lunedì 28 marzo 2016

Sul probabile link tra Svetonio e il “Profeta Egiziano”

La geniale studiosa autodidatta Lena Einhorn ha da poco pubblicato un libro che sono davvero curioso di leggere.

Si tratta di un'espansione della sua tesi precedente (secondo la quale il reale Gesù storico sarebbe il “Profeta Egiziano”) che a suo tempo mi sorprese e mi fece piuttosto inclinare ad un'interpretazione più miticista dell'indiscutibile evidenza da lei offerta.
Indipendentemente dalla Einhorn, io ho trovato nel frattempo tre fatti altrettanto curiosi che corroborano fortemente la sua tesi principale.

Il primo fatto riguarda le parole enigmatiche del folle apologeta proto-cattolico Ireneo.
Quando fu battezzato, Egli non aveva ancora raggiunto il trentesimo anno ma era prossimo al compimento perchè così Luca, che ha menzionato i suoi anni, si è espresso: “Gesù quando iniziò il ministero aveva quasi trent'anni”. Secondo questi uomini, egli predicò un anno soltanto, computato dal suo battesimo. Al completamento del trentesimo anno Egli soffrì, essendo così ancora un giovane uomo che non raggiunse mai l'età avanzata. Ora, che quello stadio iniziale della sua vita abbracci trent'anni e che questo si estenda fino ai quaranta, chiunque lo ammetterà. Ma dal quarantesimo anno e dal cinquantesimo un uomo inizia a reclinare nell'età degli anziani, che il Signore nostro possedeva mentre stava ancora adempiendo l'ufficio di Maestro, come il Vangelo e gli anziani testimoniano. Quelli che in Asia conoscevano Giovanni, il discepolo del Signore, affermavano che egli trasmise loro quell'informazione. Alcuni di loro, inoltre, non videro solo Giovanni ma anche gli altri apostoli e udirono da quelli lo stesso racconto e portano testimonianza alla affermazione. Cosa dovremmo dunque credere? Se quegli uomini, oppure Tolomeo, non videro mai gli apostoli e che non ebbero neppure nei loro sogni la benchè minima traccia di un apostolo? Ma, oltre a questo, quei giudei che disputarono col Signore Gesù Cristo hanno più chiaramente indicato la stessa cosa. Infatti, quando il Signore disse loro: “Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e se ne rallegrò”, essi risposero: “Non hai ancora cinquant'anni e hai visto Abramo?”. Ora, un simile linguaggio è applicabile soltanto a qualcuno che abbia superato l'età di quarant'anni, senza che tuttavia abbia raggiunto i cinquanta, e non è lontano da questa età. Ma ad uno che avesse avuto soltanto una trentina di anni, avrebbero detto: “Non hai ancora quarant'anni e hai visto Abramo?” perchè coloro che avevano in animo di accusarlo di dichiarare il falso, certamente non avrebbero aumentato il numero dei suoi anni rispetto a quelli che aveva. Essi citarono un arco di tempo indubbiamente prossimo alla sua età reale, se avevano accertato quella nel pubblico registro, oppure semplicemente congetturarono l'età sulla base di quel che osservavano, cioè che egli superava la quarantina di anni e che certamente egli non aveva solo trent'anni di età. E' improbabile che si siano sbagliati di una ventina di anni quando volevano dire che egli era più giovane dei tempi di Abramo. Infatti ciò che essi videro, lo espressero. Ed Egli non era davanti a loro un fantasma, ma un essere tangibile, in carne e sangue. Egli, pertanto, doveva essere prossimo alla cinquantina. E, sulla base di ciò, gli dissero: “Non hai ancora cinquant'anni e hai visto Abramo?” Egli, dunque, non predicò per un anno solamente e non fu condannato alla sofferenza nel dodicesimo mese dell'anno.
(Ireneo, Adv. Haer. 2.22.4-6)

Se Gesù morì a 50 anni, allora sarebbe pressochè contemporaneo allo stesso tempo del “Profeta Egiziano”, anche lui attivo sotto Claudio. Che al tempo di Ireneo circolavano delle voci in merito? L'opera più ideologicamente vicina a Ireneo sarebbe Atti degli Apostoli, che io colloco nella seconda metà del II secolo: e una delle preoccupazioni del suo autore fu chiaramente quella di allontanare l'idea che Paolo fosse in combutta col Profeta Egiziano.

Ad ogni caso, per pura coerenza col mio sincero disprezzo verso tutto ciò che è propinato da quei falsari protocattolici (nonchè tendenziosi propagandisti del calibro dell'autore di Atti degli Apostoli e di apologeti isterici come Ireneo), non mi va, a ragion veduta, di appellarmi alla loro “autorità” sull'età di Gesù per la semplice ragione che non ne riconosco loro alcuna.


Il secondo fatto
è assai più interessante e affidabile del primo. Richard Carrier, basandosi parzialmente sui risultati di Eric Laupot, ha presentato un argomento piuttosto convincente per concludere che la riga «Auctor nominis eius Christus Tiberio imperitante per procuratorem Pontium Pilatum supplicio adfectus erat» nel più vasto Testimonium Taciteum è probabilmente un'interpolazione cristiana volta a spiegare agli occhi dei lettori cristiani del III secolo chi fosse l'originatore dei misteriosi Chrestiani perseguitati da Nerone.
Si dà allora il caso che, secondo Carrier e Laupot, quei Chrestiani erano sediziosi ebrei attivi nella Capitale, qualcosa di simile ai moderni Jihadisti infiltratisi nelle principali capitali europee per aizzare i musulmani europei a smetterla di essere “moderati”. Da quel punto di vista, Nerone era certamente giustificato a perseguitarli come capro espiatorio del Grande Incendio di Roma.
Orbene, secondo il dr. Carrier, l'origine più probabile del nome “Chrestiani” va trovata nel famoso “impulsore Chresto” svetoniano, ovvero quell'altrettanto enigmatico personaggio che Svetonio descrive come parimenti riottoso sotto Claudio:

Iudaeos impulsore Chresto assidue tumultuantes Roma expulit.
(Svetonio, Vita di Claudio, 23.4)

E qui arriviamo al terzo fatto: quando era attivo questo Cresto probabile fondatore della setta dei Crestiani? Al tempo di Claudio. Ovvero esattamente al tempo in cui il “Profeta Egiziano” infestava Israele secondo il racconto di Flavio Giuseppe.
E come viene descritto in quello stesso passo di Svetonio quel Cresto?

Così Laupot:

... Cresto non necessita di essere presente a Roma prima o durante l'espulsione: come re dei Nazorei, i suoi seguaci in tutto l'Impero avrebbero presumibilmente obbedito ai suoi ordini per creare disordini, non importa dove egli stesso potrebbe essere stato (ovvero, in Israele). Questa ipotesi spiega meglio tutti i fatti noti relativi al rapporto di Svetonio su Cresto, tra cui (1) il forte gioco di parole tra impulsore ed expulit che "stabilisce un contrasto esplicito tra le azioni dell'impulsor Cresto e dell'expulsor Claudio, vale a dire, “Crestus impulit, Claudius expulit”  (Slingerland, Claudian Policymaking, 167). Questo gioco di parole è meglio interpretato nel suo contesto storico come raffigurante due re rivali, Cresto e Claudio, mentre spingono gli ebrei di Roma in direzioni opposte, (2) l'impiego regolare da parte di Svetonio in tutte le sue opere esistenti della parola tumultuantes per indicare disturbi politici anti-romani (idem, Claudian Policymaking, 156-9), e (3) l'apparentemente duratura celebrità di Cresto fino all'inizio del secondo secolo EC. Idem, Claudian Policymaking, 169-77; and Mottershead, Claudius, 150: “Infatti, a partire dalla Vita di Tiberio vi è una marcata riduzione del numero di persone nominate in Svetonio ed entrambi i nomi noti e non noti sono omessi da aneddoti. Questa tendenza è particolarmente evidente nella Vita di Claudio in cui, se si esclude il passo in discussione, con l'eccezione di alcuni liberti tutte le persone nominate sono connesse per nascita o matrimonio con la famiglia imperiale oppure sono ben note...
(mia libera traduzione da The Christiani’s Rule over Israel during the Jewish War: Tacitus’ Fragment 2 and Histories 5.13, Suetonius Vespasian 4.5, and the Coins of the Jewish War, pubblicato in origine in Revue des études juives 162, nos. 1-2 (2003) 69-96)
L'azione di “impulsore”, di istigatore, calza perfettamente a pennello con l'azione dell'“Egiziano”: entrambi aizzano masse di ebrei. Però dalle parole di Svetonio non è affatto obbligatorio inferire la presenza di questo sedizioso Cresto nella stessa Roma, prova ne è l'estrema facilità con cui un Chris Keith (non certo una fonte autorevole, visto com'è facilmente sospettabile di essere un banale apologeta cristiano) arriva a dire che il Cresto di Svetonio è “probabilmente” un riferimento allo stesso Gesù evangelico (notoriamente mai stato a Roma, stando ai vangeli).

Perciò secondo Keith et similia l'impulsore Cresto svetoniano poteva benissimo essere stato un ebreo presente in Israele e non a Roma. Il problema insormontabile per Keith (come per ogni storicista desideroso di associare il Cresto svetoniano al Gesù evangelico) è non tanto la sede effettiva di quel Cresto (Svetonio non dice che era presente a Roma, ma solo che aizzava gli ebrei di Roma sfidando la diretta volontà dell'imperatore Claudio in persona) quanto piuttosto un banale fatto cronologico: quel Cresto era sicuramente contemporaneo, secondo il testo di Svetonio, a Claudio, non a Tiberio. Ogni possibilità di identificarlo con Gesù detto Cristo evapora.

Ma a questo punto a risolvere l'enigma ci pensa l'inaspettata tesi di Lena Einhorn: e se il Cresto svetoniano fosse sì “Gesù”, ma nella sua vera identità, ovvero lo stesso leader messianico altrimenti conosciuto come il “Profeta Egiziano”?

Propongo un piccolo esperimento mentale. Dato che anche il dr. Carrier è aperto a tale possibilità (che Tacito avesse nominato “Cresto” come originatore dei Crestiani, con uno scriba cristiano a correggere poi la “e” in “i”), si supponga che Tacito avesse originariamente scritto così:

Nerone allora per far tacere queste voci fece passare per colpevoli e li sottomise a torture raffinate coloro che per i loro delitti il popolo detestava e chiamava Cristiani. Erano chiamati così dal nome di Cresto, il quale era stato condannato al supplizio sotto l'impero di Claudio da uno dei nostri procuratori, Felice; quella superstizione nefasta, repressa sulle prime, ora tornava a prorompere, non solo in Giudea, luogo d'origine di quel malanno, ma anche a Roma, dove da ogni parte confluiscono tutte le cose atroci e vergognose e vi trovano seguaci.
Sotto l'ipotesi che Cresto sia l'“Egiziano” allora è una possibilità che il procuratore in questione ad ucciderlo non fosse affatto Pilato (che era prefetto) ma Marco Antonio Felice, ovvero guardacaso proprio il procuratore (quindi Tacito dopotutto non si sbagliava quando scrisse “procuratorem”!) che sgominò il sedizioso “Egiziano”:
Impostori e imbroglioni convincevano molta gente a seguirli nel deserto. Promettevano di far vedere prodigi e segni per provvidenza divina... Proprio in questo torno di tempo giunge dall'Egitto a Gerusalemme un tale che asseriva di essere profeta e istigava il popolo ad andare con lui al monte detto degli ulivi, che sta di fronte alla città ad una distanza di cinque stadi. Affermava di voler dimostrare di là come a un suo comando le mura di Gerusalemme sarebbero crollate e proclamava che attraverso il varco sarebbero potuti entrare in città. Quando Felice ne ebbe notizia, mise in armi i soldati e, muovendo da Gerusalemme, con fanti e cavalieri, assalì i seguaci dell'egiziano, ne uccise quattrocento e ne prese vivi duecento. Datosi alla fuga dal campo di battaglia, l'egiziano scomparve.
(Antichità Giudaiche 20, 167-172)
Ha perfettamente senso per Tacito parlare di questo “Cresto” che fu ucciso attorno al 59 secondo Tacito. I cristiani alla lettura del passo devono aver pensato che Tacito avesse sentito la storia sbagliata e si presero la libertà di correggerlo.

L'improvviso salto all'indietro dal tempo di Nerone al tempo di Claudio e il balzo di nuovo in avanti è ancora una volta ciò che è veramente sconcertante del passo. Tacito avrebbe dovuto delucidare di più sulla soppressione della nuova superstizione se si fosse estinta negli anni '30 per poi attecchire di nuovo a Roma intorno agli anni '60. (l'Incendio ci fu nel 64). Ma non lo ha fatto. Se l'irruzione della superstizione accadde al tempo di Claudio non ci sarebbe stato alcun bisogno di spiegare cosa accadde. E difatti Tacito dedica al più una sola riga per spiegare l'origine del nome (se mai lo spiegò [1]). L'uccisione del Cristo da parte di Felice avrebbe sconvolto gli ebrei di Roma. Nerone poteva allora far ricadere su di loro la colpa dell'incendio.

Comunque, al di là se Tacito avesse o meno identificato esplicitamente in Cresto l'origine del nome dei suoi sediziosi Crestiani, il dr. Carrier ha già dimostrato oltre ogni ragionevole dubbio che quei Crestiani prendevano il nome dall'“impulsore Chresto” svetoniano (l'argomento del dr. Carrier sta in piedi al di là della stessa autenticità o meno del Frammento 2 di Tacito). Quello che sto proponendo qui è solo di accettare per un istante, come mera ipotesi esplicativa, che quel Cresto (inteso da entrambi Svetonio & Tacito) fosse esattamente il “Profeta Egiziano” di Flavio Giuseppe.

Come per mirabile incanto, verrebbero a spiegarsi:

1) perchè il nome “Cresto” è così simile al nome “Cristo”;
2) perchè tanto un Carrier quanto un Laupot avrebbero ragione a denunciare la natura sediziosa dei Crestiani menzionati da Tacito;
3) perchè il riottoso Cresto di Svetonio è probabilmente all'origine del nome
Chrestiani in Tacito;
4) perchè Cresto era contemporaneo di Claudio nonchè suo diretto sfidante;
5) perchè di Cresto tutto quello che occorreva sapere per Svetonio era che fosse un “istigatore”: in effetti anche il Profeta Egiziano lo era, per Flavio Giuseppe.

La soluzione più semplice che sembra catturare facilmente tutta l'evidenza presentata fin qui, è che i Romani chiamavano “Cresto” quel sedicente “Cristo” conosciuto in Israele come il “Profeta Egiziano”.

E a proposito di quest'ultimo, così si esprime il dr. Carrier in On the Historicity of Jesus:

Anche “l'Egiziano” (forse un leader di una setta ebraica da Alessandria) raccolse seguaci e predicò dal Monte degli Ulivi come fa Gesù Cristo nei vangeli), sostenendo di dover abbattere le mura di Gerusalemme - un'evidente allusione all'abbattimento miracoloso delle mura di Gerico, un altro atto del primo Gesù (il biblico Giosuè), infatti nella prima battaglia che seguì la sua traversata del Giordano, che fa di questo un altro simbolo dell'inizio della conquista di Israele. Predicare dal Monte degli Ulivi potrebbe anche implicare pretese messianiche - in quanto si credeva che un messia sarebbe stato lì negli ultimi giorni (Zacc. 14.1-9). Così, l'Egiziano stava predicando un'altra metafora della riconquista di Israele, ancora una volta la stessa operazione che solo il Cristo avrebbe dovuto compiere. Infatti, come sostiene Craig Evans, anche il nome stesso “Egiziano” evoca il percorso fuori-dall'-Egitto dell'originale Giosuè (da qui “Gesù”). Un altro (senza nome) “impostore” citato da Flavio Giuseppe (“impostore” essendo un ovvio codice per “falso messia” - chi altrimenti avrebbe preteso di essere?) raccolse seguaci e promise loro la salvezza, a patto di seguirlo nel deserto - un ovvio riferimento a Mosè, e, come mostra Craig Evans, questo 'impostore' creò allusioni simboliche al racconto della tentazione dell'Esodo, promettendo riposo nel deserto e liberazione dal male. Così come coloro che tentarono Dio nel deserto persero il loro riposo promesso da Dio, quelli che capovolgevano ritualmente questo comportamento potevano aspettarsi di vedere la restaurazione della promessa di Dio. Le intenzioni messianiche sono evidenti qui. Questo significa che tutti e quattro questi messia, come riportato da Giuseppe Flavio, stavano eguagliando sé stessi con Gesù (Giosuè) e facendo velate pretese di essere il Cristo (Messia). In altre parole, qui abbiamo in Flavio Giuseppe quattro Gesù Cristi. Il nostro fa semplicemente cinque. Il carattere evangelico di Gesù si inserisce quindi proprio nella tendenza documentata da Flavio Giuseppe.
(pag. 70, mia libera traduzione)
In altri termini, sta dicendo che il nome, o meglio il titolo, più probabile per il “Profeta Egiziano” (per passare alla Storia come tale), sarebbe non “Mosè”, dal momento che il Profeta Egiziano voleva ricalcarne le orme quale suo successore (e di Mosè perciò doveva esserci uno solo), bensì “Giosuè”, il diretto successore di Mosè che doveva riuscire nella conquista della Terra Promessa (completando l'opera iniziata da Mosè) e che l'Egiziano intendeva emulare nel suo folle tentativo di far cadere per intervento divino le mura di Gerusalemme (così da ripetere la conquista di Gerico, forse in un'implicita identificazione della Gerusalemme del tempo con la corrotta Gerico dell'Antico Testamento).
E “Giosuè” in greco suona guardacaso come.... ...“Gesù”.




Ora penso che il lettore avrà capito perchè sono così ansioso di sapere della ricerca più recente della Einhorn. Voglio sapere se ha colto il mio stesso indizio, qui. Voglio sapere se si è confrontata con l'evidenza qui esaminata. Perchè ho il vago sospetto che Lena Einhorn ha davvero trovato il reale “Gesù storico”. Mi riesce difficile credere che la testimonianza di Svetonio sull'impulsore Chresto sia un'interpolazione, e la Einhorn sta offrendo in assoluto l'unica chiave interpretativa in grado di trasformare la testimonianza di Svetonio in reale EVIDENZA di un Gesù storico.


Si dirà che sia minima, che Svetonio vendeva solo mero gossip, eppure, come sorprendente corollario della presunta evidenza di quello shift temporale dal 50 al 30 EC, riemerge ancora di nuovo e di nuovo, come reale EVIDENZA. Pensa all'ipotesi contraria: quale sarebbe la probabilità che Svetonio nominasse per puro caso come contemporaneo di Claudio proprio un Cresto probabile fondatore dei Crestiani sediziosi di Tacito, nonchè dal nome sorprendentemente simile al titolo dell'oggetto di culto dei cristiani, dato tutto ciò che ha avanzato Lena Einhorn sul possibile “shift in time” di reali eventi storici del 50 EC in pura fiction del 30 EC ?

Che Svetonio nominasse un Cresto sotto Claudio è banale coincidenza.

Che quel Cresto fosse all'origine dei Crestiani di Tacito è banale coincidenza.

Che “Cresto” suoni così simile al “Cristo” dei cristiani è banale coincidenza.

Che il Gesù evangelico abbia fatto le stesse salienti azioni del Profeta Egiziano soltanto 20 anni dopo, ovvero sotto Claudio, è banale coincidenza.

Ma il verificarsi di tutte quelle “banali” coincidenze di cui sopra non può, non può mai essere, a sua volta una mera banale coincidenza.

Perciò sono indotto a riconoscere, almeno prima facie, che Lena Einhorn ha semplicemente ragione.



NOTE:


[1] [ “Chrestus”] ... potrebbe anche essere stata la lettura originale qui, corretta prima ancora nella storia di trasmissione del testo.  Io penso sia più probabile che Tacito avesse già spiegato chi fossero i Crestiani nel suo resoconto delle rivolte di Cresto (quelle anche ricordate da Svetonio), che sarebbe apparso nella sua sezione degli Annali per i primi anni del regno di Claudio, ora perduto. Se quello è il caso, allora quel che diventerebbe il Testimonium Taciteum era originariamente circa la setta di ribelli ebrei prima soppressi sotto Claudio, che erano a quel tempo condotti dal loro omonimo Cresto ed erano da allora chiamati così da lui (se egli fosse ancora vivo o meno). Numerosi studiosi hanno suggerito questa possibilità. 
(Richard Carrier, The Prospect of a Christian Interpolation in Tacitus, in Hitler Homer Bible Christ, pag. 379-380, mia libera traduzione e mai enfasi)

venerdì 25 marzo 2016

Sul Gesù umanoide di Paolo


NIENTE: Secondo il parere di tutti, il niente è ciò di cui non possiamo dire nulla o ciò che non ha nessuna delle qualità che siamo in grado di giudicare. Che cos'è dunque, signor curato, un essere spirituale? Che cos'è una sostanza immateriale o priva di estensione, di colore, di forma? Che cos'è un angelo? Che cos'è un diavolo? Che cos'è...? Altolà! Sono misteri dei quali né lei né io dobbiamo capire qualcosa.
(Il Libero Pensatore Paul Heinrich Dietrich, barone d'Holbach, La théologie portative, 1768)

Cosa sappiamo del periodo tra Paolo e Marcione? Mi spiace dirlo, ma non sappiamo nulla. Zero. Nicht. Nada. Vuoto assoluto. Rimaniamo soltanto con le epistole di Paolo più qualche altra (e forse nemmeno quelle, nel qual caso è inutile perfino che scriva questo post). In quelle lettere l'unica cosa evidente è la continua discrasia di pensiero del loro presunto autore, continuamente oscillante tra compromesso di facciata col giudaismo (puzza di proto-cattolicesimo?) e latente malcelata volontà antinomica (in odore di gnosi?). La crocifissione di Gesù è così densamente sovraccarica di teologia, in quelle lettere, che a malapena vi si può scorgere un indizio di dove si fosse verificata (se mai si verificò da qualche parte).  Richard Carrier ha scritto un interessante articolo sul Gesù di Paolo in risposta al delirante apologeta cristiano di turno (quell'imbecille di James McGrath, degno eponimo di certi folli apologeti cristiani di mia conoscenza - e beninteso: “apologeta cristiano” in questo blog è un'offesa) che mi fa meglio apprezzare quanto la sua interpretazione di Paolo sia da lontano la più semplice in assoluto, ovvero quella che fa dire al testo esattamente ciò che vuole dire, nè più, nè meno.

Se il Rasoio di Occam è mai servito a qualcosa, serve almeno a dare a Richard Carrier il merito di aver compreso il Gesù di Paolo più di ogni altro.

La più semplice spiegazione dietro questo passo di Paolo:
Il primo uomo, tratto dalla terra, è fatto di terra; il secondo uomo viene dal cielo.
(1 Corinzi 15:47)

...sembra essere riflessa proprio in un contemporaneo di Paolo, ovvero Filone:
“Dio plasmò l'uomo prendendo del fango dalla terra e soffiò sul suo volto un soffio di vita, e l'uomo divenne un'anima vivente” (Gen. 2,7). Ci sono due generi di uomini: l'uno è l'uomo celeste e l'altro è l'uomo terrestre. Quello celeste, in quanto è generato “a immagine” di Dio (Gen. 1, 26 s.), non partecipa alla sostanza corruttibile e, in generale, “terrestre”. L'uomo terrestre, invece, è costituito di materia qualsiasi che la sacra Scrittura chiama “fango”. Per questo motivo non si dice che l'uomo celeste è stato “plasmato”, ma creato “a immagine” di Dio. L'uomo terrestre è, dunque, un impasto di terra prodotto dall'Artefice, e non una sua generazione.
Orbene, bisogna pensare che l'uomo plasmato di terra è l'intelletto destinato al corpo, ma non quello che vi è effettivamente introdotto. Questo intelletto sarebbe, in realtà, terrestre e corruttibile, se Dio non soffiasse in esso il principio attivo della vera vita. In tale preciso momento l'intelletto diviene anima (ma, allora, non è più “plasmato”), non un'anima passiva e informe, ma intelligibile e veramente “vivente”. Per questo si dice che “l'uomo divenne anima vivente”.

(Legum allegoriae I, 31-32)

Il quale Filone continua a tracciare delle precise differenze tra questi due Adami:
Verosimilmente, dunque, Adamo, vale a dire l'intelletto, pur comprendendo e dando il nome alle altre realtà, non dà il nome a se stesso, per il fatto che non conosce né se stesso, né la propria essenza. Gli ordini di Dio sono rivolti a lui e non all'intelletto creato “ad immagine” e secondo l'Idea. Quest'ultimo, indipendentemente da ogni sollecitazione, ha già di per sé la virtù; il primo, invece, senza insegnamento non potrebbe perseguire la saggezza. Questi tre termini: il comando, il divieto, il precetto o esortazione, hanno significati differenti. Il divieto riguarda l'errore ed è diretto allo stolto; il comando riguarda le rette azioni; l'esortazione si rivolge alla natura intermedia né stolta né virtuosa. Questa non pecca, sicché non è necessario che qualcuno le ponga divieti, ma neppure compie azioni morali, attenendosi ai comandi della retta ragione e, pertanto, ha bisogno della esortazione, che le insegni a star lontana dalle azioni malvagie e la stimoli, invece, a perseguire quelle nobili. Al perfetto, cioè all'uomo ad immagine, non è necessario né comandare, né vietare, né fare esortazioni, perché non ha alcun bisogno di ciò. Nel caso dello stolto, invece, è d'obbligo sia il comando che il divieto e, per l'uomo ancora inesperto, l'esortazione e l'insegnamento. Allo stesso modo, l'esperto grammatico o musico non ha bisogno di alcun precetto attinente alle proprie arti. Chi, invece, è soggetto ad errore su questioni essenziali necessita, per così dire, di alcune leggi contenenti ordini e divieti. Infine, colui che è alle prime armi ha bisogno dell'insegnamento. È logico, dunque, che Dio ora si rivolga all'intelletto terrestre, che non è né stolto, né virtuoso, ma di una natura intermedia, dando precetti e facendo esortazioni. L'esortazione viene da ambedue gli epiteti che spettano a Lui, quello di “Signore” e quello di “Dio” (si dice, infatti, “il Signore Iddio diede un precetto”), affinchè Adamo fosse ritenuto degno di benefici da “Dio”, nel caso avesse ubbidito alle esortazioni e invece fosse biasimato dal “Signore” in quanto padrone ed investito di autorità, qualora avesse disubbidito. Per questo, quando Dio scaccia Adamo dal giardino assume ambedue le denominazioni. Dice, infatti, la sacra Scrittura: “E il Signore Iddio lo scacciò dal giardino della delizia, affinché coltivasse la terra dalla quale era stato preso” (Gen. 3,23). Ciò è detto allo scopo di mostrare che, come gli ordini sono stati impartiti dal Signore in quanto padrone, e da Dio in quanto benefattore, così le punizioni a chi aveva trasgredito sarebbero state impartite da Dio in ambedue le vesti. Egli esorta con le medesime Potenze con le quali scaccia chi ha disubbidito.
(Legum allegoriae, I, 92-96)

Quella stessa differenza descritta da Filone è impugnata da Paolo (attingendo probabilmente ad una tradizione comune): l'umanità ricalca l'Adamo terreno corruttibile e peccatore, ma grazie alla resurrezione, diverrà ad immagine dell'Adamo celeste, cioè di Cristo. Vale a dire, alla loro morte le anime dei cristiani lasceranno a marcire i loro cadaveri corruttibili e “psichici” (fatto della materia dell'Adamo terreno, cioè di “fango”), proprio come Cristo abbandonò il suo cadavere alla sua morte, per adottare lo stesso tipo di corpo celeste che Cristo riassunse alla sua resurrezione (e che già attende in cielo di rivestire l'anima di ogni cristiano). 
 Così anche la risurrezione dei morti: è seminato nella corruzione, risorge nell'incorruttibilità; è seminato nella miseria, risorge nella gloria; è seminato nella debolezza, risorge nella potenza; è seminato corpo animale, risorge corpo spirituale. Se c'è un corpo animale, vi è anche un corpo spirituale. Sta scritto infatti che il primo uomo, Adamo, divenne un essere vivente, ma l'ultimo Adamo divenne spirito datore di vita. Non vi fu prima il corpo spirituale, ma quello animale, e poi lo spirituale. Il primo uomo, tratto dalla terra, è fatto di terra; il secondo uomo viene dal cielo. Come è l'uomo terreno, così sono quelli di terra; e come è l'uomo celeste, così anche i celesti. E come eravamo simili all'uomo terreno, così saremo simili all'uomo celeste.
(1 Corinzi 15:42-29)

Il dito anti-marcionita di San Tommaso.
Così vanno a farsi fottere le deliranti pretese dei folli apologeti cristiani che vogliono far esporre a Paolo l'idea cattolica posteriore che Cristo e i cristiani riprendono i loro stessi cadaveri putrefatti miracolosamente rianimati mediante la resurrezione: quella folle idea del genere poteva balenare in mente solo a chi, come quel tendenzioso editore del vangelo di Giovanni, ci teneva al tatto di San Tommaso al solo scopo di fare un punto squisitamente anti-marcionita (il che la dice lunga su quanto credesse lui stesso alla testimonianza di quell'idiota di Tommaso: era lui stesso ad averla fabbricata!). Ma Paolo è stato piuttosto preciso sulla natura del corpo celeste che l'attendeva in cielo:
Questo vi dico, o fratelli: la carne e il sangue non possono ereditare il regno di Dio, né ciò che è corruttibile può ereditare l'incorruttibilità.
(1 Corinzi 15:50)

È possibile inferire allora quale idea aveva Paolo sulla natura di Gesù prima della sua assunzione di un corpo mortale:

1) Paolo afferma che Gesù è l'Adamo primigenio mentre l'umanità è l'Adamo caduco e mortale.

2) l'Adamo primigenio è la stessa figura chiamato Logos da Filone.

3) l'Adamo primigenio (o Logos) è un essere pre-esistente alla creazione, per Filone.

4) perciò: per Paolo, Gesù, in quanto lo stesso Adamo primigenio, è un essere pre-esistente.


Un folle apologeta cattolico (Federico Adinolfi) scrisse queste demenziali parole a proposito di 1 Corinzi 15:47, evidentemente ignaro della teologia di Filone al riguardo:
È evidente che Paolo sta dicendo che Cristo, quale “ultimo Adamo / secondo uomo”, è l’uomo “celeste” (ἐξ οὐρανοῦ) nel senso che con la sua risurrezione – che è il tema centrale del discorso – egli è divenuto celeste (ἐπουράνιος) ovvero “pneumatico” (πνευματικός ) [vedi anche l’idea antropologico-cosmica della nuova creazione inaugurata nel Cristo risorto (2 Cor 5,17; Gal 6,15) e sulla nuova vita secondo lo Spirito, e non più secondo la carne, in cui sono posti i credenti (Rm 8,1-13)].

Qui abbiamo un chiaro esempio di cristologia adamica corporativa: come il primo uomo, Adamo, è prototipo e rappresentante dell’umanità nella sua condizione terrestre misera e caduca, così il secondo uomo, Cristo, è prototipo e rappresentante della nuova umanità nella sua futura condizione celeste potente e gloriosa ...
L’argomento di Paolo in 1 Cor 15,42-49 fa leva precisamente sul fatto che la condizione celeste/spirituale viene dopo quella terrestre/animale; per cui non avrebbe alcun senso che, dopo aver insistito su tale successione, al v. 47 Paolo si mettesse a dire che il secondo uomo celeste (ὁ δεύτερος ἄνθρωπος ἐξ οὐρανοῦ) viene in realtà prima di quello terrestre, in quanto preesistente.

A questo riguardo è più che giustificato lo stupore di Dunn nella prefazione alla seconda edizione del suo Christology in the Making (London, SCM Press, 1989, xviii):
“This, I must confess, I find astonishing… if commentators can read such a clearly eschatological/resurrection text as a reference to Christ’s pre-existence it simply underlines the danger we run in this most sensitive of subjects of reading the text with the presuppositions of subsequently developed dogmas and of falling to let the context (in this case the context of the argument itself) determine our exegesis”.
Parole sante, che faremmo tutti bene a meditare con attenzione…
Quello che l'apologeta cattolico, in compagnia a James Dunn, non ha evidentemente realizzato (oppure ha preferito ignorare come scomoda lettura che marcia contro i suoi fottuti interessi dogmatici) è che Filone è evidenza di una teologia al 100% *ebraica* che già assumeva la distinzione tra i due Adami (e beninteso, senza conoscere affatto del Gesù cristiano ma al più di quello pre-cristiano). E quella teologia semplicemente capovolgeva l'ordine cronologico di creazione dei due Adami: il primo ad essere creato per Filone, nella sua lettura della Genesi, fu l'Adamo che nelle parole dell'apologeta rappresenta per Filone il “prototipo e rappresentante della nuova umanità nella sua futura condizione celeste potente e gloriosa”, mentre il secondo Adamo ad essere creato è l'Adamo peccatore che tutti conosciamo della mitologia ebraica, ovvero per Filone il “prototipo e rappresentante dell’umanità nella sua condizione terrestre misera e caduca”. Ignorando (scientemente o meno, ma di certo follemente & apologeticamente) l'evidenza offerta da Filone sui due Adami, il folle apologeta cattolico in questione più il folle apologeta anglicano James Dunn cadono inevitabilmente nell'errore di credere che, in senso assoluto degli aggettivi “primo” e “secondo”, il “primo” Adamo creato è quello peccatore mentre il “secondo” Adamo creato sia quello identificato con Gesù da Paolo, quando è piuttosto il contrario (per Filone e per Paolo). Di certo il Cristo-Adamo-Logos fu creato PRIMA dell'Adamo caduco e terreno (prima ancora della stessa Creazione, visto che servì da suo Demiurgo per entrambi Paolo e Filone), ma è parimenti vero che abbandonò il suo corpo umanoide mortale DOPO la creazione dell'Adamo caduco e terreno (perchè altrimenti non avrebbe alcuna necessità di morire e tantomeno di risorgere, non dovendo riscattare un'umanità già caduta), perciò esiste almeno un senso in cui il Cristo-Adamo può essere definito “ultimo Adamo” rispetto all'Adamo peccatore: si sottopose all'ordalia della passione, morte e resurrezione (ovvero, assunse un corpo umanoide mortale) per rimediare agli errori dell'Adamo terreno. 

Quindi non è vero, come dice il folle apologeta in questione, che ''l’argomento di Paolo in 1 Cor 15,42-49 fa leva precisamente sul fatto che la condizione celeste/spirituale di Gesù viene dopo quella terrestre/animale dell'Adamo terreno'' perchè non è una ''successione'' quella che sta instaurando Paolo (dal momento che anche per lui, come per Filone, l'arcangelico Adamo primigenio viene prima dell'Adamo terreno) bensì una contrapposizione. Perciò, sulla base di quella contrapposizione tra l'Adamo preesistente e l'Adamo creato, fa perfettamente senso che al v. 47 Paolo dica che il secondo uomo celeste (ὁ δεύτερος ἄνθρωπος ἐξ οὐρανοῦ) viene in realtà prima di quello terrestre, in quanto preesistente. Infatti Gesù viene dopo l'Adamo terreno ma solo in qualità di primo essere risorto dopo l'assunzione di un corpo umanoide mortale, mentre lo stesso Gesù viene prima della caduta dell'Adamo terreno in quanto suo demiurgo (e di tutta la creazione), in una parola: essere preesistente. 

Il fatto che lo stesso errore del folle apologeta cattolico in questione (senza dimenticare quel folle apologeta anglicano di Jimmi Dunn) è ripetuto dal folle apologeta anglicano James McGrath (la quintessenza dei folli apologeti cristiani di tutta l'ecumene) non lascia più dubbi in proposito sulla logica contorta e distorta all'opera dietro tali malcelati teologi: dappertutto si riscontra la stessa identica volontà di manipolare e violentare l'evidenza per farle dire ciò che loro vogliono che dica, quando l'evidenza è troppo assurda per loro da accettare.


Ecco di seguito il punto di Richard Carrier:


Può il Gesù Umano di Paolo Non Essere un Gesù Celeste? 

James McGrath scrisse un paio di anni fa intorno al Gesù Umano di Paolo come di un argomento contro il misticismo —, in particolare contro la tesi di Doherty, che in forma ridotta è quella che trovo più probabilmente vera in On the Historicity of Jesus. Ho notato prima come McGrath fa affermazioni fantasiose senza adeguato controllo dei fatti. Eppure egli rappresenta la sua opinione come autorevole, dando l'impressione di averla approfondita e di sapere ciò di cui sta parlando. Come tale egli sta ingannando i suoi lettori.

L'esempio più lampante di ciò fu l'imbarazzante asserzione di McGrath che solo i funzionari di stato commissionavano iscrizioni nell'epoca greco-romana. Che utilizzò per sostenere che i cristiani non avrebbero mai prodotto iscrizioni. Wow. Questo non solo dimostra come inganna i suoi lettori (rappresentando le sue ipotesi non controllate come fatti approfonditi e autorevoli), e come non sia né un esperto (dal momento che non sapeva la verità in questo caso, non può pretendere di essere esperto nella storia antica o sulle sue fonti) né affidabile (dal momento che non gli venne nemmeno in mente di controllare la sua affermazione prima di asserirla, quante altre volte ha agito così?), ma anche come sia emotivamente investito nel dissuadere le persone dal considerare anche soltanto la possibilità che non c'era nessun Gesù storico. Perché lui saltò subito a questo ridicolo, non controllato, di fatto falso argomento. Invece di limitarsi a esporre l'argomento di gran lunga più competente ed equilibrato che i primi cristiani erano troppo poveri o in attesa dell'apocalisse imminente per scomodarsi ad erigere iscrizioni. Un punto con cui io ho concordato (è per questo che io non conto l'assenza di tali iscrizioni come evidenza anti-storicità: si veda il Capitolo 8.4 di OHJ).

Invece McGrath partì proprio con la prima cosa che gli venne in mente. E l'affermò come un fatto. E all'istante credette che fosse vera senza nemmeno sapere se lo fosse.

Questo è come si comporta un apologeta cristiano. Non è un esperto competente e affidabile in materia.

Fece così di nuovo in Il Gesù Umano di Paolo.
L'Argomento
L'Argomento originale di McGrath è in sintesi il seguente (qui intervallato dal mio commento):
“In 1 Corinzi 15, Paolo fa un contrasto tra due esseri umani, Adamo e Gesù. Uno è mitico. Lo è l'altro? E Paolo pensa che uno dei due o entrambi fossero mitici?

È interessante notare che, su questo punto, se non altro, le preoccupazioni dei creazionisti della Terra giovane e dei miticisti si intersecano.”

Non mi è chiaro che cosa intende McGrath. Qual è l'intersezione qui? Che Adamo è mitico? McGrath proprio concorda in ciò. Che Gesù è mitico? Nessun creazionista è d'accordo con questo. Quindi sono sconcertato. Al meglio io posso dire che questo è un tentativo incomprensibile di equiparare una rispettabile teoria valutata da specialisti nella storia del cristianesimo con una superstizione negatrice della scienza. Che è una fallacia di avvelenamento del pozzo. In questo caso associando falsamente il miticismo con il creazionismo. Senza stabilire alcun parallelo rilevante. McGrath fa così un sacco di volte. Non capisce la differenza tra avere una vasta scala di evidenza scientifica (come l'abbiamo per l'evoluzione) o perfino avere una vasta scala di testimonianze storiche (come l'abbiamo per l'Olocausto), e il non avere affatto quasi nessuna prova sopravvissuta. McGrath non sembra nemmeno in grado di cogliere la differenza nella scala dell'evidenza tra ciò che abbiamo per Gesù e ciò che abbiamo per quasi ogni altra persona famosa del mondo antico. Ma si metta pure da parte quella fallacia e arriviamo alla questione più sostanziale...
“Umano” viene sempre applicato senza una qualifica agli esseri ritenuti esistenti puramente nel regno celeste? Certamente abbiamo esempi di persone che hanno visto “uomini” ma l'interpretazione è che fossero “angeli”. Ma quelli sono esempi di apparizioni di angeli nel mondo. Sappiamo che c'erano docetisti i quali sostenevano che Gesù semplicemente appariva umano nel mondo. Ma il miticismo dice che Gesù non camminò per nulla sulla Terra, e che Paolo mai pensò Gesù come uno che fu visto sulla Terra se non in visioni.

C'è una curiosa qualifica qui che rende il suo approccio già fallace. Sta costruendo un argomento fantoccio. Che cosa intende McGrath per “puramente” nel regno celeste? È lui ignaro che il miticismo pone l'incarnazione di Gesù sotto i cieli, non nei cieli? Che in realtà dovette verificarsi precisamente dove risiedono carne e decadenza e morte, proprio dove si riuniscono Satana e i suoi demoni? La distinzione tra i cieli e il firmamento, quest'ultimo essendo tutta la vasta regione tra la terra e la luna, era ben consolidata sia nella cosmologia ebraica che in quella pagana (vedi Elemento 37, Capitolo 4, OHJ, pag. 184-93). È lui ignaro che il teologo ebreo Filone afferma che nell'angeleologia e demonologia ebraica “alcuni” spiriti “scendono nei corpi” in quel regno inferiore e sono quindi soggetti ad esso? (pag. 188) È lui a conoscenza che la teologia pagana sapeva di spiriti incarnatisi sotto l'orbita della Luna? (pag. 186; Ad esempio pag. 172) È lui a conoscenza che Paolo conosceva Gesù come un arcangelo preesistente prima ancora della sua incarnazione e resurrezione? (Elemento 10, Capitolo 4, OHJ, pag. 92-96 e si veda la difesa di Bart Ehrman della stessa conclusione). E quindi, che l'incarnazione fu solo un blip temporaneo in una lunga storia arcangelica? (Come chiarisce Filippesi 2.)

Lo si tenga a mente. Così possiamo evitare qualsiasi errore o equivoco con le sue parole “puramente” o “celestiale”.

McGrath continua:
“Così come si concilia 1 Corinzi 15:21 con questo? È ἄνθρωπος mai utilizzato per un essere puramente celestiale, senza una qualche qualifica che specifichi che il termine non è da utilizzare nel suo senso comune?

Mentre si può dire in risposta che Paolo ad un certo punto si riferisce a Gesù come all'uomo “celeste”, quello è qualcosa che Paolo dice a proposito del Gesù risorto. L'immagine dell'uomo celeste è la natura del Gesù risorto, la quale Paolo dice che attende gli altri.”

Qui è dove McGrath, ancora una volta, non ha nemmeno controllato innanzitutto, prima di fare questa affermazione. Lui sta solo argomentando fantasiosamente di nuovo. E credendo a tutto ciò che la sua testa ha appena fabbricato. Ne consegue che la risposta alla sua prima domanda è “sì”. Gli esseri celesti sono stati infatti indicati come anthrôpos. In realtà, essi furono indicati così da Filone, il teologo ebreo che parla la stessa identica angeleologia ebraica a cui Paolo fa riferimento qui, dei due Adami, uno celeste e uno di terra. Ma arriverò alla domanda successiva. Per il momento, si noti che McGrath ha dimenticato che Paolo credeva che Gesù fosse un uomo celeste, prima di acquisire un corpo che potesse morire (Filippesi 2:6-7; 1 Corinzi 8:6; 1 Corinzi 10:4).
“L'enfasi della resurrezione nelle lettere di Paolo è probabilmente uno degli argomenti più forti che ci siano contro il miticismo. Nel giudaismo, la risurrezione era prevista accadere agli esseri umani. Non abbiamo riferimenti a esseri puramente celesti che sono resuscitati dai morti. In effetti, è dubbio che il concetto avrebbe avuto qualche senso per gli ebrei del primo secolo.”

Questo è due volte un ragionamento fallace. Non solo è un altro argomento fantoccio. È anche un'antropologia da cartoni animati. Perché questo è come dire che il cristianesimo non può provenire dal  giudaismo perché insegna cose che nessun ebreo precedente insegnò. In altre parole, a meno che il cristianesimo non avesse preceduto il cristianesimo, il cristianesimo non può mai essere stato ebraico. Tenta di avvolgere la tua testa attorno a quella logica folle. Con questo ragionamento, nessuna setta ebraica è ebraica, perché ogni setta insegna qualcosa di diverso rispetto alle altre sette. “Nessun altro Ebreo lo disse; quindi nessun Ebreo lo direbbe; pertanto, i farisei non erano ebrei.” Uh. No. Siamo spiacenti, James McGrath, così non è come funziona. L'unica ragione per cui così tante sette ebraiche potevano essere esistite in linea di principio è se gli ebrei erano propensi ad innovare nuove credenze. (si veda il Capitolo 12.4 di OHJ. E sul settarismo: Elemento 33, Capitolo 4, OHJ, pag. 175-77, e TET, pag. 107-10).

Ma si assuma che McGrath non si rendesse conto dell'illogicità della sua tesi. Si scarti il suo terribile ragionamento e ci si concentri invece sulla questione alla quale lui confusamente stava cercando di arrivare (ma a cui arrivò invece con questa imbarazzante confusione). Quello che lui probabilmente vuole dire è che nessun ebreo poteva tollerare un angelo che è resuscitato, quindi solo se un angelo reale fosse effettivamente ucciso di fronte a loro e resuscitato, avrebbero affermato che una cosa del genere fosse accaduta. Perciò Gesù deve essere stato un arcangelo reale. Oh aspetta, no, McGrath non può aver inteso così, tuttavia. Hm. Che cosa voleva dire, allora? Perché quello è ciò che dice: i primi cristiani, che erano davvero peinamente totalmente ebrei, credevano che Gesù fosse un arcangelo celeste, che morì e fu resuscitato. Ma se nessun ebreo poteva mai pensare che... ??

In qualche modo McGrath sta cercando di pervenire alla necessità per un tizio vero e proprio di venire inaspettatamente ucciso ispirando così l'unico caso di ebrei che ripensano che possa essere resuscitato. Ma non vi è alcuna necessità di un evento reale. Se ritieni che un angelo possa scendere su un corpo mortale per poi morire e quindi risorgere, allora non hai bisogno di un reale arcangelo che discenda e assuma un corpo mortale per poi morire e quindi risorgere. Tu puoi solo credere che così accadde perché la scrittura dice così e l'arcangelo risorto te lo rivelò lui stesso in una visione o in un sogno. E quella è la tesi di Doherty. McGrath si sta impantando in un equivoco: “gli angeli non possono morire, perciò non possono essere resuscitati” è vero, ma irrilevante. Perché la tesi di Doherty sta semplicemente prendendo Filippesi 2:6-10 in parola: che un angelo (in questo caso Gesù) assunse un corpo mortale proprio per risolvere il problema che gli angeli non possono morire. Sì, solo i corpi umani possono morire. Così a Gesù fu dato uno.

Questo non ci porta a qualche evento sulla terra. Non vediamo alcuna dichiarazione in Filippesi 2 che questa assunzione e abbandono di un corpo mortale umanoide presero luogo sulla terra. Non vediamo alcuna dichiarazione in tal senso da nessuna parte in nessuna delle lettere reali di Paolo. Né in nessun'altra antica epistola (si veda il capitolo 11 di OHJ), e neppure in 1 Clemente (si veda Capitolo 8.5 di OHJ). Eppure, ovviamente, gli ebrei potevano immaginare un angelo che portava un corpo mortale umanoide che è ucciso e resuscitato. Perché ciò è, per definizione, quello che può succedere a qualsiasi anima in un corpo mortale. Ed è proprio per questo che i primi cristiani dovevano immaginare in questo modo. È proprio a causa della comprensione ebraica della morte e risurrezione di cui McGrath sta parlando che dovettero aggiungere quel passo in Filippesi 2 dell'angelo che assume un corpo mortale.

Così, quando James McGrath dichiara che questo è “uno dei più forti argomenti contro il miticismo,” abbiamo tutte le ragioni per concludere che lui è il critico più incompetente che c'è del miticismo. Perché non è nemmeno un argomento valido. Tanto meno forte (dimentica “più forte”!). Sì, in effetti, nessun ebreo avrebbe probabilmente immaginato che solo un angelo “venga ucciso” e resuscitato dai morti. Ecco perché nessun ebreo mai immaginò una cosa del genere. Invece immaginarono un angelo che assunse un corpo mortale prima, in modo da essere conforme alle aspettative ebraiche sulla morte e resurrezione. E quello semplicemente non richiede che un angelo vero e proprio agisca veramente così, perchè qualche ebreo credesse che fosse successo. Una volta che l'angelo rivelò loro che è successo (Galati 1:11-12), e rivelò loro che le scritture lo confermavano (Romani 16: 25-26), non c'è più motivo di credere che fosse necessario. Nessun uomo storico era necessario, non più di quanto fosse necessario uno storico arcangelo eterno (Filippesi 2:6-7).

Quindi il fatto che McGrath pensa che questo è ancora un argomento contro la tesi di Doherty ci dice che McGrath non ha nemmeno capito la tesi di Doherty. Nella migliore delle ipotesi. Nel peggiore dei casi, la comprende, e sa che questo è un argomento fantoccio contro di essa; in tal caso, McGrath non è solo incompetente; sta mentendo.

In ogni caso, al di là se con l'inganno o con incompetenza, McGrath continua con questa fallacia ...
“Paolo afferma più volte che Gesù è la primizia della resurrezione, il primo del genere umano.”

Facendo riferimento ad una dichiarazione che fa Paolo in 1 Corinzi 15:20-23. Ma Paolo non dice mai che Gesù era “il primo del genere umano” (presumo che McGrath intenda “a risorgere”, e presumo che intenda, in particolare, solo la resurrezione finale, essendoci stati un sacco di altre resurrezioni nella storia ebraica prima di quella). Né mai implicò una cosa del genere nel senso che McGrath deve intendere. Paolo dice semplicemente che Gesù fu il primo a risorgere, e quindi il primo di molti fratelli, tutti i figli di Dio per adozione (Elemento 12, Capitolo 4, OHJ, pag. 108), a partire della fine prevista del mondo.

Paolo dice che Gesù non fu resuscitato in un corpo umano (1 Corinzi 15:35-53), né ebbe un corpo umano prima della sua incarnazione (Filippesi 2:6-7; 1 Corinzi 8:6; 1 Corinzi 10:4). Solo a lui fu dato un corpo umano una volta sola in modo da poter essere soggetto agli elementi e quindi essere in grado di morire (Filippesi 2:7-8; Galati 4; Romani 8:3 & 8:29). In nessun modo questo richiede che qualcosa di ciò sia realmente accaduto. Paolo e gli Apostoli hanno bisogno semplicemente di aver creduto che fosse successo. E come chiarisce Paolo, solamente visioni e scritture li convinse che dovevano credere (Galati 1:11-12; 1 Corinzi 15:3-8; Romani 16:25-26). Questo è il caso anche nella lettera di 1 Pietro (Capitolo 11.3 di OHJ).
“E così anche qui, la comprensione del miticismo di ciò che Paolo intendeva, se non impossibile, è un significato dei testi che è in contrasto con quello che una varietà di parole e termini tecnici significavano normalmente nel contesto di Paolo, e così, perché Paolo non chiarisce che lui sta usando quelle parole in modo non convenzionale, lui dovrebbe essere compreso mentre dice qualcosa in sintonia con il loro senso abituale nel suo contesto. E quello è il significato che gli studiosi del consensus gli attribuiscono.”

E quella è la conclusione del ragionamento di McGrath. Un enorme non sequitur. È difficile capire come si arriva a questa conclusione perfino dalle sue dichiarate premesse.  Ma dal momento che le sue premesse comprendono quell'argomento fantoccio su ciò che la tesi di Doherty afferma in realtà, questa conclusione non si riferisce nemmeno alla tesi di Doherty, tanto meno argomenta contro di essa. Quale “comprensione di ciò che Paolo intendeva” è impossibile? Che Gesù era un arcangelo celeste eterno a cui fu dato poi un corpo mortale umanoide così da poter sperimentare la morte? Questo è chiaramente affermato da Paolo in Filippesi 2:6-8. È quindi l'opposto di impossibile. È quello che effettivamente disse.

Oppure che cos'è apparentemente impossibile sulla nozione di Paolo che si riferisce a questo arcangelo con la parola anthrôpos (“uomo”)? Ma poiché a Gesù fu dato un corpo mortale umanoide (Filippesi 2:6-8), Paolo certamente poteva riferirsi al suo esser stato un uomo. Paolo dice che Gesù era un eterno essere celeste che scelse di umiliarsi assumendo il corpo di un uomo, quindi sacrificando quel corpo e tornando al suo stato celestiale (Filippesi 2:6-8), ora ancora più elevato rispetto a prima. Quindi, anche sulla tesi di Doherty Gesù fu per breve tempo un uomo. Questo è il punto centrale dell'incarnazione. Quindi non vi è nulla di "impossibile” o di “non convenzionale” di un Paolo che si riferisce ad  un angelo che portò un corpo umano in quanto essendo stato per breve tempo un uomo. Anche in senso letterale (vale a dire essere un mortale in carne umana: 1 Corinzi 15:39). Questo non ci dice nulla su dove questo accadde.

Quindi, per ottenere la sua bizzarra conclusione, McGrath ha fallito due volte a rappresentare onestamente la tesi miticista: ha ignorato la vera tesi di Doherty (che comprende pienamente un'incarnazione allo status di un uomo mortale) e ha ignorato la stabilita distinzione antica tra i cieli e il firmamento (l'incarnazione avviene in quest'ultimo tratto di spazio, non nel primo). McGrath non ha quindi alcun argomento qui contro la nostra vera tesi.

Questo è già abbastanza grave. Ma c'è di peggio...

Il Fallimento
Questo era tutto basato sulla spontanea convinzione fantasiosa di McGrath che nessun essere celeste fu chiamato un uomo, un anthrôpos. Già, naturalmente qualsiasi essere celeste che indossò carne umana poteva ovviamente essere chiamato così in quella forma. Quindi già la distinzione è irrilevante per il nostro miticismo minimale. Ma anche esseri celestiali che mai indossarono carne umana poetvano essere chiamati anthrôpos. E infatti, il punto dove McGrath trova che Paolo chiama un uomo Gesù, è un passo in cui Paolo fa riferimento ad una dottrina teologica che conosciamo era presente nel giudaismo, perché è anche discussa dal teologo ebreo Filone, un contemporaneo di Paolo (sebbene uno che stava scrivendo nell'ignoranza di Paolo e del cristianesimo o di una qualsiasi delle sue innovazioni).

Il passaggio chiave è 1 Corinzi 15:45:

“Così anche sta scritto:il primo uomo, Adamo, fu fatto anima vivente; l’ultimo Adamo è spirito vivificante.
Apetta un minuto. Scritto dove? Paolo qui sta citando una scrittura perduta? I cristiani spesso lo fecero — le scritture ebraiche che riverivano e su cui costruivano il loro vangelo non erano esattamente uguali alle nostre oggi, ma comprendevano versioni di libri diversi dai nostri, e interi libri non più esistenti (vedi Elemento 9, Capitolo 4, OHJ, pag. 88-92). Di solito è assunto che Paolo sta solo prendendo un'estrema licenza grazie ad un fraintendimento della traduzione Septuaginta di Genesi 2:7 (che dice “e l'uomo fu trasformato in un'anima vivente”), ma ciò non è del tutto plausibile. Paolo non dice, “come fu scritto del primo uomo, Adamo, 'l'uomo fu trasformato in un'anima vivente', così l'ultimo uomo fu trasformato in uno spirito datore di vita”, che è come lui in realtà si sarebbe espresso, se quello è ciò che voleva dire. Ma non lo dice. Egli in realtà presenta l'intera frase come una citazione (come ho indicato sopra). Una citazione da che cosa? Non lo sappiamo. Qualche libro che giocò sul passo di Genesi con qualche profezia di un Messia venturo che avrebbe capovolto il peccato di Adamo? Non lo sappiamo.

Dal momento che non è possibile sapere con certezza se questa è solo una citazione tendenziosamente attinta dalla Genesi, oppure la citazione di qualche profezia ormai perduta ma nota alle congregazioni di Paolo, la metterò da parte. Quello che sappiamo, è che questo confronto non proviene da Paolo. Esisteva già nella teologia ebraica.

Paolo aveva già definito esplicitamente il Gesù che divenne spirito datore di vita un “uomo” (anthrôpos) in 1 Corinzi 15:21, dove cominciò il confronto tra Adamo e Gesù. E qui al verso 45 lo implica grammaticalmente di nuovo. McGrath pensa che Paolo può dirlo perché Gesù almeno era stato un uomo, anche se non lo era più (essendo in seguito, al tempo in cui scriveva Paolo, un “essere celestiale”, come ammette McGrath). Ma questo vale anche per la tesi di Doherty, secondo cui anche Gesù era stato un uomo (quando assunse temporaneamente un corpo mortale di carne). Quindi, se McGrath lo trova accettabile, allora non lo può negare sul miticismo parimenti.

Ma ciò che è peggio qui, è che McGrath non ha controllato la letteratura. Una rapida ricerca illuminante ti dovrebbe approdare a Stefan Nordgaard, “Paul’s Appropriation of Philo’s Theory of ‘Two Men’ in 1 Corinthians 15.45–49,” New Testament Studies 57 (2011), pag. 348-365 (di cui una copia accessibile è attualmente disponibile qui). Nordgaard sottolinea che la teoria dei “due uomini” usata da Paolo in questo punto in realtà proviene da Filone (o da predecessori di entrambi che svilupparono questa teoria), e Filone era perfettamente propenso a parlare di un “uomo” terreno e di un “uomo” celeste, anche quando quest'ultimo non ebbe mai affatto un corpo mortale di carne né mai risiedette sotto i cieli! Questo per quanto riguarda l'“esperta” affermazione di McGrath che nessun ebreo lo direbbe mai. Piede, bocca.

