domenica 13 agosto 2017

Cristo: Mito o Realtà ? (III)

(continua da qui)
Campione di Libertà Interiore
(secondo Fedor
Dostoevskij)

Le opinioni di Dostoevskij su Cristo furono espresse più eloquentemente e potentemente attraverso gli eroi dei suoi romanzi.
L'affascinante  e magnanimo principe Myshkin di L'Idiota  accusa la Chiesa cattolica di distorcere l'immagine di Cristo: “Il cattolicesimo ... predica un Cristo distorto che essa ha malignato e profanato, l'esatto contrario di Cristo. Essa predica l'Anticristo....”. [2]
 
Un'opinione simile è espressa da Shatov in Il Posseduto: “Roma proclamò un Cristo che cedette alla terza tentazione e ... raccontando a tutto il mondo che Cristo non potè stare sulla terra senza un regno terreno il cattolicesimo proclamò l'Anticristo e rovinò l'intero mondo occidentale”. [3]  La storia della “terza tentazione”, com'è detta nei vangeli, è la seguente: Satana portò Gesù su un monte alto e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e disse che tutto ciò sarebbe stato suo se
prostrandoti, mi adorerai”. Gesù rifiutò l'offerta con indignazione. Per Shatov, questo significò che il Cristo presentato dalla Chiesa fu uno che non poteva resistere alla tentazione del potere mondano e vendersi all'Anticristo per un piatto di lenticchie.
In I Fratelli Karamazov Ivan Karamazov parlò a suo fratello Alesha circa la sua poesia sull'Inquisizione. Esso ha due eroi: il Grande Inquisitore e Cristo. [4] L'Inquisitore era un cardinale, un monaco di 90 anni, intelligente, cinico e fanatico. Il suo fanatismo non era radicato in una fede in Dio o nel suo figlio crocifisso, ma in una coscienza orgogliosa della grandezza della Chiesa e della sua missione di leader dell'umanità. Il secondo eroe, Cristo, apparve sulla terra 1500 anni dopo la sua resurrezione. Si mosse in silenzio tra la folla, con un morbido sorriso di infinita compassione; era modesto e completamente indifeso, comprensivo del tutto e compassionevole verso ogni cosa. Anche se non emise una parola nella poesia ed eseguì solo un atto — resuscitò una ragazza di sette anni dai morti, mentre il cardinale parlava a lungo e con grande eloquenza, il vero eroe della poesia è Cristo il Dio-e-uomo. Attraverso i discorsi del cardinale si rivelò l'opinione della Chiesa su Cristo, come vista da Ivan Karamazov. Nella poesia Cristo appare di fronte al lettore in una luce completamente nuova, ed è insieme interessante ed importante esaminare questa concezione della personalità di Cristo.
L'evento descritto nella poesia si svolse nella città spagnola di Siviglia nel 16-esimo secolo, all'apice Dell'Inquisizione, quando ogni giorno le persone furono bruciate al rogo “per la gloria di Dio”. Per questo tempo 1500 anni erano passati da quando Cristo “promise di venire nella Sua gloria” e dal momento che il profeta scrisse “Ecco, io vengo presto”. Ma l'umanità lo attendeva con la stessa fede e con
lo stesso amore. E durante una festa d'estate, nella piazza di fronte alla cattedrale Cristo apparve alle “persone che erano tormentate, sofferenti, ricolme di peccato, ma che lo amavano”. E lo riconobbero. Correndo verso di lui lo circondarono e lo seguirono.

Ma in quel momento apparve il Grande Inquisitore. Egli immediatamente ordinò  ai suoi uomini di mettere Cristo agli arresti, e istantaneamente la folla si prosternò come un sol uomo di fronte all'ecclesiastico. Quella notte il Grande Inquisitore si confrontò con Gesù che era tenuto in isolamento e lanciò rimproveri e accuse su di lui. Ciò che arrabbiò soprattutto il cardinale fu l'aspetto di Cristo sulla terra. Perché sei venuto ad interferire nei nostri affari, chiede a Cristo. Tu ci hai già consegnato a noi, la Chiesa, “il diritto di decidere del fato dell'uomo e naturalmente non puoi neppure pensare di riprendertelo da noi ora”. E dal momento che questo è così, Cristo non è necessario sulla terra; anzi, la sua presenza è dannosa e altamente pericolosa, secondo il cardinale. Dall'accusa dell'Inquisitore sembrerebbe che la prima venuta di Cristo sulla terra, quando Dio assunse una forma umana, fosse ugualmente dannosa.

