giovedì 12 dicembre 2013

Del Folle Apologeta Ateo Tim O'Neill

Una comune tattica apologetica usata dai cristiani è di gloriarsi della presenza di eventuali accademici atei o agnostici (i vari Ehrman e i vari Casey) per dimostrare come non occorre essere cristiani per essere convinti della storicità di Gesù. Ma come ragionano questi atei storicisti? E da quale spirito sono animati?

Una risposta a queste due domande la dà Tim O' Neill, autodefinitosi per l'appunto un ''Wry, dry, rather sarcastic, eccentric, occasionally arrogant Irish-Australian atheist bastard''. Costui è storicista convinto, e in un post del suo blog ha attaccato con toni fortemente sarcastici David Fitzgerald, autore del breve opuscolo divulgativo  Nailed: Ten Christian Myths That Show Jesus Never Existed At All, sperando in tal modo di colpire chi definisce sprezzantemente il suo ''mentore'', ovvero il serio e competente studioso accademico Richard Carrier.

A parte i ripetuti, superflui appelli al consenso, questo Tim O'Neill si dimentica volentieri che l'opuscolo di Fitzgerald non aveva affatto la pretesa di dimostrare l'inesistenza storica del Gesù storico ricostruito dagli studiosi (il Gesù secolare uomo ordinario ''che è chiamato Cristo''), ma al più riusciva solo a fare opera di debunking del ''Gesù Cristo'' dei fedeli. In questo modo la sua agenda è chiara: ridurre i seri argomenti accademici (con tanto di superamento della peer-review) di Carrier a quelli di un banale divulgatore ateo come Piergiorgio Odifreddi.

Un esempio della sua intenzionale malafede è nella banalizzazione della prova miticista, da lui ridotta al seguente sillogismo:
1. Gesù non è citato da {inserisci degli autori/scrittori del primo secolo qui}.
2. {gli autori/scrittori del primo secolo} avrebbero dovuto citare Gesù se fosse esistito.
3. Perciò Gesù non è esistito.
Per quello che so finora (ossia, non avendo ancora letto l'atteso libro/evento di Richard Carrier, On the Historicity of Jesus, che uscirà a febbraio del prossimo anno), il vero, profondo, forte argomento del Silenzio usato dai miticisti seri è qualcosa del genere:
1. Gesù non è citato da {inserisci degli autori/scrittori del primo secolo qui}.
2. Almeno tre di quelli autori/scrittori (Paolo, l'anonimo autore del Libro dell'Apocalisse, l'anonimo autore della Epistola agli Ebrei} avrebbero dovuto citare un Gesù storico se fosse esistito.
3. Perciò Gesù non è esistito. 
Questo argomento è già abbastanza forte da mettere le cose in dubbio (e questo senza ancora accennare invece alla descrizione alternativa delle origini cristiane proposta dai miticisti seri).

Questo sarebbe sufficiente a ignorare Tim O'Neill, se non fosse per il suo contributo originale alla discussione sul noto passo di Antichità Giudaiche 20:00 relativo a Giacomo, a cui ho dedicato una serie di post che inizia da qui.

