mercoledì 11 aprile 2018

Sull'origine e antico significato del cristianesimo (8) Il Libro degli Atti.

(giunge da qui)

8. IL LIBRO DEGLI ATTI.

Questo libro è dello stesso autore che compose il Terzo Vangelo: si veda Atti 1:1 e Luca 1:1-4. L'ignoto scrittore scriveva quando la Chiesa credeva che ci fosse stato un uomo Gesù. Egli immaginava che questo Gesù fosse stato realmente un uomo Gesù, che fosse stato crocifisso, e fosse risorto, e asceso al cielo. Le prime persecuzioni della Chiesa di cui egli possedeva qualche ricordo, egli pensava che occorsero dopo questa resurrezione e ascensione. Egli fabbricò discorsi adatti, come pensava, alle situazioni di cui scriveva: si vedano i discorsi posti sulle labbra di Mosè in Deuteronomio, o di Daniele nel Libro di Daniele. Lo scrittore è senza dubbio su un terreno sicuro nel riportare le morti di Stefano e Giacomo, e le persecuzioni da parte di Paolo. Ma il discorso di Stefano è chiaramente una libera composizione. Nessun relatore ne aveva preso note. Che Paolo si fosse convertito sulla strada per Damasco è Storia reale, ma lo scrittore offre tre sue differenti versioni in quest'unico libro! Questo dimostra quanto accurato fosse come uno storico. In una versione egli fa citare a Gesù un detto da poeti greci su quanto fosse “duro ricalcitrare contro il pungolo”.
il compilatore degli Atti possiede qualche buon materiale che ricorda i luoghi visitati da Paolo, e aveva in particolare una fonte autorevole di prima classe nel Diario di Luca che egli cita nei paragrafi dove “noi” si presenta al posto di “essi” — cioè, in Atti 16:9-17; 20:5-15; 21:1-18; 27:1-28:16. A causa di quei paragrafi si è soliti pensare che Luca scrisse il testo degli Atti, e così pure il Terzo Vangelo. Ma Luca era morto da lungo tempo, quando furono compilati gli Atti. Soltanto il suo diario vi è citato. Quelle citazioni sono la parte principale della letteratura neotestamentaria composta prima del 70 E.C., sebbene brevi passi dei Logia e storie di Marco potrebbero essere stati scritti in qualche forma prima di quella data.
Sebbene i luoghi visitati da Paolo potrebbero essere forniti accuratamente negli Atti, i discorsi di Paolo (come di Pietro) sono composti dallo scrittore per adattarsi alle occasioni, come per esempio quello di Atene, dato che il discorso sull'Areopago è altamente artificiale. Il discorso a Mileto è in realtà in lode a Paolo. Il discorso di Pietro nella storia di Cornelio è paolino, ossia, del compilatore di Luca ed Atti.
La soteriologia di Atti è paolina, cioè, al pari delle epistole paoline. La sua idea di salvezza è quella di fuga dal giudizio finale tramite la croce di Cristo. Mediante quella morte era concessa da Dio una remissione della pena dei peccati (Atti 18:38, 10:43, 26:18). Così era interpretata la croce alla luce di Isaia 53, e del pensiero rabbinico giudeo-cristiano, si veda Galati 3:13; Romani 5:9, “essendo ora giustificati nel suo sangue, saremo salvati dall'ira per mezzo di lui”. Il sangue = La Vita d'Amore in origine.
Il libro degli Atti fornisce così l'idea di un Gesù che una volta “passava facendo del bene”, un uomo crocifisso dagli ebrei (attraverso Pilato), e uno che ascese al cielo, da cui sarebbe arrivato per il giudizio. È un testo successivo (il 110 E.C. circa), ed è di poco valore quanto alle prime idee cristiane, sebbene di valore storico per quanto riguarda i luoghi visitati da Paolo.

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