venerdì 1 luglio 2016

Del perchè la critica di Piergiorgio Odifreddi a Corrado Augias è fondamentalmente corretta

EMPI: Persone non pie o che, poiché senza fede, hanno l'impertinenza di ridere delle cose che i devoti e i preti hanno deciso di considerare serie e sante. Una donna empia è colei che non è (ar)pia come la sua comare, la devota, o la sua vicina, la giansenista, o sua zia, la puritana. 
(Il Libero Pensatore Paul Heinrich Dietrich, barone d'Holbach, La théologie portative, 1768)
“In fondo, la critica al Cristianesimo potrebbe dunque ridursi a questo: che essendo una religione per letterali cretini, non si adatta a coloro che, forse per loro sfortuna, sono stati condannati a non esserlo”
(Piergiorgio Odifreddi)

Che i cristiani (e specialmente i cattolici tra loro) non brillino affatto per intelligenza era risaputo fin dai tempi di Celso:
E non voglio dire che chi abbraccia una buona dottrina, quando per essa corresse pericolo nel mondo, debba abbandonarla o simulare di averla abbandonata o sconfessarla. Infatti nell'uomo c'è un qualcosa che  affine alla divinità e superiore alla materia, e le persone in cui questa parte si esplica aspirano rettamente con tutte le loro forze all'essere che è loro affine e bramano che si dica e si ricordi loro sempre qualcosa che lo concerna. Ma nell'accogliere le dottrine bisogna seguire la ragione ed una guida razionale, perchè chi accoglie il pensiero altrui senza questa precauzione è sicuramente passibile di inganno. I Cristiani invece fanno proprio come quelli che, contro i principi della ragione, prestano fede ai sacerdoti questuanti di Cibele, agli indovini, ai vari Mitra e Sabadii e al primo venuto, comprese le apparizioni di Ecate o di altra dea o di altri demoni. Come infatti tra quelle persone spesso degli uomini scellerati trovano facile terreno nella dabbenaggine di chi si lascia facilmente ingannare e le portano dove vogliono, così succede tra i Cristiani. Alcuni su ciò in cui credono non sono disposti né a dar conto né a riceverne, ma si limitano a dire:  «Non indagare, ma abbi fede» e «La tua fede ti salverà». E aggiungono: «La sapienza nel mondo è un male, la stoltezza un bene».(Origene, Contra Celsum, I, 8-9)
E ancor più dai tempi di Paolo:
Mentre i Giudei chiedono prove e i Greci cercano sapienza, noi invece predichiamo Cristo crocifisso: scandalo per i Giudei e follia per i pagani.(1 Corinzi 1:22-23)
Ma che perfino tra gli atei ci siano persone poco intelligenti è per me una costante fonte di meraviglia. L'ultima prova in tal senso la offre un'occasione quanto mai buona per fare il punto sulla laicità in Italia, e mi riferisco al recente funerale di quel celebre paladino della laicità dello stato che fu Marco Pannella.
A sua lieve discolpa si potrebbe dire che, da profondo animale politico dotato di fiuto quale egli è stato, ogni sua esternazione, perfino la più apparentemente disinteressata, debba rientrare nel calcolo dei meri calcoli politici (e da quel punto di vista soltanto da valutarsi). Fatto sta che Pannella si è pronunciato piuttosto “devotamente” a favore del pontefice attuale, abbandonandosi felicemente a lodi sperticate della sua presunta apertura mentale. Ora, come fa un cattolico, e per di più pontefice, ad essere aperto mentalmente sembra quasi un ossimoro (a meno che non sia una donna e forse nemmeno così): il fatto stesso che indossi ridicoli paraventi sacri per ostentare chissà quale origine divina del suo “mandato” la dice lunga sul dogmatismo di fondo di ciò nel quale crede e di come la pensi in fatto di democrazia. Un esempio. Il pontefice può circondarsi di tutti i bambini che vuole pur di pubblicizzare la propria profondissima umanità di fronte alle telecamere di mezzo mondo, ma nessun bambino avrà mai il coraggio di chiedergli se Dio esiste o, Dio non voglia, se Gesù è esistito davvero: diamine, stiamo parlando del papa, dopotutto!