L'apologeta Tim O'Neill fa il nome dell'accademico Zvi Baras per provare invece come Origene non si basi su Egesippo ma direttamente su Giuseppe Flavio, interpretando la successione cronologica degli eventi in Giuseppe Flavio come una successione ''cosmicamente'' causale, e perciò ''leggendovi'' il nesso causale ''morte di Giacomo//caduta di Gerusalemme''. L'ipotesi di O'Neill sarebbe semplice come egli afferma, se non fosse che, andando a leggere davvero cosa dice Zvi Baras, ci si accorge cosa dice veramente questo autore: ossia che Origene fu ''aiutato'' in tale difficoltosa lettura teologica coinvolgente il Giacomo di Antichità Giudaiche 20:200 attingendo da Giuseppe Flavio stesso in un altro punto delle Antichità Giudaiche.
Ecco le parole originali di Zvi Baras:
Ma sebbene l'importanza di Giuseppe per Origene risieda principalmente nel fatto che egli fu uno storico contemporaneo (''un uomo che visse non molto tempo dopo Giovanni e Gesù''), Origene non quotò lui direttamente; solo in discorso indiretto (oratio obliqua) Origene sintetizzò l'informazione di Giuseppe. Come, allora, poteva Origene esser arrivato a tale conclusione, attribuita da lui a Giuseppe, e dove poteva aver trovato supporto? La perdita di una tale versione nel testo esistene di Giuseppe ha indotto studiosi a spiegarlo in modi diversi. Un modo è l'ipotesi che la versione in mano a Origene del martirio di Giacomo in verità apparve nel testo originale di Giuseppe, ma non è stato preservato.
Tale ipotesi trascura il fatto del perchè il passo del Testimonium avrebbe dovuto rimanere nel testo di Giuseppe, mentre la storia del martirio di Giacomo -- nè sprezzante nè diffamatorio verso Cristo -- avrebbe dovuto essere rimosso dagli scritti di Giuseppe.
L'altra spiegazione generalmente accettata è che Origene confuse i racconti di Giacomo e Giovanni il Battista in Giuseppe ed Egesippo e seguì quest'ultimo, che associò il martirio di Giacomo all'assedio di Gerusalemme. Riproduciamo qui solo le ultime poche righe importanti di Egesippo, come citate estesamente da Eusebio: ''In questo modo Giacomo subì il martirio e fu sepolto subito nelle vicinanze del Tempio. Il suo monumento funebre è ancora lì, vicino al Tempio. Egli ha dato prova di una vera testimonianza di fronte a ebrei e gentili in egual misura che Gesù è Cristo. Immediatamente dopo Vespasiano iniziò ad assediare la città''. Poteva Origene aver confuso le fonti? Tale negligenza da parte di un così meticoloso studioso è inaccettabile.
Ho già sottolineato altrove che sembra più probabile che gli eventi sequenziali (hoc post hoc) in Egesippo -- in particolare, il martirio di Giacomo e l'assedio -- divennero per Origene eventi causali (hoc propter hoc).
In realtà, io credo che possiamo ora puntare ad un punto specifico, o incidente, proprio negli scritti di Giuseppe -- non notato fin qui dagli studiosi in questo contesto -- che condusse Origene a dire che Giuseppe dovesse aver correto la sua interpretazione storica. Mi riferisco ad Antichità XI, 297-305, dove le considerazioni di Giuseppe potrebbero esser serviti ad Origene come indicatori stradali nel condurlo sulla direzione che poi prese. In questo paragrafo Giuseppe racconta la morte di Giosuè (ossia Gesù; questo è un altro nome per Cristo) per mano di suo fratello, Johanne (Giovanni) il sommo sacerdote.
 Giuseppe condanna il crimine e dice che Dio punì gli ebrei mediante la loro schiavitù e con la profanazione del Tempio:

Joanne aveva un fratello di nome Gesù, e Bagose, del quale era amico, gli promise di dare a lui il sommo sacerdozio. Forte di questa promessa, Gesù litigò con Joanne nel tempio e lo provocò al punto che, incollerito, lo uccise. Che Joanne fosse giunto a un atto così empio contro suo fratello mentre compiva il culto sacerdotale, era piuttosto terribile, ma il più terribile è che un'azione così selvaggia ed empia non fu mai compiuta né tra i Greci né tra i barbari. E la Divinità non rimase indifferente: fu per questo motivo che il popolo perse la libertà e il tempio fu profanato dai Persiani. Ora, quando Bagose, il generale di Artaserse, seppe che ... convocò subito i Giudei ... Questo, dunque, è il pretesto di cui Bagose si servì per pesare sui Giudei per sette anni a motivo della morte di Gesù. [1]
Difficile allora non nutrire il leggero sospetto che Origene non fosse proprio lui l'interpolatore, o meglio l'ispiratore della interpolazione (che a quel punto rischia di non essere nemmeno più accidentale), dell'espressione ''detto Cristo'' in Antichità 20.200, proprio per far consistere a forza l'intero passo della morte di Giacomo fratello di un altro Gesù con la morte di un sacerdote vissuto in tempi ancestrali in circostanze medesime e dove più evidente appare il tema teologico della punizione divina (nella forma dell'invasore straniero) conseguenza diretta del reato sacrilego. Tuttavia, senza togliere nulla al valore di questa suggestione, l'errore di Zvi Baras è evidente quando dice che in Egesippo si rifiuta di scorgere l'interpretazione hoc propter hoc degli eventi, a favore invece di quella più scientifica hoc post hoc
Ho già sottolineato altrove che sembra più probabile che gli eventi sequenziali (hoc post hoc) in Egesippo -- in particolare, il martirio di Giacomo e l'assedio -- divennero per Origene eventi causali (hoc propter hoc).

