giovedì 24 agosto 2017

Cristo: Mito o Realtà ? (XIV)

(continua da qui)
Congetture: il Possibile e l'Impossibile
C'è tutta una moda nella letteratura cristologica secondo la quale Cristo fu un indiano. Uno dei libri appartenenti a questa moda si intitola Christus — ein Inder? di T. Plange. Nonostante il punto interrogativo nel titolo l'idea principale del libro è che Cristo fu un indiano.

Plange si riferiva a diversi studi storici del noto scrittore francese Louis Jacolliot, che apparentemente gettavano nuova luce sulla questione dell'origine dell'immagine di Cristo e del cristianesimo nel suo complesso. Plange accetta la tesi di Jacolliot che il cristianesimo antico fu in realtà il buddismo recato a Roma da missionari buddisti.

Questa tesi è basata su un confronto della vita di Cristo raccontata nei vangeli e le leggende buddiste e indù circa Buddha e Krishna. Sono derivati
numerosi paralleli che creano un'impressione, se non di completa identità, almeno di stretta somiglianza tra Cristo e il Buddha e Cristo e Krishna.

La seconda persona nella Trinità Indù (Brahma, Vishnu, Shiva) è incarnata nella persona di Krishna, che fu poi chiamata Ieseus (o Iisnu oppure Jisnu) dai suoi discepoli. La seconda persona della Trinità cristiana è a sua volta incarnata in una figura umana — il Figlio — il cui nome e soprannome rassomigliano a quelli brahmanici:  Krishna suona come Chrisna, e Kristos come Cristo.

Entrambi apparvero nel mondo come suo salvatore; entrambi nacquero da un vergine; in entrambe le storie la nascita fu contraddistinta da miracoli, e i primi a venire ad adorare il bambino furono pastori. Altri paralleli sono: la loro persecuzione da parte di un re malvagio (Kansa nel caso di Krishna, Erode nel caso di Gesù), il massacro degli innocenti, la salvezza del bambino da parte di un angelo e la loro azione come salvatori. Entrambi raccolsero attorno a loro un gruppo di discepoli, operarono miracoli: guarigione dei malati, restaurazione dei morti alla vita e cacciata dei demoni da quelli che ne furono posseduti, ed entrambi morirono a seguito di intrighi di preti malvagi, la loro morte viene accompagnata da segni della natura stessa che va in lutto. Ed entrambi, avendo adempiuto la loro missione sulla terra, furono trasferiti in cielo. 

Le somiglianze tra la vita di Cristo e quella del Buddha appaiono a loro volta, e in modo perfino più impressionante. Anche il Buddha era nato da una vergine, e in una grotta. La sua nascita fu annunciata da una stella che condusse tre re al santo bambino perché potessero adorarlo. C'erano anche pastori, una voce dal cielo e un esercito celeste. In effetti, le leggende che circondano la nascita del Buddha sono ancora più meravigliose che nel caso di Cristo. Alla nascita del Buddha tutta la natura si rallegrò, e il Buddha bambino esordisce con un discorso, dicendo che egli avrebbe distrutto il diavolo e il suo esercito, reso felici tutte le persone e così via. I re e i principi offrirono i loro palazzi magnificemti al santo bambino.  Un vecchio chiamato Asita svolse un ruolo simile a quello di Simeone che, secondo i vangeli, benedisse il bambino Gesù. Vero, a differenza dei re malvagi nelle storie di Cristo e Krishna, il re Bimbisara, dopo aver appreso della nascita del Buddha, non lo l'avrebbe perseguitato ma sarebbe divenuto il suo seguace. Più avanti la storia del Buddha parallela quella di Gesù descritta  nei vangeli: la presentazione del bambino al tempio, l'episodio in cui il ragazzo dodicenne rimase nel tempio mentre i suoi genitori lo cercavano, il suo digiuno, la tentazione nel deserto e il battesimo, e il suo rimanere celibe e senza fissa dimora per tutta la sua vita. Ci sono anche somiglianze in certi dettagli. Per esempio, il discepolo preferito del Buddha fu chiamato Ananda, mentre quello di Gesù fu chiamato Giovanni; Giuda, che tradì  Gesù, suona un pò come Devadatta, l'uomo che tradì il Buddha.

Plange mantenne, e fu un'opinione condivisa da molti altri autori, che tutti questi paralleli non potevano essere accidentali. Qualcuno deve aver copiato da qualcun altro. Dal momento che le leggende brahmanic esistevano 3000 anni e la leggenda buddista 500 anni prima della nascita del cristianesimo, non si può affatto sostenere che gli autori di quelle leggende copiarono dai vangeli. E in ogni caso Plange non ritenne una fonte storica gran parte dei vangeli e associò molta più importanza ai testi sacri dell'induismo e del buddismo a questo proposito.