Che un politico laico come Pannella avesse provato così tanta stima verso il pontefice regnante farebbe parte del più vasto gioco piuttosto ipocrita della politica (o almeno, io voglio sperare che sia così): quando riesci a strappare ciò che vuoi dal parlamento italiano (divorzio, aborto, matrimoni gay, ecc.), sarebbe quantomeno un atto di profonda magnanimità sorridere agli avversari perdenti e al loro principale rappresentante. Ma posso riconoscere la stessa magnanimità a chi, come Corrado Augias, non solo si lascia andare ad imbarazzanti elogi del pontefice, ma addirittura, parlando del Gesù storico mentre intervistato da una giornalista cattolica, confessa di “pensare a Gesù nei momenti di difficoltà” (sic) suonando davvero come il più folle dei folli apologeti cristiani ?

Passi pure per l'ammirazione rivolta alla persona (anche se a me tutte le persone religiose sembrano matte, e Bergoglio più di tutte!) ma vedi quanto è decisamente più intelligente e coerente l'ateo Eugenio Scalfari, a differenza di Corrado Augias: profittando dell'improvvisa notorietà derivante dal “dialogare” (per favore, non ridete se sto abusando del termine) nientemeno che “col papa”, l'astuto Scalfari è stato davvero in gamba nel cogliere quell'occasione, in particolare, per trarne il più possibile vantaggio per la causa dell'ateismo stricto sensu. Senza perdere tempo, ha pubblicato infatti un articolo sull'Espresso che lo pone dritto dritto nel campo dei miticisti, con dichiarazioni che non lasciano nessun dubbio in proposito (“Per i non credenti è un personaggio storicamente inesistente, inventato da una setta ebraica). Sollevando le prevedibili reazioni dei folli apologeti cristiani nostrani.

A denunciare fieramente il fin troppo tiepido (se non addirittura dubbio) ateismo per nulla affatto anti-teista dei cosiddetti atei italiani, in occasione degli encomi dati a Pannella, ci ha pensato il geniale Piergiorgio Odifreddi con un post intitolato «L'ateismo apostata dei nostri "grandi vecchi"», che davvero non posso fare a meno di copiare qui per intero, così tanto colpisce nel segno:

L’ultima lettera di Marco Pannella a papa Francesco e le dichiarazioni di padre Lombardi, portavoce dello stesso papa, gettano una triste ombra sull’ateismo del leader radicale, e retrospettivamente anche sul suo anticlericalismo. La lettera, riferendosi all’azione di papa Francesco, dice infatti: “questo è il Vangelo che io amo e che voglio continuare a vivere”, e si conclude con un patetico: “ti voglio bene davvero”, in lettere maiuscole. Padre Lombardi riferisce invece che “l’onorevole Pannella diverse volte ha voluto incontrarmi proprio per testimoniare personalmente con molto entusiasmo la sua grandissima ammirazione per il Papa Francesco”.
In questo Pannella non è stato diverso da altri “grandi vecchi” della cultura italiana, da Dario Fo a Eugenio Scalfari (e, seppure di una generazione più giovane, Corrado Augias), che dopo una lunga e onorata vita di ateismo e anticlericalismo apparenti e dichiarati, si ritrovano ad abiurare le proprie posizioni laiche con due motivazioni complementari.
La prima è l’ingenua fascinazione per un papa che riesce evidentemente a irretire non soltanto il popolino sprovvisto di mezzi intellettuali, ma anche coloro che si poteva immaginare fossero intellettualmente più attrezzati a discernere il grano dal loglio nelle azioni che un gesuita compie dietro suggerimento di uno spin doctor (una combinazione, quella tra il gesuita e lo spin doctor, evidentemente vincente in un mondo mediatico: soprattutto fra i giornalisti, i politici e i commedianti).
La seconda motivazione è l’altrettanto ingenua fascinazione per il Vangelo e i suoi supposti ideali, in precedenza considerati disattesi e accantonati dalla Chiesa ufficiale, e oggi ritenuti in sintonia con l’operato e l’ideologia del nuovo papa. Questa seconda motivazione è ancora più grave della prima, perché mostra in fondo la debolezza intellettuale di quelli che, da filosofi o teologi dilettanti, evidentemente non sono mai arrivati a mettere in dubbio la supposta storicità della figura di Cristo, la supposta veridicità dei racconti evangelici e la supposta profondità dell’etica cristiana. Come se l’intera ricerca critica sul supposto Gesù storico, da Strauss a Schweitzer, e la decostruzione filosofica dei suoi supposti insegnamenti, da Schopenhauer a Russell, non fossero mai esistite.
In realtà questi “grandi vecchi” dimostrano, con le loro esternazioni recenti (non si può neppure dire "senili", visto che risultano tutti erfettamente lucidi in altri campi), di non essere mai stati veramente atei, e in fondo nemmeno anticlericali. Perché immaginare una supposta diversità di intenti e di azioni tra i papi, al di là delle loro inevitabili e superficiali differenze caratteriali, rivela un’ingenuità imperdonabile in persone che per decenni hanno ricoperto ruoli politici e culturali di tutto rispetto, dai seggi in Parlamento ai premi Nobel (sia pure per la letteratura).
“Sventurato il paese che ha bisogno di eroi”, diceva Brecht in Vita di Galileo. Ma ancora più sfortunato il paese che si ritrova sempre ad avere, da Galileo ai nostri “grandi vecchi”, gente disposta a inginocchiarsi e ad abiurare di fronte al potere ecclesiastico. Chi perché ha paura delle macchine di tortura che l’Inquisizione gli mostra. E chi perché è disposto a svendersi per un piatto di lenticchie, nella forma di una lettera, una telefonata o un incontro con il papa.

(mio grassetto)
Non c'è nessun dubbio che Odifreddi rivela con quelle parole la profonda differenza qualitativa tra il suo ateismo e quello di Corrado Augias. 

Nella misura in cui Corrado Augias si limita solo a negare l'esistenza di Dio, ma non nega affatto oppure nè pone in dubbio l'esistenza storica di Gesù, ma al contrario ne ostenta assoluta certezza (con tanto di libro-intervista ad un malcelato teologo), allora Corrado Augias rimane suo malgrado, poverino, ancora un “cristiano”, per cultura ed estrazione. In quella misura, io non voglio che il mio ateismo sia rappresentato in Italia da un presunto suo esponente come Corrado Augias, così affetto da devozioni clericali. Un candidato migliore a rappresentare gli atei italiani è senza più nessun dubbio Piergiorgio Odifreddi.

Questo non vale soltanto per la questione della storicità di Gesù. Il libro che fa un caso completo contro la storicità di Gesù  un libro che ha superato la peer-review accademica e che fino ad oggi davvero scandalosamente (!!!) non è ancora stato confutato nel mondo accademico da un altrettanto libro peer-reviewed, ma solo preteso essere stato tale da ridicoli libelli in odore di fondamentalismo cristiano e di irrazionale livore  dimostra chiaramente oltre il minimo dubbio come non vi sia neppure un solo verso in tutto il Nuovo Testamento (o fuori di esso) che possa essere considerato evidenza di un Gesù storico. 



Aggiungi a quella totale assenza di evidenza di un ipotetico Gesù storico anche la pura e semplice possibilità che il Gesù venerato da Paolo e dagli apostoli prima di lui fosse solo un arcangelo invisibile esperito unicamente mediante visioni e rivelazioni (e mai ritenuto esser vissuto sulla Terra nel recente passato), e allora avrai quantomeno seri motivi per dubitare della storicità di Gesù. A quel punto non avrebbe più reale senso per un ateo distinguere tra Gesù e Cristo (come ancora il neoateo Philip Pulman si ostinava a fare), perchè viene a cadere la stessa dicotomia tra il “Gesù della Storia” e il “Cristo della Fede” (una dicotomia sconosciuta a dire il vero ai primi cristiani), il primo svanendo totalmente nel secondo e riflettendone per conseguenza la medesima inconsistenza ontologica.

