domenica 17 gennaio 2016

Del Gesù mai sceso sulla Terra che si rivelò telepaticamente a Paolo e ai primi apostoli del Cristo

APPARIZIONI: Meravigliose visioni, dono di coloro cui Dio fa la grazia speciale di avere il cervello tocco, crisi isteriche, cattiva digestione e sfrontatezza nel mentire.
(Il Libero Pensatore Paul Heinrich Dietrich, barone d'Holbach, La théologie portative, 1768)
...Dio si compiacque di rivelare in me suo Figlio... (Gal 1:16)


È fondamentale, per saper apprezzare il potere esplicativo del miticismo, guardare al Nuovo Testamento nell'ordine cronologico dalle autentiche epistole paoline, attraverso i vangeli di Marco, Matteo, Luca e Giovanni (l'ordine riconosciuto dal consensus degli studiosi, perfino se io, seguendo il prof Klinghardt, tendo a preferire questa sequenza: Mcn, Matteo, Marco, Giovanni, Luca). Se provi a leggere il Nuovo Testamento in quel modo, senza alcuna nozione a priori del cristianesimo —quindi proprio come se stessi scoprendo il cristianesimo per la prima volta! —, allora sarai in grado di riconoscere da subito che il racconto di Gesù va dall'essere fin troppo vago, e qui intendo davvero troppo vago!, all'accumulo via via di sempre maggiori dettagli dell'esistenza terrena di Gesù man mano che leggi i vangeli nel loro ordine cronologico, esattamente come si svilupperebbe una leggenda.  Il silenzio delle lettere di Paolo su ogni utile dettaglio dell'esistenza di Gesù, della sua predicazione, dei suoi detti, è piuttosto impressionante. E parecchi studiosi e non-studiosi hanno notato a loro volta questo aspetto. Ecco un'efficace metafora menzionata da Richard Carrier nel suo libro:
Immagina per un momento che uno dei tuoi migliori amici ti scriva una lettera di venti pagine appassionatamente volendo condividere la sua emozione circa un nuovo maestro. Questa lettera ha un solo argomento, il nuovo maestro del tuo amico. [Ma] alla fine della sua lettera, tu ancora non sai una cosa sul suo maestro. Tuttavia, Paolo presenta la figura centrale della sua teologia in questo modo . . . . [Sembra] impossibile immaginare come Paolo possa evitare di raccontare una storia o una parabola — oppure mancare di notare un solo tratto fisico o una sola qualità personale — di Gesù.
(OHJ, pag. 514, mia libera traduzione)

Il rinomato studioso del Nuovo Testamento Gerd Lüdemann dice di Paolo:
Non una volta Paolo si riferisce a Gesù come a un maestro, alle sue parole come a una dottrina, o a [qualsiasi] cristiani come discepoli. A questo proposito è estremamente significativo che quando Paolo cita “detti di Gesù”, essi non sono mai così designati; piuttosto, senza una singola eccezione, lui attribuisce tali detti a “il Signore”. . . . Paolo pensò che una persona di nome Gesù fosse vissuta e che ora egli sieda alla destra di Dio in cielo. Tuttava egli mostra solo una conoscenza di passaggio con tradizioni relative alla sua vita e da nessuna parte un'esperienza indipendente di loro. In breve, Paolo non può essere considerato un affidabile testimone nè degli insegnamenti, nè della vita, e neppure dell'esistenza storica di Gesù.
(Gerd Lüdemann, 'Paul as a Witness to the Historical Jesus', Sources of the Jesus Tradition: Separating History from Myth, Amherst, NY:Prometheus Books, 2010, pag. 196-212, mia libera traduzione)

Una situazione così enigmatica non fa nessun senso per nulla, a meno che Gesù fu davvero per Paolo una deità celeste che mai esistette sulla Terra.

L'apostolo chiamato Paolo non immaginò nemmeno per un momento che Gesù fosse un essere umano esistito nel recente passato in quel di Giudea. Paolo non conosceva nessun Gesù storico.
 Gli apologeti cristiani e criptocristiani non ci tengono, e per ovvie ragioni, a problematizzare quel pugno di passi nelle epistole che secondo loro “confermerebbero” per via indiretta la presenza, seppure celata, di un Gesù storico nelle epistole. Così facendo, non hanno alcun riguardo per quello che rivela veramente il testo originale greco. Per loro, il dogma è più importante. Loro preferiscono credere - devono credere! - che i miticisti hanno una sola chance: supporre “interpolazioni da tutte le parti” pur di evitare di tener conto dei passi di Paolo che, a loro dire, dimostrerebbero in modo convincente che un Gesù storico era implicitamente in vista nelle epistole. Questo approccio è completamente sbagliato. Non si tratta di vedere necessariamente interpolazioni posteriori aggiunte alle lettere (nonostante, ripeto, costituisca una seria possibilità), ma i passi di Paolo devono essere interpretati alla luce della fantasia cosmologica che era prevalente in quel momento. Non devono essere interpretati alla luce tendenziosa e artefatta dell'astratto “dogma” cattolico.

Per i miticisti il cristianesimo era in origine una religione misterica messianica ebraica. In questo culto originario non era Dioniso, Mitra, Attis, Asclepio, Perseo, o qualsiasi altro dio pagano morente e risorgente a presentarsi come la figura centrale oggetto di venerazione. Il salvatore che nell'emergente culto cristiano, al pari di altre religioni misteriche di altri popoli e culture, era destinato a fondersi con gli elementi ellenistici, costituiva il Messia.

Come Carrier così ben riassume (OHJ, pag. 92), il nuovo culto, di cui siamo venuti a conoscenza attraverso Paolo, era incentrato attorno ad un Messia spirituale, che avrebbe vinto le sue vittorie non sul campo di battaglia, ma attraverso la salvezza nell'aldilà. Cioè in cielo. Secondo Paolo, Gesù era il Messia/Cristo che sarebbe apparso negli ultimi tempi, nonostante a quel fine l'essersi lasciato crocifiggere dalle potenze celesti che Paolo chiama Arconti (1 Corinzi 2:8). Questo Cristo Gesù doveva morire per espiare il peccato umano. Poi apparve ad alcune persone e li convinse che era il Cristo (1 Corinzi 15:3-8 e Galati 1:11-12), che era resuscitato dai morti per preparare il regno di Dio e alla fine scendere dal cielo per compiere la sua missione ultima: sconfiggere i nemici di Dio, resuscitare i morti e stabilire un paradiso eterno (Romani 8:1, Corinzi 10:11 e 15:23-26; 1 Tessalonicesi 4:14-17). Già a quel tempo Gesù era considerato un essere che esiste dal principio dei tempi (1 Corinzi 8:6; 10:1-4; Fil 2:6-8; Romani 8:3), ma non era considerato Dio in senso stretto, ma solo la sua emanazione, il Figlio di Dio.


Paolo apparentemente non sapeva nulla del Gesù storico. Lui non riporta praticamente nulla sulla vita e la dottrina di Gesù. Paolo non ci dà alcuna informazione su dove e quando sia nato Gesù e chi erano i suoi genitori. La vita terrena di Gesù non è affatto trattata in Paolo.  Paolo sembra all'oscuro di quasi tutto ciò che i vangeli raccontano più tardi. Paolo quasi nega che Gesù compì miracoli: “i Giudei chiedono segni e i Greci cercano sapienza, ma noi predichiamo Cristo crocifisso” (1 Cor 1,22). E se Paolo sapeva che Gesù resuscitò persone dalla morte, perché non lo dice quando in 1 Corinzi 15 cerca di convincere i suoi lettori che si può veramente risuscitare dai morti?
La crocifissione e la resurrezione di Gesù, però, sono le sole cose di Gesù a cui Paolo è interessato. Stranamente, lui non offre alcun contesto storico della crocifissione. È vero che ha detto in 1 Tessalonicesi 2:15-16 che "Gli ebrei hanno ucciso il Signore Gesù", ma questo è davvero l'unico passo in Paolo che i miticisti denunciano come evidente interpolazione proto-cattolica. Questo è inoltre supportato anche da un folto gruppo di studiosi (storicisti, cioè credenti in un Gesù storico). Il motivo per cui si ritiene un'interpolazione questo passo è che descrive gli ebrei quali “nemici di tutti gli uomini” il che non corrisponde per nulla al normale approccio di Paolo nei confronti degli ebrei, mentre la frase
Ma ormai l'ira è arrivata al colmo sul loro capo sembra alludere alla distruzione del tempio nel 70 E.C.
Paolo osa anche chiamare le autorità romane dei “servi di Dio” (Romani 13:6). Pilato era uno dei capi che crocifisse Gesù del cui ricordo apparentemente Paolo non fu a conoscenza, per dire quelle parole.
Paolo non parla mai di discepoli, ma solo di apostoli (che in Paolo, così come in altri  autori “cristiani” anteriori ai vangeli, significa all'incirca missionari), a cui fu incaricato di predicare il vangelo direttamente da Dio, non da Gesù (Gal 2:8). Paolo non rivela una sola parola udita a proposito di Giuda Iscariota. Tuttavia, egli cita Cefa (Pietro
pètros greco, Cefa aramaico, significano entrambi roccia), Giacomo (che egli chiama “il fratello del Signore”), e Giovanni. Ma questi tre sembrano proprio come Paolo non aver conosciuto alcun Gesù storico. Al contrario, per esempio, 1 Corinzi 9:1 e 15:7 suggeriscono che tutti quanti “vedevano” Gesù mediante qualche sorta di rivelazione o visione. Paolo non accenna al fatto che Pietro era stato il compagno di Gesù. Nonostante il fatto che in molte delle sue lettere lui lamenta di essere stato accusato di non essere un vero apostolo. Nulla indica che Paolo sapeva che Gesù era recentemente vissuto sulla terra. Paolo è una delle prime fonti che abbiamo, risalente agli anni 50 del I secolo E.C.
Quindi Paolo poteva scrivere di Gesù solo che ebbe una visione di lui: lui evidentemente non sapeva che Gesù sarebbe stato considerato un personaggio storico, qualche tempo dopo la sua morte. 

