giovedì 16 febbraio 2017

Sul “dio di questo mondo” odiato da Paolo (secondo l'apologeta cristiano Jim West)


GIULLARI: Fautori di spettacoli itineranti che, attraverso i loro viaggi meravigliosi, ispirano al volgo rispetto in tutte le nazioni. I preti delle false religioni sono falsi giullari o furfanti. I preti della vera religione sono gli autentici giullari che vanno rispettati, soprattutto quando stanno per giocare qualche brutto tiro.  
(Il Libero Pensatore Paul Heinrich Dietrich, barone d'Holbach, La théologie portative, 1768)
Siccome infatti gli angeli governavano male il mondo a causa della loro avidità di potere, raccontò che era venuto per rimettere le cose a posto essendosi trasformato e assimilato ai domìni, alle potenze, agli angeli; che si era manifestato come uomo pur non essendo un uomo; che aveva sofferto in Giudea, benché così sembrasse mentre non aveva sofferto; ma che era apparso ai giudei come “Figlio”, in Samaria come “Padre”, nelle restanti nazioni come “Spirito Santo”: egli ammetteva d'essere chiamato con qualsiasi nome gli uomini volessero chiamarlo. I Profeti pronunciarono profezie ispirate agli angeli creatori del cosmo; perciò a quelli che fino ad oggi hanno creduto in Simone ed Elena non gliene importava nulla: facevano quello che volevano da esseri liberi, perchè secondo loro erano stati salvati dalla grazia. Nessuno è reo di procedimento penale qualora commetta qualcosa di male, perchè il male non esiste per natura bensì per convenzione. Furono infatti gli angeli creatori del mondo — secondo loro — a mettere le imposizioni che volevano, supponendo con tali manfrine di soggiogare coloro che li stavano ad ascoltare. Del resto dichiarano di redimere il cosmo esclusivamente per la liberazione degli uomini che loro appartengono.
(Ippolito, Confutazione di tutte le eresie, VI, 19)


Come giudichereste un apologeta cristiano (per giunta biblista presso la Quartz Hill School of Theology e addirittura pastore “battista”) che si abbandona felicemente in lodi sperticate di un “libro” altrimenti da cestinare rapidamente? Di sicuro non qualcuno degno da ascoltare sulle origini cristiane, tantomeno di essere rispettato dagli atei, però perfino da un insignificante qualcuno del genere potrebbe venire qualcosa di buono.

Perchè la seguente analisi degli scritti di Paolo proviene dalla penna di Jim West.



San Paolo e il “dio di questo mondo”

Pubblicato da Jim West il 7 agosto 2012.
https://ogdoas.wordpress.com/2012/08/07/st-paul-and-the-god-of-this-world-10/

È impressionante come così tanti cristiani oggi ancora credono che San Paolo fosse un cristiano ortodosso. A dispetto di questa percezione popolare esistono numerosi passi nelle lettere paoline che indicano che Paolo era qualcosa di totalmente diverso. Oggi si potrebbe perfino dire che Paolo fosse proprio “ortodosso” come lo è Natale o Pasqua. Al valore nominale entrambe queste feste sembrano essere cristiane. Ma in realtà queste feste hanno la loro origine in riti pagani che erano dedicati ad altri dèi. Una situazione simile esiste con la teologia di San Paolo.

La tradizione ortodossa rivendica “Paolo” per sé stesso; ma un attento esame rivela che la dottrina di Paolo era radicata in una scuola di teologia completamente estranea. Il “Dio” di Paolo non era semplicemente il Dio giudeo-cristiano dell'ortodossia cristiana.