Nel complesso Plange non nutrì alcun dubbio che le storie dei vangeli fossero state copiate dalle fonti brahmaniche e buddiste; più specificamente, i vangeli sinottici si basarono su fonti brahmaniche e il vangelo di Giovanni, su fonti buddiste.

Eppure, nonostante tutto questo, Plange non vedeva alcuna ragione per negare l'esistenza storica di Gesù. Secondo Plange, è possibile che in Palestina visse un uomo chiamato Gesù che fu un leader nazionale, ma la sua biografia
come detta nei vangeli non può essere autentica poiché fu copiata da leggende indiane. Il filo essenziale della vita di Gesù può essere rintracciato nella vita di Krishna, proprio come i principi morali di Gesù si possono trovare negli insegnamenti del Buddha. Qualunque aggiunta fosse necessaria, fu presa dagli scritti degli ebrei, dall'Antico Testamento che parlava ripetutamente di un Messia. Così, ciò che è originale della vita di Gesù raccontata nei vangeli è costituito da alcune “aggiunte”, mentre quello che è fondamentale è derivato da fonti indiane. Il Gesù dei vangeli non fu un ebreo, ma un indiano. 

Per suggerire che gli ebrei dei primi secoli della nostra epoca avessero copiato temi religiosi e folcloristici indiani, sarebbe necessario spiegare come potessero essere esistiti a quel tempo contatti tra la Palestina e l'India.   Citando Plinio il vecchio e Flavio Giuseppe, Plange affermò che esisteva un commercio regolare tra Roma e l'India nei tempi antichi e che ogni anno flotte di navi mercantili salpavano verso l'India da dove recuperavano niente meno che 50 milioni di sesterzi del valore di bestie e pietre preziose, nonché seta, avorio, tinture e così via. Le navi indiane trasportavano 500 passeggeri e le loro merci arrivavano in Egitto, e c'erano sempre molti mercanti indiani ad Alessandria. Il commercio era particolarmente fiorente tra l'Occidente e Ceylon, la cittadella del buddismo. Non dovrebbe essere difficile immaginare che ci fosse anche uno scambio ideologico attivo tra l'India e le nazioni appartenenti all'Impero romano. È quindi del tutto concepibile che le leggende buddiste e brahmaniche furono elaborate nella creazione dell'immagine di Gesù Cristo e nella formulazione della dottrina cristiana.

Ci sono motivi per prendere in seria considerazione questo parere e accettare l'origine indiana dell'immagine di Gesù?

La risposta è no. Poiché non esiste alcuna traccia di tale copiatura nell'antica letteratura cristiana: non esiste alcuna allusione all'India e alla sua storia, ai personaggi storici indiani, agli dèi indiani e alle altre figure della mitologia indiana, ai suoi culti e riti. Quelle allusioni potevano essere state rimosse deliberatamente? Ciò sarebbe potuto accadere solo se tutta l'antica letteratura cristiana fosse compilata in una maniera organizzata, se cioè, qualcuno avesse emanato istruzioni per l'abolizione di tutte le allusioni al materiale indiano e l'istruzione venisse meticolosamente eseguita. Ma un'impresa del genere era chiaramente fuori discussione. Infatti la comparsa dei vangeli e degli altri libri del Nuovo Testamento fu un processo spontaneo, proprio come l'apparizione degli scritti degli apostoli e di altri antichi autori cristiani. La coincidenza delle trame non indica necessariamente anche una copiatura. La “migrazione” delle trame nel folclore mondiale è un fenomeno ben noto, come lo è la ricorrenza di motivi mitologici. Nel suo libro The Folk-lore in the Old Testament James G. Frazer fornisce un gran numero di esempi che mostrano come le storie dell'Antico Testamento assomigliano a racconti popolari e storie mitologiche che erano diffuse tra diversi popoli del mondo. Egli conta quasi 150 leggende soltanto circa il diluvio. Se si dovesse seguire l'approccio di Plange bisognerebbe concludere che il mito biblico sull'alluvione fosse stato copiato dall'Australia, dall'America meridionale e dall'Africa Centrale. Lo stesso si può dire della nozione che Dio creò l'uomo dalla terra o argilla. 

Ci fu anche una teoria secondo cui l'immagine di Gesù Cristo non si originò nell'Asia meridionale, ma in Asia Centrale (regioni orientali del Pamir). L'autore di questa teoria, Grigory Potanin, fu un viaggiatore ed etnografo russo e la teoria trovò un sostenitore e un diffusore ardente in G. Ksenofontov, etnografo di Yakuzia. 

