venerdì 9 giugno 2017

Circa «Jesus — A Myth» di Georg Brandes (II)

(per l'Introduzione all'intero libro)


I

La circostanza che confonde di più relativa all'edizione del gruppo di scritti minori a cui, in linea con Marco 14:24, è stato dato lo strano titolo collettivo del Nuovo Testamento, è che essi non sono sistemati cronologicamente, prima il più antico, e poi il resto nell'ordine della loro produzione. Naturalmente, quest'ordine non è stabilito con certezza assoluta. Ma proprio questo è certo, che esso non concorda affatto coll'ordine nel quale appaiono gli scritti in questione. Ciò che rende particolarmente difficile il problema relativo è che la maggior parte di quelli scritti hanno sofferto numerose modifiche, eliminazioni e interpolazioni, così che di frequente parti diverse dello stesso testo sono di diversa data.
Mezzo secolo fa, i dieci teologi tedeschi colti, abili e progressisti che pubblicarono la cosiddetta Bibbia Protestante del 1872, furono unanimi nel dichiarare che l'Apocalisse, la Rivelazione di San Giovanni, che appare alla fine nel Nuovo Testamento, fu in realtà prodotta prima di tutto il resto.
Oggigiorno studenti moderni sono inclinati a credere che l'Apocalisse di San Giovanni non fosse per nulla un'opera cristiana in origine, ma ebraica, e che ottenne la sua forma presente solo attraverso una riscrittura molto più tarda. A dispetto di questa modifica, nulla indica che la figura soprannaturale menzionata nell'Apocalisse possieda qualcosa in comune con il giovane falegname (o operaio) e pubblico predicatore di Galilea che forma il soggetto del vangelo secondo San Marco. Il Messia appare nei cieli ed ha una voce simile alla “grande tromba” di cui parla Isaia (27:13). Egli grida:
“Io sono l'Alfa e l'Omega, il primo e l'ultimo” . . . termini usati da Jahve circa sé stesso nell'Antico Testamento (Isaia 48:12).
Egli sta nel mezzo di sette candelabri, come simile ad un Figlio dell'Uomo, vestito con una veste lunga fino ai piedi, e cinto di una cintura dorata all'altezza del suo petto. Il suo capo e i suoi capelli sono bianchi come lana candida o neve. I suoi occhi sono come fiamma di fuoco. I suoi piedi sono come bronzo incandescente, arroventato in una fornace. La sua voce è come il fragore di grandi acque. Egli tiene nella sua mano destra sette stelle, e dalla sua bocca fuoriesce una spada a doppio taglio. Il suo volto è come il Sole quando risplende nella sua forza.
L'autore ha tenuto il Libro di Daniele di fronte a lui ed ha parzialmente copiato, parzialmente riassunto il passo (7:9) dove è scritto: “La sua veste era candida come la neve e i capelli del suo capo erano candidi come la lana; il suo trono era come vampe di fuoco con le ruote come fuoco ardente”.
Qui incontriamo prima un'immagine visionaria del Libro di Daniele che dopo diviene modificata nel ritratto di un giovane predicatore itinerante raffigurato da varie porzioni dei vangeli.
Quei libri anonimi di edificazione, che hanno esercitato una così tremenda influenza sui rami europei e americani dell'umanità, ma che possiedono così piccolo valore storico, sono, nel Nuovo Testamento, collocati molto più avanti delle epistole paoline, sebbene le poche parti di quelle che sono autentiche ci rivelano il modo di percepire di un periodo molto più antico. Questa situazione ha causato un danno irreparabile, diffondendo una molteplicità di invincibili pregiudizi e rendendo pressochè impossibile perfino per gli elementi meglio informati della nostra razza accettare una comprensione più corretta dei fatti storici e spirituali al posto di quella trattenuta convenzionalmente.

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