venerdì 17 febbraio 2017

Sul “Sermone Gnostico” di Harold Bloom


MANICHEISMO: Eresia giustamente condannata e detestata dai cristiani. I manichei ammettono nell'universo due princìpi di uguale potenza, il che è abominevole. I cristiani ammettono un dio onnipotente di cui il Diavolo, in ogni istante, può capovolgere i progetti, il che è molto ortodosso.  
(Il Libero Pensatore Paul Heinrich Dietrich, barone d'Holbach, La théologie portative, 1768

Il giorno seguente attraversarono un lago di gesso così fine che i pony non vi lasciarono traccia alcuna. I cavalieri si erano spalmati intorno agli occhi maschere di carbone d'ossa e qualcuno aveva annerito anche gli occhi del cavallo. Il riflesso del sole nel bacino bruciò la parte inferiore delle loro facce e l'ombra del cavallo e del cavaliere era dipinta sulla fine polvere bianca in puro color indaco. In lontananza, nel deserto a nord, vortici di polvere si sollevavano ondeggiando e trivellavano la terra, e qualcuno disse di aver sentito di viaggiatori che erano stati portati via in volo come dervisci da quei turbini impazziti fino a ricadere sul deserto sanguinanti, con le ossa spezzate, e forse avevano guardato l'essere che li aveva distrutti vacillare sopra di loro come un ginn ubriaco e dissolversi di nuovo negli elementi da cui era sorto. Nessuna voce usciva da quei mulinelli, e il viaggiatore che giaceva con le ossa spaccate poteva anche urlare e infuriarsi nel suo dolore, ma contro cosa? E quando la sua carcassa essiccata e annerita verrà trovata fra le sabbie da viandanti ancora a venire, chi potrà scoprire la causa della sua sventura?
(Cormac McCarthy, Meridiano di sangue, IX)

Una volta mi capitò di leggere del seguente paragone, a proposito di Spinoza:
Non a caso è stato parafrasato il titolo del capolavoro di uno dei più grandi mistici del pensiero cristiano: San Bonaventura de Bagnoregio (1221-1274). Anzi, un raffronto tra l'Itinerario della mente a Dio, che ha per fine di «insegnare alle anime la via o le vie dell'ascesa a Dio» (D. Scaramuzzi, Introd. all'o.c., Padova 1943, p. 17) e il De em. di Spinoza potrebbe rivelare spunti molto interessanti, come laddove Bonaventura afferma che «tutte le creature di questo mondo sensibile conducono a Dio eterno l'anima del saggio e del contemplante, poiché esse sono ombre, echi e pitture di quel primo Principio potentissimo, sapientissimo, ottimo; di Colui che è l'eterna fonte, la luce, la pienezza, la causa, l'esemplare e il fine di tutto; sono orme, simulacri, segni divinamente offerti ai nostri occhi per aiutarci a vedere Iddio» (o. c., capo II, n. 11, p. 57) o quando dice che «la beatitudine non è che il godimento del Sommo bene» (o. c., capo I, n.1, p. 35). Tenuto conto delle diverse prospettive, si ritrovano non poche analogie ‒ alle quali qui non abbiamo potuto che accennare ‒ nelle citate opere dei due grandi mistici: l'uno mistico del Dio-Persona, l'altro del Dio-Natura.
(Gilberto Campana, Liberazione e salvezza dell'uomo in Spinoza, città nuova editrice, pag. 70-71, nota 67)
A prima vista, si direbbe che l'amore per la natura, anche se intesa soltanto come creazione di un dio trascendente, sia altrettanto disinteressato ‒ e quindi spontaneo, naturale, genuino ‒ nella concezione cattolica come lo è per un panteista come Spinoza l'amore per la natura intesa come dio stesso. Mi sbagliavo. Ad ogni cattolico ‒ dal II secolo fino ad oggi ‒ non sarebbe mai passato per la mente di esaltare la natura con la scusa che è creazione di dio e che quindi ne riflette la gloria bla bla (e tante altre stucchevoli sciocchezze del genere, si pensi per esempio al Cantico di Frate Sole), se non fosse per una semplice quanto fredda ragione teologica: per pura opposizione allo gnosticismo.

Ben in anticipo rispetto ai primi teologi cattolici, infatti, gli gnostici credevano che i dettagli della creazione possono rivelarci qualcosa di interessante intorno al carattere del creatore. Ma a differenza della successiva reazione cattolica, gli gnostici non erano confortati affatto dall'apparenza di ordine e armonia manifesti nell'universo. Per gli gnostici, quell'armonia è la prova di un creatore per nulla benigno i cui oscuri propositi si possono avvistare nel sinistro silenzio di una vuota prospettiva. E quel silenzio non significa l'assenza di un dio creatore. Bensì la presenza di un maligno demiurgo.  

E là si vede la precisa differenza tra ciò che è spontaneo, genuino, sincero, naturale (l'odio gnostico per un dio creatore del male) e ciò che è artefatto, edulcorato, finto, simulato (il rispetto cattolico del creato). Ma in fondo ci si prende rapidamente l'abitudine al fatto che nel cattolicesimo, a parte le solite falsificazioni della propaganda ecclesiastica (e qui penso soprattutto ai tendenziosi Atti degli Apostoli, per finire con l'impostura chiamata Sindone), niente è originale, ma tutto è cooptato e rubato da tradizioni precedenti (spesso rivali), al solo scopo di addomesticarle sotto l'ombrello della “Grande Chiesa”:

 “Il cattolicesimo ... cerca di afferrare tutte le fiches da poker sul tavolo, calcia tutti fuori dal gioco, e poi fa finta che non ci fossero mai lì fino a quando il gioco fu effettivamente finito. È solo una ridicola, ovvia storia revisionista.”
(Robert M. Price)
È facile constatare, dati alla mano, questa triste realtà della cosiddetta “traditio” cattolica:

La festa di Natale? Un modo per cattolicizzare l'antica festa pagana del
Sol Invictus (e quindi per nulla una festa cristiana nella sua essenza).
Il vangelo di Luca? Un modo per cattolicizzare il vangelo utilizzato da Marcione e dai marcioniti (e quindi per nulla un vangelo proto-cattolico falsificato da Marcione).
Il vangelo di Giovanni? Un modo per cattolicizzare un precedente vangelo gnostico (e quindi per nulla un vangelo proto-cattolico in origine).
Il vangelo di Matteo? Un modo per cattolicizzare il Gesù di carta correggendo il vangelo di Marco (e quindi per nulla un vangelo giudeo-cristiano se non per finta).
L'epistola di Giacomo “il Giusto” ? Un modo per cattolicizzare il Pilastro Giacomo al fine di rivaleggiare la sola autorità delle epistole di Paolo  (e quindi per nulla un'epistola giudeo-cristiana se non per finta).
Le Pastorali? Un modo per cattolicizzare l'apostolo Paolo, al fine di contrastare Marcione (e quindi per nulla lettere autentiche di Paolo).
L'Apocalisse? Un documento del II secolo posteriore a Bar Kochba (circa 130 E.C.) e quindi per nulla uno scritto giudeocristiano del tardo I secolo.
Il vangelo di Marco? Uno scritto paolino ‒ e paolino non significa proto-cattolico. 



Se dunque perfino dietro tanta mostra (antica e moderna) di ecologismo cattolico si nasconde in realtà una fredda ragione teologica (nel caso specifico, contrastare con ogni mezzo quello che viene chiamato istericamente il “serpente della gnosi” dal demente apologeta cattolico di turno), allora perfino dove appare più sincera, la spiritualità cattolica in realtà suona arida e terribilmente ipocrita. Perciò sono davvero grato al critico letterario Harold Bloom per aver evidenziato, nel suo “Sermone Gnostico” (che vale da solo la lettura del suo Omens of Millennium: The Gnosis of Angels, Dreams, and Resurrection), come la stessa spiritualità gnostica sia immensamente più profonda e superiore rispetto a quella cattolica (che non merita neppure di essere definita “spiritualità”, a tal punto è spoglia di ogni originalità nella stessa origine). E tutto questo lo dico e lo constato da ateo antiteista. 





Not by Faith, nor by the Angels: A Gnostic Sermon
di Harold Bloom

Traduzione di
G. Ferri

Ciò che ci rende liberi è la Gnosi
di chi eravamo
di che cosa siamo diventati
di dove eravamo
di dove siamo stati gettati
di dove ci affrettiamo
di ciò da cui siamo stati liberati
di cosa è nascita
e di che cosa è rinascita
Questo è un credo Gnostico del secondo secolo dell’Era Comune, ed intendo predicare un sermone su di esso nelle pagine che seguono. Il fardello del mio sermone non sarà in alcun modo a scopo di proselitismo; piuttosto cercherò di mostrare a molti che leggono e quindi mi ascoltano il paradosso che loro sono già Gnostici, «conoscitori», senza consapevolmente saperlo. Ci sono naturalmente denominazioni americane indigene che presentano forti tracce Gnostiche: i Mormoni, numerosi Pentecostali, alcuni Avventisti, un sorprendente numero di moderati Battisti del Sud, e una moltitudine di settari afro-americani, alcuni Battisti neri tra loro. Ma non ho alcuna autorità per rivolgermi ad una di quelle chiese, e non posso rivolgere a loro il mio sermone. Io parlo piuttosto ai senza-chiesa, ai cercatori di vario genere, che sono troppo lucidi e spiritualmente maturi per trastullarsi con giocattoli New Age e Woodstock, e tuttavia che conoscono, su molti livelli, cosa intese Emerson quando scrisse nei suoi appunti che «È tramite te stesso senza mediatore che Dio ti parla», e aggiunse la più profonda verità di tutto lo Gnosticismo:
Were you ever instructed by a wise and eloquent man? Remember then, were not the words that made your blood run to your cheeks, that made you tremble or delighted you,– did they not sound to you as old as yourself? Was it not truth that you knew before, or do you ever expect to be moved from the pulpit or from man by anything but plain truth? Never. It is God in you that responds to God without, or affirms his own words trembling on the lips of another.
Là è il cuore della conoscenza gnostica, scritta in America nel 1831, piuttosto che diciassette secoli prima nell’Alessandria ellenistica. È nella convinzione che Emerson fu nel giusto, e che un numero di noi sono Gnosticisenza sapere cos’è ciò che conosciamo, che questo sermone espone lo Gnosticismo come l’alternativa spirituale disponibile proprio ora a Cristiani, Ebrei, Musulmani, e a umanisti secolari. Perciò desidero evitare un’immersione nella storia religiosa, nella ricerca, e nella teologia, ma ho bisogno di iniziare con una presentazione davvero minima del contesto se termini come «Gnosi», «Gnosticismo» e «la religione gnostica» debbano essere capiti, e se il mio sermone debba avere un qualche valore. Assumendo il credo di sopra come mio testo, io desidero permettere ad entrambi contesto e dottrina di emergere direttamente da ciascuna delle nove righe dell’antica formula.