Quindi, ecco la cosiddetta ''semplicità'' dell'ipotesi di Tim O Neilly: Origene, ispirato da Antichità 11.297-305, sarebbe stato incline a interpretare teologicamente gli eventi puramente sequenziali di Flavio Giuseppe (che prevedevano tra gli altri la morte di un certo Giacomo), mettendo in bocca all'autore ebreo la sua stessa visione teologica del nesso causale ''morte di Giacomo//assedio di Gerusalemme''. Questo farebbe senso, se non fosse che in questo modo si deve aggiungere anche una gigantesca ipotesi ad hoc, ossia che anche Egesippo dovette, per pura coincidenza, al pari di Origene, essere ispirato in tal senso dal minuscolo episodio dell'assassinio di Giacomo in Antichità 20:200, elevandolo addirittura a causa diretta dell'assedio di Gerusalemme (hoc propter hoc) prima ancora di Origene e senza il piccolo aiutino che Origene trovò in Antichità 11.297-305.

Infatti, per impedire l'insorgere di questo problema, Zvi Baras è costretto ad annacquare la testimonianza di Egesippo, affermando addirittura dogmaticamente ed esplicitamente, contro ogni evidenza, che da parte di questo autore proto-ortodosso, diversamente da Origene, gli eventi fossero considerati sequenziali (e non causali come in Origene):
Ho già sottolineato altrove che sembra più probabile che gli eventi sequenziali (hoc post hoc) in Egesippo -- in particolare, il martirio di Giacomo e l'assedio -- divennero per Origene eventi causali (hoc propter hoc).
ma questo è assolutamente improbabile: in Egesippo chiaramente quel brusco εὐθύς (''immediatamente'') nel contesto sta a indicare (nemmeno tanto implicitamente) un chiaro rapporto di causa-effetto:
''Immediatamente (εὐθύς) dopo Vespasiano iniziò ad assediare la città.'' [2]
un provvidenziale nesso causale ulteriormente rafforzato dal monito/presagio che Egesippo mette in bocca ai Figli di Recab:
Lo stavano lapidando quando uno dei sacerdoti dei Figli di Recab, di cui parla il profeta Geremia, gridò: ''Fermatevi, poichè il Giusto sta pregando per voi''.
In breve, Origene, come dice Zvi Baras, potrebbe pure essere stato ispirato dall'episodio narrato nel libro 11° delle Antichità Giudaiche per esplicitare il nesso causale morte di ''Giacomo//assedio di Gerusalemme'', ma è improbabile che avesse avuto sotto gli occhi il passaggio di Anano in Antichità Giudaiche 20:200, perchè Egesippo prima di lui era giunto alla stessa conclusione (che la morte di Giacomo scatenò l'ira di Dio sui giudei tramite l'assedio di Gerusalemme) senza dare a sua volta la benchè minima prova di aver attinto dal passo di Anano.

Se non si dimostra la dipendenza di Egesippo da Antichità Giudaiche 20:200 il dubbio sulla possibilità che Origene avesse saputo di un Gesù ''che fu chiamato Cristo'' in Antichità Giudaiche 20:200 rimane tutto.


Perchè, come dice il dr. Richard Carrier:
...è molto più probabile che Origene fece questo errore [di memoria: cioè scambiare Egesippo per Giuseppe] invece di quotare un perduto testo di Giuseppe, il cui contenuto contraddice le altre note dichiarazioni di Giuseppe e tuttavia corrisponde precisamente alla citazione di Egesippo da parte di Eusebio.[3]
Ma il secondo errore dell'accademico Zvi Baras citato dall'apologeta ateo O'Neill e puntualmente confutato con successo dal dr. Carrier è laddove il primo dubita espressamente dei vuoti di memoria di Origene:
Poteva Origene aver confuso le fonti? Tale negligenza da parte di un così meticoloso studioso è inaccettabile.
Dice infatti Carrier:
Inoltre, Origene è giù conosciuto per fare errori di memoria. Per esempio, confuse il Protovangelium di Giacomo ritenendolo di Giuseppe, e quindi scorrettamente citò Giuseppe come sua fonte. Perciò non è implausibile che egli possa aver ripetuto un simile errore.[4]