Nelle opere di Paolo esistono due allusioni alla nascita di Gesù, una al padre e l'altra alla madre.

In Romani 1:3-4, Paolo scrive del "
Figlio suo, nato dalla stirpe di Davide secondo la carne, costituito Figlio di Dio con potenza secondo lo Spirito di santificazione mediante la risurrezione dai morti, Gesù Cristo, nostro Signore." Gli apologeti insistono che è del tutto evidente da questo passo che Gesù era di origine umana, e che Paolo non era a conoscenza di alcuna nascita verginale.
Ma Paolo conosceva veramente un Gesù umano? Letteralmente, in realtà, Gesù secondo la carne (in greco: κατὰ σάρκα) era nato dallo sperma/seme di Davide (in greco: τοῦ γενομένου ἐκ σπέρματος Δαυὶδ). Qui ci sono solo affermazioni generiche senza alcuna informazione su come, dove e da chi. Che il Messia sarebbe derivato da Davide era a quel tempo la comune concezione ebraica.  Chi erano i suoi genitori? Nonostante i mille usi della parola
γενόμενος (da: γίνομαι) nel significato di diventato o accaduto, Paolo non usa mai questa parola per indicare che una persona è nata. Quando si riferisce invece effettivamente alla nascita di un essere umano, egli usa  γεννάω (Romani 9:11, Galati 4:23, 29). Usa invece γίνομαι quando scrive che Adamo fu fatto da Dio (1 Corinzi 15:45). Paolo la usa anche quando vuole indicare di aver ricevuto informazioni da Dio per mezzo dei profeti, ad esempio quando appare nei Salmi: ''il Signore mi ha detto: ''Tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato. Chiedi a me, ti darò in possesso le genti e in dominio i confini della terra" (Salmo 2:7-8).

L'altra allusione è alla madre di Gesù. In Galati 4:4 dice:
Ma quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge.
Non si tratta di una persona biologica. Se provi a leggere l'intero paragrafo, Galati 3:29-5:1, è abbastanza evidente che Paolo non sta parlando della Maria che avrebbe dato alla luce Gesù come persona reale fisica. Racconta di un parto allegorico e la donna che crede ha generato (in greco:
γενόμενον, da γίνομαι) Gesù è Agar, schiava di Abramo.

Vi è naturalmente niente di speciale nell'essere nato da una donna. Anche figure mitologiche come Ercole erano considerate nate da donna. Se Paolo credeva Gesù di origine terrena, sarebbe molto più logico se avesse scritto che Gesù è nato da Maria. Ma Paolo sembra di nuovo fare riferimento alle scritture, perché dice che Gesù è stato fatto da una donna sotto la legge. Forse egli alludeva al famoso versetto di Isaia: "
Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele" (Isaia 7:14).

Naturalmente, è del tutto possibile che Paolo intende semplicemente quello che dice: Gesù è nato da una donna. Tuttavia, la frase può essere almeno altrettanto credibile se interpretata nel senso che Gesù era un essere celeste e niente altro.

La spiegazione più probabile è che l'intero paragrafo avrebbe dovuto essere interpretato simbolicamente. Nella sua lettera ai Galati, Paolo discute principalmente il conflitto tra l'osservanza della legge ebraica, e la fede nella predicazione cristiana. Paolo descrive questo conflitto con tanto di immagini e metafore. Dice che siamo “schiavi dei poteri cosmici” (4:3). Essi alludono nello specifico agli Arconti, che nella mitologia gnostica erano i veri dominatori del mondo. Un pò più tardi, nello stesso capitolo, Paolo spiega che la donna a cui si riferisce è una donna allegorica. Paragona i non illuminati, che vivono una vita materiale, con i nati di Abramo e della schiava Agar. Lei rappresenta il Monte Sinai dove per prima gli uomini finirono schiavizzati dalla legge. I cristiani illuminati Paolo li paragona ai figli di Sara, la moglie di Abramo. Lei rappresenta la Gerusalemme celeste:
     Ora, tali cose sono dette per allegoria: le due donne infatti rappresentano le due Alleanze; una, quella del monte Sinai, che genera nella schiavitù, rappresentata da Agar - il Sinai è un monte dell'Arabia -; essa corrisponde alla Gerusalemme attuale, che di fatto è schiava insieme ai suoi figli. Invece la Gerusalemme di lassù è libera ed è la nostra madre. (Galati 4:24-26)

Paolo sta dicendo che il figlio di Dio è “fatto da una donna, e fatto sotto la legge”. Dal momento che la legge e la donna sono uniti nello stesso senso, Paolo sembra voler dire che Gesù è nato sotto la legge di una donna. Logicamente, la donna è Agar e non Maria. Gesù era disceso nelle sfere celesti, che sono governati dagli Arconti, e nacque simbolicamente da Agar (che abbandonò al pari della vecchia legge ebraica), per essere in grado di liberare coloro che sono schiavi dai “poteri cosmici”, così da far ottenere a tutti noi una nuova madre, il regno celeste di Dio.

Paolo dice quindi che Gesù era divenuto (
γενόμενος) dallo sperma/seme di Davide ed era divenuto (γενόμενον) da una donna: non è altro che quello che ci si può aspettare se lui vedeva in Gesù un Messia liberatore disceso dal cielo secondo una concezione ebraico-ellenistica. Se avesse voluto dire che si trattava di un parto fisico, egli avrebbe dovuto usare parole che suggerivano quel significato e magari avrebbe fatto il nome di Maria.

L'argomento più comunemente utilizzato dagli apologeti per spiegare perché Paolo ha scritto così poco di ciò che fece Gesù e non menzionò alcun miracolo o insegnamento di Gesù è che a loro dire il suo scopo non fu quello di affrontare questo tema nelle lettere alle chiese, ma piuttosto di discutere dei problemi specifici di quelle chiese. Un argomento del genere sarebbe corretto se il silenzio di Paolo su Gesù fosse stato solo parzialmente totale. Ma così non è.

Si legga 1 Corinzi 9:4-5:
Non abbiamo forse noi il diritto di mangiare e di bere? Non abbiamo il diritto di portare con noi una donna credente, come fanno anche gli altri apostoli e i fratelli del Signore e Cefa?
Paolo conosce i “fratelli del Signore”. Ma lui non intendeva fratelli biologici di Gesù, ma solo i generici fratelli nel Signore: vale a dire “fratelli” è usato a indicare fratellanza religiosa. Il senso vero sarebbe: se perfino i fratelli qualsiasi nel Signore, e non solo gli apostoli come lui e come Cefa, potevano usufruire di quell'insieme di diritti a cui agogna Paolo, perchè allora non poteva lui anche?

Poi c'è quel famoso passo, citato spesso come evidenza di un Gesù storico dai folli apologeti cristiani e criptocristiani:
In seguito, dopo tre anni andai a Gerusalemme per consultare Cefa, e rimasi presso di lui quindici giorni; degli apostoli non vidi nessun altro, se non Giacomo, il fratello del Signore. (Galati 1:18-19)
L'errore madornale degli apologeti, che dimostra tutta la loro inconsistenza intellettuale, è di prendere quel passo come risolutivo della questione dal momento che danno ad esso un'interpretazione storicista grettamente unilaterale, quasi che fossero escluse tout court le alternative. Il loro “argomento” è il seguente:

1) Galati 1:19 menziona “il fratello del Signore”;
2) L'unica sensata interpretazione di “il fratello del Signore” è: “il fratello di Gesù”;
3) perciò: Gesù è esistito.