Fino ad oggi le lettere paoline contengono ancora elementi dell'unica teologia  e della dottrina di Paolo. Uno dei migliori esempi può essere visto nel passo interessante di 2 Corinzi 3:6-4:4. Gli studiosi e i teologi, sia antichi che moderni, hanno riconosciuto la qualità non ortodossa di questo passo. Marcione e i teologi gnostici riconobbero tutti questo passo come prova che il Dio di Mosè non fosse identico coll'Essere Supremo (Ireneo, Contro le eresie, 3.7.1; Tertulliano, Contro Marcione, 5:11). E gli studiosi nel 20° secolo ritengono che una qualche forma di sistema gnostico si riflette nella retorica di Paolo per quanto riguarda il “dio di questo mondo” (2 Corinzi 4:4). Il vecchio grande Rudolph Bultmann ha scritto di 2 Corinzi 4:4 che “È  linguaggio gnostico quando Satana è chiamato “il dio di questo mondo”.” (Teologia del NT, vol. 1, pag. 173...).
Dovremo anche notare che uno degli interpreti di Paolo, l'autore della lettera agli Efesini, sembra aver compreso Paolo in un contesto teologico simile. Da qui l'autore scrisse: “E camminaste, seguendo l'era di questo mondo   (aion di questo cosmo), seguendo il principe (archonta) della potenza dell'aria ...” (Efesini 2:2). I cristiani ortodossi in genere credono che le parole “era di questo mondo”  semplicemente si riferiscono all'epoca presente del mondo. Ma il testo greco in realtà contiene una portata più ampia di significato. Efesini 2:2 e 2 Corinzi 4:4 entrambi condividono in comune il termine “aion” in greco, che si traduce in 2 Corinzi 4:4 come “mondo” e in Efesini 2:2 come “era”. Nella cultura greco-ellenistica la parola “Aion” può significare l'era, oppure può fare riferimento al mondo, o al cosmo, o a un dio, come Crono/Saturno. In questo contesto è più plausibile che “l'Aion di questo cosmo” sia semplicemente una diversa forma dell'espressione “il dio di questo Aion”. Tra gli antichi greci l'“Aion di questo cosmo” sarebbe stato considerato come un riferimento a Crono. Sia Crono che Saturno erano considerati come dèi che sovrintendevano al tempo. Questi dèi erano identificati dalla parola “Aion” come un nome (ad esempio http://www.theoi.com/Protogenos/Khronos.html). Questi dèi erano anche identificati col settimo cielo ed erano onorati al settimo giorno della settimana.

La retorica di Efesini 2:2 implica che l'autore identificava Satana con Crono o Saturno. Ma il problema di questa interpretazione diventa evidente quando notiamo che Paolo identificò Satana col “dio di questo aion”. Nei paragrafi che seguono presenterò le prove per dimostrare che Paolo effettivamente identificò il “dio di questo aion” col Legislatore che apparve a Mosè. Vorrei anche dimostrare che Paolo, e l'autore della lettera agli Efesini, e di alcuni elementi della tradizione ebraica, condividono tutti certe idee che i greci associavano a Crono: un esempio è il concetto di controllo del tempo.

Lo studioso Richard Reitzenstein notò una correlazione tra il concetto di controllo del tempo e le preghiere utilizzate dagli ebrei nelle antiche sinagoghe ellenistiche. In quelle preghiere gli ebrei di lingua greca parlavano del loro Dio come del “Re dell'Aion” che ha insegnato agli “eruditi” i “tempi dei mesi” (Hellenistic Mystery-Religions, ET: J. Steely, pag.180). Così la retorica di Paolo in 2 Corinzi 4:4, per quanto riguarda il “dio di questo aion”, riflette l'uso corrente nelle sinagoghe ellenistiche. Certamente le espressioni “re dell'aion” e “dio di questo aion” sono quasi identiche. Se un Ebreo in questo periodo può chiamare il suo Dio come il “re dell'aion”, allora perché avrebbe dovuto, inoltre, non fare riferimento al suo Dio come “Dio dell'Aion” ? A mio avviso l'espressione di Paolo riflette l'uso ebraico corrente in quel periodo. Paolo associò anche le Leggi di Mosè col concetto di controllo del tempo proprio come fecero gli ebrei – solo che Paolo ammonì contro l'osservanza della legge di Mosè e l'osservanza di “giorni e mesi e stagioni e anni” (Galati 4:9-10, 5:4).
Nel complesso sembra che ci sia una correlazione tra le preghiere ebraiche ellenistiche, l'espressione di Paolo in 2 Corinzi 4:4, e l'espressione in Efesini 2:2. Le preghiere ebraiche definiscono il Dio degli ebrei come “Re dell'Aion”, mentre Paolo incolpa il “dio di questo Aion” di accecare gli ebrei contro il vangelo (vedi sotto). Nelle preghiere ebraiche il “Re dell'Aion” era detto di aver insegnato agli “eruditi” le “stagioni e i mesi”. Paolo esortò i suoi discepoli contro l'osservanza delle “stagioni” e dei “mesi”. E in Efesini 2:2 vi è un riferimento evidente ad “Aion”, che può essere interpretato come un riferimento a Crono, l'Aion, il dio del tempo.

