sabato 13 gennaio 2018

Sull'Antica Storia del Dio Gesù (I) — Un Uomo tra Uomini?

(continua da qui)
CAPITOLO I

UN UOMO TRA UOMINI?

La storicità di Gesù è attestata dai documenti di Storia? Questa persona è concepibile storicamente?
Quanto ai documenti ebraici, ognuno che si interessa — per quanto superficialmente — alle origini cristiane sa che gli scrittori ebrei di lingua greca nel primo secolo che avrebbero potuto menzionare Gesù — precisamente, Flavio Giuseppe, Giusto di Tiberiade, e Filone — sono silenti sul soggetto.
Il testo di Flavio Giuseppe che leggiamo contiene parecchi passi riguardanti Gesù; ma quei passi sono riconosciuti generalmente come interpolazioni. Che non siano autentici è ammesso perfino da studiosi cattolici, come per esempio P. Lagrange e Mgr. Batiffol.
Un vecchio tentativo, rinnovato di recente, per trovare nelle versioni slave una traccia di quei passi, e di conseguenza per provare la loro autenticità parziale, è collassato sotto l'esame dei signori Goguel e Couchoud, la cui confutazione completa è approvata da tutti gli studiosi più competenti. Inoltre, non è stato notato abbastanza che la testimonianza di Flavio Giuseppe, che scriveva nell'ultimo quarto del primo secolo, non sarebbe ad ogni caso di nessun valore a meno di non poter mostrare che egli non dipese dalla tradizione cristiana, la quale stava cominciando allora ad essere formulata.
Quanto agli scrittori rabbinici, l'argomento è fuori questione. Il grande studioso rabbinico Israel Levi ha provato che “le nozioni più o meno fantastiche” circa Gesù che si trovano nel Talmud, sono solamente “il riflesso nei circoli ebraici delle narrazioni cristiane”. Documenti pagani del primo secolo sono silenti sul soggetto. Al principio del secondo secolo ci sono tre ben noti passi di Svetonio, Tacito, e Plinio il Giovane. L'autenticità di tutti e tre è sospetta. Ma perfino se siano autentici, e fossero derivati da fonti più antiche, essi non ci farebbero risalire a prima del periodo in cui prese forma la leggenda evangelica, e così avrebbero potuto attestare solo la leggenda di Gesù, e non la sua storicità.
Nel concludere l'esame dei documenti ebraici e pagani, si deve perciò accettare il verdetto del signor Loisy, il quale, sebbene un partigiano della storicità di Gesù, dichiarò recentemente che ci si deve rassegnare a non trovare nei documenti alcuna “dimostrazione diretta” di questa storicità.
Quanto alle prove archeologiche, le raffigurazioni più antiche nelle Catacombe non solo non mostrano alcun aspetto che confermano la leggenda evangelica, ma rappresentano Gesù sotto forme che sono incoerenti con essa.
Riguardo ai documenti cristiani la questione è chiaramente, non se essi affermano l'esistenza terrena di Gesù, ma se, quando studiati criticamente, essi implicano la sua storicità. Gli studiosi cristiani del primo secolo — San Paolo, l'anonimo autore dell'epistola agli Ebrei, e l'autore dell'Apocalisse — sembrano certamente conoscere molto più circa le attività del Cristo nel cielo che sulla terra. Gli studiosi cattolici sollevano una profonda difesa della tesi degli evemeristi. “Il Gesù dell'esegesi ancora dominante, un Gesù ignaro della sua propria divinità, che non operò nessun miracolo, che né risorse dai morti né esercitò il suo potere, ma solo morì sulla croce — un simile Gesù non poteva mai essere stato adorato come un dio o perfino venir salutato come il Messia di Israele”. Noi descriviamo come “evemeristi” coloro che credono nella storicità di Gesù mentre nel contempo negano la sua divinità, poiché nessun altro termine è più adatto. L'evemerismo è la dottrina di Evemero, un filosofo greco del quarto secolo A.E.C., secondo cui gli dèi erano uomini resi divini. Questa dottrina è screditata al giorno d'oggi tranne che nel caso di Gesù. Nessuno studioso crede che Osiride oppure Giove oppure Dioniso fosse una persona storica promossa al rango di un dio, ma si fa un'eccezione solamente a favore di Gesù. Ora, che cos'è sempre stato Gesù per i credenti? Un dio. E che cos'è per gli studiosi in questione? Un uomo. Se quello non è evemerismo, il termine è privo di significato.
