lunedì 14 agosto 2017

Cristo: Mito o Realtà ? (IV)

(continua da qui)
Un Ideale di Perfezione Morale
(secondo Lev Tolstoj)
Fino all'età di cinquant'anni l'attitudine di Tolstoj verso la personalità di Cristo fu simile a quella della maggioranza dei suoi contemporanei, compresi i suoi amici e parenti. Non aveva alcuna polemica particolare con la Chiesa su questo argomento, e la ragione probabilmente è che non ci aveva pensato molto a questo proposito. Ma più tardi cominciò a turbarlo. Era tormentato dal dubbio e discusse con se stesso e con quelli attorno a lui. Intraprese uno studio serio del problema. Egli migliorò la sua conoscenza del greco pur di leggere il Nuovo Testamento nella lingua in cui giunse fino a noi, e studiò la letteratura teologica e un gran numero di opere storiche.

Dopo che aveva fatto una ricerca colossale sul soggetto egli sentì di aver trovato la risposta ad una domanda che credeva di essere di massima importanza per l'uomo, vale a dire, chi era Gesù e cosa insegnò. Fino alla fine della sua sua vita, per un periodo di quasi trent'anni, Tolstoj spiegò la sua concezione di Cristo e del cristianesimo in numerosi articoli, libri e lettere.

Era una concezione che si differenziava notevolmente da quella della Chiesa. Con una caratteristica semplicità e senza paura Tolstoj rifiutò l'autorità della Chiesa come interprete della dottrina cristiana e come istituzione sociale in generale. “Cristo”, disse Tolstoj, “non stabilì mai alcuna gerarchia della chiesa nel senso in cui lo comprende la teologia”. [8]
 
Non era mai stato l'obiettivo della Chiesa, disse Tolstoj, preservare la purezza degli insegnamenti di Cristo e trasmetterli alla gente. “La Chiesa è solo una parola, un nome per un inganno, un mezzo attraverso il quale alcune persone cercano di dominare su altre. E non c'è nessun'altra chiesa, né può esserci alcuna. Solo su questa menzogna sono stati formulati dogmi spaventosi, che mutilano e nascondono gli insegnamenti. E la divinità di Gesù e dello Spirito Santo, la Trinità, la Vergine Maria...”. [9] E la Chiesa aveva sempre interpretato le Sacre Scritture nel modo che gli conveniva, e non secondo il loro vero significato.

Tolstoj non considerava sante le Scritture al modo in cui questa parola fu intesa dalla Chiesa. Parlava dei “Testi impossibilmente contraddittori del Pentateuco, dei salmi, dei vangeli, delle epistole, degli Atti, cioè, di tutto ciò che si considera racchiudere le Scritture”. [10] Tolstoj criticò l'approccio di quei teologi che tentavano di trovare “il senso meno contraddittorio” dei testi delle Scritture che erano ovviamente incoerenti. Si deve, disse Tolstoj, leggere i vangeli da soli, senza l'aiuto della Chiesa, ed estrarre da loro una chiara concezione della personalità di Cristo e dei suoi insegnamenti.

Ma cosa dovremmo fare quando arriviamo ai molti passi contraddittori nei vangeli, quando scopriamo che “sono pieni di errori” e sono ambigui in molti punti? Allora, dice Tolstoj, noi dobbiamo riconoscere che “la concezione a cui siamo abituati, cioè che tutti i vangeli, tutti e quattro coi loro versi e lettere, sono testi sacri, è, da un lato, una volgare illusione, dall'altro, una volgare e dannosa menzogna”. [11] Ed essi  non contengono alcun mistero speciale che la mente umana non possa cogliere. Perfino se considerassimo Gesù un Dio che era venuto sulla terra dal cielo, sarebbe ancora difficile immaginare che lui avesse rivelato la sua verità alle persone con lo scopo di nasconderla in testi oscuri al limite dell'incomprensibilità. E “se Gesù non è Dio, ma un grande uomo, è perfino meno possibile che i suoi insegnamenti dovessero dare origine a diverse interpretazioni”. [12] In altre parole, noi dobbiamo trovare ciò che è chiaro negli insegnamenti dei vangeli.

