giovedì 15 giugno 2017

Circa «Jesus — A Myth» di Georg Brandes (VIII)

(per il capitolo precedente)


VII

Dopo qualche tempo Paolo fu visitato a Filippi da due seguaci credenti, Sila Silvano e Timoteo, di cui si dice che gli avessero recato notizie di una chiesa fondata a Tessalonica grazie ai mezzi forniti generosamente dagli abitanti di Filippi.  Tra quelli ci fu una donna di nome Lidia, una venditrice di porpora, dalla citta di Tiatira. Lei aprì la sua casa a Paolo e ai suoi compagni, e li ospitò (Filippesi 4:6; Atti 16:14-15).
Paolo, che in realtà fu il fondatore della religione cristiana, non ha nulla da dirci circa la personalità di Gesù e non lo aveva mai visto. Neppure fu egli mai visto dagli . . . in realtà anonimi . . . autori dei vangeli. Quando Paolo (1 Corinzi 9:1) esclama: “Non ho visto Gesù, il nostro Signore?” ciò che egli ha in mente è la sua visione sulla via per Damasco. E ciò che è popolarmente chiamato il vangelo secondo San Marco, San Luca, e così via, significa solo, giudicando dalla precisa parola utilizzata in quei testi (katá), che il vangelo in questione fu creduto essere stato scritto da un seguace del discepolo dal quale prese il nome. . . non che fosse stato scritto da quel discepolo in persona. E non una riga di quei vangeli fu messa per iscritto fino a quando l'attività di Paolo era durata molti anni.
Con tutta la sua fiera esaltazione, questo Paolo sembra essere stato, per quanto siamo in grado di realizzare, una persona piuttosto terribile . . . una di quelle nature patologiche nelle quali l'entusiasmo rapidamente si tramuta in odio, mentre l'odio altrettanto rapidamente si volge in eccessiva devozione.
Tutta la conoscenza storica è, dopo tutto, incerta. È un detto appropriato, in effetti, che la verità della Storia dipende dal silenzio di uomini morti.
Ma questo è che cosa le fonti esistenti hanno da dirci. Quando lo sfortunato Stefano doveva essere lapidato per la sua fede dissenziente nel Messia, i primi tra i suoi carnefici, che si ritrovarono ostacolati dai loro vestiti, li piazzarono ai piedi di un giovane fanatico, Saul, il quale, secondo la sua stessa dichiarazione, considerò quell'assassinio con soddisfazione e, per quella ragione, fu più che propenso a custodire i vestiti di coloro che lo commisero. Accecato dalla sua passione, egli ritenne un dovere fare qualcosa contro i nazareni. E questo dovere lo realizzò a Gerusalemme, dove ottenne un'autorità dal sommo sacerdote per gettare in prigione parecchi dei devoti.  È detto anche che egli avesse acconsentito quando alcuni di loro furono messi a morte per lapidazione. Si crede che questo sia accaduto nell'anno 37. La sua rapida conversione prese luogo nell'anno successivo. Dopodichè, come prima, egli fu un agitatore per professione.

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