martedì 27 marzo 2018

Gesù Cristo È Vissuto sulla Terra? (2)

(proviene da qui)



(2) Ora arriviamo a Paolo.
(a) Prima della sua conversione Paolo era un ebreo ellenistico della diaspora (dispersione), non un ebreo rabbinico di Gerusalemme e della Legge. Il signor Claude G. Montefiore ha mostrato questo di recente in “Judaism and St. Paul”. Paolo non amava realmente la Legge né credeva che lo aiutasse a vivere. Ma egli auspicava una religione migliore piuttosto che una legale, sebbene il signor Montefiore potrebbe non pensarla così. Paolo bramava un'unione con Dio. Egli era stato allevato tra fedi misteriche, e sentiva il bisogno di quest'unione, sebbene fosse ebreo. Egli non era soddisfatto dall'osservanza della Legge. Egli voleva il Legislatore e la Legge all'interno del suo cuore. Egli sembrava vedere nei cristiani ciò che voleva, e a Cristo (la legge interiore del “morire per vivere” personificata e proiettata) Paolo si “convertì”. Egli aveva, all'inizio, perseguitato la Chiesa, tenendo duro come fece alle “tradizioni” degli ebrei. Ma nel suo cuore egli sentiva che questa legge del “morire per vivere”, questo principio d'Amore dei cristiani, era il segreto di tutte le cose. Egli “vide” la Verità sulla via per Damasco, e la descrisse come una “visione del Signore”. La “luce” che vide fu un effetto collaterale psicologico dell'esperienza spirituale da lui avuta, nella stessa maniera che è spesso capitata ad anime sensitive in momenti di esaltazione. Paolo fin da subito si rifiutò di consultare Pietro, Giovanni, e Giacomo. Egli ci dice di nuovo e ancora di nuovo, in Galati, capitoli 1 e 2, che egli elaborò la sua idea di cristianesimo per sé stesso. Dal momento che era versato nelle Religioni Misteriche egli poteva elaborare il cristianesimo come una Religione Misterica, e tale in effetti la rese. Leggiamo che egli si ritirò in Arabia, poi a Damasco (Galati 1). Accadde quattordici anni prima di trascorrere qualche tempo cogli apostoli, se non per un po' di giorni. Egli predicò il cristianesimo come una Religione Misterica. Sembra davvero probabile che era stato Paolo l'uomo che specialmente propose l'idea che Cristo avesse avuto un episodio sulla terra per salvare gli uomini.
(b) Paolo era stato allevato tra le Religioni Misteriche. Tarso era il quartier generale del mitraismo, che insegnava di un dio Mitra, che fu il mediatore tra Ormuz e l'uomo, che combatté i demoni del male, che era giunto sulla terra e aveva compiuto le opere di un Salvatore, aveva partecipato ad un'ultima cena, ed era asceso (senza morire) al cielo. Il prof. Cumont (Belgio) ci dice che si pensava anche che Mitra sarebbe giunto di nuovo come giudice.
A Tarso anche la religione di Attis veniva impartita nei templi. Attis fu un dio frigio, dal centro dell'Asia Minore. In origine un dio della vegetazione, che “moriva” d'inverno (al pari di Tammuz o di Adone — si veda Ezechiele 8:14) e “resuscitava” a primavera, egli venne moralizzato, così che i suoi adoratori morissero al peccato e risorgessero all'immortalità tramite la loro iniziazione nei suoi misteri.
Altre Religioni Misteriche erano quelle di Dioniso (un dio greco chiamato anche Bacco, che rappresentava la forza vitale provata dai suoi adoratori nelle loro danze), e di Osiride (il dio egizio che venne sulla terra, fu ucciso da Set, e che resuscitò e discese agli Inferi, diventando il Giudice di tutti gli uomini). Anche gli gnostici insegnavano l'esistenza di un Logos Salvatore del Mondo che discese in soccorso dell'anima del mondo (Sofia o Sapienza) e per liberarla dalle sue passioni. Questo Logos fu crocifisso, oppure il pleroma (pienezza) degli eoni (attributi eterni di Dio)  fu imprigionato, limitato da stauros (la croce).