Tuttavia, c'è molto nei vangeli che è oscuro e contraddittorio. Tolstoj non nega questo. Egli afferma che noi possiamo superare la difficoltà posta da ciò interpretando il passo oscuro alla luce di quei passi il cui significato è chiaro.

Un simile approccio è certamente non senza difetti, logicamente parlando. Se, per esempio, alle prese con due testi che si contraddicono l'un l'altro nel loro significato considerassimo oscuro uno di loro e chiaro l'altro, potremmo essere colpevoli di un certo grado di arbitrarietà. Infatti ciò che potrebbe sembrarmi incomprensibile potrebbe apparire chiaro e semplice a qualcun altro, e viceversa. E una nostra scelta determinerà quale testo è da considerare importante e quale testo sarebbe di secondaria importanza.

Il punto di partenza della concezione di Tolstoj è perciò debole, e questo è accentuato dal fatto che Tolstoj rifiutò in anticipo di fornire qualche dimostrazione che il suo il punto di vista fosse quello giusto: “... non ci può essere alcuna dimostrazione della verità del mio insegnamento. .... Il mio insegnamento è luce, e chiunque lo vede ha luce e vita, e per lui una dimostrazione è inutile. Ma chiunque è nell'oscurità deve venire alla luce”. [13] Questo è, naturalmente, un approccio piuttosto soggettivo. Come vedremo più tardi, l'interpretazione di Tolstoj della personalità di Cristo e dei suoi insegnamenti, che si basa su un approccio del genere alle narrazioni evangeliche, non è libera da soggettività e arbitrarietà. Si consideri ora il punto di vista di Tolstoj.

Per Tolstoj Gesù fu un uomo buono, gentile e intelligente, il primo uomo della storia che comprese come dovesse vivere la gente per essere felice e che spiegò loro la sua dottrina assolutamente corretta. Gesù non era Dio; non si proclamò mai Dio. Parlò di sé stesso come del “figlio dell'uomo” e di Dio come suo padre, ma non nel senso in cui quelle parole furono interpretate dalla Chiesa. Cristo chiamò tutte le persone figli dell'uomo, compreso lui stesso. Cristo “descrisse la sua relazione con Dio e quella di tutti i popoli con Dio come la relazione del figlio col padre.... Il figlio dell'uomo è il figlio di Dio. Nella predizione della sua unione con Dio dopo la sua morte, egli non intese affatto la sua resurrezione al cielo e il suo sedersi alla destra di Dio: 'Io non sono figlio di Dio, io sono il figlio di Dio solo in quanto io realizzò la Sua volontà'”. [14]  L'unione con Dio è simbolica piuttosto che letterale: essa è “nello spirito”. Ma allora come fece Cristo l'uomo a diventare Dio? 

C'è una semplice risposta a questo. Da una parte, la “folla” era in difetto colla sua “rozza comprensione”; e, dall'altra, la Chiesa aveva interpretato scorrettamente la personalità di Cristo e aveva eretto in tal modo il suo benessere e la sua rivendicazione di potere e ricchezza. Quando “la folla cominciò a seguire la nuova dottrina”, si disse che Cristo fosse “una persona divina e colla sua morte ci aveva offerto la legge di salvezza”. Ma “dell'intera dottrina la folla comprese soprattutto che egli è divino e perciò è Dio, e che la sua morte ci ha recato salvezza. Questa rozza comprensione diventa il possesso della folla, è mutilata, e l'intera dottrina recede, in quanto il primo posto è occupato dalla divinità e dalla qualità salvifica della sua morte.... Questo è contrario alla dottrina stessa, ma ci sono persone — maestri —  che si impegnano a riconciliare e a spiegare...”.  [15

