giovedì 4 maggio 2017

“Dalla visione di Pietro è nato il cristianesimo. Poiché occorre un fiammifero, eccolo. (Paul-Louis Couchoud)


“Dalla visione di Pietro è nato il cristianesimo. Poiché occorre un fiammifero, eccolo.”
(Paul Louis-Couchoud)
Il sole del tardo pomeriggio allungò le loro ombre sul cladio e sul falasco bruciato quando spuntarono in cima al dirupo e avanzarono lentamente in fila indiana, molto in alto rispetto al fiume ma in qualche modo altrettanto inesorabili. Si fermarono un momento per ricomporre il gruppo e poi proseguirono, una fila di silhouette scure contro il sole, quindi scesero dalla cresta del colle immergendosi in una piega di ombra azzurra dove la luce sfiorava le teste donando loro un'ingannevole santità. Procedettero fino a vedere il sole scomparire del tutto e trovarsi avvolti nell'ombra assoluta che bene si addiceva a uomini come loro. Quando arrivarono al fiume il buio era totale, e si accamparono, e accesero un piccolo fuoco al di là del quale le loro sagome si muovevano in una nera danza senza nome. Cucinavano quel che avevano dentro i rozzi recipienti di cui disponevano e si misero a dormire, coricandosi sul fango pressato, vestiti dalla testa ai piedi, le bocche spalancate sotto le stelle. Alla prima luce, quello con la barba si tirò su e svegliò con un calcio gli altri due, e sempre senza scambiarsi una parola riaccesero il fuoco e si accucciarono avvicinando i tegami ammaccati, e di nuovo mangiarono in silenzio usando i coltelli che portavano alla cintola, finché l'uomo con la barba si alzò, allargò le gambe davanti al fuoco avvolgendo gli altri due in un pennacchio di fumo bianco e puzzolente dal quale uscirono di colpo lottando, muti: e ugualmente di colpo si placarono, raccolsero i loro quattro stracci e ripartirono verso ovest seguendo il fiume.
(Cormac McCharty, Il buio fuori)


L'angelo avanzava in quel paesaggio soffocato dalla nebbia, come guidato da una qualche peculiare visione.
Procedendo, iniziò a riconoscere certe forme che emergevano gradualmente intorno a lui...
...quella covata di forme nere che si spingevano attraverso la nebbia, come se la loro crescita non fosse più arginata da essa.
Quando, ad un certo momento, la visione si sollevò alla chiarezza. Con l'aspetto di un qualche leviatano sorto alla vista dell'abisso, un mondo mostruoso si diede nitidezza davanti ai suoi occhi, uscendo a forza dalla superficie della nebbia che ora scorreva via in filamenti e scie dalle lande di un regno immenso e spaventoso.
Di certo al dinamismo frastagliato di queste lande era inerente l'essenza della tempesta, di un caos che rimaneva sospeso o nascosto, la cui violenza era argomento di sospetto e congettura, che lasciava intendere un mondo di atroce potenziale. Un rigoglio fremente di rabbia celato dietro gli oscuri contrafforti delle nubi che si stagliavano su lande aventi come tratto peculiare un certo tipo di brutalità e un'atmosfera adatta all'esilio... ...deliri di terra e cielo, desolazioni che nei loro vasti spazi consumavano ogni senso di realtà, regni pieni di ombre disseminati dai cumuli residui di città morte e opprimenti, giungle d'inferno in cui la stessa luce era tinta di malvagità.

Quel territorio infinito, tra la Terra e la Luna, che si libra oltre le nebbie, le brume e i cieli coperti di cumuli grigi.

Ma anche qui qualcosa rimaneva oscuro: l'intuizione esasperata di esseri demoniaci e invisibili. E questa particolare intuizione traeva origine da certi suoni, simili agli echi cacofonici e soffocati di sferzate vibrate nelle tenebre e nel silenzio dell'atmosfera. Erano semidistanti, persi nel sibilare di lame immense che calavano attraverso vasti spazi, ali ampie che tagliavano venti freddi, lunghe fruste che schioccavano nel buio, il suono di cose che trafiggevano l'aria in posti oltre ogni comprensione.
Ogni connessione dell'angelo con la sua vera origine celeste era decaduta oltraggiosamente: il suo corpo di carne e sangue alla fine si diresse in avanti come alla deriva. Non c'era lotta: già da molto tempo sapeva cosa incombesse sullo sfondo della sua discesa attraverso i cieli e cosa attendeva il suo avvicinarsi.
La nebbia gli dilagò intorno e si addensò di nuovo finchè non vi fu più niente di visibile.