Questo insegnamento gnostico si trova ricordato da Ippolito (220 E.C.). Si trova esistente in Valentino e Basilide nel secondo secolo E.C., ma risale a molto più addietro, poiché termini gnostici ci sono nelle epistole di Paolo — cioè, Sapienza, Pleroma, Teleios (iniziato), angeli, Arconte (dominatore di un mondo), uomini spirituali e carnali, mistero, battesimo. Da qui potremo presumere che ci fosse uno gnosticismo pre-cristiano, e che Paolo fosse un tipo di gnostico che rivelò una Sapienza tra gli iniziati (1 Corinzi 2:6-8). Ora l'impatto di quelle Religioni Misteriche significò che Cristo (che fu Amore personificato, e fu creduto esistente in cielo) fu guardato da Paolo come un “signore” (1 Corinzi 8:6), e si pensò che avesse avuto un episodio sulla terra, al pari degli altri dèi misterici, che fosse nato, che fosse morto e disceso agli inferi e fosse risorto di nuovo al cielo, e fosse prossimo a giungere come giudice. Anche il Sacramento della Cena del Signore proveniva da quelle Religioni Misteriche, specialmente da quella di Eleusi (presso Atene, sulla costa), dove Persefone era adorata come la Vita che discendeva d'inverno alle regioni inferiori (trascinatavi da Plutone, il dio dell'Ade) e veniva liberata a primavera e restituita a sua madre, Demetra. Questo mito fu moralizzato in tempi A.E.C. e l'adoratore si bagnava nel mare e procedeva attraverso riti iniziatori a simboleggiare il morire al peccato e il risorgere alla vita eterna. C'era un pasto comune in connessione a questa iniziazione, e così anche nel mitraismo. Un'iscrizione scoperta di recente dice di un invito che un uomo inviò ad un altro per cenare con lui “alla tavola del Signore Serapide” (Osiride). Paolo, in 1 Corinzi 10:21, paragona la tavola di Cristo alla tavola dei demoni. Per “demoni” egli, senza dubbio, intende Mitra e Osiride, poiché era la consuetudine dell'ebreo di mentalità piuttosto gretta definire “demoni” tutti gli altri dèi diversi dal proprio.
Il passo (1 Corinzi 2:23-25) sulla Cena non era probabilmente di Paolo ma una inserzione posteriore, poiché rompe il contesto. Anche l'elenco di coloro che “videro” il Signore in 1 Corinzi 15:3-8 è a sua volta probabilmente una glossa posteriore, poiché è nello stile di 1 Corinzi 2:23-25 (“Io ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso”), e offre un elenco di cristofanie non note apparentemente agli scrittori dei quattro vangeli.
Così la cerimonia della Cena del Signore penetrò nel cristianesimo dalle Religioni Misteriche, e la sua istituzione fu in seguito attribuita a Cristo, proprio nello stile delle religioni di quel giorno. Ciò che gli adoratori sperimentavano fu scritto come se fosse stata l'opera del Dio che adoravano.
Quando Paolo giunse ad esprimere la sua nuova religione dello Spirito, poteva farlo solo nei termini delle religioni delle Religioni Misteriche, e così disse del Salvatore, della salvezza e dei sacramenti. Raccontò di Cristo (l'Ideale d'Amore) come di uno che era “morto”. “Noi predichiamo un Messia crocifisso” (1 Corinzi 1:23, 2:2-8). Questo Messia era divino, era in cielo una volta, discese per combattere Satana (Colossesi 2:15), deve quindi essere nato, in qualche apparenza simile ad un uomo, morì su una croce (si veda l'idea gnostica del Logos che è crocifisso, la quale idea potrebbe benissimo essere stata pre-cristiana, poiché termini gnostici figurano nelle epistole di Paolo), e riascese al cielo (Filippesi 2:1-10; 2 Corinzi 8:9). La salvezza equivaleva per gli uomini a “morire” con Cristo (così la morte di Cristo era veramente spirituale, non fisica, altrimenti non avrebbe potuto essere condivisa dagli uomini che vivevano sulla terra), e a “risorgere di nuovo” ora ai luoghi celesti (Efesini 2:1-6).