Ciò che predicano quei “maestri” non è raccontato nei vangeli. “Negli insegnamenti di Gesù non c'è neppure un indizio che col proprio sangue egli avesse redento la razza umana la cui caduta fu provocata da Adamo, che Dio è la Trinità, che sette sacramenti sono necessari per la salvezza, che ci devono essere due forme di comunione, e così via”. Inoltre, “la teoria sulla caduta di Adamo e la vita eterna in paradiso e sull'anima immortale che Dio soffiò in Adamo fu sconosciuta a Cristo che non la menzionò né accennò con una sola parola alla sua esistenza”. [16] Lo stesso è vero della dottrina sulla resurrezione dei morti: essa fu rifiutata da Cristo. Quando Cristo parlò della “resurrezione del figlio dell'uomo dai morti, egli non intese una resurrezione nella carne e la sua resurrezione personale, ma il risveglio della vita nel nome di Dio”. [17] E l'idea di un regno celeste che suggerisce ora come allora una vita dopo la morte fu rifiutata a sua volta da Cristo: “La fede in una futura vita personale è una concezione volgare e rozza basata su un miscuglio di sogno e morte e caratteristica di tutti i popoli primitivi”. [18] Non può essere una parte integrante del cristianesimo, o perfino dell'ebraismo. Ci sarà un regno celeste sulla terra, non in senso soprannaturale, ma nel senso che “tutte le persone saranno fratelli”, che il mondo sarà un solo mondo e tutte le persone prospereranno nella prosperità durante la loro vita sulla terra che è la loro sola vita. 

Con un simile approccio razionalista alle narrazioni evangeliche, Tolstoj dovrebbe rifiutare tutte le storie sui miracoli che eseguirono Cristo e i suoi discepoli  e le azioni del Diavolo, in particolare le tentazioni a cui fu sottoposto Cristo.  Egli dovrebbe reinterpretare tutti i testi evangelici su cui è basato il culto cristiano e che erano contrari ai suoi punti di vista. Egli dedicò tanto sforzo a questo compito, ma gli argomenti che espose a sostegno del proprio punto di vista non sono sempre davvero convincenti.

Tolstoj evidentemente aveva difficoltà nel trattare la questione dei miracoli raccontati nei vangeli. Egli trascura l'Immacolata Concezione, la Resurrezione e l'Ascensione di Cristo e tante altre storie simili. E tenta di spiegarle in un modo che suggerisce che non c'è niente di insolito circa loro. Per esempio, così è come racconta la storia di Gesù che calma una tempesta sul mare: “Loro [gli apostoli]  svegliarono lui [Cristo] e dissero: 'Maestro, non t'importa che moriamo?' E quando la tempesta cessò, egli disse: '
Perché siete così paurosi? Non avete fede nella vita dello spirito.”  [19]
La storia così raccontata nel vangelo è la seguente:
Destatosi, sgridò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!». Il vento cessò e vi fu grande calma.... E furono presi da grande timore e si dicevano l'un l'altro: «Chi è dunque costui, al quale anche il vento e il mare obbediscono?»” (Marco 4:39, 41). In una maniera simile, Tolstoj interpreta la storia circa il miracolo  dell'alimentazione di cinquemila persone con cinque pezzi di pane e due pesci. Invece di un miracolo Tolstoj tratta l'incidente come qualcosa piuttosto di ordinario.
 
Ancora, non si può ignorare il fatto che nei vangeli figurano parecchie storie di miracoli. Tolstoj ammette questo con riluttanza, poichè egli ammette anche il fatto che nulla si dice nei vangeli contro la fede nei miracoli.  Tolstoj affronta questo problema solo affermando che l'intero spirito degli insegnamenti di Gesù dimostra che Gesù non si basò sui miracoli per dimostrare la veridicità dei suoi insegnamenti. Questo difficilmente è un argomento convincente. Nei vangeli i miracoli eseguiti da Gesù sono intesi principalmente come dimostrazione della sua  missione divina. Tolstoj rimane in silenzio su questa questione.

L'interpretazione di Tolstoj della tentazione di Cristo nel deserto offre un buon esempio della maniera con cui tenta di rimuovere l'elemento soprannaturale dalla biografia di Gesù. 

La prima tentazione: “E la voce della carne gli disse ... [seguito da un riferimento a Matteo 4:3]. Ma Gesù disse a sé stesso: se non riesco a fare il pane da pietre, allora non sono il figlio della carne di Dio, ma dello spirito di Dio. Io vivo non di pane, ma di spirito. E il mio spirito può ignorare la carne”. [20] La storia come raccontata nel vangelo di Matteo è come segue: Allora Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto per esser tentato dal diavolo. ... Il tentatore allora gli si accostò e gli disse: «Se sei Figlio di Dio, di' che questi sassi diventino pane». Ma egli rispose: «Sta scritto: Non di solo pane vivrà l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio».” (Matteo 4:1, 3, 4). Così non fu la voce della carne che tentò Gesù, ma il Diavolo stesso!

