mercoledì 11 aprile 2018

Sull'origine e antico significato del cristianesimo (9) Il Quarto Vangelo.

(giunge da qui)


9. IL QUARTO VANGELO.

Gli studiosi moderni considerano già questo vangelo un “trattato di teologia” piuttosto che una Storia di un uomo Gesù. Fu composto dalla Scuola giovannea, forse ad Efeso o ad Alessandria. Lo scrittore che lo scrisse produsse le tre “epistole di Giovanni”, il cui stile e linguaggio sono quelli del vangelo. Il linguaggio del Quarto Vangelo differisce grandemente da quello dei vangeli sinottici, ma non ciò non rende Storia reale i vangeli sinottici. Entrambi potrebbero essere storie simboliche in due stili diversi. In effetti, se l'autore del Quarto Vangelo poteva assegnare discorsi come egli fa a Gesù, quando tali discorsi non furono mai pronunciati, è chiaro che questo fu un modo di scrivere non soltanto non condannato in quei giorni, ma utilizzato dai cristiani: si veda Pistis Sophia (un'opera gnostica del 140 E.C. circa), che  sua volta possiede discorsi attribuiti a Gesù. Lo scrittore del Quarto Vangelo utilizzò le idee di Filone, e conosceva i vangeli sinottici da lui trattati liberamente, alterandoli a seconda dei suoi gusti dogmatici, ad esempio, la data della crocifissione.
I miracoli sono veramente parabole in questo trattato. La conversione dall'acqua al vino simboleggia il movimento dell'ebraismo verso il cristianesimo, che è superiore all'ebraismo. La guarigione dell'uomo alla fontana di Bethesda simboleggia un Cristo capace di guarire spiritualmente gli ebrei, poiché i cinque portici sono i cinque libri di Mosè, e i trentotto anni sono quelli trascorsi dagli ebrei nel deserto. Allora l'uomo nato simboleggia i gentili. Così i 153 pesci in Giovanni 21:11 simboleggiano i gentili secondo 2 Cronache 2:19, dove il numero dei gentili nella terra di Israele è detto essere pari a 153000. I gentili sarebbero “pescati”, raccolti, secondo il significato di Giovanni 21:11. I primi cristiani non erano in realtà pescatori. Erano “pescatori di uomini” a Gerusalemme. Questa frase giunse successivamente a venir utilizzata come se essi fossero stati umili pescatori di Galilea! (Si veda Matteo 4:19, 13:47-48).
Così è inutile considerare i miracoli separatamente dai discorsi nel Quarto Vangelo. Essi sono tutti discorsi in realtà, e da parte dell'autore del vangelo, non da qualche uomo Gesù. Il tutto è una libera composizione sulla Vita Spirituale chiamata “Cristo”, proprio tanto quanto Pistis Sophia è una composizione, probabilmente da parte dello gnostico Valentino.
Il messaggio dell'intero libro è che l'Eterna Vita Divina era arrivata sulla terra e visse nei cristiani — “Io (Cristo) in loro e tu Padre in me”. Il veramente umano e il divino sono la stessa cosa nell'Amore. Questo era il cristianesimo originario che brilla attraverso questo vangelo, scritto, comunque, quando gli uomini credevano che un uomo Cristo fosse vissuto e fosse stato crocifisso. In realtà, Cristo era Dio nell'anima.
I discorsi del Quarto Vangelo iniziano con una filosofia del Logos, che era con Dio, ed era divino (non “Dio”, poiché l'articolo greco è omesso prima di “theos”). “Tutto è stato fatto per mezzo di lui” (traduzione di Moffatt).
Non esiste nessun verso che dice che il Logos fosse una luce in tutti gli uomini. Piuttosto, egli era “la luce per gli uomini, e la luce splende nelle tenebre”. Giovanni 1:9 non si deve prendere a significare che Cristo illuminò tutti gli uomini dal principio della Storia, ma “la vera luce che ora illumina ogni uomo, era per venire nel mondo”. Il mondo non lo riconobbe. Coloro che lo riconobbero divennero figli di Dio. “Il Logos si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”. Questo significa che egli diventò un uomo, oppure simile ad un uomo, per un breve episodio. Lo scrittore credeva indubbiamente così. Egli scriveva attorno al 120 E.C., e per allora tutti nella Chiesa pensavano che “Gesù” fosse stato un uomo. Ma lo scrittore credeva, come avevano dichiarato parecchio tempo prima 2 Corinzi 8:9 e Filippesi 2:1-10, che la vita terrena di Cristo fosse stata solo una breve apparizione nella parvenza di un uomo. Così per questo scrittore, come per tutti gli scrittori neotestamentari, Gesù non era ritenuto un ebreo comune di Galilea. Egli era ritenuto il Logos incarnato, tramite cui furono create tutte le cose. La storia di Gesù era dottrina, cristologia, dal principio (1 Corinzi 8:6; Colossesi 1:15-17). In una parola, la collocazione di Cristo nella passata storia umana non era dovuta al fatto che qualcuno lo avesse conosciuto così, ma era un risultato della cristologia, dell'idea del Messia, congiunta all'esperienza di “Cristo nel loro mezzo”, che provarono i primi cristiani.