Quando l'angelo tornò visibile nell'insicurezza dell'aria vuota e nera, qualcosa di oscuro, qualcosa di spaventoso, si apprestava a ghermirlo, qualcosa che fino ad allora si era mantenuto in quiescenza, una qualche aggrovigliata presenza che si sapeva essere sempre stata là.

In un'isterica lucentezza, persino le stelle della notte gelida sembravano diventare preda del delirio e assumere le tinte di un dramma incipiente.

Ben presto sarebbe stato crudelmente crocifisso, mentre il suo corpo di carne iniziava a torcersi e girarsi in aria, mentre le sue gambe scalciavano selvaggiamente, come un dormiente senza pace, avvolgendosi nella morsa sempre più stretta di invisibili e silenti oppressori. Man mano la sua carne gli venne strappata via o inchiodata al legno ma non fu l'angelo, che subiva strattoni e colpi, a farlo. C'era qualcos'altro con lui, lassù sulla grande estensione vuota e oscura tra la Terra e la Luna, che ascendeva i livelli dell'aria, impossibile da contare da quanto numerosi erano, oppure c'erano molti esseri invisibili che si aggrappavano alla sua carne, che gli strappavano cuore, tendini e nervi, i capelli e le dita delle mani. E infine, gli si aggrappavano al volto.

Ora l'angelo non era più che un punto che si agitava nelle altezze più remote dell'Aria. Presto non fu nulla del tutto. Le figure invisibili che lo avevano massacrato — che erano destinate a massacrarlo — si erano ritirate nel loro rifugio d'ombra, e la grande estensione d'Aria tra la Terra e la Luna era di nuovo vuota.

Poi, tutto divenne nero. 
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Esausti per le ordalie del loro delirio, tre ebrei chiamati a testimoni di quell'oscuro spettacolo, Simone, Giacomo e Giovanni, rimasero come pietrificati. Ma non erano nemmeno vicini ad addormentarsi, perlomeno non più di quanto non si fossero avvicinati ad un normale stato di veglia.
Ad illuminare ora il loro luogo era la naturale luce notturna della luna che risplendeva tenue sulla volta celeste, a indicare il limite massimo del dominio del principe di questo mondo.
Con gli occhi socchiusi si concentrarono su quella luce, sospettando cose strane su di essa. Fino a che alla fine non notarono che il pallido lucore che li copriva era una fosforescenza innaturale, un'aura infernale o una angelica aureola che si irradiava inorno allo Spirito dell'angelo Gesù Cristo in persona.

Nella loro confusione, i tre ebrei lo salutarono, tentando di muoversi sgomenti ma rimanendo immobili per la debolezza. Lo Spirito dell'angelo — che era risorto — non mostrò di essersi accorto della loro presenza, e per un secondo pensarono ... nelle erranze infernali degli Arconti ... di essere loro le anime perdute e non l'angelo.
Nel tentativo di avere un più chiaro quadro delle cose e chiamando a raccolta tutta la forza che potettero trovare in loro, costrinsero le loro palpebre ad aprirsi e i loro occhi a vedere.

Come premio a questo sforzo Simone, Giacomo e Giovanni potettero assistere con tutta la possibile percettività della loro vista esteriore ed interiore — fusasi per magico incanto in una sola —  alla celestiale ed incorporea magnificenza del viso dello spettro.