La seconda tentazione: “E gli parve di trovarsi in piedi sul pinnacolo di un tempio e la voce della carne gli disse... [Luca 4:9]. Ma Gesù disse a sé stesso: Io posso ignorare la carne, ma non posso liberarmi di essa, perché nacqui dallo spirito nella carne”. La storia come raccontata nel vangelo di Luca è come segue: “E il diavolo condusse lui [Gesù] a Gerusalemme, lo pose sul pinnacolo del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, buttati giù; ... E Gesù gli rispose: «È stato detto: Non tenterai il Signore Dio tuo».” (Luca 4:9, 12). Come si vede, questo è assolutamente diverso dalla versione di Tolstoj.

La terza tentazione (in Luca questa è la seconda tentazione, Tolstoj aveva cambiato l'ordine). Ancora una volta la voce della carne è “all'opera”: “A Gesù apparvero tutti i regni sulla terra e tutti i popoli, mentre vivono e faticano per la carne, aspettandosi una ricompensa”. [21] Il passo corrispondente nel vangelo di Luca è il seguente:
Il diavolo lo condusse in alto e, mostrandogli in un istante tutti i regni della terra, gli disse: «Ti darò tutta questa potenza e la gloria di questi regni... Se ti prostri dinanzi a me tutto sarà tuo». Ma Gesù, rispondendo, gli disse: «Vattene via da me, Satana” (Luca 4:5-8; in Matteo 4:8-10 c'è un passo quasi identico).

Abbiamo confrontato le versioni di Tolstoj con quelle nei vangeli non per accusare lo scrittore di travisamento. Tolstoj stesso aveva detto che aveva rimosso parecchio nei vangeli che egli trovò inaccettabile. Il punto da fare qui è che i criteri utilizzati da Tolstoj nell'eliminazione di alcuni passi e nell'offerta dei testi al loro posto non possono essere considerati scientificamente validi; non ci aiutano a scoprire la verità storica oggettiva della materia in questione. Quello che abbiamo qui è infatti un vangelo non secondo Luca o Matteo, ma secondo Lev.

Tolstoj trattò le parabole, le cui morali erano ovviamente non di suo gradimento, allo stesso modo. La famosa parabola dei talenti (un talento era un'unità di peso in oro o argento), secondo la quale uno schiavo deve moltiplicare la ricchezza del suo maestro, viene trasformata da Tolstoj in modo che “lo spirito di Dio nelle persone” prenda il posto del denaro. Sicuramente, moltiplicare lo spirito divino nelle persone è un obiettivo molto più degno dell'acquisizione di oro ed argento. Tolstoj evita attentamente quei passi nei vangeli che hanno a che fare con la fondazione della Chiesa, l'aldilà e le ricompense e le punizioni in essa, e l'istituzione di un nuovo culto con i suoi riti e cerimonie. 

È interessante vedere come Tolstoj tratta le narrazioni evangeliche circa l'ultima cena e il rito della comunione che Gesù insegnò ai suoi discepoli. Nei vangeli la descrizione di quelli eventi è abbastanza concreta e chiara. Gesù spezzò il pane e lo diede ai suoi discepoli dicendo: “Prendete, mangiate, questo è il mio corpo”. E gli offrì loro vino e disse: “Questo è il mio sangue”. Egli disse anche a loro: “...fate questo in memoria di me”. 

Questo episodio serve come base al sacramento cristiano della comunione, che occupa un posto centrale nell'intero culto. Ma Tolstoj gli dà un'interpretazione completamente diversa, e molto semplice. Nella sua narrazione, Cristo dice ai suoi discepoli mentre gli dà pane e vino: “Ricordatemi mediante questo pane e vino. Quando voi prendete il vino, ricordate il mio sangue che verrà versato così che voi vivrete senza peccato, quando mangiate il pane ricordate il mio corpo che io dò per amor vostro”. [22] Solo un atto di ricordo, e nient'altro. Secondo le istruzioni della Chiesa, quando il credente consuma il pane del rituale bagnato nel vino, un miracolo prende luogo dentro di esso: il pane si trasforma nel corpo di Cristo e il vino nel suo sangue. Tolstoj derise il rituale, definendolo “il rito del consumo di Dio”. 