Era chiaramente lo scrittore del Quarto Vangelo colui che compose successivamente la storia di Giovanni il Battista e di Nataniele (1:19-51), espandendo qui liberamente Marco e Matteo. Egli fa chiamare Gesù da Giovanni “l'agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo!” (1:29, 36). Giovanni non ha alcuna esitazione, come nei sinottici, circa Gesù. I testimoni di Gesù sono Giovanni il Battista, poi Andrea (41), poi Filippo (45), poi Nataniele (49). Quelle sono storie artificiali. I personaggi nominati sono semplici figure fantoccio, come in Pistis Sophia, l'opera gnostica di Valentino.
Il Quarto Vangelo così non è Storia reale, ma una libera composizione sulla divina vita spirituale chiamata “Cristo”, ma scritta quando i cristiani pensavano che Cristo fosse stato un uomo una volta. Che la vita spirituale sia migliore dell'ebraismo, come il vino è migliore dell'acqua, è mostrato successivamente (2:1-11).
Un uomo deve rinascere di nuovo per avere la vita spirituale. Per mostrare questo è composta la storia di Nicodemo (3:1-15).
La Vita Spirituale è vita eterna (3:16). Altrimenti, gli uomini sono destinati a perire, se non la possiedono. Essi devono credere alla Luce, ossia, praticamente accettare e camminare secondo essa (3:20).
Il Logos, la Luce, Cristo, la Vita Spirituale, è anche l'Acqua di Vita che scaturisce su coloro che l'accolgono (4:14). Ha liberato gli uomini da un'adorazione cieca di Dio presso solamente un unico luogo, un unico tempio (4:20-24), poiché “Dio è Spirito”, dovunque. Questo Logos-Luce-Vita è anche il Salvatore del Mondo (4:42). Quello era un termine gnostico, il Soter, e il Quarto Vangelo è in gran parte gnostico, e sebbene la prima epistola di Giovanni protesta contro i dogmi degli gnostici docetici, a sua volta è influenzato chiaramente in tal modo.
La “Vita” può guarire gli ebrei che avevano fallito di essere salvati dai cinque libri di Mosè (5:5). Questo è raccontato in un'allegoria come se fosse occorso un miracolo a Bethesda.
Il Cristo è il Figlio di Dio (5:19-21), amato dal Padre, e che possiede in sé stesso la vita (26).
Le scritture raccontavano di Cristo, ma gli uomini avevano bisogno del Cristo, ossia, della vita spirituale, in sé stessi (5:39-40). Questo Figlio di Dio e Logos è il pane della vita (6:1-59). Egli provenne dal cielo, e dà vita eterna. Così il nutrimento dei 5000 si rivela essere un'allegoria, e non un evento miracoloso. Avrebbe potuto essere stata composta soltanto molto tempo dopo che gli uomini avevano realizzato che l'ideale di Cristo era destinato a ogni genere di persone. È dato un riferimento alla Cena del Signore in 6:53-54. “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna”. Ma quel che è inteso non è pane letterale. È “lo Spirito che dà la vita”. Lo scrittore dice in realtà — “I sacramenti non sono necessari”, come dicono al giorno d'oggi la Society of Friends e l'Esercito della Salvezza. La partecipazione all'Ideale d'Amore è ciò che dà vita spirituale agli uomini.
Non solo Cristo è il Pane della Vita, ma in maniera simile l'Acqua della Vita (7:37-39), e la Luce del Mondo (8:12), per tutti coloro che Lo riceveranno. Egli era più antico di Abramo! (8:58). Egli poteva guarire i gentili nati ciechi (spiritualmente): si veda 9:1-21.
