ricerca del primo “Papa”
Secondo Eusebio, “si dice” che a Giacomo succedette come vescovo  Simeone, figlio di Cleofa e cugino del Signore — una tradizione che fu iniziata al fine di stabilire una stirpe legittima dei vescovi di Gerusalemme, ma è senza dubbio fantasiosa. Il Sommo Sacerdote di Gerusalemme non avrebbe certamente tollerato l'esistenza, di fronte al Tempio, di una serie di pontefici appartenenti ad una setta eretica; questa setta non era cristiana e non condusse le sue attività a Gerusalemme.
Eusebio poi ci dice che i due nipoti di Giuda, fratello del Signore, furono consegnati di fronte a Domiziano (intorno al 90), che li giudicò  semplici innocui contadini e permise loro di tornarsene liberi. Tornando al loro paese, questi uomini umili avrebbero guidato “tutta la Chiesa”, sia come martiri che come parenti del Signore, fino al tempo di Traiano (98-117).
Naturalmente, questa è una favola che duplica quanto riportato circa  Simeone che era anch'egli di stirpe di Davide e successore di Giacomo come vescovo di Gerusalemme, e che fu martirizzato all'età di 120 intorno all'anno 107. Egli fu presumibilmente denunciato come un “cristiano” da discendenti di Davide, che furono poi condannati a loro volta. Un normale epilogo di una doppia leggenda basata su presupposti errati.
Eusebio si addentra ancora di più nella fantasia; produce una lista di  presunti vescovi di Gerusalemme divisi in due gruppi, il primo composto da quindici nomi fino al tempo di Adriano, tutti ebrei, e la seconda che parte dopo il 134 (Gerusalemme divenuta intanto Aelia Capitolina) e composta solo da vescovi non circoncisi, il primo dei quali era un certo Marco.
Possiamo osservare per inciso che, se si escludono Giacomo e Simeone dalla lista, ci sono tredici vescovi tra il tempo di Traiano e la caduta di Gerusalemme, cioè venti anni. Questo non è assolutamente impossibile, ma è sorprendente, poiché questo rapido tasso di sostituzione è inusuale.
La lista di Eusebio è unanimemente considerata priva di valore. Pertanto, è necessario chiedersi che tipo di rapporto avrebbe potuto esistere tra i primi vescovi di Gerusalemme, che discendono da Davide attraverso la famiglia di Gesù e quelli di Roma che, almeno in teoria, ricevettero la loro “autorità” da San Pietro, che prese la sua da Cristo.
Né vi è alcun bisogno di chiedersi perché Domiziano, che si suppone aver fatto comparire davanti a lui i leader davidici dei cristiani di Gerusalemme, non avrebbe sottoposto a interrogatorio il vescovo di Roma, il loro corrispondente nella città eterna. Cioè, a meno che la persecuzione del 95-96 a Roma diretta contro tutti coloro che vivevano come ebrei corrisponda alle nostre ipotesi, nient'altro ci permette di dire che qualsiasi leader “cristiano“ morì in quella occasione; l'incidente coinvolse solo gli ebrei.
Certo, sappiamo i nomi dei presunti vescovi di Roma, ma, poiché è noto che quelli sotto Domiziano potrebbero essere stati chiamati Evaristo, Alessandro, e Sisto, e che non abbiamo informazioni su questi “candidati” al pontificato storico, potrebbe essere meglio ammettere la nostra ignoranza e non aggiungere fatti immaginari ad una storia che, nonostante la sua inadeguatezza, è già abbondantemente infarcita.
Tuttavia, possiamo evidenziare un evento nel 134, la costituzione nella  Gerusalemme gentile (Aelia Capitolina) di una comunità cristiana impegnata in pratiche ebraiche — se questo evento prese effettivamente luogo. La maggior parte degli autori contemporanei ammettono che questa comunità era formata da cristiani di Pella, ma, come abbiamo appena visto, quella non è altro che una possibilità remota. Renan e mons Duchesne pensano che non c'era nient'altro in città che l'accampamento della Decima Legione Fretensis.