Bart Errorman è stato così idiota da attribuire ai miticisti l'idea che Paolo non avesse visto occhi negli occhi Pietro, Giacomo e Giovanni. Il povero illuso credeva che allora bastasse sventolare Galati 1:19 come evidenza che Paolo vide veramente quelle persone per “provare” così al tempo stesso che Paolo seppe da loro del Gesù storico, loro che ne erano stati i fedeli discepoli in vita. Questa di Errorman è la fallacia dell'uomo di paglia:
Una delle fallacie logiche più note, spesso usate in mala fede nella dialettica, è il cosiddetto argomento dell'uomo di paglia (straw-man): attribuire a qualcuno un'affermazione che non ha fatto, per poi confutarla e deviare il discorso da un'affermazione che quel qualcuno ha fatto veramente, e sulla quale magari si ha la "coda di paglia".
 In realtà i miticisti non hanno mai sostenuto un'idea del genere. Gli occhi di Paolo incrociarono davvero gli occhi di Pietro, di Giacomo e di Giovanni.
Fino ad oggi, non ho incontrato un solo apologeta cristiano, uno solo!, capace di obiettare al vero argomento dei miticisti riguardo al fatidico “Giacomo, il fratello del Signore”. Questo loro silenzio, ad un anno dalla pubblicazione di OHJ, per me costituisce la prova provata di come gli apologeti cristiani e criptocristiani siano in perfetta malafede e/o ignoranza.

Sì: Paolo incontrò veramente occhi negli occhi Giacomo, Giovanni, Pietro. Ma con questo Paolo non prova che Gesù sia esistito o che Paolo attraverso di loro avesse imparato cose su Gesù. Il fatto che gli apologeti cristiani scambino per evidenza di un Gesù storico ciò che evidenza definitivamente non è, costituisce ai miei occhi un caso di genuina follia. Gli apologeti come Mauro Pesce diventano folli apologeti: dementi apologeti cristiani. Gente irrazionale colla quale non si può più trattare né dialogare, perchè ha rinnegato da tempo la voce della ragione che dice loro: “Abbi il coraggio di sapere!”.

Galati 1:19 in realtà non dimostra che Gesù esistette. Pensare che Galati 1:19 sia evidenza di un Gesù storico è un argomento circolare. Paolo incontrò i Pilastri. Se davvero i Pilastri furono le persone che i vangeli affermano che fossero, allora Paolo non può essere stato all'oscuro della vita di Gesù. Deve averli sentito parlare di ciò che Gesù ha fatto e detto. Ma le sue lettere dimostrano che lui proprio non conosce nulla di tutto questo. Ne consegue che a loro volta i Pilastri non potevano sapere nulla di Gesù e di conseguenza una leggenda in seguito è sorta dopo la morte di Paolo secondo la quale i Pilastri avrebbero conosciuto Gesù come un vero uomo.

Così, Paolo trascorse del tempo con i capi della chiesa di Gerusalemme, Giacomo, Cefa e Giovanni. Ma i miticisti sostengono che essi, proprio come Paolo, non sapevano di alcuna incarnazione fisica di Gesù, ma che, proprio come Paolo, incontrarono Gesù solo attraverso una rivelazione.

Per quanto riguarda Giacomo “il fratello del Signore”, innanzitutto occorre precisare che i dati in nostro possesso su Giacomo “il fratello del Signore” sono parecchio confusi. Ci sono diversi Giacomi nelle scritture cristiane, e che in parte si sovrappongono. Il Giacomo di cui scrive Paolo e che egli chiama il fratello del Signore era il leader della chiesa di Gerusalemme. In Atti ci sono due Giacomi, ma nessuno dei due è detto il fratello di Gesù. Uno di questi Giacomi è senza dubbio lo stesso che Paolo menziona in Galati 2:9. Ma sia in Atti (dove si dice che è stato decapitato da Agrippa in Atti 12:1-2), che nei vangeli non viene menzionato come un fratello biologico di Gesù, ma come discepolo di lui e fratello di Giovanni.

L'autore dell'epistola di Giacomo (chiunque fosse) non chiarisce in alcun modo di essere  Giacomo il fratello di Gesù. L'autore della lettera di Giuda (chiunque fosse) dice che lui, Giuda, era il fratello di Giacomo, non si presenta come fratello di Gesù.

In 1 Corinzi 9:4-5, Paolo risponde, ovviamente, alle critiche (pare che questa lettera sia una combinazione di almeno due lettere, la seconda delle quali comincia proprio al capitolo 9) contro di lui e il suo "entourage" sottolineando che “gli altri apostoli e i fratelli del Signore e Cefa” certamente hanno avuto modo di portare le loro mogli e dato loro da mangiare e da bere, quindi perché non dovrebbero Paolo e Barnaba fare lo stesso? Paolo dice che Barnaba e lui sono trattati ingiustamente. La giusta domanda da fare allora è: i “fratelli del Signore” è riferito ai fratelli biologici di Gesù oppure solo ai cristiani in generale, che erano tutti fratelli? L'interpretazione più ovvia è che si riferisce ai cristiani in generale, gli apostoli essendo solo quei particolari cristiani a cui Gesù Cristo si è rivelato in sogni, visioni e apparizioni (e perciò meritando per definizione maggiori privilegi dalla comunità). 

Ciò è confermato dal fatto che Paolo rende chiaro che non appena uno è un cristiano diventa allo stesso tempo un fratello del Signore. 
Da tanto prima quanto possiamo accertarci, i cristiani credevano di divenire “fratelli” del Signore Gesù Cristo attraverso il battesimo (Romani 6:3-10), che simboleggia la morte in questo mondo e la rinascita come 'i figli adottivi di Dio', in questo modo i battezzati diventavano i fratelli del Signore. (Romani 8:15-29; 9:26; Gal 3:26-29; 4:4-7) Gesù era quindi solo “il primogenito tra molti fratelli” (Romani 8:29). 
(Richard Carrier, OHJ, pag. 108) 

Essere battezzato cristiano significa per definizione diventare il fratello del Signore.

Poiché tutti i battezzati divenivano fratelli del Signore Gesù, qual era allora il modo migliore per indicare i fratelli biologici di Gesù, ne avesse avuti qualcuno?  Paolo non avrebbe dovuto allora specificare meglio in quel caso che si trattava di fratelli biologici e non di meri battezzati? Inoltre, eventuali fratelli biologici di Gesù avrebbero dovuto essere chiamati fratelli “di Gesù”, non fratelli “del Signore”, ancor più dal momento che “fratelli del Signore” indica solo i battezzati cristiani (per quanto detto). Solo dal momento che Gesù è asceso al cielo, eventuali suoi fratelli biologici potrebbero venire chiamati “fratelli del Signore”. Ma se così fosse il caso, allora “fratello del Signore” cesserebbe all'istante di indicare fratelli nella fede privi del titolo di apostoli.  In 1 Corinzi 9:4-5 Paolo conta il resto dei membri del culto e nel processo elenca gli apostoli, i fratelli del Signore e Cefa. Se con “fratelli del Signore” Paolo si fosse riferito ai fratelli biologici di Gesù, come avrebbe fatto allora Paolo ad indicare gli altri cristiani battezzati che non erano apostoli (cioè non avevano incontrato Cristo in una rivelazione), ma probabilmente facevano parte anche loro delle società missionarie itineranti? La spiegazione più semplice è che Paolo con “i fratelli del Signore” si riferisce a tutti i cristiani battezzati ma non-apostoli.

Quando Paolo in Galati 1:18-20 ci dice che si recò a Gerusalemme e non ha incontrato nessun altro apostolo oltre Cefa ma solo il fratello del Signore Giacomo, questo punto dovrebbe essere considerato alla luce delle stesse informazioni.
Possiamo essere quasi certi che “il fratello del Signore” non è lì per indicare la parentela biologica. Come sottolinea Carrier, andrebbe completamente contro l'argomento di Paolo (contro l'imperioso incipit della stessa stessa lettera ai Galati!) affermare nella stessa lettera che lui non ha mai imparato a conoscere Gesù attraverso fonti umane ma ha incontrato la famiglia del Signore. Se c'era una contraddizione in quelle parole, allora Paolo non poteva eluderla tanto facilmente, di certo non di fronte ai Galati (sospettosi proprio del fatto che Paolo fosse un vero apostolo, ovvero uno capace di comunicare telepaticamente con Gesù senza bisogno di altri intermediari). Se non l'ha fatto allora vuol dire che quella contraddizione semplicemente non c'era e perciò Paolo sicuramente non si riferì a un fratello biologico di Gesù.
“Fratello del Signore” è perfettamente plausibile come semplice titolo che significa compagno di fede, non da ultimo perché è ancora in uso nel cristianesimo e nel linguaggio comune. Prova a leggere qualche scritto da un monaco francescano moderno, ed un eventuale riferimento a un "fratello Giacomo", e di certo non potrai concludere "Ah, questo deve essere il fratello dell'autore". Paolo ha incontrato solo un altro fratello nel Signore, questo Giacomo. Perché dovremmo credere che in un caso con “i fratelli del Signore” egli si riferisce ai cristiani in generale, e un attimo dopo Paolo intende un fratello biologico di Gesù con lo stesso termine?

Fino a quando gli apologeti non risponderanno a questo interrogativo, io ho il diritto di definirli “folli apologeti cristiani”. E per inciso, mi riferisco a gente come Mauro Pesce, Corrado Augias, Bart Errorman. Non (o non solo) ai dementi integralisti cattolici alla Messori, alla Blondet o alla Pischedda.

Paolo sa che Gesù fu sepolto (1 Corinzi 15:4), e aveva dodici discepoli (1 Corinzi 15:5).