Ed in un momento, immisurabile con gli incrementi temporali di questa terra, i tre ebrei potettero cogliere scritti su quel volto ogni dettaglio, ogni dato e ogni sfumatura della misteriosa missione di quel visitatore, il fantastico destino che ha avuto il suo culmine nella creazione, per lui, di questo corpo di luce infinitamente celeste. E in quello stesso momento Simone, Giacomo e Giovanni sentirono che anche loro avrebbero potuto vedere quello che quell'arcangelo celeste aveva visto, e che avrebbero potuto indossare un corpo di luce simile a quello dell'arcangelo.
Ora, con tutta la forza di un pianeta che ruota la sua indicibile massa nel buio dello spazio, il viso dell'arcangelo si volse sul suo terribile asse e, mentre sembrava ancora che non avesse consapevolezza nè dell'esistenza dei tre nè dell regno della materia nella sua totalità, parlò, come parlasse a sé solo e al suo solitario destino:
Crocifisso come era stato consegnato.
La Legge degli Arconti è spezzata.
Il Regno di Dio è vicino.
Lo spettro arcangelico aveva appena pronunciato le ultime echeggianti sillabe della sua strana dichiarazione quando subì un cambiamento: davanti agli occhi di Simone, Giacomo e Giovanni cominciò a rinsecchirsi come qualcosa che sia stato buttato nel fuoco; senza la benchè minima espressione d'angoscia si ripiegò nel nulla, come se una qualche invisibile potenza avesse deciso all'improvviso di celarlo alla vista dei comuni mortali.

Fu allora che i tre ebrei sentirono che loro strade erano giunte ad un mistico punto di intersezione, ad un incrocio provvidenziale con quell'arcangelo celeste ed invisibile.
Ma non sdegnarono quello che credettero di aver visto. Miracolosamente segnati, raccolsero le loro cose e rimasero in piedi per tutto il resto di quella notte a fissare il cielo. Ma c'era anche una selvaggia lucentezza nei loro occhi, come se in loro bruciasse una febbre luminosa come il diamante.

Ma qualunque cosa si celasse nel segreto di ciò che credevano d'aver visto, importava meno per loro, quella notte, della missione che sentivano d'aver ricevuto, del destino che non si illudevano potesse essere eluso o posposto. Perchè se il potere divino o l'entità arcangelica che si era loro manifestata poteva influenzare la loro volontà come avevano visto, cosa c'era che non potesse fare di più grande, nel breve, immediato futuro?

Ed ora stava crescendo nella sua gloria. Più che mai prima, i tre ebrei bruciavano di una angosciosa urgenza: come ogni gruppo di persone che prova un sicuro senso di imminente caos, si sentirono testimoni della Rivelazione più criptica che fosse esistita o che potesse mai esistere. E tuttavia, celato in qualche modo nelle ombre di ciò che riuscirono a vedere c'era quacosa che non era visibile ancora, qualcosa che batteva come un pulsare di tuono e prometteva visioni ancor più grandiose.

Tutto il resto non era per loro che il mero dettaglio e la semplice quiete che precedeva l'apocalisse ultima e definitiva che attendeva di nascere, che si preparava per il cataclisma che sarà sia principio che fine. Contemplare il preludio di quest'apocalisse nella visione dell'angelo era per loro un'esperienza di insostenibile trepidazione e attesa, in cui estasi e timore si fondevano in una nuova emozione in perfetta corrispondenza allo smascheramento della fonte ultima di ogni manifestarsi.

Ma il mondo non finì quella notte.

Eppure al sorgere del giorno divenne evidente che qualcosa era davvero accaduto durante la notte.
Alla fine, avevano riconosciuto il Figlio di Dio, l'angelo di Dio, il Messia di Dio, la Salvezza di Dio, “YHWH-salva”. Avevano visto per la prima volta Giosuè.

Cercarono nelle città e nelle campagne i segni residui della terribile apocalisse che avevano patito. Qualunque altro ebreo che avesse visto ciò che loro avevano visto, qualunque segno o prodigio che chiamasse quelli di loro ancora nascosti, qualunque antica profezia che ora, solo ora, poteva essere davvero interpretata e riascoltata.

E non ci volle molto perchè fondassero una chiesa a Gerusalemme.

Il più anziano dei tre si fece chiamare Cefa, che significa Pietro.

Ma tutti e tre si fecero chiamare da allora in poi con un solo nome: “I PILASTRI”.

Perchè tramite loro il cielo del Creatore raggiungeva nuovamente la Terra delle creature, da oltre quell'Aria di infinita oscurità e onnipresente malignità dove gli invisibili Arconti di questo Eone crocifissero il Signore della Gloria.

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