Le prime comunità erano create al di fuori della Giudea.
Le prime chiese si trovavano a Damasco, ad Antiochia, a Creta, e in Libia. Le epistole di Paolo sono rivolte ai cristiani di Corinto, Galazia, e Roma. Sappiamo che esistevano cristiani a Cencrea, Efeso, Kyrenia, ecc. Non sono mai esistite lettere inviate ai “santi” di Cafarnao, Corazin, Betsaida, Nazaret, o perfino di Gerusalemme e della Giudea.
I primi propagandisti non erano gli amici, compagni o discepoli di un profeta di nome Gesù; si chiamavano Paolo di Tarso, Anania di Damasco, Apollo di Alessandria, Aquila e Priscilla di Roma, Barnaba di Cipro, Stefano primo martire, il diacono Filippo ...
Era nella Diaspora, piuttosto che in Palestina che la missione cristiana si fece strada.
Ignazio conosceva le chiese di Magnesia, Tralle, Philadelphia, e Smirne.
Infine, notiamo che le sette Chiese nominate nell'Apocalisse (Efeso, Smirne, Pergamo, Tiatira, Sardi, Filadelfia e Laodicea), non sono quelle di Atti o delle epistole, e che Gerusalemme non è menzionata.
Non è impossibile che una setta religiosa fu perseguitata dagli ebrei a Gerusalemme ai tempi di Pilato, ma bisogna ammettere che questa setta si era già estesa in tutto l'Oriente. A Gerusalemme stessa, vi era una divisione di fatto tra le persone che parlavano l'aramaico o “caldeo” e la classe sacerdotale dedita alla lingua ebraica. L'elemento ebraico in Galilea, Perea, e Decapoli fu travolto dai gentili; Samaria è quasi interamente “simoniana”. E va sottolineato che durante il tempo di San Girolamo (vale a dire intorno all'anno 400), c'erano ancora pagani ad adorare Tammuz nella grotta di Betlemme che fu in seguito trasformata nel luogo di nascita di Gesù, che era stato fatto nascere in precedenza a Nazaret.
Non è escluso che in Giudea, come altrove, persone che praticavano una “religione misterica”  fossero un pò maltrattate, ma non sappiamo abbastanza sotto questa ipotesi per affermare che vi erano già cristiani entro l'anno 30 della nostra era, se questa data corrisponde alla morte di un Messia ebreo.

Difficoltà geografiche
Se passiamo dalla storia ad esaminare la geografia, vediamo che i dati forniti dagli evangelisti per quanto riguarda Gerusalemme e Palestina pongono seri problemi topografici. È utile, per esempio, ricordare che il sito del Golgota non fu identificato fino all'anno 326, e che la sua scoperta fu fatta in condizioni che portano puzza di inganno. L'intento principale era quello di cristianizzare un luogo di culto che era precedentemente consacrato a Venere, e proclamare che era il luogo della tomba di Cristo.
Nel quarto secolo, si è verificato un evento inspiegabile. I cristiani spostarono Sion (la città di Davide) dalla parte inferiore (est) per la città alta (ovest). Allo stesso modo, il Cenacolo, prima di essere posto a Sion, era stato a lungo situato sul Monte degli Ulivi. Più tardi, la Tomba di Davide è stata ricollocata a Betlemme.
Il primo pellegrino conosciuto ad aver visitato Gerusalemme era il "Pellegrino di Bordeaux"; questo accadeva nel 333 - vale a dire tre secoli dopo gli eventi narrati dagli evangelisti, 263 anni dopo la distruzione di Gerusalemme, e 198 anni dopo la sua ricostruzione da Adriano. L'imperatrice Elena aveva viaggiato lì nel 326. Tuttavia, questo pellegrino non si recò a Nazaret, Cana, Tiberiade, o Emmaus. A Gerusalemme, vide la colonna della flagellazione tra le rovine del Palazzo di Caifa risalente al tempo in cui Gesù soffrì questa tortura nel Pretorio.
La scoperta del Santo Sepolcro fu “raccontata” da Eusebio; ma questo  Vescovo del quarto secolo non menziona il nome del Golgota.
Queste osservazioni sono abbastanza preoccupanti. Fortunatamente, P. Vincent e Abele, nel loro prezioso lavoro su Gerusalemme, non hanno esitato a scrivere: “... la Chiesa non ha mai reso la fede in un santuario - nemmeno il più importante e tradizionale, come il Santo Sepolcro o Calvario — un obbligo di ortodossia per i suoi figli.” Così, e fortunatamente per la storia, i siti di eventi evangelici non sono materia di fede.
Il caso di Gerusalemme non è unico. Nazaret, un nome che non compare né nel Vecchio Testamento, né in Giuseppe Flavio, fu  identificata senza ombra di dubbio al tempo di Costantino, secondo Epifanio, come area urbana unicamente ebraica; la ricerca di resti bizantini di Nazaret è ancora in corso.
Gli evangelisti ci presentano una Palestina di convenzione, più simbolica che reale. Descrivono un lago di 11 km per 20 come il mare di Galilea; al contrario, non fanno menzione né del Mar Morto, né della città di Tiberiade. Per far ritoranare Gesù da Tiro al lago di Genesaret, che si trova a sud-est, Marco (7:31) descrive un Gesù passante per Sidone, che è 35 km a nord, mentre raggiunge il lago attraverso la Decapoli. Diventa perfino peggio: città come Gerasa, Corazin, Betsaida, Magadan, Dalmanutha, Nain, Cana, ed Enon vicino Salim sono altrettanto misteriose in una geografia che è già abbastanza fantasiosa.