Tanto per cominciare, il sepolcro di Gesù menzionato da Paolo tradisce solo la sua volontà, o la volontà di qualche apostolo di Gesù prima di lui, di applicare a Gesù il comune tropos letterario ellenistico della traslazione del corpo, un tropos che prevedeva come consuetudine puramente letteraria un sepolcro per ogni eroe, dio o semidio risorto e/o tradotto al cielo. Così Richard C. Miller. E così già Adela Yarbro Collins:
Il pattern narrativo secondo cui Gesù morì, fu sepolto, e poi tradotto al cielo era un modo naturale per un autore vissuto nel primo secolo di narrare la resurrezione di Gesù.
(Adela Yarbro Collins, Empty Tomb, pag. 130, mia libera traduzione)
Dire “sepolcro” era un modo, uno dei tanti, per dire: resurrezione.


Il problema da risolvere allora è se questa morte, sepoltura e risurrezione si sono verificate sulla Terra o nella copia della Terra come era immaginata esistere nei cieli che avvolgevano la Terra?  




Paolo, per sua stessa ammissione, ha ricevuto le informazioni dalle scritture: "Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto, è risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture." (1 Corinzi 15:3-4). Dice anche che lui stesso ha ricevuto (1 Cor 15:3), e quindi utilizza il linguaggio che usa normalmente per indicare che ha ricevuto l'informazione attraverso rivelazioni. Paolo ci assicura anche che non ha altra fonte per le sue informazioni su Gesù a parte visioni e rivelazioni:
"Vi assicuro, fratelli, il vangelo che vi ho annunziato, non è un'invenzione umana. Non ho ricevuto da qualsiasi uomo, nessuno mi ha insegnato che, ho ricevuto per rivelazione di Gesù Cristo" (Galati 1:11-12)
Non vi è alcuna traccia che qualcuno avesse incontrato Gesù prima della sua morte. Solo dopo la morte l'angelo Gesù entra in contatto con la gente e perfino allora solo attraverso le rivelazioni.

Le sole fonti di Paolo sono scritture e visioni. Nient'altro!

Gli apologeti insistono che è raro che Paolo ricorda gli insegnamenti di Gesù, ma a volte lo fa in alcune lettere quando ha bisogno di appellarsi a loro. Paolo sarebbe a conoscenza che Gesù proibì il divorzio dal momento che così scrive in 1 Corinzi 7:10-11:

Ora, agli sposati do questo ordine, che non viene da me, ma dal Signore stesso, che ha detto: «la moglie non deve lasciare il marito». Se, invece, vive separata da lui, non deve avere relazioni con altri uomini, oppure rifaccia pace col marito! Il marito, dal canto suo, non deve divorziare da sua moglie.
Questa informazione però proviene da quelli che hanno conosciuto Gesù,  ma poichè Paolo stesso dice di non aver ricevuto nulla dal Signore se non attraverso la rivelazione, è ragionevole pensare che lui ha attinto a quelle informazioni nello stesso modo. Inoltre in Israele al tempo di Gesù non era permesso alle donne divorziare dai loro uomini. Il divorzio era una realtà non-ebraica. Per giunta, le parole di Gesù non si troveranno in questa forma neppure nei vangeli (si veda Matteo 5:32).

Gli apologeti dicono che in questo punto Paolo era debitore ad una tradizione risalente al Gesù storico:

Come mai? Non potreste mangiare e bere a casa vostra? Perché disprezzate così la Chiesa di Dio e offendete quelli che sono poveri e non possono portarsi da mangiare? Che devo dire di queste cose? Dovrei forse farvi i miei complimenti? No di certo!
Questo è ciò che il Signore stesso ha detto della sua Cena, ed io così vi ho insegnato: la notte in cui fu tradito, il Signore Gesù prese del pane, e dopo aver ringraziato Dio, lo spezzò e disse: « Questo è il mio corpo, che è dato per voi. Fate questo in memoria di me ».
Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese il calice di vino e disse: « Questo calice è il nuovo patto fra Dio e voi, un’alleanza fatta col mio sangue. Ogni volta che ne berrete, fatelo in memoria di me.
(1 Corinzi 11: 22-25)

Ma Paolo dice che egli stesso [
ἐγὼ] “ha ricevuto dal Signore” [παρέλαβον ἀπὸ τοῦ Κυρίου]. Dal momento che chiaramente lui non ha incontrato Gesù significa che ha ricevuto visioni e rivelazioni dal Signore. Egli non ha sentito questa informazione da alcun discepolo. Egli non menziona neppure che alcuni discepoli sarebbero stati raccolti in una determinata occasione. Neanche il discepolo più atteso in questa scena, Giuda Iscariota, è menzionato. Egli non intende probabilmente neppure che Gesù fu “tradito”, come gli apologeti fanno recitare al testo di Paolo “sotto le lenti colorate di vangelo” (per usare una felice espressione di Earl Doherty). παρεδίδετο significa “fu consegnato” anche se questo di per sé potrebbe significare anche “fu tradito”. Ma quando Paolo usa questa parola in altre parti del testo si riferisce alla sua consegna: la consegna di Gesù perchè venga sacrificato. Ragionevolmente egli intende lo stesso qui. Sembra quindi essere un evento che si svolge in una dimensione celeste e che Paolo apprese attraverso una visione durante la quale Gesù in persona apparve a lui. Infatti le sette epistole paoline autentiche riportano che le scritture e le rivelazioni dirette da Gesù costituiscono l'unica fonte di informazioni su Gesù, per Paolo.

Sostenere che Paolo scrive in grande coerenza coi vangeli è una grande esagerazione. Ma i vangeli attinsero certamente una parte delle tradizioni sotto la mediazione, tra gli altri, di Paolo.

L'evidenza ci porta perciò nella direzione opposta a quella voluta dai folli apologeti cristiani. Paolo non poteva ignorare la vita e l'insegnamento di Gesù se i vangeli preservano un nucleo di verità storica.   Tuttavia, è un fatto che Paolo ignorò la vita e l'insegnamento di Gesù. Così, i vangeli non possono essere veri. Così, neppure Pietro seppe qualcosa su Gesù (senza necessità, per spiegare quella sua ignoranza di Gesù, di essere un pescatore analfabeta come lo ritraggono i vangeli). Così, neppure Giacomo poteva essere stato un fratello biologico di Gesù.

 1 Corinzi 2:2 riporta il messaggio principale di Paolo:

...perché avevo deciso che avrei parlato soltanto di Gesù Cristo e della sua morte sulla croce.
Il Cristo crocifisso certamente interessò moltissimo Paolo. La stragrande maggioranza dei cristiani oggi crede che Paolo stia parlando di Gesù come ne parlano i vangeli: crocifisso sul Golgotha. Mentre io pure credo che il Cristo di Paolo fu crocifisso. Ma nel cielo. Quando Paolo scrive che “le potenze cosmiche [poi spesso interpretati come Pilato e Caifa o i loro demoniaci ispiratori] ... crocifissero il Signore della gloria” (1 Corinzi 2:8), questa è più una interpretazione che una traduzione letterale del greco. Queste “potenze cosmiche” sono letteralmente “gli arconti di questo eone”, ed era un nome comune per indicare gli spiriti, i demoni, la cui presenza infestava i cieli inferiori sopra la terra. Gli arconti non sono veri sovrani, ma era un termine gnostico per indicare gli esseri spirituali non divini che costituivano i veri padroni del mondo. Quando la parola greca αἰών (eone) viene utilizzata nella letteratura contemporanea allude spesso ad un tempo storico mondano. La letteratura “eretica” recuperata a Nag Hammadi usò la parola solo in un contesto spirituale, celeste o gnostico. Anche quando occorre in contesti simili il plurale ἄρχοντες (arconti, dominatori), ad esempio in Efesini (2:1-2, 3:8-11, 6:11-12), Colossesi (2:14-15) e la lettera di Ignazio agli Efesini (19), fa riferimento in tutti i casi ai poteri cosmici che soffocano  questo mondo nella loro morsa.

Se è solo di Paolo la “stranezza” del suo enigmatico silenzio su Gesù, possiamo allora perdonarlo? Possiamo volgere lo sguardo fuori di Paolo e vedere magari qualche altro cristiano anteriore ai vangeli, per quanto posteriore a Paolo, capace finalmente una buona volta di menzionare un Gesù storico?

 No. Non solo Paolo, ma praticamente tutti i “cristiani” che scrivono prima della stesura del primo vangelo non mostrano alcuna conoscenza di Gesù come di un personaggio storico. 
Non è dunque una “stranezza” di Paolo, e solo lui. Ma è l'evidenza che ci offre, di nuovo e di nuovo, certezza morale che Gesù non esistette mai sulla Terra.

Nonostante la lunghezza di questo articolo ho solo superficialmente toccato la chiave. Ho brevemente descritto quello che Paolo non mostra di conoscere riguardo a Gesù, ho dato alcuni esempi di cose che avrebbe dovuto dire e di cose che dice che contraddicono direttamente ciò che si legge nei vangeli. Come tutte le teorie, ci sono indizi pro e contro. Ho evidenziato la maggior parte dei passi che di solito sono invocati per sostenere che Paolo sapeva di Gesù come di una persona storica e ho scoperto che la maggior parte di essi non costituiscono evidenza di alcun evento storico, che in altri casi esistono spiegazioni alternative dei medesimi passi dove Paolo stesso afferma con forza di aver saputo solo tramite rivelazioni e scritture o dove Paolo stesso parla di eventi che hanno avuto luogo nei cieli, quei cieli che lui stesso sostiene di aver visitato. Quei cieli erano un riflesso di eventi sulla Terra, o meglio gli eventi sulla terra erano un riflesso di ciò che avveniva nei cieli. 