Ciò che ci rende liberi è la Gnosi
Cosa ci rende liberi, secondo il dogma cristiano, è conoscere la verità, che è l’Incarnazione di Cristo, la Crocifissione, e la Risurrezione, e questa verità deve essere conosciuta per fede, la fede che in un momento, sia dentro che fuori dal tempo, quelli eventi una volta presero luogo. Quando comunque diciamo che a renderci liberi è la Gnosi, o «conoscenza», allora noi siamo Gnostici, e invece di credere che qualcosa fu ed è così (qualcosa che sarebbe ancora differente per gli Ebrei, e di nuovo per i Musulmani), noi ci basiamo su una conoscenza interiore piuttosto che su un credo esteriore. La Gnosi è l’opposto dell’ignoranza, usata da Ebrei e Cristiani, Gnosis non significò conoscere che qualcosa fu così, ma piuttosto conoscere davvero qualcuno o qualcosa, compreso conoscere Dio. «Conoscere Dio» ha uno speciale effetto che la rende la Gnosi: è un reciproco processo in cui anche Dio conosce cosa è meglio e più antico in te, una scintilla in te che sempre è stata di Dio. Questo significa che conoscere Dio è principalmente un processo in cui ti si ricorda che cosa tu già conosci, cioè che Dio mai è stato interamente esterno a te, comunque alienato o estraniato egli sia dalla società o perfino dal cosmo in cui tu dimori.
Come, quando, e dove una tale Gnosi venne fuori? Il giudaismo normativo, il cristianesimo dogmatico, e ortodosso, l’islam sunnita tutti considerarono e ancora considerano la Gnosi un’eresia, come qualcosa di blasfemo alla fede in Dio e alle rivelazioni di quella fede proclamata tramite Mosè, Gesù, e Maometto. Una disputa accademica è nata sulla questione delle origini della «eresia Gnostica», o «religione gnostica», come preferisco chiamarla, ma poichè sto fornendo un sermone – una dichiarazione, e non un argomento – io definirò la controversia per me stesso, e per ogni lettore principalmente preoccupato con la ricerca spirituale, come lo sono io. Lo Gnosticismo per prima sorse tra gli Ebrei ellenistici, entrambi dell’Egitto Alessandrino e della Siria-Palestina, un intero secolo o quasi prima di Cristo. Non penso che esso iniziò come una ribellione contro il sacerdotale Dio-Creatore di Genesi 1, sebbene infine lo diventò, e continuò a considerare la falsa Creazione di Genesi 1 come la vera Caduta di uomini e donne. Piuttosto, quelli ebrei intertestamentali (tra Antico e Nuovo Testamento) stavano cercando di rivivere una più arcaica religione ebraica che il culto del Tempio aveva oscurato, una religione in cui la demarcazione tra Dio e l’umanità non era una barriera fissata. Antichi miti ebraici e teosofie avevano da tempo anticipato lo Gnosticismo, e quelle speculazioni furono rivissute durante il primo secolo formativo dello Gnosticismo Ebraico. La più importante di loro riguardò l’originale o Primordiale Adamo, l’Anthropos, o Uomo, come gli ebrei di lingua greca lo chiamarono, un essere nel contempo Adamo e Dio, il cui enorme corpo assunse l’intero cosmo, ma che realmente trascendeva quel cosmo. Il nostro mondo, ancora prima di cadere (o di rimpicciollirsi nella Creazione di Genesi 1), era contenuto dentro la forma di Adamo, Anthropos, Uomo, che fu indistinguibile da Dio. Di qui la Gnosi, in cui un singolo atto di conoscenza personale in una sola volta comprende l’uomo che conosce Dio e Dio che conosce l’uomo.


Ciò che ci rende liberi è la Gnosi
di chi eravamo
Lo gnosticismo, già esistente tra ebrei pre-cristiani, naturalmente divenne una delle più antiche forme di cristianesimo, ed entrò in competizione con la germogliante Chiesa dei primi due secoli cristiani, dopodichè fu politicamente sconfitto e così espulso come eresia. Il credo su cui sto predicando come mio testo è una versione della dottrina del grande gnostico cristiano Valentino risalente al secondo secolo dell’Era Comune, certamente il più potente scrittore tra gli antichi gnostici. Ma ora sto andando ad abbandonare la storia, tranne per occasionali momenti di chiarimento, appena diventano necessari. In primo luogo, la Gnosi ci rende liberi perchè è la conoscenza di chi eravamo, prima di quella Creazione sacerdotale che fu in realtà la nostra Caduta dalla divinità nella divisione e frantumazione. Chi eravamo noi, quando eravamo i nostri originali sé? Cos’erano i nostri volti, prima che il mondo fu fatto? Cosa fu il nostro potere di essere, la nostra condizione di consapevolezza, la nostra relazione alla vita? La Gnosi, per duemila anni ormai, è stata una conoscenza pragmaticamente disponibile solo ad una elité, a coloro che sono iniziati, e che sono capaci di una così grande conoscenza. Ma la vera conoscenza di chi noi eravamo abbraccia assai più di un’elité: essa ci restituisce ad una entità universale che conteneva tutti gli uomini e tutte le donne. Eravamo, noi tutti, di una doppia natura, Dio e Uomo, con una reciprocità che si muove tra entrambi gli aspetti. Conoscenza di sé e conoscenza di Dio erano in armonia, e nulla di questo fu astratto, ma fu sperimentale. L’antico Corpo Ermetico, scritti degli Gnostici alessandrini pagani sotto qualche influenza ebraica, espresse quel senso meraviglioso della Gnosi di chi eravamo con grande eloquenza:
...il vero Uomo ha una posizione superiore agli dèi, o per lo meno è perfettamente uguale ad essi quanto a potere. Nessuno degli dèi celesti scenderà infatti mai sulla terra varcando il confine del cielo; l’Uomo al contrario può elevarsi fino al cielo ... non ha bisogno di abbandonare la terra per salire in alto, tanto è capace di estendersi. Bisogna dunque osare affermare che l’Uomo che vive sulla terra è un dio mortale, il dio celeste un uomo immortale.
Tuttavia cosa può significare essere «un dio mortale»? Poichè la Gnosi è la redenzione dell’«uomo interiore» o della «donna interiore», l’intima natura è il cuore o il centro della divinità mortale. L’intima natura gnostica non deve essere confusa con le incursioni freudiane e junghiane nell’interiorità, ma dipende da un’illuminazione o da una rivelazione, entrambe da dentro e da fuori. Le immagini di risvegliata interiorità, di chi eravamo, dell’uscita fuori da un’intossicazione, sempre enfatizzano un incontro tra realtà interiori ed esteriori che cercano ciascuno l’aspetto dell’altro. Freud sperava di rafforzare l’ego, e Jung si mascherò da gnostico, ma l’integrazione che è la Gnosi è piuttosto differente dai processi di psicoanalisi o di psicologia analitica. Parte di chi noi eravamo fu Dio, un Dio personale ma che trascende cosa siamo diventati, in quanto noi stessi una volta eravamo più di quanto siamo diventati. Pragmaticamente, la Gnosi è una differenza che fa una differenza, perchè la ricerca mira a tornare ad una perfetta conoscenza, nel contempo sperimentale ed intellettuale.