Nel 1912 Potanin lesse un documento sull'“origine di Cristo” di fronte ad una società per lo studio della Siberia a Pietroburgo. Era convinto che Cristo non fosse una persona reale. Disse che aveva trovato un gran numero di paralleli alle leggende raccontate nei vangeli nel  folclore mongolo dei popoli dell'Asia centrale. Citò diverse leggende e racconti che coinvolgevano dodici personaggi e che recavano strette somiglianze alle storie dei vangeli. Trovò soggetti simili anche in saghe scandinave e in racconti altaici. Secondo Potanin, per esempio, la crocifissione si può trovare nei racconti popolari di tutti i popoli dell'Asia settentrionale. 

La leggenda su Cristo, così sembrerebbe, poteva essere trovata quasi in tutto il mondo. Ma da dove si originò? Potanin non aveva dubbi sulla questione: “Il motivo principale di tutte quelle leggende e racconti è di origine centro-asiatica o perfino originaria di Ordos”. (Ordos era una località nella Cina occidentale — I. K.). Senza affrontare la difficoltà di fornire almeno una prova della sua tesi, Potanin concluse: “Così possiamo vedere che la leggenda su Cristo come raccontata nei vangeli è basata sulla leggenda sciamanica dell'Asia centrale, e l'immagine di Cristo fu creata secondo un'immagine che era esistita per molti secoli nelle profondità dell'Asia”. [5]

Potanin ritenne solo necessario spiegare come una leggenda sciamanica penetrò nel territorio cristiano, e per lui questo non poneva nessuna grande difficoltà. Le leggende dell'Est, disse, potevano essere state portate nella Russia meridionale dai cazari e, attraverso di loro, più in là a ovest e a sud. esistevano due gruppi di tali leggende. In un gruppo il personaggio principale era ritratto buono e virtuoso, mentre nell'altro — grottesco e malvagio. Le leggende del primo gruppo fluirono nei libri del Nuovo Testamento, mentre le leggende del secondo gruppo fluirono nelle descrizioni talmudiche di Cristo, in particolare, nel libro medievale Toledot Ieschu. “Io considero questa leggenda ebraica [esposta nel Toledot IeschuI. K.],” dichiarò Potanin senza alcun tentativo di sostanziare la sua affermazione, “pre-cristiana”. [6] Chiaramente non c'è nessun bisogno di confutare questa ipotesi piuttosto fantastica se non altro perché non si basa su alcun materiale concreto. 

Ksenofontov tentò di fornire almeno una qualche dimostrazione di quest'ipotesi. Considerò il cristianesimo e la leggenda circa Cristo una varietà di sciamanesimo e derivò numerosi paralleli tra certi aspetti che sono impliciti a tutti gli sciamani e che sono anche caratteristici dell'immagine di Gesù Cristo. Così, una missione dello sciamano è quella di un salvatore; Gesù fu un salvatore. Uno sciamano incarna spiriti benevoli; Gesù fu l'incarnazione umana dello spirito santo. La funzione sociale più importante di uno sciamano è quella di guarire le persone con mezzi magici; Gesù, secondo i vangeli, era principalmente impegnato nella guarigione dei malati. “Alcuni storici”, disse Ksenofontov, “considerò Gesù un membro dell'antica setta ebraica dei Terapeuti”. [7] Gli sciamani avevano il dono della previsione e della profezia: Gesù fu un profeta. La missione messianica di Cristo è analoga alle “aspettative messianiche dei popoli delle steppe che ancora oggi, attraverso i loro discendenti, il popolo mongolo del nostro giorno, aspettano una seconda nascita del loro grande Gengis Khan, l'unico figlio del cielo blu e un messaggero dall'alto”. [8]

Il tentativo di Ksenofontov di provare l'origine nord-asiatica delle leggende raccontate nei vangeli è chiaramente forzato e non dev'essere preso sul serio. Il genere di paralleli da lui derivati si possono ritrovare nelle religioni e nei miti di diversi popoli in diverse parti del mondo. Se si dovesse impiegare il metodo di Ksenofontov — e lo stesso si può dire dell'approccio di Potanin — bisogna concludere che l'immagine di Cristo è stata copiata contemporaneamente da tutti i popoli del mondo. La cosa veramente enigmatica è perché negare la capacità di creare il mito agli stessi popoli tra cui il cristianesimo trovò i suoi primi seguaci e convertiti. 

NOTE 

[5] Sibirskiye ogni, Numero 4, 1926, pag. 129. 

[6] Ibid., pag. 131.

[7] G. V. Ksenofontov, Cristo, Sciamanesimo e Cristianesimo, Irkutsk, 1929, pag. 126 (in russo).

[8] Ibid., pag. 130. 

Nessun commento: