martedì 19 settembre 2017

Un'Analisi delle Origini Cristiane (XV) — I primi diaconi erano Ellenisti.

(segue da qui)

I primi diaconi erano Ellenisti.

I titoli dei suoi capi furono greci: presbyteros (anziano), episcopos (supervisore), e diaconos (servo); è solo in un senso secondario (ossia, posteriore) che vengono tradotti come sacerdote, vescovo e diacono. La più antica istituzione cristiana, che precede la dubbia istituzione di apostoli, è quella dei diaconi ellenistici; ma ciò presuppone che la comunità dietro di essa avesse un lungo passato; non ci porta a contatto delle origini del cristianesimo.
I primi sette diaconi avevano tutti nomi greci: Stefano, Filippo, Procoro, Nicanore, Timone, Parmenas e Nicola; ed erano davvero probabilmente cristiani gnostici. [21] Il loro capo si chiamava Stefano; egli fu il primo martire cristiano. Atti combina due storie della sua morte; in una, egli sarebbe stato giudicato regolarmente; nell'altra, egli sarebbe stato la vittima del popolo. In ciascun caso, quest'uomo, di lingua greca e pieno di idee gnostiche, si rivolse agli ebrei di Gerusalemme per rimproverarli di opporsi allo Spirito Santo (che non aveva ancora fatto la sua apparizione nel primo secolo), di non osservare la Legge degli angeli, e di uccidere i profeti. Egli fu poi lapidato, ma non morì senza aver visto il Figlio dell'Uomo seduto alla destra di Dio nel cielo. Questo Stefano non fu nè un ebreo ortodosso e neppure un cristiano; la sua morte è stranamente simile a quella di Giacomo, e il testo di Atti non prova per sè stesso che questo evento accadde a Gerusalemme.
Ad ogni caso, la creazione e l'area di azione dei primi diaconi ellenistici furono da qualche altra parte invece che in Giudea; se vi avessero tentato là la loro propaganda, essi dovettero aver realizzato rapidamente che l'operazione costituì un insuccesso, e che sarebbe stato meglio dedicarsi completamente al mondo gentile.
 

NOTE

[21] Si veda “Les Apôtres et saint Pierre”, Cahier Renan, Numeri 15–16, e “La conversion de Simon le 21 Magicien”, Cahier Renan, Numero 9.

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