L'unica cosa che interessava a Tolstoj dei vangeli e del cristianesimo nel complesso furono le dottrine morali che si possono estrarre da loro.  “Per me”, scrisse, “la questione principale non è se Gesù Cristo fosse Dio e da chi provenisse lo spirito santo e così via. Non è neppure importante e necessario sapere quando e chi scrisse quali vangeli, e quale parabola si possa attribuire a Cristo. Ciò che è importante per me è la luce che ha brillato per 1800 anni per l'umanità, che ha brillato e ancora risplende per me....”. [23] Qui non può che colpire l'incoerenza nel pensiero del grande scrittore. Tolstoj sapeva benissimo quali atti vili e crudeli erano stati commessi in quei 1800 anni da persone che si consideravano seguaci degli insegnamenti di Cristo, ed egli aveva condannato violentemente quelli atti. La “luce che risplende” non aveva alquanto migliorato la morale o la vita delle persone. Ma il moralista in Tolstoj si rifiutò di riconoscere questa circostanza crucialmente importante. 

Ardentemente e instancabilmente Tolstoj espose lo stile di vita, le leggi e i modelli di un comportamento morale che egli credeva Gesù Cristo avesse lasciato all'umanità. Ma perfino allora Tolstoj dovette omettere alcuni punti e interpretarne altri soggettivamente e arbitrariamente. Alla fine rimasero cinque comandamenti la cui realizzazione, secondo Tolstoj, avrebbe assicurato la salvezza dell'anima dell'uomo. E per Tolstoj la salvezza non significa liberazione dai tormenti dell'inferno, ma il raggiungimento da parte dell'uomo della pace spirituale e delle gioie della vita. Essi sono: 1. “Non offendere nessuno, e con nessun atto provocare il male in altri, perché dal male viene il male”. 2. “Essere casti in tutte le cose, e non abbandonare la moglie che abbiamo scelto, perché abbandonare le mogli e cambiarle è la causa di ogni vita sregolata nel mondo”. 3. “Mai fare un giuramento, perché non possiamo promettere nulla, perché l'uomo è totalmente nelle mani del Padre, e i giuramenti sono imposti per scopi malvagi”. 4. “Non resistere al male, sopportare le offese e fare ancora di più di quanto ci venga richiesto; e nè giudicare né appellarsi alla legge, poiché ogni uomo è in sè stesso pieno di errori, e non può far da maestro. Ricercando vendetta gli uomini insegnano solamente ad altri a fare lo stesso”. 5. “Non fare alcuna distinzione tra i propri connazionali e gli stranieri, poichè tutti gli uomini sono figli di un solo Padre”. [24]

Di questi il quarto comandamento è il più importante. Tolstoj considerava la non resistenza al male il punto centrale degli insegnamenti di Cristo. Esso “unisce i suoi insegnamenti in un unico insieme indivisibile: è davvero una chiave per aprire tutte le porte”, dichiarò Tolstoj. [25] In ogni situazione, in qualsiasi condizione, se qualcuno vuole fare del male a te, alla tua famiglia o ai tuoi figli, anche alle creature più deboli e più indifese, e perfino se il male fosse un aggressione di briganti oppure di un cane rabbioso, il meglio che tu puoi fare è metterti nel posto di colui che viene assalito. E se un cane sbrana te o i tuoi figli, se un ladro ti deruba e ti uccide, non vi è nessun danno speciale. L'importante è che tu non debba violare il comandamento di Cristo. 

Naturalmente, nessuno nella storia ha seguito questo comandamento, sebbene i vangeli siano onorati da tutte le confessioni cristiane. Quindi il comandamento è inefficace. Tolstoj lo sapeva e aveva indicato correttamente la ragione per cui è così. Il comandamento può essere efficace solamente quando non è “un'ingiunzione, ma una regola che deve essere osservata, quando è una legge”. La chiave che apre tutte le porte funziona solo “quando questa chiave viene forzata attraverso la serratura”. D'altro canto, “un'accettazione di questo principio come un'ingiunzione la cui realizzazione è impossibile senza un aiuto soprannaturale è la distruzione dell'intera dottrina”. [26]

Ma per arrivare al cuore della materia noi dobbiamo chiederci perché succede che l'esortazione dei vangeli alla non-resistenza al male è rimasta solo un'ingiunzione invece di diventare una legge di comportamento. È colpa dell'imperfetta natura umana qui? E ci sono motivi per pensare che la natura umana migliorerà a tale misura che i comandamenti di Gesù, anche rafforzati dagli appelli di Tolstoj, saranno messi in pratica e cesseranno di essere mere parole? 