Che piaccia o no, il miticismo sta penetrando gradualmente nel discorso dell'uomo comune, e non solo grazie a riviste liquidabili forse troppo frettolosamente come “radical-chic”, ma anche in termini di pura statistica: secondo un recente sondaggio, il 40% degli inglesi ritiene che Gesù non sia una figura storica, e così pure lo pensa il 13% degli australiani.

Tutto questo provoca gravi problemi mentali agli apologeti cristiani, in aggiunta a quelli di cui già pativano. Sembrava infatti, prima del recente revival del miticismo in accademia e nella stessa opinione pubblica, che la pretesa cristiana che “Gesù è Dio” fosse della stessa stregua del dogma cattolico della Transustanziazione (ho scritto bene?): che questa particolare ostia sarebbe il “Corpo di Cristo”.

Sembrava a noi atei che, mentre potevano esserci dubbi (e non pochi) sull'identità tra Gesù e Dio come pure tra un'ostia e il “Corpo di Cristo”, che almeno non potessero esserci affatto in linea di principio a proposito della realtà di un Gesù storico come pure dell'ostia particolare maneggiata dal prete cattolico di turno. Possiamo negare e perfino ridicolizzare l'idea folle e assurda che un pezzo di pane sia Dio, ma non possiamo negare l'esistenza di quel pezzo di pane. Si pensava di poter ridicolizzare a volontà il dogma cristiano che un ebreo crocifisso fosse Dio incarnato, ma non era mai balenata per la mente l'intima certezza che l'esistenza storica di Gesù fosse dubitabile e perfino in sommo grado, che quell'ebreo crocifisso non fu mai esistito ma è solo un'illusione della mente, un mito (o a voler essere il più possibile “possibilisti”, una volgare controfigura presa a prestito).  Ebbene, ora sì, ora è semplicemente un fatto che esistono seri motivi per dubitare del Gesù storico. Ora è un fatto l'esistenza di un caso scientifico contro la storicità dell'uomo Gesù.

caro luis,
si, me ne faccio una ragione. del fatto che lei non conosce il significato dell'aggettivo 'scientifico', che è ció che contestavo ai biblisti e ai teologi (e anche ai filosofi, ovviamente).
è ovvio che la comunità dei biblisti creda all'esistenza di Gesù o alla storicità della Bibbia, così come la comunità degli ufologi crede all'esistenza degli UFO: di quello vivono e campano. io pretendo solo che non si dica che la comunità scientifica, che è tutt'altra cosa, creda all'una e all'altra cosa.
Comunque, se lei conoscesse queste cose, non saremmo qui a parlare delle altre. creda pure a ciò che vuole, siamo un paese libero. Io mi sono stufato, e passo ad altro e ad altri.
...ora quelle stesse parole brillano per la loro perspicacia e il loro profondo disincanto nel rappresentare la realtà per quella che è: che a differenza dei reali esperti accademici in qualsiasi altro argomento storico, i difensori della storicità di Gesù che si contano numerosi tra i biblisti e i teologi, e mi riferisco ai vari John P. Meier, David Flusser, Geza Vermes, Paula Fredriksen, Michael Grant, Bart Ehrman, Dale Allison, G. Ricciotti, Richard B. Hays, Darrell Bock, C. Thiede, R. Cacitti, Craig A. Evans, A. Nicolotti, P. Sacchi, Craig Blomberg, M. Pesce, G. Jossa, E. Norelli, ecc, sono in realtà autentici apologeti cristiani o filo-cristiani rivestitisi impunemente di una falsa pretesa di scientificità e oramai privi di qualsivoglia rispettabilità accademica derivante dall'istituzione che li ospita (perlomeno nella misura in cui non seguono neppure il saggio consiglio del prof Philip Davies).

Non è più un vero storico l'accademico di turno che afferma che l'esistenza di Gesù è “certa” e “indubitabile”. In realtà è l'esatto contrario di uno storico: è un teologo animato da vetusti interessi teologici, destinato semplicemente a scomparire con essi (e per suo stesso desiderio).