Solo coloro che sono già convinti e/o che non sanno bene gli argomenti miticisti possono essere convinti storicisti - a prescindere dal fatto Gesù sia esistito o meno. 

Personalmente io provo particolare soddisfazione nell'essere in possesso di reale, innegabile verità sulle origini del cristianesimo - e qui alludo alle crescenti leggende attorno ad un arcangelo Gesù spirituale, fortemente influenzato da una specie di gnosticismo dove sogni e pensieri creavano o invadevano la realtà, un arcangelo Gesù celeste nutrito da un miscuglio inesauribile di religioni mistiche e influenze orientali. E non posso che constatare con estremo disincanto la presenza di un'intera industria meglio nota come “cristianesimo” (o quel che oggi vi rimane) che si oppone in tutti i modi alla divulgazione di quest'informazione.

 Io penso veramente che nei prossimi decenni il miticismo ha il potenziale per rovesciare il paradigma storicista proprio come fece già a suo tempo il miticismo con Mosè e Abramo (il nome scientifico del miticismo nell'Antico Testamento è MINIMALISMO), oppure almeno di dividere il consensus in due campi: storicista/miticista.

giovedì 14 gennaio 2016

Di quel denaro che supplì alla sorprendente assenza di un Gesù storico

soltanto ci pregarono di ricordarci dei poveri: ciò che mi sono proprio preoccupato di fare.” (Gal 2:10)






DENARO: Origine di misfatti nella società. I preti devono impegnarsi con tutte le loro forze ad alleggerire i fedeli perchè non vengano schiacciati dal peso del denaro e possano percorrere più velocemente il sentiero verso la salvezza. Gesù Cristo non voleva che gli apostoli accettassero denaro; la Chiesa però ha in seguito cambiato profondamente questo aspetto: oggi, niente denaro niente preti. Il tutto per obbedire all'ordine del Levitico (XXVII, 18): “Supputabit sacerdos pecuniam”: il prete conterà il proprio denaro.
(Il Libero Pensatore Paul Heinrich Dietrich, barone d'Holbach, La théologie portative, 1768)

Il prof Gerd Lüdemann, geniale come sempre, ha descritto suggestivamente una plausibile ricostruzione di come andarono davvero i fatti tra Paolo e i Pilastri. Galati 1 e 2 sono invero i capitoli più belli di tutto il Nuovo Testamento, perchè come un fulmine a ciel sereno aprono finalmente uno squarcio su qualcosa che, perfino nell'ipotesi che sia tutto quanto solamente inventato (e da chi possiamo perfino intuirlo), ha il sapore tragico e amaro della vita vera. Forse perfino il prof Lüdemann indugia in una sottile armonizzazione nell'articolo di seguito (illuminante in tal senso il fatto che ci tiene a sottolineare che i “falsi fratelli” non erano strictu sensu gli stessi seguaci dei “Pilastri” ma un terzo gruppo) ma posso perdonarlo, dal momento che lui stesso ha almeno l'umiltà di riconoscere che “siccome non abbiamo fonti primarie dell'opinione della comunità di Gerusalemme, tutto questo deve rimanere incerto”: un atto di umiltà del genere, provenendo da un biblista, ovvero da un esperto in un campo dominato da dementi teologi sotto mentite spoglie di storici, non può che essere sorprendente. Mi limito perciò a tradurre l'esegesi di Galati 2 tentata dal professore, preoccupandomi di sottolineare l'incredibile assenza, perfino in una questione così delicata e compromettente come poteva esserlo il futuro di un minuscolo movimento nascente intorno al dilemma della vera identità da assumere (se ebraica o greco-romana), di qualsiasi appello o accenno all'autorità, se qualcuna vi fosse mai stata, di un ipotetico Gesù storico: zero, nil, nicht, nada. 

Ma l'articolo del prof Lüdemann ci dice qualcosa di più: dove non contò un emerito nulla perfino il benchè minimo accenno al ricordo autorevole di un Gesù storico, dove non fu neppure minimamente contemplata la stessa possibilità di dirimere una volta per tutte la questione appellandosi all'esperienza di un Gesù storico, contò ben più prosaicamente il potere del denaro
 
Tutto andò come se *letteralmente* non ci fosse mai stato un Gesù storico sulla Terra.






La Colletta per i Santi come un'Educata Tangente: Uno Sforzo per Umanizzare Paolo
Di Gerd Lüdemann
Professore Emerito di Storia e Letteratura del Cristianesimo Antico
Georg-August-University of Göttingen
Visiting Scholar presso la Vanderbilt University
Homepage: gerdluedemann.de
Gennaio 2016

Dato il modo in cui gruppi cristiani si stavano allontanandosi nel primo periodo, i conflitti erano pre-programmati. Per la comunità di Gerusalemme di lingua aramaica, la Torah era ancora valida. Chi era battezzato nel nome di Gesù
sia ebreo o gentile non era libero di fare a meno della legge. Gesù era venuto per adempiere la legge, non per distruggerla (Gal 5:17).

La conferenza di Gerusalemme, riportata da Paolo in Gal 2 e da Luca in Atti 15, fu un tentativo importante per risolvere questa crisi. Noi ci atterremo al racconto del testimone oculare Paolo.

La discussione riguardò la necessità che i cristiani gentili avrebbero dovuto essere circoncisi al fine di poter diventare membri della comunità cristiana (Gal 2:3). Era diretta contro la pratica di accettare gentili nella comunità senza circoncisione. Questa decisione non era stata fatta poco prima della conferenza, ma qualche tempo prima, in particolare nella comunità di Antiochia in cui quelli che Paolo chiama “falsi fratelli” si erano insinuati per “spiare” la libertà dei cristiani lì presenti.

Subito dopo, Paolo va a Gerusalemme con Barnaba. In un atto provocatorio, prende  con lui anche il cristiano gentile Tito, così da ottenere in linea di principio il consenso dei capi di Gerusalemme e la comunità là presente alla sua condotta personale.

Due diversi gruppi di trattative si possono distinguere nel racconto di Paolo in Galati: un gruppo, nel quadro di un'assemblea della comunità (verso 2a), l'altro con i “pilastri” in un piccolo gruppo (versi 2b, 6-10). Il rapporto cronologico tra le discussioni non è chiaro.

Dopo difficili discussioni ed eccitati argomenti, Paolo è in grado di strappare dai “pilastri”, un riconoscimento che i cristiani gentili non hanno bisogno di essere circoncisi. In ogni caso, il compagno greco di Paolo, Tito, non è stato costretto a farsi circoncidere (verso 3; si veda verso 14; 6:12). Tuttavia l'accordo fu ferocemente disputato; anzi, si deve presumere che, almeno inizialmente i “falsi fratelli” ebbero un notevole sostegno nella comunità di Gerusalemme alla loro richiesta che Tito fosse circonciso. Probabilmente loro continuarono ad avere “i pilastri” almeno in parte al loro fianco.

Tuttavia, Paolo aveva in linea di principio il consenso della comunità di Gerusalemme per la sua missione ai gentili senza circoncisione. La ragione per sigillare l'accordo con una stretta di mano solenne come un segno della loro uguaglianza era evidentemente il successo della missione. Per questo i cristiani di Gerusalemme non potevano chiudere gli occhi. Anche la disponibilità delle comunità cristiane gentili o dei loro rappresentanti, Paolo e Barnaba, a sigillare l'accordo mediante un dono di denaro potrebbe aver recato un notevole contributo.

I cristiani di Gerusalemme probabilmente adottarono un atteggiamento ambivalente nei confronti di Paolo: da un lato la sua azione era ovviamente insufficiente, dal momento che coloro che erano stati convertiti da lui non osservavano la Torah. Invero, fu perfino pericoloso, dal momento che il loro esempio costantemente induceva gli ebrei a trasgredire la Torah. D'altra parte, era meglio di niente, dal momento che Cristo continuava ad essere predicato (si veda Fil 1:18) e centri venivano fondati nei quali l'opera poteva essere continuata – e forse corretta da delegati provenienti da Gerusalemme.