Passiamo ora al passo che presenta la prova più convincente della teologia straniera di Paolo.
 Mi riferisco al passo di 2 Corinzi 3:6-4:4. La chiave di questo passo è capire che le parole di Paolo riflettono l'interpretazione dell'Apostolo intorno al capitolo 34 di Esodo. Questo passo contiene la descrizione della seconda consegna della Legge. Le prime tavole della Legge erano state infrante quando gli Israeliti caddero nell'idolatria mentre Mosè era ancora sul monte Sinai, dove ricevette la prima serie di tavole nella presenza del Signore (Esodo 32). Nella seconda consegna della Legge (Esodo 34) Mosè torna sulla vetta del  monte Sinai. Nuove tavole sono scolpite e Mosè ritorna sul monte dopo 40 giorni, alla presenza del Signore. E quando gli israeliti lo vedono sono spaventati dal bagliore soprannaturale nel volto di Mosè, che era il risultato del suo tempo trascorso col Signore. Così, quando Mosè diede i comandamenti del Signore agli Israeliti, indossava un velo sul suo volto. Le scritture riferiscono che quando Mosè entrò nella presenza del Signore, si tolse il velo. Ma quando ritornò per dettare agli israeliti, portò il velo in loro presenza (Esodo 34:32-35).
I cristiani ortodossi credono che Esodo 34 riporti che Mosè ricevette la Legge di nuovo dal Dio vivente, dopo che gli israeliti si pentirono dalla loro idolatria (Esodo 32). Ma è questo ciò che credeva Paolo? Vediamo ora che cos'erano i commenti di Paolo per quanto riguarda quelli eventi biblici.

In 2 Corinzi 3:7 Paolo fa esplicito riferimento alla Legge di Mosè “scritta e incisa sulla pietra”, come il “ministero di morte”. Subito devo sottolineare che quest'affermazione è in contrasto con quella che Gesù impartì al giovane ricco in Matteo 19:16-18. Il giovane chiese a Gesù “Maestro buono, che cosa devo fare di buono per ottenere la vita eterna?” Gesù ha risposto che deve “osservare i comandamenti” che significa, in particolare, i 10 Comandamenti (verso 18). Eppure Paolo allude a quelli stessi comandamenti “scritti sulla pietra”, come il “ministero di morte”. E in Romani 3:20 Paolo scrive “... Perchè mediante le opere della Legge nessuno sarà giustificato” e in Galati 5:4 Paolo mise in guardia i cristiani gentili contro le insistenze da parte dei cristiani ebrei di osservare la Legge: “Cristo non vi gioverà a nulla; Voi che volete essere giustificati dalla legge siete separati da Cristo; siete scaduti dalla grazia”. Questi brani di Paolo e Matteo riflettono la realtà storica che esistevano profondi disaccordi tra i primi cristiani. E Paolo stesso accusò alcuni altri cristiani di predicare “un altro vangelo” e “un altro Gesù” (2 Corinzi 11:4).