Ma esiste una seconda ragione, non meno importante della prima, della superiorità e onestà intellettuale del “matematico impertinente” rispetto all'Augias di turno, ovvero laddove, a differenza del primo, gli emuli idioti del secondo, a detta di Odifreddi, “evidentemente non sono mai arrivati a mettere in dubbio ... la supposta profondità dell’etica cristiana”. Perchè proprio a quella messa in discussione dell'“etica del Nuovo Testamento” punta decisamente il libro accademico del prof Hector Avalos:



Come se non bastasse, esiste anche qualcosa che per i folli apologeti cristiani e gli “atei devoti al Gesù storico” come Corrado Augias risulta perfino peggio del miticismo: è la consapevolezza che raffiora quando si esamina per sé stessa la figura del personaggio principale dei quattro vangeli canonici, a prescindere totalmente dalla sua storicità o meno, ma tenendo conto unicamente del Gesù evangelico per se, constatandosene da ultimo il dubbio carattere morale che ne informa e i (presunti) detti e le (presunte) azioni.

L'immagine convenzionale del Gesù letterario è che fosse una gran persona, accattivante, un esempio di virtù, e un profondo conoscitore della più profonda essenza dell'uomo. Questo punto di vista è condiviso, almeno in parte, anche da molte persone che non adorano l'uomo. Covano simpatia per lui - e questo è strano - perfino chi lo ritiene un insignificante sedizioso antiromano. Addirittura perfino il prof Bermejo-Rubio tradisce una malcelata ammirazione per l'uomo quando lo vede come un patriota ebreo legittimato moralmente a combattere i romani per la difesa della sua terra. A causa di questi presunti tratti, la gente lo considera unico, da lontano un grande uomo, se non il più grande. La folle pretesa che lui sia “Dio fatto uomo” rende di fatto impossibile il riconoscimento di quanto riprovevole moralmente fu il messaggio a lui attribuito nei vangeli. Il prof Avalos ci presenta invece quel che ogni persona che pensa con la propria testa troverebbe a dir poco schifoso del Gesù evangelico:
Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato.(Marco 16:16)
Sorvolando il fatto che questo presunto detto gesuano contrasta con il (altrettanto presunto) detto gesuano trovato in Matteo 25:31-40, è davvero ignobile constatare che la salvezza del singolo dipenda solo dalla fede. Non solo va a farsi fottere ogni discorso sulla presunta indipendenza della morale, ma quel passo evangelico ha ispirato (come poteva non farlo?) solo una disperata aggressività da parte dei folli apologeti cristiani, piuttosto manifesta nel loro sforzo di guadagnare il maggior numero possibile di gente, pena altrimenti di sprofondare all'inferno. Che l'intenzione soltanto conti, non è sufficiente, invece, perchè qualcuno sia davvero buono.

Hector Avalos ha reso indubbiamente un grande servigio ai suoi lettori rischiarando e denunciando fino ai limiti del possibile lo sfacciato interesse apologetico perfino da parte degli studiosi apparentemente più secolari sul tema della (presunta) moralità di Gesù. Ormai non ci sono dubbi che abbiamo a che fare, che abbiamo invero sempre avuto a che fare da quasi 20 anni a questa parte, non con esperti delle scritture cristiane davvero obiettivi e disincantati, ma con teologi travestiti da storici. In una parola, con degli imbecilli nel più vero significato etimologico.  Il comico paradosso, illustrato di nuovo e ancora di nuovo da Avalos in ogni singolo episodio evangelico esaminato nel libro, è che se ad esempio Gesù dovesse venire descritto nel Nuovo Testamento mentre si fuma un sigaro, i cosiddetti “esperti” si farebbero in quattro per insistere che, sebbene fosse fumo, Gesù tuttavia non lo inalò veramente e una prova ne sarebbe “evidentemente” qualche incredibile sfumatura grammaticale seppellita nel testo (meglio ancora se aramaica o ebraica) e solo oggi - ancor più incredibilmente - riportata alla luce. Dimostrare ad esempio che Luca 14:26 significa semplicemente ciò che vuole dire:
Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo.