Supponendo che quelle riflessioni siano accurate, il gesto generoso da parte di Paolo è stato forse quello che li conquistò, tanto più dal momento che dal dono essi potevano dedurre determinati requisiti legali. Certamente Paolo è trattenuto nel descrivere questo aspetto della conferenza, quando egli afferma, “
a me, da quelle persone ragguardevoli, non fu imposto nulla di più.” (Gal 2:6). Ma poi segue un'altra clausola, “soltanto ci pregarono di ricordarci dei poveri: ciò che mi sono proprio preoccupato di fare.” (Gal 2:10). “Perciò la risoluzione più importante della conferenza è stata la meno evidente: il pegno di una collezione per la comunità di Gerusalemme; e ulteriori sforzi di Paolo per questa raccolta furono tra i più importanti della sua attività.” [1]
Gli studiosi si sono rovellati parecchio su questa colletta. Un gruppo lo comprende in analogia alla tassa del tempio, che ogni ebreo doveva pagare ogni anno, mentre un altro gruppo fa notare che per suo tramite si compie la promessa del pellegrinaggio delle nazioni. [2] Infine nel 2002, ispirato dal mio amico Tom Hall, ho coniato la frase che la colletta era "una tangente educata" da parte di Paolo. [3]

Siccome non abbiamo fonti primarie dell'opinione della comunità di Gerusalemme, tutto questo deve rimanere incerto. Eppure, una cosa sembra certa: i partner negoziali da Gerusalemme e Paolo sembrano aver capito la colletta in modi diversi, o per dirla più cautamente, l'accordo permise loro di interpretare la colletta in modi diversi. I capi di Gerusalemme considerarono l'accordo un'esortazione ad un certo grado di osservanza legale. Paolo, d'altra parte, dissimulò oppure addirittura ignorò le eventuali implicazioni legali del supporto.

    Romani 15:25-26

25 Prima, però, devo andare a Gerusalemme a consegnare un dono destinato ai credenti di quella città. 26 Perché, vedete, i cristiani della Macedonia e dell’Acaia, hanno raccolto delle offerte per aiutare i poveri della comunità di Gerusalemme.

In ogni caso, anche durante la Conferenza, forti tensioni rimasero tra Paolo e i leader della comunità di Gerusalemme da cui egli fu in grado di ottenere un accordo. Inoltre, nonostante il concordato con l'Apostolo delle genti, i “falsi fratelli” continuarono a far parte della comunità di Gerusalemme, e devono aver contestato l'accordo quanto più potevano. In ogni caso, la loro aperta ostilità a Paolo deve essere presupposta come un fattore operativo durante e dopo il concilio.

Se queste riflessioni non sono troppo lontane dalla verità storica, possiamo anche supporre che i “falsi fratelli” indirettamente influenzarono i dettagli dei risultati dei negoziati, nonostante la loro sconfitta sulla questione della circoncisione. Questa ipotesi è confermata da un attento esame della formula dell'accordo in Gal. 2:9 che mostra un carattere legale: “Noi ai pagani, essi ... agli ebrei”. Il campo della missione è diviso. D'ora in poi la missione alle genti è il compito di Paolo e Barnaba, e la missione agli ebrei quello di Giacomo, Cefa e Giovanni, con sede a Gerusalemme. La stessa formulazione delle frasi “ai pagani” o “agli ebrei” punta a una definizione esclusiva dei due gruppi. Ciò implica che in entrambi i casi solo i gentili o esclusivamente gli ebrei sono il punto focale della missione. Ma questo significa che l'accordo su un'unione era allo stesso tempo un accordo su una divisione o addirittura una separazione delle due chiese, una legata alla legge e l'altra libera da essa. (Naturalmente questa distinzione era quasi assoluta, infatti i cristiani gentili erano in senso stretto non esenti da tutta la legge, se lo fossero, sarebbero libertini.) La formula unificante di cui sopra certamente assicurò a Paolo il diritto incondizionato di impegnarsi nella missione ai gentili. Ma poteva anche essere utilizzata per invertire una missione per i pagani e gli ebrei. Cioè, il regolamento non escludeva la possibilità che in futuro gli ebrei non osservanti che vivevano in una congregazione cristiana gentile avrebbero potuto essere obbligati a rispettare la legge (intera). Qui troviamo uno sviluppo che non è affatto raro nella storia, vale a dire che una preoccupazione per l'unità a quasi ogni prezzo (e quindi veramente inutile) ravviva le forze opposte che avevano scatenato in primo luogo il conflitto. Questo ovviamente diventò vero nelle comunità paoline, che furono invase da missionari giudeocristiani dopo la Conferenza.


Note

[1] Rudolf Bultmann. “Ethical and Mystical Religion in Primitive Christianity,” Die Christliche Welt 34 (1920: 725–731: 730.

[2] Si veda Isaia 2:2–4; 60:3, 11–22, etc.

[3] Si veda Gerd Lüdemann: Paul: The Founder of Christianity (Amherst: NY, Prometheus Books, 2002), 42; Robert Orlando: Apostle Paul: A Polite Bribe (Cascade Books, 2014).

lunedì 11 gennaio 2016

Sugli Dèi che Muoiono e Risorgono (e perchè Gesù era uno di loro)


Gesù era una deità nello stile di molti altri dèi e semidèi, e solo dopo giunse a ricevere una vita sulla terra, secondo un processo che può essere chiamato storicizzazione o evemerizzazione (dal nome di un filosofo greco vissuto intorno al 300 A.E.C., Evemero, che per primo fantasticò che gli dèi, compreso Zeus, prima di divenire tali erano stati veri e propri individui “storici” sulla Terra). Una persona come Paolo conobbe Gesù tramite ciò che si potrebbe definire una visione. Il cristianesimo si originò come religione misterica tra molte altre del tempo. Paolo conosceva Gesù solo mediante visioni. Questo Gesù conosciuto da Paolo non era mai vissuto come un uomo mortale e né Paolo né nessun altro apostolo prima di lui era a conoscenza del Gesù terreno. Apostoli erano anche i tre pilastri Giacomo, Cefa/Pietro e Giovanni. I vangeli erano stati allora una rappresentazione allegorica della natura divina di Gesù, raffigurato come se avesse vissuto una vita sulla Terra con persone apparentemente reali, tra cui Pietro.

Tuttavia, vorrei ancora una volta sottolineare che anche se credo che il movimento cristiano nel suo stadio originario concepiva Gesù solo come un dio, comunque non escludo che ci possa essere stata una vera e propria figura che sia servita da modello all'origine di alcuni singoli episodi del vangelo, una persona che non rassomigliava per nulla al Gesù evangelico e di cui Paolo era completamente ignaro. Ma per semplicità e perché non è possibile dimostrare l'esistenza storica di una simile ipotetica controfigura per il Gesù evangelico, tale ipotesi può essere abbandonata per il momento.

Si noti inoltre che tutto questo non implica una cospirazione. Si erano generati in questo modo la maggior parte dei miti. Cominciavano come spettacoli folkloristici, mescolati con altri spettacoli, abbelliti e, infine, trascritti in un contesto che costituiva apparentemente un vero e proprio scenario storico, anche se cose del genere con tutta probabilità non si erano mai verificati. Non era fondatore di Roma il primo re di Roma Romolo. Non era la vergine Rea Silvia la madre dei gemelli Romolo e Remo. Non fu un lupo ad allattare Romolo e Remo. Non erano cresciuti tra i pastori. Romolo non uccise suo fratello e non fondò la città di Roma. Ma tutto questo era ciò che affermò Livio nel secondo secolo A.E.C, prima del cristianesimo. Livio dice anche che Romolo fu ucciso da una congiura di senatori contro di lui. Romolo resuscitò dai morti, tuttavia più tardi si rivelò per diffondere la buona notizia ed ascendere in cielo, da dove governa le sorti dell'Urbe.

Io non sto affatto sostenendo che le religioni misteriche pagane influenzarono direttamente il cristianesimo originario. La principale sostenitrice dell'influenza diretta del paganesimo (specialmente egiziano) sul più antico credo cristiano è Acharya S. Lei, del resto, non è più tra noi. È morta di cancro il giorno di Natale. È molto triste.

Acharya e Pier Tulip si sbagliano. Non si tratta di meri miti egizi riciclati ma del ben più vasto fenomeno di sincretismo che riguardava TUTTE le religioni misteriche ellenistiche.

Il sincretismo comporta che quando le religioni si mescolano, dovuto al fatto che si incontrano le loro culture di provenienza, il risultato è una nuova religione sincretica. Occorre inoltre comprendere che in questo periodo vi era una tendenza verso l'individualismo. Quelli che erano cominciati come culti aventi per oggetto divinità della vegetazione, cioè che vivevano e morivano seguendo le variazioni della natura, si trasformarono durante questo periodo, il periodo ellenistico, incentrandosi nella salvezza individuale. La salvezza personale in un mitico aldilà veniva improvvisamente promessa dal dio che muore e risorge di turno. La tendenza era il mescolamento di questi miti con altre religioni e culti. In questo modo varie religioni giunsero a fondersi con i pensieri e le credenze ellenistiche e sorse una nuova religione sincretica che ricalcava da lontano quelle originali, ma era comunque qualcosa di nuovo. Abbiamo diversi esempi di questo sincretismo religioso di matrice ellenistica.