Più significativo è che Paolo rifletteva una scuola che riteneva che la legge fosse uno strumento di morte: mentre Matteo 19 rifletteva una scuola che sosteneva che la Legge fosse il saggio consiglio per una buona vita, e che coloro che obbedivano alla Legge avrebbero ereditato il Regno. Queste dottrine contrastanti hanno implicazioni teologiche profonde e profonde.

Tornando al nostro argomento: dobbiamo notare che in 2 Corinzi 3:7 Paolo ritrae Mosè e il Legislatore in una luce negativa. Paolo afferma che la Legge è il “ministero di morte” e che Mosè portava un velo in modo che gli Israeliti non avrebbero visto la “gloria mentre svaniva”. Questa stessa accusa è fatta di nuovo in 2 Corinzi 3:12-15:

“Poiché abbiamo speranza che questa nuova gloria non passerà, possiamo predicare apertamente, non come fece Mosè, che dovette mettersi un velo sulla faccia, perché gli israeliti non vedessero svanire quella gloria di breve durata. E non soltanto la faccia di Mosè era velata, ma anche la mente della sua gente era ed è rimasta velata e ottusa. Anche oggi, infatti, quando i Giudei leggono l'Antico Testamento, sembra che abbiano il cuore e la mente coperti da un velo. Non riescono a vedere, né a capire il significato reale delle Scritture, perché questo velo di malinteso può essere tolto soltanto credendo in Cristo. Proprio così, anche oggi, quando leggono gli scritti di Mosè, continuano a non capire.”

Qui Paolo afferma esplicitamente che Mosè ingannò gli Israeliti. Nascose la gloria evanescente che è indicativa di un dio minore: ed egli indusse in errore gli israeliti riguardo la vera natura omicida della Legge. A titolo di confronto possiamo vedere che le parole di Gesù in Matteo 19:17f sono coerenti con la tradizione ebraica che la legge è il mezzo per la giustificazione e l'immortalità. Paolo dice il contrario. In Galati 1:6-9 Paolo espressamente condannò i cristiani ebrei i quali insistevano che i convertiti di Paolo necessitavano di osservare la legge, se volevano essere cristiani. Paolo rispose che “in Cristo non c'è né Ebreo né greco, né schiavo né libero, né uomo né donna ...” (Galati 3:28). Paolo credeva che in Cristo la legge fu completamente abolita: né gli ebrei né i pagani erano obbligati ad osservare la Legge.

Paolo aveva le proprie idee su ciò che il vangelo rappresentava. E in 2 Corinzi 3:18 Paolo scrive di Gesù mentre appare a volto scoperto senza velo. Paolo qui scrive nei termini del linguaggio misterico della Visione Divina: Coloro che guardano nella gloria del volto scoperto di Gesù saranno “trasformati in quella medesima immagine, di gloria in gloria ...”. Quindi coloro che guardano al volto glorificato di  Gesù saranno divinizzati. (il concetto di Paolo della Visione non ha alcun fondamento nell'Antico Testamento, ma riflette invece la pietà mistica delle religioni misteriche del tempo di Paolo, Samuel Angus, Mystery Religions, pag. 135; R. Reitzenstein, ibid., pag. 89.).

Nel passo di cui sopra c'è un altra rottura con l'ortodossia. Paolo evidentemente crede che Mosè non ricevette la Legge attraverso il Gesù pre-esistente, o che Gesù fosse in qualche modo il volto di Dio nell'Antico Testamento. Secondo Paolo, la Legge di Mosè e la gloria del Legislatore distolsero il genere umano dalla gloria e dall'immortalità che (secondo Paolo) sono visibili e potenti nel volto di Gesù Cristo.