Egli era il Pastore (10:2) e anche la Porta (10:9), che era identico in volontà o ideale al Padre (10:20). Egli era anche il potere della Resurrezione (11:25), ed Egli era questa Legge profonda personificata: “Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna”. Tutti devono morire per vivere (12:24-26). Come Egli lavò i piedi dei discepoli così essi dovevano fare a vicenda — servirsi l'un l'altro (13:1-17).
Il Logos era la Vite reale in cui i discepoli erano come rami, attingendo linfa da Lui. Egli inviò il Consolatore (Paraclito), che è in realtà Cristo Stesso, in una nuova forma. “E io pregherò il Padre, ed Egli vi darà un altro Consolatore, perché stia con voi in perpetuo, lo Spirito della verità . . . Non vi lascerò orfani; tornerò a voi” (14:16, 18).
Questo Figlio di Dio era col Padre “prima della creazione del mondo” (17:24).
Poi segue la storia della Passione attinta da Marco, ma espansa liberamente, dato che furono inseriti parecchi discorsi composti dalla Scuola giovannea.
È chiaro dai capitoli 14-21 che questa Scuola pensava di Gesù come uno che fosse stato in qualche senso un uomo, che morì e lasciò i discepoli e ritornò nello Spirito di Verità. Questo libro è realmente uno scritto di “tendenza” fabbricato parzialmente allo scopo di indicare che non doveva esserci alcuna esteriore Parusia, come attesa da parecchi nella Chiesa. Giovanni 21:22 che dice che Giovanni sarebbe rimasto sulla terra fino al ritorno di Cristo, non è inteso a implicare che ci sarebbe stato un ritorno visibile (si veda il verso 23).
Così il vangelo è cristologia in forma simbolica, non una biografia.
Il suo messaggio cristiano dato qui è unilaterale in due modi: 
(a) Che l'amore in esso significò amore per il proprio “fratello”, i propri compagni cristiani (si veda 1 Giovanni 4:7). la Chiesa era diventata un giardino murato intorno (13:33-34). La preghiera di “Gesù” non era per il mondo, ma solo per i cristiani, presenti e futuri (17:9, 20). Così in 1 Giovanni (epistola), l'amore era per i fratelli, specialmente per quelli in necessità. Non comunica un amore per tutti gli uomini e le donne, intesi come esseri umani. Il vangelo consegna una filosofia gnostica invece che un Ideale morale. È una tarda produzione della Chiesa.
(b) È anche dualistico. Gli uomini al di fuori della Chiesa erano considerati prossimi a perire a meno che non avessero una nuova nascita. Gli ebrei erano “figli del Diavolo”. Una dura irreale distinzione corre per tutto il libro tra i salvati e i dannati, coloro che hanno la vita eterna e coloro che non la hanno. È una tarda opera ecclesiastica, che non raggiunge la gloria dei sinottici, i quali riflettono il primo afflato dell'interiore coscienza di Dio. Questo dualismo è basato in realtà sull'idea di Dio come esterno all'uomo, e del Logos come un intermediario essere divino disceso giù, che collega Dio e l'uomo peccaminoso mediante lo Spirito (un secondo mediatore). Il Figlio e lo Spirito sono qui emanazioni gnostiche, che collegano il Dio distante o separato con l'uomo cattivo. Questa è un'idea di Dio che persisteva da Platone fino a Filone e così fino a Plotino (240 E.C.), ma è ora scomparsa dalla filosofia. Dio stesso è disceso nel tempo, ha limitato il suo potere nella creazione, e sta ascendendo nel vasto processo cosmico di forme vitali ascendenti.
L'idea di Cristo come il Logos che pervade tutto si ritrova anche nelle Odi di Salomone (150 E.C. circa), un antico salterio cristiano, di natura gnostica. Le Odi 11 e 12 contengono quelle frasi:
“L’Altissimo mi ha riempito del suo amore. Bevvi e m’inebriai dell’acqua viva che non vien meno. La mia ebbrezza non fu priva di conoscenza (Gnosi)
. Il Signore nuovo mi ha fatto con il suo vestito e con la sua luce mi ha posseduto. I miei occhi ha rischiarato. Dimora del Logos (Parola) è il figlio dell’uomo e la sua verità è amore. Felici quelli che per mezzo di esso tutto han compreso ed il Signore nella sua verità han conosciuto. Alleluia.
