venerdì 30 giugno 2017

Circa «Jesus — A Myth» di Georg Brandes (XXIII)

(per il capitolo precedente)


XXII

Gli scrittori anonimi dei vangeli, che oggi noi chiamiamo evangelisti, non ci riuscirono a produrre un'immagine coerente di Gesù, ridefinita e omogenea. Fin troppe mani furono coinvolte nel compito in tempi diversi. Una coerenza non è tentata nemmeno seriamente. La presentazione mostra chiaramente diverse tendenze in controtendenza l'un contro l'altra.
Per uno di quelli scrittori fu importante ritrarre un Gesù che, in opposizione al ritratto dato del Battista, non fosse un asceta. Egli prende parte senza preoccupazione ai banchetti. Cena volentieri coi pubblicani e peccatori. Non esclude le donne che hanno peccato, ma li prende in considerazione e con tolleranza. Appare amichevole alla gioia del vivere. Quando il vino finisce al matrimonio di Cana, trasforma l'acqua in vino, e in un vino assai migliore di quello che avevano avuto prima (Giovanni 2:1-10).
Ad un altro di quelli scrittori Gesù apparve un cupo puritano. Mentre egli sostiene la Legge Mosaica ed enfatizza chiaramente di non aver desiderio di infrangerla, è raffigurato in forte opposizione alle disposizioni umane a favore del divorzio introdotte nel ventiquattresimo capitolo del Deuteronomio.
In Marco 10:9, egli parla fermamente e definitivamente contro il divorzio:
L'uomo dunque non separi ciò che Dio ha congiunto. Nell'undicesimo e dodicesimo verso dello stesso capitolo, egli sostiene che un nuovo matrimonio contratto da un uomo divorziato oppure da una donna divorziata è uguale a moicheia, un termine per cui l'adulterio deve essere considerato una traduzione davvero diplomatica.
Mentre, in alcuni dei vangeli, Gesù ci sorprende colle sue visioni tolleranti sulla deviazione sessuale . . . come nella sua attitudine verso la donna samaritana (Giovanni 4:7 et seq.); verso la donna che gli recò l'unguento (Luca 7:37); verso Maria Maddalena, e verso la donna colta in adulterio (Giovanni 8:3 et seq.) . . . egli è altrove rappresentato mentre parla con l'estrema asprezza di monaco fanatico che considera la donna simile a un serpente. È solo per cautela che l'evangelista, in Matteo 19:12, ha usato una certa insincerità nel porre quelle parole sulla bocca di Gesù:
Vi sono infatti eunuchi che sono nati così dal ventre della madre; ve ne sono alcuni che sono stati resi eunuchi dagli uomini, e vi sono altri che si sono fatti eunuchi per il regno dei cieli. Chi può capire, capisca.
È chiaro che si presentano passi importanti nei vangeli dove Gesù non predica nient'altro che le più severe dottrine ebraiche. Così in Marco 12:28-31, quando lo scriba gli chiede qual è il primo comandamento tra tutti, lui risponde:
Ascolta, Israele. Il Signore Dio nostro è l'unico Signore; amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. E il secondo è questo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Non c'è altro comandamento più importante di questi”.
In tutti gli aspetti essenziali il Gesù qui raffigurato si percepisce in piena simpatia con le fondamentali dottrine tradizionali degli ebrei. 
Altrove, d'altra parte, egli è rappresentato mosso dal temperamento appassionatamente ribelle di un riformatore o di un rivoluzionario. Così in Luca 12:49 et seq.:
Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso! . . .  Pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione. E continua a dire che metterà i membri di ciascuna famiglia l'uno contro l'altro.
Questo si sarebbe potuto spiegare come il risultato di uno sviluppo personale rapidamente in evoluzione. 
Ma la limitatezza mentale degli evangelisti è tradita dalla natura delle disposizioni contro le quali essi fanno sì che Gesù
, il (reazionario) riformatore, alzi la voce . . . quando, per esempio, lui è raffigurato ostile verso le regole tradizionali di purità. È facile vedere che gli autori di quei passi non avevano alcuna idea degli sforzi richiesti dagli uomini preminenti del tempo più antico per educare e disciplinare una sporca tribù di beduini nomadi, come gli israeliti di  quei giorni, in quella pulizia elementare che è la condizione primaria di una civiltà superiore. Qualcosa di simile alla reverenza ricolma l'uomo che legge con comprensione le disposizioni contenute in Deuteronomio 23:12 et seq.:Avrai anche un posto fuori dell'accampamento e là andrai per i tuoi bisogni. Nel tuo equipaggiamento avrai un piuolo, con il quale, nel ritirarti fuori, scaverai una buca e poi ricoprirai i tuoi escrementi. Allo stesso modo è prescritto che l'uomo che si è sporcato di notte sarà costretto a lasciare il campo e a non tornare fino a quando non ha fatto un bagno.
Anche le numerose disposizioni riguardanti la pulizia nella manipolazione e nel consumo di cibo devono essere interpretate come parte di questa educazione altamente necessaria di un sacco di barbari alla umana decenza. Che tali disposizioni talvolta siano dettate da un'assenza di conoscenza scientifica appropriata, non ha nulla a che fare con la questione. Ognuno capisce oggi che le numerose prescrizioni per il lavaggio di mani, piatti e pentole prima e dopo ogni pasto, alle quali i capi fornirono una sanzione religiosa per farle osservare, erano per il bene di tutti, e che qualunque opposizione a questa esagerata pulizia fosse irragionevole e reazionaria.