Ciò che ci rende liberi è la Gnosi
di che cosa siamo diventati
In tutta la letteratura religiosa, non conosco un ritratto della depressione spirituale più vivido di quello che lo gnosticismo rese dei peggiori parametri della nostra esistenza terrena. Gli antichi scritti gnostici di frequente mi rammentano il cosmo delle tragedie più negativamente sublimi di Shakespeare, Re Lear e Macbeth, e mi ricordano anche le nostre terrificanti città interiori, e la consumata desolazione di così tanto panorama americano. Il nostro mondo esistente è chiamato dagli antichi gnostici il kenoma, o cosmologica vacuità: un mondo di tempo ripetitivo, di riproduzione senza significato, senza futuro, Generazione X: allora, ora, e per sempre. Cosa siamo diventati è un essere tormentato da demone, intrappolato in un senso di fato dominato da ostili angeli chiamati arconti, i principi della nostra prigionia. Passeggiando intorno a Yale un giorno, incontrai un mio amico, l’eminente studioso di gnosticismo, Bentley Layton, che chiese in merito alla penosa espressione sul mio volto. Quando gli dissi sinceramente del dolore ai miei piedi, egli saggiamente levò un dito e precisò: «Ah, ciò è a causa dell’arconte delle scarpe!» Nel mondo eccessivamente definito di cosa siamo divenuti, perfino battute gnostiche hanno la loro utilità. C’è un contemporaneo
senso di angoscia all’avvicinarsi del Millennio, un’angoscia che ha il suo proprio distintivo afflato, ed è notevolmente simile all’angoscia gnostica di due millenni fa. Le nostre attuali ossessioni americane con gli angeli, con sogni parapsicologici, con l’«esperienza di pre-morte» e le sue manifestazioni astro-corporee: tutto ciò ha chiare analogie nel periodo formativo dell’antico gnosticismo. Cosa la Gnosi meglio ci insegna, in questa materia, è di finirla col nostro entusiasmo per gli angeli, che secondo lo Gnosticismo non sono i nostri guardiani ma le nostre guardie carcerarie.


Ciò che ci rende liberi è la Gnosi
di dove eravamo
Lo gnosticismo ci dice che prima della catastrofe della Creazione-Caduta, eravamo nel luogo di pace, la «Pienezza», o il Pleroma, un mondo paradossale di pace intensivamente vitale, e di una calma e tuttavia attiva estasi, difficilmente una facile condizione da immaginare, almeno su una base perpetua. Tuttavia, mi sembra la più umana e interessante descrizione di un Cielo o di una condizione primigenia che abbia mai incontrato. Monoimo, un antico arabo gnostico influenzato da arcaiche teosofie giudaiche, fornì un arguto avvistamento dell’Uomo del Pleroma, l’umano Primigenio della Pienezza:
Smettila di aspirare a Dio, alla creazione e a simili cose e cerca la compagnia di te stesso con te stesso, e apprendi chi è che appropria tutte le cose all’interno di te senza eccezione e dice, «Mio Dio, mia mente, mio pensiero, mia anima, mio corpo», e apprendi da dove viene afflizione, e gioia e amore e odio, e sveglia senza intenzione, e sonno senza intenzione, e ira senza intenzione, e amore senza intenzione. E se con cura consideri quelle cose, troverai te stesso all’interno di te stesso, essendo insieme uno solo e molti come quella battuta, e troverai il risultato di te stesso.
«Quella battuta» si riferisce straordinariamente alla singola battuta della lettera greca iota, la I, che essendo numerica tanto quanto una lettera, sta per il numero dieci, il numero contenente tutti gli altri numeri. E così Monoimo, che chiamerei il primo arguto o umorista gnostico, procede a fare di «quella battuta» anche la battuta gnostica di interpretazione, vedendo l’Uomo perfetto nell’armonia del Pleroma:
Questo Uomo è una singola unità, incomposta e indivisibile, composta e divisibile; interamente amichevole, interamente pacifica, interamente ostile, interamente in ostilità con sé stessa, dissimile e simile, come qualche armonia musicale, che contiene all’interno di sé ogni cosa che uno potrebbe nominare o lasciare innominata, che produce tutte le cose, generante tutte le cose. ...
In relazione all’originale Uomo nel Pleroma, il nostro cosmo è una copia deformata, e così lo siamo noi. Non possiamo unire gli opposti, a differenza dell’Androgino, che è Anthropos, ed è nel contempo uomo e donna, Dio e umano, nostro progenitore e nostra progenitrice, la radice dell’albero della nostra esistenza. Come molte femministe contemporanee sono ben consapevoli, il dio degli gnostici da molto tempo annullòl’assurdità così difficile da rimuovere dal giudaismo, dal cristianesimo, e dall’islam: la Divinità esclusivamente maschile. E c’è una vita sessuale all’interno dell’Androgino: come poteva non esserci? La storia di quella vita sessuale è più sviluppata nella Kabbala ebraica, ma è presente nella Gnosi dai suoi primordi.

Ciò che ci rende liberi è la Gnosi
di dove siamo stati gettati
«Gettato» è il più importante verbo nel vocabolario gnostico, infatti esso descrive, tanto ora quanto duemila anni fa, la nostra condizione: noi siamo stati gettati in questo mondo, questa vacuità. Espulsi fuori, in una sola volta da Dio e dai nostri veri sé, o scintille, viviamo e moriamo il nostro stato di esser stati gettati, quotidianamente. Ammesso che ci sia un esilarante dinamismo nella nostra condizione, questo non prevale, e non è la norma della nostra esistenza. Il trauma è di gran lunga più vicino ai nostri giorni e alle nostre notti: paure di mancanza d’amore, privazione, follia, e l’anticipazione delle nostre morti. Qui è Valentino sul nostro stato presente nella sua unica opera completa sopravvissuta, la magnifica meditazione Il Vangelo della Verità:
Così essi ignoravano il Padre: Egli è ciò che essi non vedevano. Poiché questo significava spavento, confusione, instabilità, dubbio e incertezza, esistevano molti inganni, attivi per le cause suddette, e vuote finzioni, come se la gente si fosse abbandonata al sonno e si trovasse in preda a sogni agitati: o si presenta loro un luogo in cui essi trovano scampo o si sentono senza forze, dopo essere stati inseguiti da qualcuno; o sono coinvolti in risse o stanno essi stessi ricevendo colpi; o stanno cadendo da grandi alture o volano per aria, sebbene non abbiano ali. Altre volte ancora è come se qualcuno tentasse di ucciderli, anche se nessuno li insegue, o essi stessi stanno uccidendo i loro vicini, perché sono imbrattati del loro sangue. Fino al momento in cui non si ridesta, colui che passa attraverso queste cose, immerso in tutte queste confusioni, non si accorge
che esse non significano nulla.
L’incubo della morte-nella-vita, realizzato diciotto secoli fa, non necessita che di piccola modifica. Il Gesù Gnostico del Vangelo di Tommaso, un Gesù viandante, più vicino a Walt Whitman che al Gesù delle Chiese, ci parlò come se ciascuno di noi fosse un viandante, e con una finale eloquenza ci dice precisamente in che cosa siamo stati lanciati:
Ma se non conoscerete voi stessi, vivrete nella povertà, e sarete la povertà. 
Beato colui che era prima di divenire.
«Povertà» qui è esattamente cosa Ralph Waldo Emerson, fondatore della nostra gnosi americana, chiamò povertà: immaginosa mancanza o necessità. Noi venimmo ad essere prima di venire ad essere; noi sempre già eravamo, e così non fummo mai creati, essendo tanto vecchi quanto Dio stesso. E tuttavia siamo stati lanciati in quel mondo, le nostre vite, dove Gesù ci esorta ad «essere pellegrini».

Ciò che ci rende liberi è la Gnosi
di dove ci affrettiamo
Se noi stiamo stati lanciati, chi fu il lanciatore? non c’è nessun Odino o Giove o Yahweh che per se stesso ci ha lanciato fuori dal Plemora: ciò può accadere solamente coll’intervento del sé. Certamente, il sé ne fu la causa e non si tratta del sé, la scintilla, o pneuma (per usare il termine gnostico) ma della psyche, o l’anima, il superficiale compagno del più profondo sé. Come viviamo giorno per giorno, esperiamo, con deboli luci, un senso della direzione nella quale ci stiamo affrettando, ma è la visione retrospettiva che ci urta di più. A sessantacinque anni, di frequente trovai me stesso assillato dalla mia personale domanda: Dove sono andati gli anni? Nel momento in cui scrivo questo sermone, sono prossimo a cominciare l’inegnamento del mio quarantesimo anno consecutivo a Yale, e non posso tollerare nella mia coscienza la velocità con cui quarant’anni sono passati. Tuttavia la mia esperienza è tutt’altro che universale, tra i miei amici e conoscenti della mia personale generazione. Percepire che il tempo è diventato impaziente, esattamente nella misura in cui l’intervallo rimanente si restringe, è una vertigine per rimediare la quale la religione gnostica è quasi eccezionalmente adatta. Il tempo, secondo il giudaismo, il cristianesimo, e l’islam, è la grazia dell’Eternità: è redentivo. Ciò pretende di essere un altro magnifico idealismo, e tuttavia è una menzogna, una che in profondità lavora contro la scintilla che può aiutare ad impedire il nostro affrettarci ad un nichilistico dissolvimento.
Cosa la Gnosi ci dice è che il tempo, che degrada, in se stesso è il prodotto di una divina degradazione, un fallimento all’interno di Dio. Ho esitato a parlare circa la divina degradazione fino ad ora, perchè nessun aspetto dello gnosticismo è più frainteso, o più offende i pii delle chiese stabilite. Ma la crisi all’interno del Pleroma, la scissione nell’originale Pienezza, doveva essere reciproca: quando noi ci schiantiamo giù in questo mondo fatto da angeli inetti, allora anche Dio si schianta, precipitando giù non con noi, ma in qualche ignota sfera, impossibilmente remota. Ci sono (almeno) due kenoma, due cosmologiche vacuità: il nostro mondo, questo mondo, e le invisibili sfere anch’esse formate nella paura, come Herman Melville racconta nel suo vero capolavoro gnostico, Moby-Dick. In quei desolati luoghi, Dio ora vaga, egli stesso un alieno, uno straniero, un esule, esattamente come noi vaghiamo qui. Il tempo, un’ombra invidiosa (come il poeta Gnostico Shelley lo chiamò) cadde dalla Pienezza sul nostro mondo. Un’ombra egualmente invidiosa, una senza nome, avvolge tutt’attorno l’errante Dio dell’Abisso, non solo tagliato fuori da noi, come noi lo siamo da lui, ma come indifeso privo di noi come noi lo siamo privi di lui.