Senza più accademici a cui ricorrere, l'apologeta ateo O'Neill ricorre allora alla sua fervida immaginazione (non sia mai infatti che un ateo non possa sbagliarsi, specie se si dà del  ''sarcastic, eccentric, occasionally arrogant ... bastard'') e rivela:
Il secondo errore nella tesi di Carrier è anche più critico. Il suo protégé Fitzgerald afferma che Gesù il figlio di Damneo è il ''Gesù che viene realmente menzionato nel passaggio, e si adatta al contesto'' e Carrier argomenta che questo Gesù fosse il fratello del Giacomo assassinato dal sommo sacerdote Anano figlio di Anano. Se quello fu il caso, Anano condannò a morte Giacomo e fu perciò deposto da Erode e dai romani e fu sostituito dal fratello di questo Giacomo, ''Gesù figlio di Damneo''. Ma è davvero difficile riconciliare questa lettura con cosa Giuseppe ci racconta accadere dopo.

Questo perchè Giuseppe va a dettagliare come la sua deposizione non fermò la passione di Anano per gli intrighi e come lui coltivò il favore del nuovo procuratore romano Albino e quello del sommo sacerdote ''facendo loro regali'' (Antichità XX:9.2). Il problema qui è che il ''sommo sacerdote'' che Anano si sta ingraziando via ''regali'' è nient'altri che Gesù, figlio di Damneo. Questo significa, stando alla lettura di Carrier, che proprio l'uomo di cui Anano aveva appena ammazzato il fratello e che lo aveva sostituito nel sacerdozio era diventato, un paio di frasi più tardi, un amico del killer di suo fratello perchè gli furono prestati alcuni doni. Questo chiaramente non ha nessun senso.
[5]
Peccato per l'apologeta ateo e per i suoi sostenitori, che l' ''Anano'' di cui Giuseppe parla nell'episodio immediatamente successivo non è affatto lo stesso Anano assassino di Giacomo fratello di Gesù figlio di Damneo (motivo per cui alcune traduzioni preferiscono rendere il suo nome in ''Anania'' per distinguerlo da ''Anano''):
 Quando Albino giunse nella città di Gerusalemme, rivolse tutti gli sforzi e fece ogni preparativo per assicurare la pace alla regione sterminando la maggior parte dei sicari. 
Ora il sommo sacerdote Anania ogni giorno cresceva in reputazione ed era splendidamente ricompensato dalla benevolenza e dalla stima dei cittadini; perché era astuto e li forniva di denaro; ogni giorno offriva doni ad Albino e al sommo sacerdote. (Aveva) però dei servitori assai perversi che, accompagnandosi con la gente più ardimentosa che c'era, si aggiravano per le aie e con la forza portavano via le decime dei sacerdoti; né si astenevano dal percuotere coloro che rifiutavano di dare. I sommi sacerdoti erano colpevoli allo stesso modo dei servitosi e nessuno li poteva fermare. Così accadeva che i sacerdoti, che negli antichi giorni vivevano delle decime, ora erano ridotti a morire di fame. Di nuovo i sicari in occasione della festa, che allora si stava celebrando, entrarono di notte in città e rapirono il segretario del generale Eleazaro, figlio del sommo sacerdote Anania e lo legarono;  mandarono a dire ad Anania che avrebbero liberato il segretario se lui avesse indotto Albino a liberare dieci di loro che erano stati fatti prigionieri. Anania, sotto tale costrizione, persuase Albino ad aderire alla (loro) istanza. 
Questo fu l'inizio di guai maggiori. I ribelli escogitarono di avere tra i rapiti l'uno o l'altro della cerchia di Anania che mantenevano sempre confinato e rifiutavano di liberarlo fino a quando avessero in cambio qualcuno dei sicari. Quando divennero di nuovo un numero considerevole, ripresero nuovamente ardire e cominciarono nuovamente a straziare ogni parte della regione.
 In quel tempo il re Agrippa ampliò Cesarea di Filippo, come si chiamava, e le diede il nome di Neronia in onore di Nerone. Edificò inoltre, con grandissima spesa, un teatro per il popolo di Berito e lo presentò con spettacoli annuali, spendendo in questo progetto molte decine di migliaia di dracme. Inoltre usava dare al popolo grano e distribuire olio di oliva; abbellì anche tutta la città con l'erezione di statue e copie di antiche sculture; trasferì in quel luogo quasi tutte le bellezze del regno. Di conseguenza aumentò l'odio dei sudditi perché li spogliava dei loro averi per abbellire una città straniera. 
Il re poi depose Gesù, figlio di Damneo, dal sommo sacerdozio e designò suo successore Gesù, figlio di Gamaliel. Perciò sorse una ostilità tra quest'ultimo e il suo predecessore. Ognuno di essi raccolse una banda di gente molto temeraria e spesso avveniva che, dopo lo scambio di insulti, si andasse oltre, pigliandosi a sassate. Anania sovrastava tutti, facendo buon uso della sua ricchezza per attrarre quanti erano disposti a ricevere doni di corruzione.
(Antichità Giudaiche XX:204-213)
Notiamo intanto che l'Anania riferito da O'Neill sotto il nome di Anano (e da lui identificato con l'uccisore di Giacomo) sembra essere l'unico Anania di cui si parla nel seguito.