L'epistola di Ignazio ai Tralliani fu scritta nel secondo secolo, per protestare contro gli gnostici doceti che asserivano che Cristo solo apparentemente diventò un uomo e morì sulla croce. Gli gnostici avevano varie concezioni di come accaddero quelli “eventi”.
Su Ignazio, Lightfoot ha detto: “Egli scrisse le epistole nei primi anni del secondo secolo, quando lo scrittore era sulla sua strada da Antiochia a Roma, dato che era stato condannato a morte, ed in attesa di essere gettato alle bestie feroci nell'anfiteatro al suo arrivo. Le lettere agli Efesini, ai Magnesiani, ai Trallians e ai Romani furono inviate da Smirne, mentre Ignazio era residente là, ed era in comunicazione personale col vescovo Policarpo”. Dice Ignazio: “Gesù Cristo, della stirpe di Davide, figlio di Maria, che realmente nacque, mangiò e bevve, realmente fu perseguitato sotto Ponzio, realmente fu crocifisso e morì alla presenza del cielo, della terra e degli inferi (sic!): Egli realmente risuscitò dai morti” (Tralliani 9).
Questo sembra a prima vista una prova chiara del fatto che Gesù era un uomo una volta. Ma i passi sono semplicemente attinti dai vangeli. Il bisogno di asserire così vigorosamente che Gesù visse dimostra quanto forte dev'essere stata la posizione docetica. La prima epistola di Giovanni rivela il medesimo docetismo, che negava che Cristo fosse venuto nella carne. Alcuni dicevano che un eone Cristo discese sull'uomo Gesù al suo battesimo, e lo abbandonò prima della crocifissione. Altri dicevano che Cristo era soltanto apparentemente un uomo (si veda Filippesi 2:1-10). Il fatto che una speculazione sorse così presto — in effetti ci fu solamente speculazione dal 70 E.C. — mostra che questo Gesù non era un comune ebreo, un uomo reale, come lo era Caifa. Egli era un soggetto di varie opinioni, un soggetto di cristologia dal principio.
Il Credo Apostolico fu composto da frasi di Ignazio, che risalgono a varie parti del Nuovo Testamento. Fu composto per asserire come Storia reale che Gesù nacque da una vergine di nome Maria, e morì e così via. Gli uomini che recitano questo credo al giorno d'oggi protestano contro i doceti e rivendicano quelli “eventi” come Storia reale! Ripetere il credo e attribuirvi significati mistici o simbolici equivale a rinnegarlo. Esso fu composto per escludere questi significati. L'“Epistola ai Tralliani” di Ignazio e il successivo “Credo Apostolico” indicano entrambi che “Gesù Cristo”  non doveva venir preso necessariamente come un uomo reale, un ebreo del primo secolo. I doceti basavano senza dubbio le loro concezioni su fondamenta teologiche. La materia era cattiva per loro, così lo era la carne umana. Perciò essi pensavano che Dio non potesse essere stato realmente un uomo sulla terra. Alcuni studiosi dicono che quei doceti, perciò sono semplici speculatori riguardo al Cristo. Ma essi implicano che la Chiesa antica credeva che Cristo fosse un essere divino che era giunto soltanto nella somiglianza di uomini, e l'ortodosso Ignazio concordava con questo. Che la speculazione docetica potesse sorgere tanto presto quanto l'Epistola ai Filippesi (2:4-10) dimostra che l'idea di Cristo come divino fu originaria, e le idee sul come egli deve essere giunto sulla terra erano secondarie e derivate. Alcune di quelle idee erano docetiche, altre altrimenti. Nessun doceta avrebbe potuto sorgere in merito alla nascita di un uomo reale, diciamo, Caifa o Pietro o Paolo. Gesù Cristo non era considerato un'incarnazione tra molte incarnazioni simili, “primus inter pares”: ma come un essere divino, il Figlio, preesistente, e si pensava che egli dev'essere stato sulla terra, poiché egli fu percepito come la vita divina nelle anime, e fu descritto come presente “nel loro mezzo” (Matteo 18:20; Luca 17:21). Accadde così che si originò la speculazione (dopo il 70 E.C.) riguardo la modalità della vita di Cristo sulla terra, e i doceti da subito tennero la loro posizione (Filippesi 2:4-10; Romani 8:) Il vangelo di Pietro (160 E.C. circa) è a sua volta un'opera gnostica docetica.