...e mettere in dubbio interpretazioni apologetiche alternative tese o a ignorare il chiaro senso del testo oppure a pretendere, sulla scorta di improbabili e/o inverificabilii aramaismi, che le azioni o le parole che possono altrimenti apparire cariche d'odio in realtà non lo sono, ha richiesto da parte di Avalos uno sforzo davvero paziente, nonchè una grande perseveranza nello smascherare a più riprese le sofisticherie apologetiche di presunti uomini di scienza, volte ogni volta a nascondere, oppure a rassicurare quando non a nascondere, oppure a meramente fantasticare l'assurdo quando la realtà che si vuole celare — che Gesù invita ad odiare in Luca 14:26 — risulta altrimenti troppo assurda per loro da accettare.

Lo scandalo vero e proprio, naturalmente, è che il Gesù dei vangeli canonici non solo è scemo e contradditorio ad ogni passo (ad esempio, quando risulterebbe ipocrita secondo la stessa definizione che darebbe lui di ipocrisia: si confronti la proibizione della parola 'folle' in Matteo 5:22 ''ma io vi dico: Chiunque si adira contro suo fratello senza motivo, sarà sottoposto al giudizio; e chi avrà detto al proprio fratello: "Raca", sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli avrà detto: "Folle", sarà sottoposto al fuoco della Geenna.'' , col suo uso in Matteo 23:17 all'indirizzo dei farisei: ''Folli e ciechi! Infatti, che cosa è più grande, l’oro o il tempio che ha santificato l’oro?''), ma è presentato di continuo nei panni di chi la morale odierna non esiterebbe a definire superstizioso, misogino, egotista e pazzo apocalittico. L'apparente tanto decantato “pacifismo” di Gesù (da Avalos definito più accuratamente “violenza differita”, differita cioè al momento opportuno, al giorno dell'Apocalisse) non rappresenta nient'altro che l'occhio del ciclone di un'agognata tirannia teocratica sentita come imminente, per giunta legittimata forzatamente dalla Torah (alla stregua del peggior bastardo califfo dell'ISIS di turno), nonchè il sinistro e gelido preavviso di una perenne ed eterna violenza vendicativa (anche se solo metafisica) da rovesciare di lì a poco sulla stragran parte dell'umanità.  Nè i cristiani nè tantomeno gli atei possono avere più il lusso, nell'Anno 2016 dell'Era Comune, di scordarsi le caparbie fantasie deliranti di vendetta manifestate dal Gesù letterario mentre nel contempo accarezzando e gustando quello che trovano ancora carino del restante racconto evangelico. Grazie alle serrate analisi di Avalos, Il Gesù dei vangeli canonici ha cessato di spacciarsi per quel filantropo amorevole che rammenta l'arrivo imminente di piaghe bibliche ma solo per evitare un attivo ruolo personale nella loro distribuzione finale al giorno dell'eschaton.  Il Gesù dei vangeli È il tizio che vuole condurre personalmente la carica delle schiere celesti nel Giorno dell'Armageddon al chiaro scopo di condannare la stragrande maggioranza dell'umanità alle pene dell'Inferno per tutta l'eternità.

Un umile Gesù terreno sprovvisto del proprio metafisico potere si sarebbe limitato intanto, stando alla lettura letteralista dei vangeli, a sprigionare solo un piccolo assaggio di quella sua latente furia anti-umana mal repressa proprio nella scena della Cacciata dei Mercanti dal Tempio con tanto di frusta improvvisata a quello scopo (quella che figura sulla copertina del libro di Avalos).

In generale, nulla fa provare più schifo per la dubbia e discutibile etica di Gesù delle diverse etiche che giorno dopo giorno escogitano i folli apologeti cristiani e/o atei pur di eclissare quella piuttosto imbarazzante del Gesù evangelico  e per giunta pensando di fare così a suo beneficio. E il prof Avalos smaschera la sfilata infinita di tutte le scuse più astruse e impensabili tirate in ballo dai folli apologeti cristiani al fine di occultare e/o mitigare questo Gesù evangelico così odioso e violento, per la maggior gloria della loro recondita agenda vergognosamente apologetica. E una volta che si scovano tutte le stravaganze, tutte le aberrazioni, tutte le insensatezze, tutte le enormità, tutte le idiozie, tutte le vacuità, tutti i difetti morali, tutte le scemenze e tutte le ipocrisie del Gesù letterario, ogni persona ragionevole dovrebbe riconoscere che il prodotto letterario chiamato Gesù, esattamente quel Gesù di più facile comprensione a cui siamo familiari grazie al racconto evangelico, è ironicamente proprio il tipo di  individuo che i cristiani moderni detesterebbero più di tutto e tutti (sempre a meno di non voler marciare contro la stessa Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo sancita dall'ONU, una via sempre possibile per i fondamentalisti cristiani e non solo cristiani). 