La religione misterica di Dioniso era un misto di credenze greche e fenicie. La Fenicia era approssimativamente il Libano odierno e la costa siriana sul Mediterraneo.
La religione misterica di Attis e Cibele era un misto di credenze greche e frigie. La Frigia era più o meno una regione dell'odierna Turchia settentrionale.
La religione misterica di Iside e Osiride era un misto di credenze greche ed egiziane. È chiaro che non ci si deve aspettare affatto tracce del culto misterico di Osiride negli originari testi egiziani. Tracce del genere si possono trovare solo nei misteri ellenistici greco-romani formatisi attorno alle credenze egiziane su Iside e Osiride, ma ovviamente differiscono da quelle contenute nell'antica religione egiziana dei faraoni.
La religione misterica di Mitra era un misto di credenze greche e persiane. La Persia era grosso modo l'Iran odierno.
    E così abbiamo il cristianesimo. La religione misterica di Gesù consisteva in una miscela di credenze ellenistiche ed ebraiche. Geograficamente, stiamo parlando di Israele.

Perché dovremmo credere che il cristianesimo era l'“unica” eccezione a questa “regola”?


L'idea di base ai vari culti misterici è che la vita e la morte del dio seguono i cicli della natura. Le divinità della vegetazione seguivano i cicli della natura. Il dio moriva quando la natura si appassiva d'inverno e rinasceva di nuovo in primavera, al fiorire della vegetazione. Non c'era nessun imbarazzo per la morte degli dèi. Perchè la morte di Gesù avrebbe dovuto fare eccezione? Ma i folli apologeti cristiani sembrano ignorare che questi dèi ellenistici, durante le religioni misteriche del tempo, vengono adorati unicamente in quanto dèi che muoiono e risorgono, perchè solo così potevano assicurare la salvezza nella vita ultraterrena agli iniziati ai misteri.

I folli apologeti cristiani insistono nel ribadire ad nauseam che l'intera categoria di dèi che muoiono e risorgono era piuttosto popolare nel corso del 1900, ma sarebbe stata criticata e infine scartata perchè, a detta dell'accademico Jonathan Z. Smith, non ci sarebbe alcuna prova che questi dèi in realtà muoiono e risorgono, perchè semplicemente scompaiono o muoiono (senza ritornare in vita), oppure riappaiono sì ma non muoiono. È vero che Adone moriva, ma non resuscitava dal momento che rimaneva in bilico tra il regno degli dèi e il regno degli inferi. Non è vero che Baal moriva perchè il mito relativo è ambiguo in proposito. Sempre secondo Smith, non ci sarebbe alcuna prova che Tammuz fosse un dio che muore e risorge, nonostante a piangerne la morte erano le stesse donne ebree in Ezechiele 8:14. L'errore di Smith - e per estensione di tutti i folli apologeti che si appellano alla sua autorità - è di avere interpretato in modo troppo specifico i miti di cui abbiamo notizia, al solo scopo di enfatizzare oltre misura le differenze (fallacia della falsa differenza).  Tuttavia, non è sulle differenze che ci si dovrebbe concentrare se l'obiettivo è trovare un'influenza. 

Provai un senso di riprovazione e disgusto morale quando vidi commettere quella fallacia, durante una conversazione online, da quel demente folle apologeta cattolico di Jerim Pischedda, che esaltava Smith quasi fosse una divinità. Eppure Wikipedia è davvero informativa al riguardo:
Una distinzione senza una differenza è un tipo di errore logico tramite cui un autore o un oratore tenta di descrivere una distinzione tra due cose, anche se non esiste alcuna differenza. È particolarmente usato quando una parola o una frase ha connotazioni ad esso associate che una delle parti di una discussione preferisce evitare.
(mia enfasi)

Evidentemente i folli apologeti cristiani come Piscehdda sempre preferiranno evitare di riconoscere che esistette nel I secolo un'intera categoria di dèi morenti e risorgenti pur di non considerare che anche Gesù apparteneva a quella categoria. 

Una forte critica delle tesi apologetiche di Smith si deve relativamente di recente al professore emerito di esegesi dell'Antico Testamento presso l'Università di Lund, Tryggve N.D. Mettinger, nel libro The Riddle of Resurrection: "Dying and Rising Gods" in the Ancient Near East (Coniectanea Biblica, 2001 Stoccolma). Mettinger sostiene che esisteva davvero la categoria di dèi che muoiono e risorgono. Le somiglianze in tal senso con Gesù sono reali e il libro di Mettinger è molto istruttivo al riguardo, a mio parere.
Un problema critico terminologico è se usare o meno il termine "risurrezione".
Nel linguaggio comune il termine ha forti connotazioni cristologiche, e si è messo in dubbio che sia di qualche utilità negli studi di religione comparata. Trattando di divinità io, tuttavia, mi sentirò libero di usare il termine "risurrezione" in relazione agli dèi che scendono negli Inferi e vi fanno ritorno per assumere piene a attive funzioni sulla terra. Il descensus è per me una metafora per "morente"; corrispondentemente, il ritorno dagli inferi deve essere una metafora dell'essere riportato in vita di nuovo.

(pag. 42, mia libera traduzione)
Non sono necessariamente altre culture e le loro credenze mitologiche ad aver influenzato il Cristianesimo. Ciò è stato sicuramente fatto in rare occasioni, ma non sempre. Una spiegazione migliore potrebbe essere che tutti i temi comuni a più culture sono tutti derivati da un ancestrale patrimonio comune. 

È curioso che Richard Miller nota che, tra tutti quei 77 esempi in tutta la letteratura pagana antica di eroi, dèi o semidei a cui è stato applicato il tropos letterario ellenistico della traslazione e ascensione del corpo, ben 13 esempi sono classificati sotto il sottotema “ignominiosa o ignobile ingiustizia vendicata mediante traslazione” (quelli che evidenzio in rosso):

ACCA LARENZIA

EGA FIGLIA DI OLENO

ENEA FIGLIO DI AFRODITE

ALCMENA PRINCIPESSA DI MICENE E TIRINTO

ALCIONE REGINA DI ERACLEA TRACHINIA

ALESSANDRO MAGNO 

ALTEMENE PRINCIPE DI CRETA
 
ANFIARAO RE DI ARGO

ANASSIBIA REGINA DI TESSAGLIA

ANNA PERENNA, SORELLA DI DIDONE

ANTINOO

APOLLONIO DI TIANA

ARIANNA PRINCIPESSA DI CRETA

ARISTEO, FIGLIO DI APOLLO

ARISTEA DI PROCONNESO

ASCLEPIO
 
ASPALIDE

ASTREA, FIGLIA DI ZEUS

AVENTINO, RE DI ALBA LONGA

BELO, RE DI ASSIRIA

BERENICE, REGINA DELL'EGITTO TOLEMAICO

BRANCO FIGLIO DI APOLLO

BRITOMARTIS,

CANENS FIGLIA DI GIANO

CARIA, PRINCIPESSA DI LACONIA

CÈICE

CASTORE FIGLIO DI TINDARO
 
CHIRONE IL CENTAURO
 
CLEOMEDE DI ASTIPALEA
 
CRESO RE DI LIDIA

CICNO RE DI COLONE
  
DAFNE

DIOMEDE RE DI ARGO
 
DIONISO FIGLIO DI ZEUS
 
EMPEDOCLE

EPIDIO

ERETTÉO

ERIGONE, FIGLIA DI ICARIO DI ATENE

EURIPIDE

EUROPA, PRINCIPESSA DI FENICIA

EUTIMO

GAIO FLAMINIO

GANIMEDE

GLAUCO DI CRETA
 
ARPALICE
ERCOLE

ERACLIDE PONTICO

ESPERO, FIGLIO DI EOS

GERONE RE DI SIRACUSA

IMERA, SORELLA DI MEMNONE RE DI ETIOPIA

HORUS, FIGLIO DI ISIDE E OSIRIDE

GIACINTO, PREDILETTO DA APOLLO

ILA FIGLIO DI APOLLO
 
IDMONE FIGLIO DI APOLLO

INO REGINA DI TEBE

IFIGENIA FIGLIA DI AGAMENNONE
 
LEUCIPPO FIGLIO DI ENOMAO

LICURGO, LEGISLATORE DI ATENE

EDIPO RE DI TEBE

ORIONE

ORIZIA PRINCIPESSA DI ATENE

PAMFILO

PISISTRATO RE DI ORCOMENO

PELEO PADRE DI ACHILLE

LA FIGLIA DI FORMIONE

PEREGRINO PROTEO

TOLOMEO XIII TEO FILOPATORE

PITAGORA

ROMOLO FIGLIO DI MARTE

SATURNO PRIMO RE DEL LAZIO

SEMELE


SEMIRAMIDE

TESEO FONDATORE DI ATENE

TITONE PRINCIPE DI TROIA

TROFONIO, FIGLIO DI APOLLO

XISUTRO



Dei 13 esempi di figure pagane che hanno subito una morte ignobile e umiliante, solo una (!) è un personaggi storico (Creso).

Ne deriva che Mauro Pesce è un banale apologeta criptocristiano quando sostiene che la miglior prova della storicità di Gesù sarebbe l'umiliazione della sua morte su una croce romana, a causa del presunto 'imbarazzo' che quella morte reca con sè.


 
Se fosse intellettualmente coerente, infatti, il prof di Bologna avrebbe dovuto applicare la sua stessa “logica” su ognuno di quei 13 esempi di cui sopra, concludendo che:

1) il principe di Creta Altemene fu ucciso nel modo più ignominioso possibile,
2) nessuno avrebbe inventato una fine così ignominiosa per un eroe come Altemene,
3) Perciò Altemene è esistito.

1) il re di Argo Anfiarao fu ucciso nel modo più ignominioso possibile,
2) nessuno avrebbe inventato una fine così ignominiosa per un eroe come Anfiarao,
3) Perciò Anfiarao è esistito.

1) Aspalide fu uccisa nel modo più ignominioso possibile,
2) nessuno avrebbe inventato una fine così ignominiosa per una eroina come Aspalide,
3) Perciò Aspalide è esistita.

1) Il centauro Chirone fu ucciso nel modo più ignominioso possibile,
2) nessuno avrebbe inventato una fine così ignominiosa per una divinità come Chirone,
3) Perciò Chirone è esistito.

1) Cleomede di Astipalea fu ucciso nel modo più ignominioso possibile,
2) nessuno avrebbe inventato una fine così ignominiosa per un eroe come Cleomede,
3) Perciò Cleomede di Astipalea è esistito.

 
1) Dafne fu uccisa nel modo più ignominioso possibile,
2) nessuno avrebbe inventato una fine così ignominiosa per una ninfa come Dafne,
3) Perciò Dafne è esistita.

1) Dioniso fu ucciso nel modo più ignominioso possibile,
2) nessuno avrebbe inventato una fine così ignominiosa per una divinità come Dioniso,
3) Perciò Dioniso è esistito.

1) Arpalice fu uccisa nel modo più ignominioso possibile,
2) nessuno avrebbe inventato una fine così ignominiosa per una principessa come Arpalice,
3) Perciò Arpalice è esistita.

1) Ercole fu ucciso nel modo più ignominioso possibile,
2) nessuno avrebbe inventato una fine così ignominiosa per un eroe come Ercole,
3) Perciò Ercole è esistito.

1) Idmone figlio di Apollo fu ucciso nel modo più ignominioso possibile,
2) nessuno avrebbe inventato una fine così ignominiosa per un semidio come Idmone,
3) Perciò Idmone è esistito.

1) Ifigenia figlia di Agamennone fu uccisa nel modo più ignominioso possibile,
2) nessuno avrebbe inventato una fine così ignominiosa per una eroina come Ifigenia,
3) Perciò Ifigenia è esistita.

1) Leucippo figlio di Enomao fu ucciso nel modo più ignominioso possibile,
2) nessuno avrebbe inventato una fine così ignominiosa per un eroe come Leucippo,
3) Perciò Leucippo è esistito.

1) Semiramide fu deposta nel modo più ignominioso possibile,
2) nessuno avrebbe inventato una fine così ignominiosa per una regina come Semiramide,
3) Perciò Semiramide è esistita.
 
Ne deriva che è concreta la possibilità che la morte e risurrezione di Gesù fosse solo un costrutto mitologico ebraico, attinto dai miti e dai riti degli dèi che muoiono e risorgono del mondo ellenistico circostante. 
Ovviamente il folle apologeta di turno si concentrerà sulle differenze tra, per esempio, Gesù e Osiride: quest'ultimo viene macellato, ricomposto, rimasto come dio giudice negli Inferi, “perciò” non sarebbe davvero risorto “tantomeno” sarebbe asceso al cielo. Infatti, anche se c'erano senz'altro quelle differenze l'importante è che ricorrano gli stessi concetti di morte e di rinascita per Osiride come per Gesù.  Nel caso di Osiride, questo è sicuramente il caso. Lo assicura Seneca (morto nell'anno 65 EC) come conferma lo stesso Agostino.
Nessuno crederebbe ai fatti che, come Seneca narra, si verificavano abitualmente in Campidoglio e che egli con vero coraggio stimmatizza, se non fossero stati compiuti da buffoni e da pazzi. Egli derideva che nei misteri egiziani si piangesse lo smarrimento di Osiride e che all'improvviso si manifestasse una grande gioia nel ritrovarlo, poiché il suo smarrimento e ritrovamento erano nell'immaginazione, invece venivano manifestati di fatto il dolore e la gioia da individui che non avevano smarrito e ritrovato nulla.
(Agostino, De Civitate Dei, VI, 10.2, mai enfasi) 
Inoltre lo conferma Plutarco, che così scriveva verso la fine del secondo secolo:
Anche le storie dei Titani e le Feste Notturne, del resto, hanno caratteristiche simili ai racconti che parlano dello smembramento di Osiride, della sua resurrezione e della sua nuova nascita.
(Plutarco, De Iside et Osiride, 35, mia enfasi)
Che ironia del destino sapere che ciò che Agostino, per bocca di Seneca, derideva a proposito della morte e resurrezione del dio che muore e risorge Osiride, era vero nel I secolo anche per il dio morente e risorgente Gesù!

I folli apologeti insistono sul fatto che Mitra non è chiaramente un dio che muore e risorge dal momento che Mitra uccide il toro ma non ne viene affatto ucciso. In questo modo di certo è confutato una volta per tutte un folle miticista astroteologo come Pier Tulip.  È corretto dire che le fonti più antiche sul mitraismo sono resti archeologici, che non si sa che cosa simboleggiano. Gli iniziati ai Misteri di Mitra sono riusciti nel mantenere segrete le loro tradizioni e pertanto, è un dibattito continuo sapere il reale contenuto di quelle tradizioni. Sono completamente d'accordo con chi dice che è difficile vedere gli stretti legami quando noi non sappiamo neppure quali idee intrattenevano gli iniziati ai Misteri di Mitra.

Non vi è alcuna prova che Mitra fosse un dio che muore e risorge. Potrebbe essere stato così, ma noi semplicemente non sappiamo. È totalmente controproducente brandire come evidenza ciò che non è ovviamente tale. In questo caso, si deve indicare chiaramente cos'è quell'evidenza. Non è affatto vero, ad esempio, che Mitra aveva 12 discepoli.

Naturalmente, esistono affinità tra altre religioni e il cristianesimo. Le immagini della Madonna con Gesù bambino sono sorprendentemente simili a quelle di Iside e Horus, e la gravidanza di Maria da Dio ricorda quella di Ercole da Zeus, oppure le promesse di felicità ultraterrena da parte del dio morente e risorgente Osiride ai suoi fedeli ricordano troppo da vicino quelle di Gesù ai suoi fedeli.
Osiride, Romolo e Talmossi sono tre divinità che muoiono e risorgono, e i loro culti in tutti e tre i casi precedevano il cristianesimo.  Senza contare i parallelismi tra Gesù e Dioniso, Eracle, Asclepio, e così via. Ovviamente, è anche vero che le nuove religioni misteriche sincretiche differiscono dalle loro corrispondenti religioni madri.

Nel libro
On the Historicity of Jesus Why We Might Have Reason for Doubt (Sheffield Phoenix Press, 2014) a pagina 229-231, Richard Carrier elenca le caratteristiche che, secondo Otto Rank e Lord Raglan, accompagnano tipicamente l'eroe di una saga leggendaria qualunque. Sono in tutto 22: 

1. La madre dell'eroe è una vergine di sangue reale.
2. Suo padre è un re e 
3. spesso un parente della madre, ma 
4. le circostanze del suo concepimento sono insolite, ed
5. egli è anche noto per essere il figlio di un dio
6. alla nascita si fa un tentativo per ucciderlo, ma
7. egli è condotto via, e
8. allevato da genitori adottivi in un paese lontano 
9. non si riporta nulla della sua infanzia, ma
10. raggiunta la maturità torna o va al suo futuro regno.
11. Dopo una vittoria su re o giganti, draghi, o bestie selvaggie
12. sposa una principessa, spesso la figlia del suo predecessore e
13. diventa re.
14. Per un periodo di tempo regna senza complicazioni e
15. prescrive leggi, ma
16. perde poco dopo il favore degli dei e/o del suo popolo ed
17. è spodestato dal trono e dalla città, dopodichè
18. va incontro ad una morte misteriosa
19. spesso in cima a una collina.
20. I suoi figli, se ne ha, non gli succedono al trono.
21. Il suo corpo non è sepolto, ma comunque 
22. ha uno o più santi sepolcri.

Poi elenca i 15 caratteri che soddisfino almeno la metà dei 22 punti sopra elencati:

     Edipo (21)
    Mosè (20)
    Gesù (20)
    Teseo (19)
    Dioniso (19)
    Romolo (18)
    Perseo (17)
    Ercole (17)
    Zeus (15)
    Bellerofonte (14)
    Giasone (14)
    Osiride (14)
    Pelope (13)
    Asclepio (12)
    Giuseppe [cioè, il figlio di Giacobbe] (12)


Gesù dunque è situato al  posto con gli stessi punti di Mosè ed è superato solo da Edipo. Di queste figure, ben 14 possono essere ritenute senza ombra di dubbio mitologiche dall'inizio alla fine. È solo Gesù, tra quelle 15 figure, che è ancora considerato enfaticamente e ossessivamente una persona reale. Tutto questo, se non altro, dovrebbe farci interrogare sulla storicità di Gesù. Dovrebbe farci riflettere su quanto suona fragile, per non dire falsa, l'apparente “granitica” certezza di un Mauro Pesce o di un Corrado Augias che un Gesù storico sia effettivamente esistito...