L'evemerismo è perciò il termine che applichiamo alla dottrina che fa di Gesù un uomo considerato dopo la sua morte un essere divino che discese dal cielo per offrire sé stesso in sacrificio.
Per quali motivi, se Gesù fu un uomo, i suoi discepoli avrebbero potuto credere che egli fosse stato rivendicato da Dio alla divinità, oppure avrebbero potuto considerarlo divino? La solita risposta è perché essi credevano alla sua resurrezione, ma è importante non equivocare sul significato della parola
“resurrezione”. La resurrezione di Gesù non significa il ritorno di un cadavere alla vita, come nel caso di Lazzaro; significa che egli uscì dalla tomba, non per ritornare ad una vita umana, ma per riornare ad una vita divina; egli risorge dai morti,  non con un corpo terrestre, ma con un corpo celeste; San Paolo e gli evangelisti sono espliciti sul punto. La sua resurrezione è perciò il suo ritorno alla divinità. Credere nella sua resurrezione equivale a credere nella sua natura divina, e, se Gesù fu un uomo, come poteva esser sorto un credo simile tra i suoi discepoli?
È impossibile poggiare l'opera colossale del cristianesimo su Gesù, se lui fu un uomo. Non sarebbe ancor più impossibile costruire questo vasto edificio, come fa l'evemerista, su un'incomprensione oppure su una falsificazione?
La sociologia vede qui un argomento inconfutabile contro la teoria della storicità. Un'aquila non nasce da un pollo. Una religione misterica non può fiorire da un'agitazione messianica. Il cristianesimo come l'opera di Gesù fraintesa e pervertita è sociologicamente un'impossibilità.
 È certo che alla domanda, “Gesù è esistito?” i credenti risponderebbero che non solo egli è esistito, ma che è esistito per tutta l'eternità. Così per 2000 anni avrebbero replicato i credenti in Attis oppure in Mitra.
In cosa l'esistenza di un uomo differisce da quella di un dio? In questo: la prima, provata da un'esperienza razionale, appartiene all'ordine fisico; la seconda, qualunque leggende gli siano attribuite, è provata dalla fede e pertiene all'ordine soprannaturale. Quando noi siamo interessati ad un uomo possiamo legittimamente porre la domanda: finzione o realtà? Ma nel caso di un dio la domanda è triplice: finzione, esistenza spirituale, oppure esistenza fisica? Furono Gesù, Attis, Osiride, Jahvè, personaggi di fantasia? Furono uomini? Furono entità spirituali esistenti spiritualmente nella fede dei loro devoti? Se furono uomini, si deve studiarli al pari di altre personalità storiche. Se sono dèi, si deve richiedere dalla scienza delle religioni di analizzare e dalla sociologia di interpretare che cosa la fede ha affermato a loro riguardo. Per storicità gli studiosi intendono il fatto di appartenere alla Storia, ma, dal momento che le idee della fede hanno il loro posto nella Storia, l'idea di storicità si dovrebbe applicare all'esistenza spirituale di Gesù, come pure ad un'esistenza fisica. E non c'è un'ombra di dubbio che Gesù, un'entità spirituale, ha giocato negli annali della Storia un ruolo di gran lunga più grande di quello che un qualunque profeta galileo potesse mai giocare. Ci sono perciò due tipi di storicità. Riguardo a Gesù noi rifiutiamo la possibilità di un'impostura, e poniamo la domanda tra una storicità fisica e una storicità spirituale. Abbiamo accennato ad una storicità fisica: Gesù è attestato oppure immaginabile storicamente come un uomo tra uomini? E la nostra risposta è negativa. Il secondo punto dev'essere esaminato a sua volta: com'è possibile riconoscere a Gesù una storicità spirituale — diciamo un'esistenza spirituale?

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