Dal punto di vista del cardinale, le azioni di Gesù sulla terra rivelarono una mancanza di comprensione della natura dell'uomo, che era una creatura debole e piuttosto stupida. “Ci sono tre forze sulla terra”, disse l'Inquisitore, “solo tre, che possono per sempre conquistare e imprigionare la coscienza di quei deboli ribelli per la loro stessa felicità, e quelle sono: miracolo, mistero e autorità”. Insieme esse limitarono la libertà delle persone, e ciò fu buono per l'umanità. Perché “non c'è mai stato niente di più insopportabile per l'uomo e la società umana della libertà”, “non c'è niente di più preoccupante e tormentante per le persone della ricerca, una volta lasciati liberi, di qualcosa di fronte a cui essi possono prostrarsi”. E Gesù respinse tutti e tre i principi fondamentali della vita della società che avevano dato alle persone la libertà che li salvò dalla libertà. Invece, li invitò a seguirlo, invitandoli con l'idea che avrebbero potuto, con solo la sua immagine di fronte a loro come loro guida, decidere liberamente la questione di ciò che fosse buono e ciò che fosse cattivo. Questo fu disastroso.

In che modo Gesù si oppose al miracolo, al mistero e alla autorità? Il cardinale considerò quest'opposizione come una propensione malvagia che incriminava Gesù. L'opposizione di Gesù all'autorità sembra abbastanza chiara: rifiutò l'autorità dei farisei e degli scribi, dei sommi sacerdoti ebrei e degli scribi. “Avete inteso che fu detto .... ma io vi dico...,” insegnò. Quanto al mistero, facendovi riferimento, si poteva insegnare alle persone “ad obbedire ciecamente, anche contro le loro coscienze”. Invece, Gesù si era appellato al libero giudizio del cuore basato sull'amore. E infine, Gesù aveva screditato l'idea di miracolo fallendo due volte di eseguire uno: non si scaraventò da un alto monte quando gli fu chiesto da Satana di farlo; e non scese giù dalla croce quando la folla lo schernì e lo sfidò a venire giù e così salvare sé stesso. 

Per i passati 1500 anni, disse il cardinale, la Chiesa aveva riparato i danni che Gesù aveva fatto: “Abbiamo corretto la tua azione e l'abbiamo basata sul miracolo, sul mistero e sull'autorità”. La Chiesa aveva reinterpretato gli atti di Gesù ed usando il nome e l'autorità di Gesù era entrata in alleanza con Satana, l'opposto di Cristo. “Capisci questo”, disse il cardinale, “noi siamo con lui, non con te. Già da molto tempo, per ottocento anni, noi siamo stati con lui, non con te”. 

Perché ottocento anni e non mille e cinquecento anni? A quanto pare,
Dostoevskij, o piuttosto Ivan Karamazov, non parlava della Chiesa cristiana nel suo complesso, ma solo della Chiesa cattolica. A suo parere, l'unità del cristianesimo fu distrutta dopo il settimo concilio delle chiese, che la Chiesa ortodossa considerava l'ultimo concilio ecumenico. Dopo di che l'episcopato romano si divise dalla corrente principale dle cristianesimo e si comportò in modo assai dubbio — poteva essersi venduto al Diavolo. Naturalmente, la Chiesa cattolica pensava allo stesso modo della Chiesa ortodossa. Ma noi non siamo preoccupati da questo aspetto della questione, ma piuttosto dall'idea che Gesù esortò l'umanità a lottare per la libertà, distruggendo così la fede che si appoggiava sul miracolo, sul mistero e sull'autorità. 

Quanto è ben fondata quest'idea? 

È vero che Gesù per due volte rifiutò di eseguire un miracolo, secondo le narrazioni evangeliche. Ma le stesse narrazioni ci dicono che egli operò un sacco di miracoli.  L'attività di Gesù, se non comprendiamo la sua predicazione, consisteva nella guarigione miracolosa, nel riportare i morti alla vita, in altre parole, nell'esecuzione di miracoli.
 
Gesù la fece finita col mistero della fede? No. Al contrario, tutti i suoi discorsi sono pervasi da un'aria di mistero.  Gesù è il figlio di Dio e il figlio dell'uomo, che deve compiere una missione misteriosa di natura divina. Per le persone che si erano radunate per sentirlo predicare, la sua origine e il suo futuro e il futuro dei suoi discepoli erano avvolti nel mistero. È vero, Gesù parlò della sua missione, dicendo che soffrirà e morirà e dopo risorgerà dai morti e poi tornerà nella gloria. Ma tutto questo fu pronunciato in una maniera velata ed enigmatica, spesso nella forma di parabole ed allegorie. Quando gli apostoli domandarono a Gesù perché parlava in parabole, egli rispose che non era sua volontà svelare i misteri alla gente.  

Gesù si trattenne dal citare le autorità? No, naturalmente. Nelle narrazioni evangeliche egli si riferì
costantemente a ciò che “è scritto” nelle scritture e a Dio suo padre. Mentre soppiantava o perfino si opponeva ai comandamenti dell'Antico Testamento con nuove ingiunzioni, Gesù allo stesso tempo insisteva che la “legge” dev'essere obbedita: Non passerà neppure un iota o un segno dalla legge, senza che tutto sia compiuto. Così, Gesù fu lontano dall'avere qualche attitudine nichilistica verso l'autorità, com'è raffigurata dall'Inquisitore nella poesia di Ivan Karamazov.

È vero che in molti punti la Chiesa cristiana, e non solo la Chiesa cattolica, ma tutti gli altri suoi rami, si erano allontanati dagli insegnamenti di Cristo  come sono formulati nel Nuovo Testamento. Ma la descrizione del Grande Inquisitore della personalità di Cristo e dei suoi insegnamenti non può essere considerata storicamente autentica. 

Dostoevskij assegnò la colpa della distorsione dell'immagine di Cristo sulle spalle della Chiesa cattolica. Essa aveva tradito Cristo e continuava a tradirlo, stava dicendo Dostoevskij negli anni settanta e ottanta del secolo scorso. E predisse che questo orribile tradimento del cristianesimo avrebbe assunto in futuro una nuova forma — la predicazione del socialismo da parte della Chiesa Cattolica. Dostoevskij non nutriva alcuna simpatia per le idee socialiste. Ma con quell'acuta percezione storica che lo caratterizzò, previde la grande influenza che esse avrebbe avuto in futuro. La Chiesa cattolica, secondo Dostoevskij, con una devozione diabolica si era adattata alla situazione storica e aveva adottato per suo armamento tutte le idee che si rivelarono popolari tra le masse. E si sarebbe anche adattata all'idea del socialismo. Avrebbe detto al popolo: “Tutto ciò che è predicato dai socialisti fu predicato anche da Cristo”. Così essa “ancora una volta distorce e tradisce Cristo”, poiché il socialismo non fu l'ideale di Cristo. Il compito del socialismo “è quello di risolvere il fato dell'umanità non secondo la maniera di Cristo, ma al di fuori di Dio e al di fuori di Cristo”. [5]

Dostoevskij attribuì perfino la nascita e la diffusione delle idee socialiste alla Chiesa cattolica. Perchè, “tradendo” Cristo essa scatenò una reazione nella forma di materialismo e ateismo, quindi dando origine al socialismo. Quest'idea alquanto bizzarra fu posta da Dostoevskij come segue: “Il cattolicesimo romano, che ha venduto Cristo per un potere mondano e costretto l'umanità ad allontanarsi da essa  e fu così la causa principale dell'ascesa del materialismo e dell'ateismo in Europa, questo cattolicesimo naturalmente ha dato origine  al socialismo in Europa”. [6] Così, sarebbe facile per il cattolicesimo adattare l'immagine di Cristo e del cristianesimo al socialismo.  

In alcuni modi Dostoevskij previde correttamente la futura tendenza di sviluppo. Il socialismo è divenuto in effetti la più potente e influente forza ideologica e forza materiale del mondo. E la Chiesa è piuttosto pronta a flirtare con essa, utilizzando i metodi della demagogia sociale. Ma, naturalmente, la tesi di
Dostoevskij sul ruolo della Chiesa cattolica nell'avvento del socialismo e del suo destino storico non dev'essere presa sul serio.

Con tutta la sua percezione e acutezza, Dostoevskij fu ovviamente accecato da certe idee reazionarie che lo persuasero nell'ultimo periodo della sua vita. Questa cecità lo condusse a considerare che mentre la Chiesa cattolica distorse l'immagine di Cristo la Chiesa ortodossa la preservò. Alesha Karamazov disse a Ivan riguardo il Grande Inquisitore: “La Chiesa ortodossa ebbe un'altra concezione”. Dostoevskij scrisse nel suo diario: “L'immagine perduta di Cristo è stata preservata in tutta la sua luminosità nella Chiesa ortodossa”. [7] Questo fu possibile, disse Dostoevskij, perché la Chiesa ortodossa, essendo subordinata allo stato, non poteva rivendicare il potere mondiale e perciò dovette concentrare la sua attenzione sui valori spirituali. La fondazione di quei valori fu qualche tipo di “socialismo russo” incarnato nell'immagine di Cristo. È difficile comprendere cos'è realmente inteso da questo “socialismo”. In ogni caso, non si trattava di cambiamenti radicali nella vita delle persone, ma di una “verità divina tenera, riconciliante e compassionevole di tutto”, come rivelata nello stato d'animo e nelle opinioni dell'anziano Zosima, di Alesha Karamazov e di Makar Ivanovich nel romanzo L'adolescente. E questa “verità” deve basarsi su una vaga e infinitamente astratta immagine di Cristo. 

Nell'opporre la Chiesa ortodossa alla Chiesa cattolica sulla questione dell'interpretazione dell'immagine di Cristo,
Dostoevskij stava chiudendo un occhio a numerose testimonianze storiche che dimostrano che la differenza tra le due Chiese, sia nella loro attività pratica che nelle loro dottrine, sono veramente poche. Anche la Chiesa ortodossa,  si impegnò nella soppressione dell'eresia, anche se su scala più ridotta rispetto alla Chiesa cattolica. E se per la Chiesa ortodossa il “potere mondiale” fu irraggiungibile, essa disponeva di “possessi terreni”, tra cui enormi proprietà terriere e centinaia di migliaia di servi che formavano la base economica della sua autorità per molti secoli. Essa aveva fornito anche sostegno ideologico e materiale agli sfruttatori e agli oppressori del popolo, interpretando l'immagine di Cristo approssimativamente alla stessa maniera degli sfruttatori dell'Occidente a cui la Chiesa cattolica aveva “venduto” Cristo.

Questa situazione fu osservata chiaramente da un'altra grande figura della letteratura russa, Lev Tolstoj. Nei suoi scritti l'immagine di Cristo è molto più concreta di quella di
Dostoevskij, o almeno più comprensibile.

NOTE

[2] F. M. Dostoevskij, L'idiota, Volume Secondo, Mosca, 1982, pag. 269. 


[3] F. M. Dostoevskij, Opere Complete, Vol. 10, 1973, pag. 197 (in russo).

[4] F. M. Dostoevskij, I Fratelli Karamazov, Vol. 7, Mosca, 1980, pag. 317.

[5] F. M. Dostoevskij, Diario, San Pietroburgo, 1877, pag. 290 (in russo).

[6] Ibidem.

[7] Ibidem.

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