Così, sebbene espulsi dagli altri, i doceti risalgono realmente ai tempi più antichi, e dimostrano che non sarebbe potuto esserci un uomo Gesù in carne ed ossa, dal momento che, se egli fosse vissuto, era psicologicamente impossibile per  dei discepoli aver scritto da subito di lui come di uno che era stato un Essere Divino nella forma soltanto di un uomo. 
Che cosa, allora, si intende per “Gesù Cristo”? Noi rispondiamo — l'Amore divino datore di vita, il “modus vivendi” per le anime, che devono perciò morire al dominio della vita naturale, animale, ed elevarsi alla vita spirituale. Così, il Cristo significa la Vita Spirituale come la fonte e lo scopo della vita animale, e, in effetti, dell'Universo. La Vita Spirituale nell'uomo è la sua legge o ideale o principio vitale. Mediante essa egli deve vivere: poiché the ciclo animale del mangiare, dormire e propagare la propria specie non soddisfa un uomo. Egli aspira ansiosamente e temerariamente, a qualcosa di più vasto. È tramite l'impulso di Cristo nella sua anima che egli fa così. C'è una tendenza nell'universo all'evoluzione degli organismi, e a spingerli in conflitto, e all'evoluzione delle anime, e a muoverle alla Verità, all'Amore e alla Bellezza. Dal momento che questa tendenza unifica ed è presente in tutti gli uomini, essa è l'Idea dell'Universo, o “Cristo” (Colossesi 1:15-17). È l'Unità dell'Universo parzialmente espressa. L'ignoranza, la cupidigia, la lussuria, la guerra, il vizio, l'orgoglio e la paura, potrebbero trattenere Cristo, ma è con la loro conquista che Egli risplende ed è realizzato! La “materia” e l'animalità devono di necessità venire prima come la base, e come coperture, della vita spirituale, ossia, la tendenza verso la Verità, l'Amore e la Bellezza.
L'opposizione, l'incertezza, lo sforzo e la tensione sono così tutte incluse nell'Unico Obiettivo Amorevole del Bene che lega la “materia” e gli spiriti in un unico vasto tutto, o Dio. Nei cristalli e nei fiori lo spirituale comincia ad emergere o a essere visibile, ancor più nei volti amorevoli e nelle buone leggi. La Verità di tutte le verità è questa Tendenza Spirituale, così che Cristo è Verità e Vita. Egli è la vera vita per gli uomini, che è Fede operante tramite Amore: fede in un Universo che possiede questa Tendenza al Bene.
Se gli uomini persistono nell'orgoglio, nell'avarizia e nella lussuria, l'Universo li disciplina, poiché tali peccati risultano in miserie (ad esempio, guerre) nel lungo termine. All'interno di forme inorganiche vi muove una Volontà d'Amore unificante come uno Scopo del Mondo, per cui l'inorganico era organizzato così da essere una scuola per l'organico, e quell'organico era (ed è) capriccioso ed incerto, come un'ulteriore copertura dell'apprendimento della vita spirituale. Un universale obiettivo d'Amore modella o tesse assieme tutte le cose. Percepire quest'aspirazione spirituale equivale a conoscere “Cristo”, tramite cui si reggono assieme tutte le cose, l'Idea dell'Universo. Il Nuovo Testamento può essere compreso solo da questa prospettiva. Se invece di “Gesù Cristo” ci fosse scritto “Vita Spirituale” tutto diventa chiaro. Era la vita spirituale (la fede nell'Amore, che è attivata dall'Amore) che era eternamente divina, che discese e si incarnò, che soffrì la crocifissione (persecuzione), e si elevò all'autorità sul mondo e al potere nella Chiesa, e che vincerà  tutti i regni del mondo. Possedere “fede in Cristo”, ossia, essere tutt'uno con questo Ideale d'Amore, equivale ad essere “giustificati”, aver tenuto conto della Volontà Universale, essere una cosa sola con Dio. Tramite le opere esteriori della Legge ebraica questa reale unicità non sarebbe mai giunta. La vita spirituale significa fiducia nell'amore intelligente, come la molla motrice vittoriosa dell'universo, il cuore di Dio. Questo Amore soffre per il male, ma così lo supera. Quello è il principio della Croce e la via che salva e conquista. Sopporta pazientemente perfino l'ingiustizia e la crudeltà, ogni difficoltà, incertezza e morte, mediante la Fede, ossia, la sublime fiducia che l'Amore possa sopportare e consumare e porre una fine a tutte quelle cose.
  



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