Ciò che ci rende liberi è la Gnosi
di ciò da cui siamo stati liberati
Poichè rivolgo me stesso ai cercatori, a coloro che sono gnostici senza che lo sappiano o meno, io parlo con una certa libertà. Questo monito è perchè, di qui in poi, io non posso parlare senza il rischio di offendere devoti che credono nel Patto, se son Ebrei; che credono che Gesù fu il Cristo, se son cristiani; o che affermano che Maometto fu il sigillo dei profeti, se hanno accettato l’Islam. La Gnosi di cosa siamo stati liberati è la conoscenza del Dio caduto che gli Gnostici una volta chiamarono il Demiurgo, o il vero Padre della menzogna, il Dio di questo mondo mascherato come Yahweh il Padre. Coloro che amano il Dio la cui Creazione simultaneamente fu la Caduta nostra e di questo mondo hanno San Paolo come il loro più forte precursore, in particolare perchè egli fu profondamente tentato dallo Gnosticismo cristiano, ma si volse distante da esso. Eclettico com’era, Paolo enfatizzò la distanza tra la sua Fede Cristiana e la Legge Ebraica così fieramente che la Fede divenne la sola salvezza e la Legge una maledizione, un’antitesi che alcuni antichi gnostici interpretarono come la loro personale contesa tra Gnosi e Fede, una Fede da cui rifiutarono di districare la Torah, o la Legge. Contro la Gnosi, Paolo cercò di opporre cosa chiamava «amore», un appellativo che il quasi-gnostico Friedrich Nietzsche rivelò essere qualcosa piuttosto differente:
Gia la parola «cristianesimo» è un equivoco. In fondo è esistito un unico cristiano, e questo morì sulla croce. Il «Vangelo» morì sulla croce. ... È falso fino all’assurdo il vedere in una «fede», per esempio nella fede della redenzione per mezzo di Cristo, la caratteristica peculiare del cristiano: solo la pratica cristiana, una vita tale come quella che visse colui che morì sulla croce, è cristiana.
Dello stesso Paolo, Nietzsche sottolineò: «Il pensiero di unione con Cristo gli fece perdere tutta la vergogna, tutta la sottomissione, tutti i vincoli, e la sua ingovernabile ambizione fu mostrata a dilettarsi nell’attesa delle glorie divine». Si può aggiungere l’osservazione di George Bernard Shaw riguardo Paolo: «Egli è non più un Cristiano di quanto Gesù fosse un Battista; egli è un discepolo di Gesù solo nella misura in cui Gesù fu un discepolo di Giovanni. Egli non fa niente di ciò che Gesù avrebbe fatto, e non dice nulla di ciò che Gesù avrebbe detto». Se la «fede» cristiana significa Paolo, e quasi inevitabilmente è così, allora la Gnosi assume il suo più profondo significato, che è un ritorno alle origini, non del cristianesimo, ma del Pleroma, dello stato in cui Dio e l’umano sono indistinguibili. Tuttavia di cosa siamo liberati: del falso rimasuglio di Dio e di angeli che erano rimasti dopo che ruppero l’unità con l’umano? Nella visione gnostica, il Dio delle fedi organizzate occidentali è un impostore, non importa che nome assume. Il suo atto di usurpazione celava se stesso rinominando Abisso, o caos, l’originale Pienezza, e oscenamente chiamando Creazione la Caduta nella divisione. Una degradazione divina presenta se stessa come un atto benigno; lo gnosticismo parte dal ripudio di questo atto, e nella conoscenza che la libertà dipende dal ritorno a cosa precedeva la Creazione-Caduta. Ora siamo abbandonati, soffrendo di nostalgia e terrore, più frequentemente chiamata «depressione». Tuttavia, da una prospettiva Gnostica, il nostro trauma è uno shock; essendo stati gettati, siamo stati storditi, ed essendo vittime della menzogna, abbiamo dimenticato cos’è che conosciamo. La conoscenza in definitiva è della più antica parte del tuo personale più profondo sé, e quella è conoscenza del meglio di te stesso. La Creazione non poteva alterare quella miglior parte; una scintilla in voi perfino ora è guarita, originale, pura. Questa scintilla è anche un seme, e da esso germoglia la perenne Gnosi, che ci rende liberi da cosa la maggior parte di uomini e donne vanno a chiamare Dio, sebbene l’angelo che essi adorano come Dio è un povero rudere, deumanizzato.

Ciò che ci rende liberi è la Gnosi
di cosa è nascita
Nel Vangelo di Tommaso, il Gesù gnostico sottolinea che noi mai fummo creati, e così non c’è alcuna necessità per una fine del tempo. Noi iniziammo prima dell’inizio, e saremo qui dopo la supposta Apocalisse. Cosa allora la tua nascita può realmente esser stata, se cosa è più antico, migliore, e più te stesso mai passò attraverso la nascita? Ascolta questo scambio dal Vangelo di Tommaso, tra una donna anomima e Gesù:
Una donna tra la folla gli disse: «Beato il ventre che ti ha portato e i semi che ti hanno nutrito». 
Egli le rispose: «Beati coloro che udirono la parola del padre e la custodirono veramente. Giorno verrà nel quale direte: ’Beato il ventre che non ha concepito e i seni che non hanno allattato’».
Da qualche altra parte nel Vangelo di Tommaso, Gesù distingue tra la «vera» madre e la madre meramente reale o naturale, e di nuovo in questa collezione di detti egli osserva davvero oscuramente: «Chiunque conosce il padre e la madre sarà chiamato il figlio di una prostituta», perchè è un errore «conoscere» la stirpe naturale di uno, che semplicemente non pertiene alla Gnosi. Solo la scintilla o l’originale sé può esser conosciuto, in se stesso o in altri. Niente di questo discute o denuncia la paternità o la maternità come tale; il suo effetto piuttosto è di distoglierci dal vedere la nascita stessa come una partecipazione o un rinnovamento della Creazione-Caduta. Questo non significa lamentarsi o disprezzare la nascita naturale; è solo una questione di prospettiva. Ma che mi porta al cuore di questo sermone, infatti esso è il centro della Gnosi: cos’è la giusta comprensione della rinascita e della risurrezione?

Ciò che ci rende liberi è la Gnosi
di che cosa è rinascita
Come rammentato precedentemente, lo gnosticismo può essere pagano, giudaico, cristiano, o musulmano, o può addirittura assumere le forme esteriori delle spiritualità più orientali. Gli ermetici dell’antica Alessandria per tutto il Rinascimento italiano fino a Giordano Bruno formano una continua tradizione degli gnostici pagani. Lo gnosticismo ebraico risale dai minim o eretici della Palestina talmudica attraverso la vasta tradizione kabalistica, che rimane vitale oggi. Lo gnosticismo cristiano, estirpato dalla Chiesa, andò nel sottosuolo ed emerse di nuovo in superficie con i Catari del tardo dodicesimo secolo, solo per esser distrutto da una crociata papale del tredicesimo secolo, in una campagna di sterminio che è una parte cruciale della lunga storia di frode e violenza della Chiesa Cattolica. Lo gnosticismo dei musulmani Sufi, in particolare degli Sciiti, è sopravvissuto a molte persecuzioni nell’islam, e sopravviverà alle barbarie del contemporaneo Iran. Menziono tutto questo perchè non si può esporre la Gnosi della rinascita senza entrare nell’immagine della resurrezione, e desidero rimuovere quell’immagine da Gesù, o piuttosto dal Gesù delle chiese dogmatiche. Che cosa ci rende liberi è definitivamente la Gnosi del Corpo di Resurrezione, se l’immagine conosciuta sia quella di Ermes, l’angelo Metatron nella Kabbala, l’Angelo Cristo, o le varie forme dell’Uomo di Luce nel Sufismo Iraniano. Tutte quelle sono versioni dell’Anthropos gnostico; e cosa altrimenti è la rinascita, e cosa altrimenti è la risurrezione? 
Nel Vangelo di Tommaso, come lo interpreto io, la rinascita è associata con la condivisione della solitudine di Gesù, o essere un pellegrino con lui. Infatti il Gesù gnostico non ha nulla a che fare con la Crocifissione; il «Gesù vivente» del Vangelo di Tommaso era risorto senza sottoporsi al sacrificio dell’Espiazione. Non si tratta di una nostra mancanza fondamentale il fatto di trovar noi stessi solitari in una giungla cosmica, la nostra galassia, tagliata fuori dalla salvezza tramite il vero Dio che non ha fatto questo mondo, non ha fatto l’anima dell’uomo, non ne ha fatto neppure la scintilla, o il vero sé dell’uomo, perchè quella è coeterna con Dio. Non c’è quindi nessuna base per un sacrificio all’interno di Dio, o all’interno dell’uomo, e cosa James Joyce chiamò il Dio Carnefice del cristianesimo dogmatico è perciò irrilevante al processo di resurrezione. Quando fu chiesto agli antichi gnostici di confrontare l’immagine di Cristo sulla croce, essi replicarono che essa fu un’«apparizione», e che il fiero spirito di Gesù non poteva soffrire. Alcuni dissero che il «Salvatore che ride» rimase prossimo alla croce, deridendo i persecutori della sua apparizione o sostituto.
Nulla sembrò più sublimamente assurdo ai cristiani gnostici dell’adorazione della Chiesa di uno strumento di tortura con cui il degradato, falso dio aveva tentato di umiliare e distruggere l’Uomo di Luce. I musulmani furono più lenti a concordare con questa visione, e noto che parecchi gruppi spirituali di indigeni americani o ripudiano la croce (come fanno i mormoni) oppure hanno solamente la semplice croce con nessuno su di essa, la Croce della Risurrezione. Lo gnostico Trattato sulla Resurrezione domanda il significato della Resurrezione, e risponde: «È sempre la rilevazione di coloro che si sono elevati». Questa «migrazione nella novità» ha preso posto già all’interno di ciascuno gnostico, e la Resurrezione è perciò la Gnosi stessa. Il Nuovo Testamento, in un atto di impressionante censura, non ci dice quasi nulla circa i quaranta giorni e quaranta notti che i Discepoli passarono in compagnia di Gesù dopo la sua resurrezione. Se consulti la Catholic Encyclopaedia su questa non trascurabile materia, incontrerai solo un cortese scoraggiamento quanto a ulteriore indagine. Ma il cristianesimo dogmatico abbandonò quei quaranta giorni dal principio; gli gnostici antichi e moderni hanno reimmaginato loro, e se tu sei un Cristiano Gnostico o puramente un conoscitore distante da ogni credo, ti invito a ponderarli con me, e con tutti coloro, dagli antichi valentiniani ai moderni mormoni, che si sono rifiutati di esser scoraggiati dai dogmatismi, cortesi o coercitivi. «Fin che siamo in questo mondo conviene che acquistiamo la resurrezione», secondo lo Gnostico Vangelo di Filippo, e i poeti hanno concordato: William Blake, Arthur Rimbaud, Rainer Maria Rilke, e così numerosi altri. Forse i Sufi sciiti hanno immaginato più coerentemente e comprensibilmente riguardo alla difficile immagine del Corpo della Resurrezione; come gli ultimi Cabbalisti dopo di loro, essi ebbero dottrine di mondi alternativi, di variegati stati dell’essere che incrocia in questa vita. Forse la Gnosi in definitiva richiede tali complesse teosofie, ma questo è un sermone sulla libertà spirituale, e così io voglio tentare una visione dell’immagine della rinascita o risurrezione molto più diretta di quanto il Sufismo o la Kabbala possano permettermi.
Se la Gnosi ci rende liberi, può solo essere che essa ci insegna una resurrezione che precede la morte, addirittura come ci dice Il Vangelo di Filippo a proposito del Cristo che «Egli, infatti, prima risorse e poi morì».
La principale, preparatoria immagine che Il Vangelo di Filippo (un’antologia di gnosticismo valentiniano) impiega per la resurrezione è «la camera nuziale», un simbolo sacramentale gnostico per la perduta, androgina Pienezza del Pleroma. Bentley Layton sottolinea che non possiamo esser certi se gli gnostici valentiniani effettivamente celebrarono un sacramento della camera nuziale, o semplicemente lo impiegarono come un’immagine spirituale; ad ogni modo, esso serba una mitica forza come un preludio alla riesurrezione. Io sospetto che ci fu un rituale prestabilito della camera nuziale, per restaurare l’androgino che fu Anthropos, ma qualunque cosa potevano esser state le procedure sessuali, il fardello simbolico fu l’annientamento del reame della morte. A parte il Vangelo della Verità, abbiamo solo frammenti di Valentino, e questo è uno di loro:

Dall’inizio siete immortali e figli della vita eterna, e avete voluto che la morte fosse divisa fra voi per consumarla e dissolverla: e la morte è morta in voi e per voi. Infatti allorché dissolvete il mondo, voi non siete dissolti, ma dominate sulla creazione e su tutta la corruzione.
Questo stridente passo perviene da noi con un illuminante commentario di San Clemente di Alessandria, un grande intellettuale cristiano che fu il più giovane contemporaneo di Valentino:
[Valentino] suppone che ci sia un popolo che per la sua stessa natura è salvato; che questa razza, infatti, è giunta fino a noi per la distruzione della morte, e che l’origine della morte è l’opera del creatore del mondo.
Difficilmente vedo come la questione tra gnosticismo e cristianesimo, tra Valentino e Clemente, possa esser più chiaramente definita. Valentino, il più grande degli gnostici, ci dice che ci sono i conoscitori della resurrezione tra noi, e che essi annienteranno la morte; Clemente, sulla difensiva, esprime lo shock del fedele cristiano, che trova che il suo Dio è ritenuto colpevole dell’invenzione della morte. E è il centro vitale dell’eterno conflitto tra gnosticismo e giudaismo istituzionale, cristianesimo, e islam: chi è responsabile dell’origine della morte, e cos’è la natura della resurrezione? Se puoi accettare un Dio che coesiste con campi di concentramento, schizofrenia, e AIDS, e tuttavia rimane onnipotente e in qualche modo benigno, allora tu hai fede, e hai accettato il Patto con Yahweh, o il Sacrificio di Cristo, o la sottomissione all’Islam. Se tu conosci te stesso avente un’affinità con l’alieno, o sconosciuto, Dio, tagliato fuori da questo mondo, allora sei uno Gnostico, e forse i migliori e più forti momenti ancora vengono a cosa è migliore e più antico in te, ad un soffio o scintilla che da tempo precede questa Creazione. In quei momenti, tu non conosci morte; tu conosci piuttosto cosa intese Valentino nella tacita consapevolezza che conclude Il Vangelo della Verità:
Questo è il Luogo dei beati, questo è il loro luogo. Quanto agli altri sappiano essi, nei luoghi in cui si trovano, che non è conveniente per me, dopo che sono stato nel Luogo del riposo, parlare di altre cose.

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