Non sono date informazioni più precise sulla flora e la fauna del paese di Gesù. Gli evangelisti menzionano il fico e l'olivo, che crescono in tutto il Mediterraneo; scambiano il senape per un albero con i rami, mentre cedri, palme da dattero e giuggiole non entrano nel loro campo visivo. Gli animali che conoscono sono il lupo, la vipera, il corvo, la volpe, il puledro, e la cavalletta (che si trovano anche in Europa). Credono che ci fosse una mandria di duemila maiali in Gerasa, che sarebbe impressionante in un centro agricolo gentile, ma impensabile in un paese dove i suini erano animali impuri nel più alto grado. Essi credono che durante la notte della Passione, un gallo cantò tre volte a Gerusalemme; purtroppo, il Talmud ci dice che non c'erano  galli a Gerusalemme; li trovate a Roma.
Nella Giudea degli evangelisti, non piove mai, e non è mai freddo. In Galilea, i contadini indossano abiti greci come Gesù e i suoi discepoli: l' himation (Mt 9:20), il chiton (10:10), e il mantello (27:28-31). Quando è a tavola, Gesù si distende su un letto come i greci benestanti.

[...]

L'impossibilità di un cristianesimo ebraico a Gerusalemme
Siamo in grado di andare oltre il rifiuto di accettare una “Chiesa” di Gerusalemme alle origini del cristianesimo. Se si deve credere alle informazioni che abbiamo su di esso, questa Chiesa sarebbe stata composta di una comunità interamente ebraica che frequentava il Tempio per praticare particolari diritti, ma che credeva — soprattutto — che Gesù era stato il Messia e che dopo la sua crocifissione, era tornato in via, asceso al cielo, e diventato un dio.
Ma l'esistenza a Gerusalemme di un gruppo di ebrei messianici assieme alle autorità religiose che avevano legalmente consegnato Gesù a Ponzio Pilato e dispersi i suoi seguaci è incredibile.

[...]

In definitiva, il Nuovo Testamento stesso ci impedisce di credere nell'esistenza di una Chiesa-Madre cristiana di Gerusalemme.

(Georges Ory, Analisi delle origini cristiane, pag. 2-24, mia libera traduzione)



Ora, il fatto che non esiste nessuna traccia, zero, nil, non solo del profeta “Gesù di Nazaret” ma neppure degli stessi fantomatici “giudeocristiani” prima del 70 EC è, per dirla tutta nel modo più franco possibile, un'anomalia in e per sé stessa. E diventa ancor più tale se si considera che il verboso e prolifico storico Flavio Giuseppe non ha dedicato  nulla di nulla, neppure un singolo paragrafo, una singola riga, una singola parola, di quello che avrebbe dovuto essere invece una relativa celebrità del I secolo EC come Gesù di Nazaret. È semplicemente inconcepibile. E se Tacito avesse parlato di Gesù (un “fatto” che non è per nulla vero), l'anomalia diventerebbe una gigantesca bizzarria nella misura in cui le voci su questo fantomatico «Gesù l'Oscuro» raggiungerebbero sì Publio Cornelio Tacito nella lontana Roma ma non gli ebrei Flavio Giuseppe e Filone che conoscevano assai meglio la storia contemporanea della regione interessata. Sia il Testimonium Taciteum che i due Testimonia Flaviana sono discutibili in termini di credibilità e di autenticità. Un esame critico di questi falsi Testimonia tende semplicemente a gettare discredito sull'idea che almeno uno di loro possa essere stato scritto veramente dal corrispondente scrittore non-cristiano. Il che solleva un inquietante interrogativo: per quale ragione tre diversi falsari cristiani, indipendentemente l'uno dall'altro, avrebbero sentito il bisogno in primo luogo di inserire rispettivamente due evidenti interpolazioni in Flavio Giuseppe (nel libro 18 e nel libro 20 delle sue Antichità Giudaiche), e un'altra interpolazione nel passo di Tacito (Annali 15:44) che si riferiva in realtà non ai cristiani di Cristo, ma ai riottosi crestiani di Cresto?

Queste interpolazioni tradiscono chiaramente l'impronta delle loro origini cristiane, dal momento che nessuno fece menzione al Testimonium Taciteum fino ad Eusebio nel IV secolo EC, nessuno fece menzione al legame tra il Grande Incendio di Roma (64 EC) e i martiri cristiani di Nerone fino a Sulpicio Severo nel V secolo, e nessun'altri è inteso dietro il «Gesù detto Cristo» di Antichità Giudaiche 20:200 se non il «Gesù figlio di Damneo» nominato appena dopo. 
E tradiscono anche il disperato tentativo di infondere maggiore fiducia al mito che Gesù di Nazaret esistette veramente in carne e ossa nel periodo e nel luogo dove lo collocano i vangeli.

 "Ma", continua Celso, ''quali grandi opere Gesù compì come un Dio? Forse ha umiliato i suoi nemici, o ha portato ad un ridicolo esito ciò che fu cospirato contro di lui?" Ora a questa domanda, anche se siamo in grado di mostrare il carattere suggestivo e miracoloso degli eventi che lo coinvolsero, tuttavia da quale altra fonte possiamo fornire una risposta se non dai racconti evangelici, in cui si afferma che "ci fu un terremoto, e che le rocce caddero a pezzi, e le tombe si scoperchiarono e il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo, e che l'oscurità prevalse in tempo diurno, il sole non riuscendo a dare luce'' ??? Ma se Celso crede ai racconti evangelici quando egli pensa di poter trovare in loro motivo di accuse contro i cristiani, e si rifiuta di credere loro quando stabiliscono la divinità di Gesù, la nostra risposta a lui è: "signore, o credi a tutte le narrazioni evangeliche, e quindi non più immagini che si possano trovare accuse in loro, oppure, nel prestare la tua fiducia alle loro dichiarazioni, guarda con ammirazione il Logos di Dio, che si è incarnato, e che ha voluto conferire benefici su tutto il genere umano. E questa caratteristica manifesta la nobiltà dell'opera di Gesù, che, fino ad oggi, coloro che Dio vuole sono guariti con il Suo nome. E per quanto riguarda l'eclissi al tempo di Tiberio Cesare, nel cui regno Gesù sembra essere stato crocifisso, e i grandi terremoti che poi hanno avuto luogo, Flegonte anche, credo, ha scritto nel XIII o XIV libro delle sue cronache.
(Origene, Contra Celsum, II, 33)


Conclusione

  • In considerazione del fatto che nessuna “lettera” di “Paolo” è genuina, che “Paolo” stesso fu un'oscura figura leggendaria (ipotizzando la sua esistenza) del I secolo a cui alcune scuole cristiane del II secolo attribuirono scritti pseudonimi, che il più popolare candidato al ruolo di autore ed editore delle “originali” versioni delle epistole paoline è Marcione stesso (non in ogni dettaglio come le abbiamo ora dal momento che alcune di loro sono il prodotto dei primi circoli protocattolici che si impadronirono dell'opera di Marcione e la rielaborarono nella direzione dei loro interessi personali) perchè il mare di contraddizioni, apparenti anacronismi corrispondenti a interessi più tardi, goffe ricuciture, giustapposizioni e non-sequitur rivelatrici di aggiunte e modifiche, un miscuglio concentrato di frammenti minori da scritti in origine separati, e così via tradiscono molto probabilmente una posteriore attività di fatica editoriale da parte protocattolica dell'originario strato marcionita e gnostico di quelle lettere nell'interesse di cooptare per sé l'autorità di “Paolo”— una revisione piuttosto imperfetta, che cerca di aggiustare goffamente testi precedenti  [1] piuttosto che armonizzarli perfettamente da cima a fondo e quindi lasciando in mostra tracce illuminanti della loro reale genesi marcionita e gnostica (tali editori ecclesiastici potrebbero essere stati perfino ignari dell'originaria fabbricazione di quelle lettere nel campo marcionita e perciò sarebbero stati ancor di più indotti a “ripristinarli” al loro presunto originario stato “paolino”... ...ovviamente come loro stessi lo intendevano!)
  • In considerazione dell'ovvietà fin troppo auto-evidente che tutte le sette marginali ebraiche del I secolo EC erano teste della medesima idra antiromana, apocalittica e filozelota,  per comodità chiamata “essenismo” (e nei rotoli di Qumrân, com'è noto, non vi è presente nessuna traccia di Gesù nè di cristiani) [2].
  • In considerazione della discutibile autenticità dei due soli noti riferimenti a Gesù di Nazaret negli scritti di Flavio Giuseppe;
  • in considerazione pure dell'altrettanto assai dubbio riferimento al “Cristo” nel passo di Annali 15:44 di Tacito,

...allora io sono condotto a concludere che né Flavio Giuseppe né Publio Cornelio Tacito sembrano aver saputo qualcosa del Gesù di biblica fama, tantomeno di ogni cristiano ebreo o gentile suo seguace e di fantomatiche comunità di adoratori e predicatori di Cristo. E in ulteriore considerazione del fatto che Flavio Giuseppe fu uno dei più rinomati storici della Giudea del I secolo EC come Tacito lo fu per tutto ciò che riguardava Roma, allora io personalmente trovo semplicemente assurda e incredibile l'idea che personaggi come Gesù di Nazaret e i suoi discepoli potessero aver vissuto l'esistenza che secondo i vangeli vissero; nel tempo in cui secondo i vangeli vissero; e nel luogo in cui secondo i vangeli vissero, senza che né lui né tantomeno uno qualunque dei suoi discepoli attirasse l'attenzione dello storico ebreo Flavio Giuseppe, dello scrittore ebreo Filone di Alessandria, dello storico ebreo Giusto di Tiberiade e dello storico romano Publio Cornelio Tacito.

I lettori siano liberi di pensarla come vogliano, ma io concludo che la totale assenza di menzione non solo di uno storico Gesù , non solo di storici discepoli di Gesù, ma degli stessi predicatori di Gesù da parte degli storici del tempo e in particolare da Flavio Giuseppe, da Giusto di Tiberiade, da Filone e da Tacito, in congiunzione col fatto che tutta la letteratura cristiana, lettere di Paolo comprese, fu prodotta dopo il 70, sia sufficiente a provare non solo l'inesistenza di un Gesù storico in primo luogo, ma dello stesso cristianesimo pre-70 EC in secondo luogo.



[1] L'introduzione del prof Price alla Prima lettera ai Corinzi è indicativa in tal senso:
La lettera, in ogni caso, è un guazzabuglio contenente ogni sorta di frammenti che rappresentano posizioni diverse degli stessi argomenti, senza dubbio perchè il testo passò attraverso le mani di scribi appartenenti a varie fazioni (come con l'evoluzione del vangelo di Giovanni). Numerose mani “corressero” quel che era venuto prima. Nuovi argomenti venivano aggiunti qua e là. Come ha sottolineato Darrell J. Doughty, i commentari che ipotizzano una produzione unitaria dalla stessa mano di Paolo traboccano di elaborate circolarità-dentro-circolarità, armonizzazioni di vari passi l'un con l'altro, sintesi di elementi provenienti da diversi scrittori,  “spaccature della differenza,” e altri risultati sofisticati intesi da nessuno degli scrittori. Sembra meglio trattare 1 Corinzi come abbiamo appreso a trattare i vangeli sinottici dall'avvento del criticismo di forma: come depositi stratificati, distinguendo i diversi strati di sedimentazione da parte dei vari scrittori. In questo modo, potremo avere una chance di comprendere il(i) testo(i) per la prima volta, facendo cadere il bisogno arbitrario, teologicamente prevenuto, che tutti i testi concordano internamente.
(Robert M. Price, The Pre-Nicene New Testament, pag. 331, mia libera traduzione)
[2] Non si può non concordare con il prof Robert Eisenman quando scrive:
Un libro che si pone l'obiettivo di dimostrare i rapporti che legano i Rotoli del Mar Morto al cristianesimo delle origini dovrebbe forse iniziare con un'affermazione chiara e semplice: a cavallo tra il I e il II secolo dell'Era Cristiana, in Palestina i movimenti messianici non erano due, ma uno soltanto. Anzi, a dire il vero, dovrebbe precisare che all'epoca non esisteva affatto un movimento che potesse essere definito “cristianesimo”, dal momento che, stando a quanto sta scritto negli Atti degli Apostoli (11, 26), i suoi membri furono definiti ''cristiani'' per la prima volta ad Antiochia, nel Nord della Siria.
Ma allora, perchè usare il termine cristianesimo?
Innanzi tutto perchè bisogna “farsi capire” e per riuscirvi è opportuno usare parole di uso comune, per quanto inadeguate e fuorvianti possano essere, anche se è doveroso tener presente che una terminologia imprecisa o discutibile è spesso causa di confusione. A ogni buon conto, ritengo che, a proposito della Palestina del I secolo, affermazioni quali la non esistenza del cristianesimo in quanto tale e la presenza di un solo movimento messianico siano un dato di fatto innegabile, una sorta di verità lapalissiana.
Si aggiunge che all'epoca, in particolar modo prima della caduta di Masada, avvenuta nel 73 d.C., l'essenismo “era” il cristianesimo, indipendentemente dal significato che si vuol dare al termine “cristianesimo”. Affermazione con cui non si vuole minimamente pretendere di definire con esattezza che cosa si intenda con essenismo, ma semplicemente ribadire che, se si definiscono “esseni” i Rotoli del Mar Morto, bisogna definire l'essenismo, con o senza Gesù, in base a quello che i Rotoli affermano fosse e non basandosi sulle descrizioni imprecise e spesso tendenziose di autori quali Giuseppe Flavio, Filone o i Padri della Chiesa.
L'essenismo si diffuse qualche tempo prima della tragica distruzione del Tempio, operata dai romani nel 70 d.C., per poi venire assorbito in uno, o in più d'uno, dei tanti “movimenti” noti agli autori paleocristiani come ebioniti, elcasaiti, masbuteani, emerobattisti (così chiamati perchè ogni mattina, all'alba si immergevano in acqua fredda) e persino “cristiani”. Nomi che possono riferirsi a sette analoghe o al limite alla stessa etta, indicata in modo diverso a seconda della lingua dei vari autori, comunemente chiamati “eresiologi” nel gergo degli addetti ai lavori, i quali scrivevano in greco, aramaico, siriaco e via dicendo. Il che ci riporta all'affermazione iniziale, ovvero che nella Palestina del I secolo non esisteva il cristianesimo, in quanto fede in Gesù il Cristo, ma soltanto l'essenismo, indipendentemente dal significato che gli si vuole attribuire. Per giunta, con buona probabilità fu così fino all'epoca della Rivolta di Bar Kochba, tra il 132 e i 136 d.C.

(Codice Gesù, I manoscritti segreti di Qumran smascherano le manipolazioni e le falsificazioni dei Vangeli, pag. 17-18, mia enfasi)