Come ogni altro personaggio letterario prima o dopo di lui, Gesù era un puro remake di ciò che è venuto prima e un puro prequel di ciò che è venuto dopo, nonchè un mero riflesso dei suoi ignoranti creatori. E questo è dimostrato da Avalos a seconda che si tratti di riconoscere come la civiltà umana fosse già progredita moralmente prima di Gesù, oppure senza Gesù, oppure a dispetto di Gesù, ed in ogni caso senza dover credere alla menzogna apologetica che Gesù costituisse, sul piano squisitamente morale, una luce rispetto al buio prima di lui o alle tenebre dopo di lui. C'è nè abbastanza per accusare questo Gesù di carta di aver ricoperto di morte la vita che ha confiscato. 

E così il prof Odifreddi riesce a cogliere entrambi gli aspetti essenziali, gli unici che contano davvero, su Gesù che fu chiamato Cristo.
1) Gesù non è esistito. È un mito. Equivocato come personaggio storico quando non lo è mai stato.
2) E il Gesù letterario, l'unico Gesù che esiste davvero, è un personaggio dalla dubbia moralità.  
Con la sintesi che è propria di tutte le persone dotate di un certo intelletto, Odifreddi aveva già pubblicato nel suo blog un articolo intitolato  «Dalla Betlemme del Buddhismo», riflettendo con mirabile freschezza quei due punti proprio nel parallelo che fa tra Gesù e Buddha, con tanto di fondamentale differenza finale:

Tra i vantaggi di un viaggio all'estero c'è ovviamente quello di poter confrontare le proprie credenze con le altrui superstizioni, e di esser costretti a decidere se dover passare le prime nel novero delle seconde, o viceversa.
Oggi, ad esempio, ho visitato Lumbini, supposto luogo di nascita del Buddha, al confine tra India e Nepal. Una specie di Betlemme buddihsta, con le annesse mitologie di concepimenti e nascite miracolose.
Sembra infatti che la madre Maya fosse stata ingravidata  in maniera miracolosa e asessuata da un elefante bianco, e che avesse dato alla luce il prodigioso figlio senza dolore da un fianco. Inaugurando così l'abitudine di rimanere vergine "prima, durante e dopo il parto".
Le similitudini tra il Buddha e il Cristo non si fermano naturalmente qui. Di entrambi si isolano come cruciali almeno tre fasi della vita: il rito di passaggio (l'illuminazione a Bodhgaya e il battesimo nel Giordano), il discorso di fondazione (nel parco delle gazzelle a Sarnath, e su una montagna o una pianura), e la morte (a 80 anni a Kusinagara  e a 33 a Gerusalemme).
Di entrambi le persone di buon senso e la ricerca storico-critica mettono in dubbio non solo l'esistenza storica, ma soprattutto l'agiografia mitologica. Per non parlare del loro ritorno futuro, come Buddha Maitreya o come giudice universale.
Il buddhismo presenta però almeno due vantaggi, nei confronti del cristianesimo. Anzitutto, il suo approccio fisio-psicologico, sostanzialmente scientifico, alla religione come cura dei disagi mentali derivanti dall'attaccamento e dal desiderio. E il suo atteggiamento antimetafisico, sostanzialmente decostruzionista, nei confronti delle sedicenti problematiche teologiche da un lato, ed esistenziali dall'altro.
Proprio per questo, dovendo prendere posizione rispetto al dilemma iniziale, io opterei per classificare il buddhismo fra le credenze orientali, e il cristianesimo fra le superstizioni mediorientali. In breve, pur rimanendo alla larga da entrambi, trovo il buddhismo umano e innocuo, e il cristianesimo paranoico e pericoloso. 

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