I sacramenti in Paolo non sono meri simboli, ma sono efficaci (come pensava) a portare un'anima in Cristo, (cioè nella Chiesa) mediante battesimo, e a dare una rinnovata partecipazione in Cristo durante la cena.
Così Paolo (che era irritabile e non scientifico, e non distingueva la Storia dalla soteriologia) cominciò a introdurre un episodio nella vita del Logos Eterno o Cristo. Paolo (indotto dalle storie degli dèi misterici) creò la storia di Cristo, e la confermò con passi dell'Antico Testamento interpretati erroneamente per applicarli al Messia; perché in realtà si applicavano a Israele come nazione. Abbiamo visto (a) che Paolo fu allevato come un ebreo ellenistico prima della sua conversione, e (b) dopo la sua conversione non poteva che interpretare il cristianesimo come una Religione Misterica.
(c) “Ma Paolo ci dice che Gesù aveva vissuto sulla terra”, si dice.
Ehm, ma in che lingua? In Filippesi 2:1-10, Paolo dice che Cristo era dall'eternità (Colossesi 1:15) nella “forma di Dio”. La parola “forma” include un riferimento alla sostanza (si veda il “Commentary on Philippians” di Lightfoot). Cristo (dice Paolo) rinunciò a questa uguaglianza con Dio e fu trovato “nella somiglianza degli uomini” (si veda anche Romani 8:3). La parola “somiglianza” “non implica la realtà dell'umanità di nostro Signore” (Lightfoot). Significa soltanto apparenza. Paolo pensò che ci fosse stata una volta qualche Cristofania sulla terra. Paolo dice che Cristo era nato da una donna (Galati 4:4). Ma dire così di un uomo reale non sarebbe necessario. Vi è qualcosa di strano. Paolo dice anche che secondo la carne Cristo era “del seme di Davide” — poiché le Scritture lo indicano (Romani 1:1-3). Questo ci dà la chiave. Paolo sta in realtà comunicando dottrina non Storia. La Scrittura, Isaia 7:14 (citato in Matteo 1), disse che Colui che sarebbe giunto sarebbe nato da una giovane donna (“Vergine” — nella traduzione greca della Septuaginta). Isaia 11:1 disse che sarebbe stato del seme di Davide. Paolo non sta comunicando Storia, ma sta componendo teologia. Paolo credeva che il signore-Messia fosse stato sulla terra, e fosse morto su una croce, e resuscitato, poiché le Religioni Misteriche dicevano così dei loro dèi. Era il modo in cui gli uomini pensavano del Divino in quei giorni, come se fosse passato sulla terra quello che stavano sperimentando. E nella profezia dell'Antico Testamento, Paolo trovò la corroborazione della storia di come questo episodio del Cristo doveva aver avuto luogo. Isaia 7:14, 11:1, 1:6 (sputato in volto), 53 (il servo si recò come un agnello al sacrificio, e resuscitò dai morti) — questi passi furono presi ora come riferimento al Messia, e utilizzati dai cristiani per sostenere come vero per il Cristo ciò che le Religioni Misteriche avevano suggerito.
Gli ebrei non erano stati abituati a pensare a Isaia 53 come ad un riferimento alla sofferenza del Messia. Guardavano al Servo sofferente come Israele, come si dichiara, in effetti, in Isaia. Ma quando nacque l'idea (specialmente in Paolo) che il Cristo fosse morto e risorto, ci si appellò a questo passo di Isaia 53 (e anche al salmo 22) per sostenerla. Probabilmente un po' di ebrei avevano creduto che il salmo 22 e Isaia 53 avessero qualche riferimento al Messia, come indica Edersheim nel suo lungo elenco di oltre duecento passi dell'Antico Testamento che erano ritenuti “messianici” dagli ebrei.
