lunedì 3 luglio 2017

Circa «Jesus — A Myth» di Georg Brandes (XXVI)

(per il capitolo precedente)


XXV

Non meno bizzarre, come sottolineò Bengt Lidforss, sono quelle parabole nelle quali il Gesù degli scrittori evangelici esorta i fedeli ad implorare Dio incessantemente con preghiere. Esse sono sempre efficaci, poichè egli viene così stancato da questo continuo fastidio che è pronto a concedere ogni cosa. Anche su questa materia il mondo pagano intratteneva opinioni più avanzate. Luciano si prese gioco della ridondanza e rumorosità nella preghiera. Egli disse: Quanto è utile, dopo tutto, urlare ad alta voce, rimanere insistente e mai ottenere alcun rifiuto! È utile non solo nella supplica di un caso, ma nella preghiera. Considerate Timone, che era molto povero, ma che diventò ricco solo perché urlò al massimo della sua voce e costrinse Zeus a prestargli attenzione!”.
In Luca 11:5-9 c'è un uomo che risveglia il suo amico a mezzanotte e gli domanda tre pani, siccome deve ricevere un visitatore a quell'ora tarda e non ha niente da mettergli davanti. All'inizio l'amico risponde che la sua porta è chiusa, e che è a letto coi suoi figli. Egli non si disturba di alzarsi di nuovo per una piccola cosa. “Io vi dico che se anche non si alzasse a darglieli perchè gli è amico, tuttavia, per la sua importunità, si alzerà e gli darà tutti i pani che gli occorrono . . . Chiedete con perseeranza, e vi sarà dato . . . Bussate ripetutamente, e vi sarà aperto”.
Una variazione della stessa idea burlesca accade in Luca 18:2-7. “C'era in una città un giudice, che non temeva Dio e non aveva riguardo per nessuno. In quella città c'era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: Fammi giustizia contro il mio avversario. Per un certo tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: Anche se non temo Dio e non ho rispetto di nessuno, poiché questa vedova è così molesta le farò giustizia, perché non venga continuamente a importunarmi». E il Signore soggiunse: «Avete udito ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà giustizia ai suoi eletti che gridano giorno e notte verso di lui, e li farà a lungo aspettare?”. Il punto è pregare tutto il tempo e non stancarsi. Allora alla fine Dio si stanca e risponde alla preghiera.
Numerosi esempi di parabole non meno specifiche potevano essere citate. Ecco una di costruzione insolitamente cattiva, sebbene il suo punto non contraddice in sé stesso il senso comune. Nella parabola del buon pastore (Giovanni 10:1-6), ci viene detto circa la porta che conduce all'ovile, e di chi entra per quella porta . . .  invece di arrampicarsi in qualche altro modo, come fanno i ladri e i briganti. L'uomo che entra dalla porta è il pastore, e il pastore è Gesù. Ma qualche tempo dopo, quando i discepoli mancano di realizzare il punto, Gesù fa a pezzi l'intera parabola  dicendo: “io sono la porta delle pecore”. Nel verso 9 egli ripete: “Io sono la porta”. Ma nel verso 11, l'evangelista ha dimenticato completamente di ciò, e di nuovo Gesù dice: “Io sono il buon pastore”.
Ecco un'altra parabola che contraddice apertamente profonde idee di onestà e dovere. È la parabola delle dieci mine di Luca 19:12-26. Che la sua composizione sia confusa dal mescolamento di due azioni reciprocamente sconnesse, si potrebbe trascurare. Uno dei servi a cui è stato dato una mina da far fruttare è così impaurito dall'ira del suo austero padrone da non tentare di rischiare quella mina allo scopo di fargli derivare un interesse. Invece se la nasconde in un fazzoletto e la restituisce come la ricevette. Il suo padrone esclama allora irosamente: “Perchè non hai messo il mio denaro in banca, e io, al mio ritorno, lo avrei riscosso con l'interesse?”. Dopodichè egli si riprende la mina e la dà a chi ne aveva ricavato dieci mine. Infine, essendo un impetuoso gentiluomo, egli ordina che tutti coloro che non lo volevano come loro sovrano siano uccisi sotto i suoi occhi.

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