Come spiega Nordgaard:

“Filone sviluppò la sua teoria dei due uomini sulla base dei racconti della creazione contenuti nel libro della Genesi. Come è noto, la Genesi offre due diversi racconti della creazione della specie umana (una in 1:26-27 e un'altra in 2:7). Anche se questo ha suggerito agli studiosi moderni che il testo della Genesi è giunto fino a noi come un composto di fonti diverse, suggerì a Filone che Dio aveva creato due “tipi di persone” categoricamente diverse (Leg 1.31): Un ‘uomo celeste’ (ouranios anthrôpos), ‘modellato ad immagine di Dio’ (si veda Genesi 1, 26-27), e un ‘uomo terreno’ (gêinos anthrôpos), ‘plasmato nell'argilla’ (si veda Genesi 2:7). [Ibid. pag. 353]

Filone infatti dice che questo “uomo celeste” è il primo essere creato e viceré di Dio, l'“immagine” di Dio, il “primogenito” di Dio sommo sacerdote del tempio celeste di Dio, l'arcangelo supremo, che Dio incaricò del resto della creazione, e che governa l'universo per conto di Dio. Filone dice che questo Essere è il Logos. Lo stesso identico essere che il vangelo di Giovanni dice che è Gesù. Ma Paolo stava già dicendo questo. Egli solo non ebbe mai occasione di usare specificamente la parola “logos”, alias la ‘parola’ o ‘ragionamento’ di Dio (anche se Paolo non dice che Gesù è la ‘saggezza’ di Dio, che è ciò che Filone identificò con il logos di Dio) , e non gira attorno a discutere il suo sacerdozio celeste (che è in Ebrei 9); ma Paolo fece ogni altra identificazione. E conoscere Gesù da così tanti attributi specifici e insoliti è una coincidenza impossibile. Paolo chiaramente conosceva solo il suo Gesù come questa figura soprannaturale nota a Filone.  Non esiste evidenza che dei cristiani prima di lui la pensassero diversamente.

Invero, sebbene McGrath respinge con orrore l'idea (e sempre tenta di usare apologetica cristiana contro di essa), in realtà Filone identificò questo essere con il ‘Sommo Sacerdote’ e ‘Figlio di Dio’ nominato Gesù in Zaccaria 6 (si veda Elemento 40, Capitolo 5, OHJ, pag. 200-05; si veda anche Elementi 6 e 10 nel Capitolo 4, pag. 81-83 e 92-96). Che se è vero, significa che i primi cristiani non erano i soli ad equiparare Gesù con un arcangelo già noto nella teologia ebraica, ma che quell'arcangelo era già chiamato Gesù ancor prima che i cristiani adottarono la figura come loro oggetto di culto. Come ho scritto di recente in Tutto Quello che c'è da Sapere su Coincidenze:

“[Q]uando ricerchiamo evidenza che lo studioso ebreo Filone comprese un personaggio di nome Gesù in Zaccaria 6 come lo stesso arcangelo che Paolo ritiene essere il suo Gesù, [notiamo] che la spiegazione alternativa richiede così tante coincidenze che si sono verificate da essere straordinariamente improbabile (On the Historicity of Jesus, pag. 200-05), compreso il fatto che Paolo e Filone assegnano tutti gli stessi insoliti attributi alla stessa figura, e il fatto che Filone disse di aver fatto lui la connessione perché l'arcangelo in questione gli era già noto come il Figlio di Dio e il Sommo Sacerdote, e l'unica persona nel passo di Zaccaria da lui citato che è identificata come il Figlio di Dio e il Sommo Sacerdote, è Gesù.”

E, come ho notato prima, Bart Ehrman “pure oggi concorda sul fatto che Filone attesta una teologia ebraica in cui il Logos è il primogenito Figlio di Dio e l'immagine eterna di Dio, lo stesso essere con cui Gesù fu identificato” in Paolo (si veda How Jesus Became God, pag. 75). E anche se Ehrman “trascura il passo dove Filone dice che un Gesù nominato nell'Antico Testamento è questo stesso essere”, lui tuttavia "trova anche che Filone attesta la credenza ebraica che Mosè era un pre-esistente essere divino che si è incarnato per vivere sulla terra e per poi risalire di nuovo al suo posto in cielo, stabilendo l'ennesimo precedente ebraico per la teologia cristiana dell'incarnazione” (si veda How Jesus Became God, pag. 82). Che fa un essere celestiale in più riferito dagli ebrei come un uomo. Spiacente, James McGrath. Fai i compiti a casa la prossima volta.

Oh a proposito. Sapete come anche McGrath poteva venire a conoscenza di questo articolo di Nordgaard? Leggendo il mio fottuto libro (pag. 198, n. 112).

Conclusione
McGrath si appoggia su incontrollate affermazioni fantasiose, che lui implica falsamente che siano approfondita conoscenza di esperti, ma che sono in realtà false. Questo non è l'unico esempio. Se lui fosse competente, avrebbe controllato la letteratura prima di fare tali affermazioni. Certamente prima di farle in modo così assertivo, come se sapesse fossero vere (come fai a sapere cos'è vero quando non hai mai nemmeno controllato per scoprire se è vero?). E questo non è qualche oscura cosa o qualcosa ribaltata di recente che può essere scusata (come per esempio quando ho ingiustamente aspettato che Bart Ehrman avesse un'oscura conoscenza di un soggetto specializzato, che è chiedere troppo perfino da un esperto bona fide; studiosi competenti hanno bisogno semplicemente di correggere la testimonianza quando incontrano informazione inattesa come quella). Questa è una cosa facilmente scoperta con una semplice ricerca bibliografica. È quello che  scopriresti quasi subito non appena ti chiedi, “era la parola anthrôpos mai usata a proposito di esseri soprannaturali?” E facendo il controllo più metodologicamente rudimentale per scoprirlo.

McGrath si appoggia anche su errori palesi e imperdonabili. Egli fa egregiamente argomenti fantoccio contro la tesi miticista—e in modo fatale per la sua tesi. Fa bizzarre affermazioni auto-contradditorie su come si dividono e si evolvono l'ebraismo e le altre religioni. E distribuisce scandalose fallacie di Avvelenamento del Pozzo, come equiparando falsamente la questione della storicità di Gesù con affermazioni di cui abbiamo molto più prove. E fa affermazioni di fatti che mai controllò per confermare, appoggiandosi sulle sue credenziali per convincere a crederlo un'autorità affidabile su ciò che dichiara. Quelli sono tutti i comportamenti di apologeti cristiani. In effetti, quei suoi comportamenti hanno molto più affinità ai creazionisti della Terra giovane rispetto a qualsiasi cosa fanno i miticisti! (il tuo metro di ironia dovrebbe estendersi all'estremo ora.)

Alla fine, Paolo distinse tra gli uomini e il Gesù risorto come asserisce McGrath (in Galati 1 ripetutamente), ma come riconosce anche McGrath, Paolo poteva ancora riferirsi a Gesù che era stato un uomo: “Il primo uomo [anthrôpos] è della terra”, che intende Adamo, “il secondo uomo [anthrôpos] è del cielo”, cioè Gesù (1 Corinzi 15:47). Esattamente come Filone disse del suo Gesù, nonostante quel Gesù non avesse mai indossato un corpo umano! (Quella fu l'innovazione cristiana.) Anche se naturalmente Paolo qui sta costruendo un'analogia con noi—in cui i nostri corpi mortali sono il nostro “primo uomo”, la nostra condivisione della condizione di Adamo, e il nostro corpo futuro sono il nostro “secondo uomo”, la nostra condivisione della condizione di Gesù; infatti quei corpi soprannaturali sono già in attesa per noi in un magazzino in cielo (2 Corinzi 5). A differenza di Gesù, che aveva avuto un corpo soprannaturale dal principio del tempo (1 Corinzi 8:6 e 10:4; Filippesi 2:6-8), e si limitò a riprenderlo dopo la sua resurrezione. Ma l'analogia funziona perché sia Adamo che Gesù erano uomini—anche in senso letterale, a Gesù essendo stato dato un corpo mortale umanoide da indossare giusto il tempo di essere ucciso in esso (Filippesi 2:6-8). Che si è verificato nel firmamento sulla tesi di Doherty, non sul suolo appena fuori da Gerusalemme, né nei “cieli”, che sono sopra il firmamento. E non c'è nulla nei reali scritti di Paolo che indichi diversamente. McGrath non ha impiegato alcun argomento valido del contrario.

Così, quando Paolo scrisse “Poiché per mezzo di uomo venne la morte, così per mezzo di un uomo è venuta anche la resurrezione dei morti” (1 Corinzi 15:21), non vi è nulla che contraddice la tesi di Doherty o il mio miticismo minimale. Non sarà necessaria alcuna particolare interpretazione o comprensione di Paolo. Possiamo leggere quella frase del tutto letteralmente com'è scritta. Ed ancora è conforme alla nostra tesi. Gesù era un eterno arcangelo celeste. Che discese nei reami inferiori dello spazio esterno dove risiedevano carne e morte, e assunse un corpo umano mortale come un cappotto, in modo da poter essere ucciso e resuscitato. Dove esattamente accadde ciò? Paolo non lo dice mai.

Almeno, non in una qualsiasi delle lettere e porzioni delle sue lettere che ci è stato permesso di vedere.

Infatti Paolo scrisse moltissimo altro. Che è sospettosamente ora mancante (OHJ, pag. 27-80 e 582-83, con pag. 511 nota. 4 e pag. 349-56).