Paolo, allora, disse in maniera vaga che ad un tempo il Cristo Eterno (l'Idea dell'Universo — Colossesi 1:15) venne sulla terra nell'apparenza (soltanto) di un uomo, morì e resuscitò, come sostenevano le Scritture. Paolo non predicò nulla che non potesse sostenere mediante la Scrittura, si veda Atti 26:23, 21 (i capitoli successivi di Atti sono più affidabili di quelli precedenti); Romani 16:26 (il sedicesimo capitolo è di Paolo, anche se il resto è probabilmente successivo). Così, allora, Paolo difficilmente credette che Gesù sulla terra fosse un uomo reale; egli non era sicuro di come fossero avvenute la sua discesa e la sua incarnazione. Era un punto disputato. Leggiamo in Ippolito (Vescovo di Porto, 220 Era Comune) nel suo “Philosophumena”, che gli gnostici del secondo secolo pensavano che il corpo di Gesù fosse o psichico oppure spirituale. Una scuola credeva che fosse psichico, un'altra (comprendente il famoso Bardesane) disse che era spirituale. Entrambi negavano che fosse fisico. Gli gnostici dissero che il Cristo eterno era nato da Maria, ma non partecipò della sua umanità. Così, possiamo comprendere che Paolo (che fu uno gnostico in realtà, e aveva tendenze docetiche) non sosteneva realmente che Gesù Cristo fosse stato pienamente un uomo. Egli aveva una vaga idea del suo esser vissuto una volta sulla terra, ma si trattava di una dottrina mistica, non di Storia, sebbene Paolo non distingueva accuratamente le due cose. 
Così l'impatto delle Religioni Misteriche (compreso lo gnosticismo) sul cristianesimo antico condusse all'idea — nell'anima di Paolo (convertito) — che questo Cristo di Dio (agente e ideale di Dio) avesse avuto un episodio sulla terra in qualche tempo, fosse morto, disceso all'Ade, e risorto di nuovo al cielo.
Questa, comunque, non è la Storia di un uomo reale sulla terra, ma la drammatizzazione dell'eterno Amore di Dio, mediante cui Dio vive per sempre col morire, coll'offrire Sé stesso ai Suoi figli.
(d) Cristo era per Paolo uno spirito interiore. “Il Signore è lo Spirito” (2 Corinzi 3:17). Cristo era prima di tutte le cose, e in Lui tutte le cose si reggono assieme (Colossesi 1:15). Egli è l'immagine di Dio. Questa frase non implica visibilità, poiché Filone aveva parlato così a proposito del “Logos” quando scriveva ad Alessandria (20-30 E.C. circa), e Filone non intendeva che qualcuno avesse visto il Logos. L'idea deistica di Dio tra gli ebrei era diventata insoddisfacente. Gli uomini bramavano percepire Dio vicino, sì, interiormente — e gli stoici insegnavano così. La “Sapienza di Salomone” (un libro ellenistico degli Apocrifi dell'Antico Testamento) dice che la “Sapienza era con Dio quando Egli creò il mondo”. La Sapienza è una personificazione dell'Idea dell'Universo. Cristo è un'altra personificazione del genere. Le religioni in quei giorni personificavano forze naturali oppure ideali morali come dèi e signori, e raccontavano le verità intorno ai loro dèi nella forma di storie oppure di miti, i quali venivano spesso (come nel caso del dio greco Dioniso) espansi in lunghe narrazioni. Così accadde con Cristo. Egli è la personificazione dell'Ideale d'Amore (“morire per vivere” — in quanto il principio dell'universo. “Questo divino Ideale d'Amore è il termine della legge ebraica, e della separazione tra ebrei e gentili” disse Paolo in effetti (Romani 10:4; 13:8). Si trattava di un vangelo che raggiungeva il cuore. Non meraviglia che gli ebrei lo respinsero, per timore che la loro antica religione fosse arrivata ad una fine — a cui veramente era arrivata!