Sono passati molti anni da quando Lev Tolstoj fece conoscere la propria concezione degli insegnamenti di Cristo. Ma il comandamento della non-resistenza al male è rimasto un imperativo evangelico che nessuno applica nella vita reale. 

La stessa cosa si può dire dell'altro comandamento di Cristo come formulato da Tolstoj. Direttamente legato al comandamento della non resistenza al male è il comandamento di non offendere. Secondo il vangelo di Matteo,
...chiunque si adira con il proprio fratello senza motivo, sarà sottoposto a giudizio” (Matteo 5:22). Cosa succede se c'è un “motivo”? Se il “fratello” di un uomo si comporta male verso di lui e la rabbia di quest'ultimo contro di lui non è senza motivo, sarà giusto arrabbiarsi? No, afferma Tolstoj, il comandamento di non offendere nessuno è incondizionato e l'espressione “senza un motivo” è entrata nel vangelo per puro caso oppure vi fu inserita da malintenzionati membri della chiesa che stavano sempre tentando di distorcere gli insegnamenti di Cristo.

Il grande significato che Tolstoj ha attribuito al comandamento di non fare mai un giuramento merita altresì  attenzione. Tolstoj disse che in un primo momento egli trovò enigmatico questo comandamento: perchè in effetti non si dovrebbe confermare le proprie parole con un giuramento, cosa c'è di peccaminoso in ciò? E non è strano che Gesù dovrebbe porre questa regola apparentemente irrilevante di seguito a quelle che hanno a che fare con i principi fondamentali del comportamento umano? Dopo una lunga riflessione, tuttavia, Tolstoj trovò un'interpretazione del comandamento che, a suo avviso, giustificava pienamente il significato dato ad esso. La materia non riguarda alcun giuramento, ma il giuramento di fedeltà che i soggetti offrono allo stato, specialmente i soldati. Ad essere proibita non è forse la prestazione di questo giuramento, si chiede Tolstoj, senza la quale sarebbe impossibile dividere i popoli in stati e non ci sarebbero state proprietà militari? I soldati commettono atti di violenza e sono coloro che fanno il “giuramento di fedeltà”. Tolstoj interpreta il comandamento come un rifiuto anarchico dello stato e degli obblighi delle persone ad esso. 

Così, per Tolstoj, Gesù fu solo un maestro e un predicatore di morali. E di tutti i precetti etici attribuiti a Gesù Tolstoj accettò solo quelli che coincidevano con le sue proprie opinioni. Come abbiamo visto, c'è parecchio negli insegnamenti e nelle attività di Gesù, come dette nei vangeli, che è contrario ai cinque comandamenti formulati da Tolstoj. Questo fatto fu utilizzato da teologi ed ideologi delle chiese cristiane nel loro attacco al
tolstoismo. Di particolare interesse è la confutazione del tolstoismo contenuta nei discorsi della figura ben nota del movimento di rinnovamento interno alla Chiesa Ortodossa, il Metropolita Aleksandr Vvedenskij. La considereremo nella prossima sezione che tratta la concezione di Cristo come riformatore sociale e ribelle.

NOTE

[8] L. N. Tolstoj, Opere Complete, Vol. 23, Mosca, 1957, pag. 219 (in russo).

[9] Ibid., pag. 301.

[10] Ibid., Vol. 24, pag. 809.

[11] Ibid., pag. 804.

[12] Ibid., pag. 810.

[13] Ibid., pag. 873.

[14] Ibid., Vol. 23, pag. 173.

[15] Ibid., pag. 197.

[16] Ibid., pag. 400.

[17] Ibid., pag. 392.

[18] Ibid., pag. 395.

[19] Ibid., Vol. 24, pag. 187.

[20] Ibid., pag. 821.

[21] Ibidem.

[22] Ibid., Vol. 23, pag. 187.

[23] Ibid., Vol. 24, pag. 807.

[24] Ibid., pag. 841.

[25] Ibid., Vol. 23, pag. 315.

[26] Ibidem.

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