Senza dubbio Paolo accusò Mosè di deviare gli israeliti dalla verità. E 2 Corinzi 3 non è l'unico passo in cui Paolo si oppone realmente a Mosè. Un altro esempio è in Galati dove Paolo nega che la circoncisione fu iimposta da Dio, come è indicato chiaramente in Genesi 17:1-14. In opposizione alla scrittura, come apparentemente scritta da Mosè, Paolo dice che Dio accettò Abramo per la sola fede, e che la circoncisione fu istituita in seguito per mezzo di Mosè (Galati 3:6-9, 15-18).

Evidentemente Paolo non credeva che Mosè pronunciò la verità nei suoi scritti. Paolo accusò Mosè di nascondere la goria evanescente agli occhi degli israeliti, e che la loro mente rimase cieca nella loro lettura del “vecchio testamento”. La retorica di Paolo può essere interpretata nel senso che non credeva che Mosè partecipasse di un'accurata conoscenza di Dio. Peggio ancora, è che Paolo implica che Mosè travisò le cose e nascose la verità.

Paolo ritorna al tema della disonestà in 2 Corinzi 4:1-2; e le idee corrono parallele colle dichiarazioni rese in 2 Corinzi 3:12-14. In 4:1 Paolo scrive “Perciò, avendo questo ministero per la misericordia che ci è stata fatta, non ci perdiamo d'animo. Al contrario, rifiutando le dissimulazioni vergognose, senza comportarci con astuzia né falsificando la parola di Dio, ...”.

Certo, le parole di Paolo sopra sono dirette contro i suoi avversari, tra gli ebrei e i cristiani ebrei, e la priorità da loro riposta su Mosè. Paolo sta rispondendo probabilmente ad un'accusa da parte loro sul suo possesso di empi segreti (Elaine Pagels, Gnostic Paul, pag. 97). Certo è vero che Paolo scrisse della “sapienza nascosta” che è comunicata solo tra i “perfetti” (iniziati); e che l'“uomo naturale” non può comprendere la sapienza spirituale (1 Corinzi 2:6-7, 12-14). Paolo spiega che la sapienza spirituale è “follia” per l'uomo naturale. La sapienza spirituale è, naturalmente, la conoscenza della salvezza. Mostrare la sapienza ai non iniziati significa rischiare la loro dannazione poichè potrebbero commettere blasfemia e rifiutare la verità prima di poterla comprendere (1 Corinzi 2:12-14).

Certamente questa è la logica dietro le parole di Paolo in 2 Corinzi 4:3-4,

“E se il nostro vangelo rimane velato, lo è per coloro che si perdono, ai quali il dio di questo aion ha accecato la mente incredula, perché non vedano lo splendore del glorioso vangelo di Cristo che è immagine di Dio.”
Le dichiarazioni di Paolo qui sono un parallelo ed un estensione naturale di ciò che scrisse riguardo la legge di Mosè e il Legislatore nei passi precedenti. Mosè è l'immagine del Legislatore che è il dio inferiore, vale a dire, il dio di questo aion. Mosè nascose la gloria evanescente di questo dio, e dettò la legge agli israeliti. Gli israeliti furono accecati dal velo di Mosè e furono indotti a credere che la Legge fosse la via alla vita. A causa di questo accecamento rifiutarono il vangelo di Paolo e la sua dottrina che la Legge è il “ministero della morte”. Paolo presenta Gesù come l'immagine del Dio supremo, che rivela la gloria di Dio datore di vita nel suo volto scoperto. Il dio di questo aion mira a distogliere gli israeliti dall'avvistamento della gloria di Cristo.

Senza dubbio Paolo sta identificando il Legislatore col “dio di questo aion”. Ovviamente il Dio di Paolo non era semplicemente il “Dio della Bibbia”, come tanti cristiani presumono oggi. Se il Dio di Paolo non era il Legislatore biblico allora chi, esattamente, era il Dio dietro la teologia di Paolo? Questo è il più grande mistero nascosto nelle lettere di Paolo. -jw

Di James M. West. Copyright © October 1, 2007; rivisto il 26 giugno 2014.

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