Paolo vide in Isaia 53 un'assicurazione del fatto che nella morte del Messia il Messia recasse la maledizione di Dio contro il peccato, così da liberare i credenti dal Giudizio Finale. Questo era un argomento rabbinico. Ma in realtà per Paolo Cristo era il principio del Morire per Vivere, eterno in Dio (Colossesi 1:15; 2:27), manifestato nel tempo (una volta, come Paolo insegnava pubblicamente, ma in realtà in tutti i cuori che “muoiono” per vivere). Paolo era “crocifisso con Cristo”. Paolo sempre “portava nel corpo il morire del Signore Gesù”. Paolo invitò gli uomini a “morire al peccato”, come fece Cristo, ad essere “sepolti con Cristo” (simboleggiato nel battesimo), e a “risorgere a Cristo” ora in una vita nuova (Galati 2:20; 2 Corinzi 4:10; Romani 6:5-11; Colossesi 2:12; Efesini 2:1-6). Nessuna crocifissione letterale nella Storia avrebbe potuto essere condivisa. Così, allora, Paolo sentì il principio d'Amore nel suo cuore (Galati 1:16), e lo chiamò “Cristo”, come fecero i primi cristiani, e versato, com'egli era, nelle Religioni Misteriche, Paolo attribuì a Cristo ciò che egli (Paolo) sentì di star attraversando, ossia una crocifissione (morte all'umanità inferiore) e una resurrezione (alla spirituale vita divina). Da qui crebbe la storia di Cristo che era morto e risorto (e da qui, parimenti nato, sebbene non come un uomo comune). Tutto questo era nel modo in cui gli uomini esprimevano le loro religioni in quei giorni. Quando, ad esempio, gli adoratori greci di Dioniso volevano dire che erano perseguitati dai re di Sparta, essi dissero che Dioniso (il dio) fu perseguitato da Licurgo (il famoso legislatore e re di Sparta) — si veda “Ency. Brit.” — articolo “Dioniso”. Paolo scrisse di Cristo, “Egli mi ha amato e ha dato se stesso per me”, “egli morì per tutti”, “Cristo morì per i nostri peccati” (Galati 2:20, 2 Corinzi 5:15; 1 Corinzi 15:3) Non avevano quelle espressioni alcun significato? Se non ci fosse stato nessun uomo Gesù e nessuna crocifissione, di quale valore è l'idea della morte di Cristo? La storia di Cristo è la storia di qualunque cosa accada in Dio. C'è un perpetua crocifissione di Dio. Morire per vivere è sempre la legge della vita divina. Questo è drammatizzato nella storia di un uomo che fu crocifisso, e tuttavia non di un uomo nel pieno senso ordinario della parola, poiché Paolo immaginava che avesse avuto luogo una teofania o una cristofania , nella sola apparenza di un uomo. Dio sempre dà la Sua vita per noi, sempre riversa il Suo amore in noi, sempre sopporta i nostri peccati e si addolora nel Suo cuore!
“L'Agnello è ucciso fin dalla fondazione del mondo” (Apocalisse 13:8). Effettivamente, il Libro dell'Apocalisse, che chiama Cristo “l'Alfa e l'Omega”, “Re dei re e Signore dei signori”, l'“Agnello” (da Isaia 53), il “Principio della creazione del mondo” (3:14), presenta di nuovo la visione paolina; confronta 1 Corinzi 8:6; Colossesi 1:15.
In Apocalisse 13:8, supponendo che le parole “dalla creazione del mondo” siano prese con “scritti”, e non con “ucciso”, noi ricaviamo ancora questa idea che i “nomi (di quelli destinati a salvarsi) sono stati scritti dalla creazione del mondo nel Libro della Vita dell'Agnello che è stato ucciso”.
Così che il Libro esistette alla fondazione del mondo (confronta 17:8), e dal momento che esso fu il Libro dell'Agnello ucciso, Cristo era l'Agnello immolato a sua volta da prima della creazione.

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