Leggiamo nel settimo capitolo di Marco:
Allora si riunirono attorno a lui i farisei e alcuni degli scribi venuti da Gerusalemme. Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani immonde, cioè non lavate - i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavate le mani fino al gomito, attenendosi alla tradizione degli antichi, e tornando dal mercato non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, stoviglie e oggetti di rame - quei farisei e scribi lo interrogarono: «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani immonde?». Ed egli rispose loro: «Bene ha profetato Isaia di voi, ipocriti, come sta scritto: Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me”
Di conseguenza, segue una denuncia totalmente irrazionale di quei cosiddetti farisei come ipocriti in tutto e per tutto.
L'idea fondamentale dell'evangelista, ripetuta più e più volte, non dovrebbe essere fraintesa. È semplicemente che ogni cosa dipende dalla pulizia interiore, e non esteriore. Quello che un uomo mangia non lo rende impuro . . . un'asserzione che rimane da provare. Ma le parole impure che escono dalla bocca di un uomo lo rendono impuro. In altre parole, l'importante nella vita non deve trovarsi in osservanze esterne, ma nello spirito interiore. Questa, ovviamente, è una verità indubitabile, ma non una nuova nel mondo israelita, dove i principali dei profeti . . . Amos, Michea, Osea. . . erano stati ispirati da essa secoli prima.
Ognuno può sentire che gli evangelisti vissero nella convinzione che la fine del mondo fosse imminente. Di conseguenza, fanno gridare sciagure da Gesù contro coloro che erano coi figli, e contro coloro che li offrivano latte, proprio come Paolo ammoniva gli uomini di tenersi lontano dalle loro mogli al tempo in cui il regno di Dio fosse alle porte. 
Già nella Genesi, il lavoro era considerato una maledizione che era caduta sull'uomo a causa della sua disobbedienza. Gesù, che, secondo gli scrittori dei vangeli, non aveva lui stesso mai lavorato, ma visse dei doni di donne devote (Luca 8:1-3), e che comandava ai suoi discepoli di vivere come mendicanti, non enfatizzò mai la gioia o l'onore che nasce da un lavoro ben fatto.  Invece egli dice ai suoi seguaci di prendere in considerazione gli uccelli o i gigli del campo, che né seminano né mietono, e tuttavia sono nutriti e vestiti dal loro padre celeste. 
Gli evangelisti rappresentano un Gesù indifferente alla sua famiglia e al suo paese. Le sue relazioni con sua madre e la sua famiglia sono raffigurate piuttosto tese, e un punto speciale è fatto di presentarlo come esempio di sottomissione alla dominazione romana. Egli collabora con i pubblicani che servono l'Impero romano e che per quella ragione sono evitati dagli ebrei. Egli differisce esplicitamente da coloro che esortano contro il pagamento dei tributi a Cesare . . . egli esegue anche un miracolo in questa connessione  lasciando che venga catturato un pesce che porta in bocca la tassa richiesta (Matteo 17:27).
La moralità che gli evangelisti fanno predicare a Gesù non è di alcun interesse storico oggi. Dove sembra più originale, come nel Discorso della Montagna, col suo comando di amare i nostri nemici e di restituire il bene al male, quella moralità ripete meramente le antiche dottrine ebraiche e uno dei temi favoriti della filosofia greco-romana. Così, quando a Diogene fu chiesto come meglio affrontare l'attacco di un nemico, egli rispose: “agendo nobilmente e gentilmente nei suoi confronti”. Detti di una tendenza simile si trovano in Senofonte, Platone, Seneca, Epitteto, Cicerone. I Cinici, in particolare, sono orgogliosi di soffrire senza risentimento.
Nel Levitico 19:18, troviamo lo stesso principio in una forma limitata:
Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo”.
La chiamata dei discepoli è seguita in Matteo dal Discorso della Montagna, di cui Marco non sa nulla. È semplicemente una compilazione, e il discorso non fu mai dato come ci viene detto. Anche quando Matteo e Luca fanno dire a Gesù:
A chi ti percuote sulla guancia, porgi anche l'altra, non c'è nessuna novità in ciò. Infatti questo, il più estremo di tutti i comandamenti, si trova nella “Didachè”, che è più antica di ciascuno dei vangeli. 
Altrimenti non esiste alcuna opposizione tra l'antica moralità ebraica e quella del Discorso sulla Montagna. Questo fu sottolineato già nel 1868 da Rodriguez in “Les origines du sermon de la Montagne”; successivamente da Robertson in “Die Principien des Judentums verglichen mit denen des Christentums” (1877). Passi con paralleli nell'Antico Testamento e nel Talmud sono numerosi. Le beatitudini si dovrebbero confrontare coi salmi 96:6 e 24:3; Isaia 66:13 e 57:15; Proverbi 29:23 e 21:21; Ecclesiaste 3:17, e così via.
L'enfasi sull'intenzione in opposizione all'azione, che, nel Discorso della Montagna, trova la sua espressione nella dichiarazione che
Chiunque guarda anche al dito di una donna, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore (Bereshith 24 e 24a). Ciò corrisponde a una linea di ragionamento trovata anche nel diritto romano, dove la sola intenzione di sedurre, di rubare, ecc., fu resa causa di sanzione.

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