giovedì 22 giugno 2017

Circa «Jesus — A Myth» di Georg Brandes (XV)

(per il capitolo precedente)


XIV

Un modo logico di trovare ciò che è veramente storico sarebbe quello di iniziare eliminando ciò che non può essere considerato tale e poi vedere ciò che rimane. È da temersi che il risultato sarebbe lo stesso come quando Peer Gynt iniziò a sbucciare la cipolla rimuovendo uno strato alla volta. C'era “un numero spaventoso” di loro, e sperava sempre che il nucleo sarebbe sbucato alla volta successiva. Ma alla fine scoprì con suo grande disgusto che, nella sua più intima interiorità, la cipolla non era nient'altro che strati.
Una volta, nei lontani anni 90, Anatole France scrisse un famoso racconto breve, “Il Procuratore di Giudea”, in cui tentò di esprimere il massimo scetticismo possibile rappresentando un Pilato  completamente dimentico della morte di Gesù. Lui era ancora estraneo al pensiero che più tardi sarebbe stato espresso dal suo giovane amico e medico, Paul Louis Couchoud, e cioè che la storia di Gesù stesso non è altro che una leggenda, cosicchè non un singolo dettaglio rimane ad indicare la natura storica di quella figura.
Il vangelo di San Matteo, che viene prima nel Nuovo Testamento, si apre con una tavola genealogica perfettamente impossibile di Giuseppe, il promesso sposo di Maria. Lo scopo è quello di dimostrare la sua discendenza da re Davide. L'intera questione è insignificante, poichè subito dopo è asserito . . . naturalmente, come resoconto di   seconda mano . . . che Giuseppe non era il padre di Gesù, così che la sua ascendenza non poteva avere alcuna importanza di sorta. Ma l'albero genealogico stesso è grottesco. Per quanto io possa comprendere, figurano in un punto trecento anni tra un padre e suo figlio. In Matteo questa tavola copre 26 generazioni. In Luca ne ha 41. Il testo di Matteo 1:16 è diverso nei manoscritti più antichi e nel Nuovo Testamento in stampa, dove le parole “che fu chiamato Cristo” sono state aggiunte alla fine del verso.
Ma siccome era Gesù, e non Giuseppe, che doveva essere disceso da Davide, e siccome Gesù non era nemmeno un discendente di Giuseppe,  l'intera tavola è assurda.
Il capitolo successivo ci offre l'affascinante racconto di tre uomini sapienti, o magi, che poi furono trasformati in tre re. Essi vennero “nei giorni di re di Erode”, sebbene Erode morì quattro anni prima dell'inizio dell'era cristiana. Siccome Gesù nacque a Betlemme in Giudea, essi vennero a Gerusalemme da Anatolia, che si traduce “est”.  Dicono: “Dov'è nato il re degli ebrei? Poiché abbiamo visto la sua stella in oriente e siamo venuti per adorarlo”. Poi segue l'interrogatorio dei sapienti da parte di Erode, la sua dichiarazione menzognera che anche lui desiderava adorare il bambino, la storia della stella che stette sopra la casa di Giuseppe, e l'offerta da parte dei sapienti di oro, incelso e mirra al bambino.
È una bella fiaba, ma ogni confutazione della sua affidabilità storica può essere ritenuta superflua.

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