 Chi è dunque l'Anania che si ingrazia il favore di tutti, indistintamente,  ''facendo buon uso della sua ricchezza per attrarre quanti erano disposti a ricevere doni di corruzione'' (Antichità Giudaiche 20:213) ?


La risposta la dà l'esperto William Whiston:
This Ananias was not the son of Nebedeus, as I take it, but he who was called Annas or Ananus the elder, the ninth in the catalogue, and who had been esteemed high priest for a long time; and, besides Caiaphas, his son-in-law, had five of his own sons high priests after him, which were those of numbers 11, 14, 15, 17, 24, in the foregoing catalogue. Nor ought we to pass slightly over what Josephus here says of Annas, or Ananias, that he was high priest a long time before his children were so; he was the son of Seth, and is set down first for high priest in the foregoing catalogue, under number 9. He was made by Quirinus, and continued till Ismael, the 10th in number, for about twenty-three years, which long duration of his high priesthood, joined to the successions of his son-in-law, and five children of his own, made him a sort of perpetual high priest, and was perhaps the occasion that former high priests kept their titles ever afterwards; for I believe it is hardly met with be fore him. (mia enfasi) [6]

Quindi questo Anania non fu il figlio di Nebedeo riferito in Antichità Giudaiche 20:103 [7], ma fu chiamato Anano il Vecchio per distinguerlo da suo figlio Anano il Giovane (il vero uccisore di Giacomo).

Troviamo questo Anania/Anano il Vecchio la prima volta nel libro 18° di Antichità Giudaiche 18:26:
Essendo il sommo sacerdote Joazar sopraffatto da una sedizione popolare, Quirino gli tolse la dignità del suo ufficio e costituì sommo sacerdote Anano, figlio di Seth.
(Antichità Giudaiche 18:26)
La seconda volta lo ritroviamo in Antichità Giudaiche 20:131 :
Quadrato condannò a morte anche costoro. Mise in catene il sommo sacerdote Anania, il capitano Anano e i loro seguaci e li mandò a Roma per rendere conto delle loro azioni a Claudio Cesare.
E quindi appena prima del passggio di Giacomo:
Venuto a conoscenza della morte di Festo, Cesare inviò Albino come procuratore della Giudea. Il re poi allontanò Giuseppe dal sommo sacerdozio e gli diede come successore nell'ufficio il figlio di Anano, il quale si chiamava anch'egli Anano. Del vecchio Anano si dice che fu estremamente felice; poiché ebbe cinque figli e tutti, dopo di lui, godettero di quell'ufficio per un lungo periodo, divenendo sommi sacerdoti di Dio; un fatto che non accadde mai ad alcuno dei nostri sommi sacerdoti.  
Il più giovane Anano che, come abbiamo detto, fu designato al sommo sacerdozio, era una persona di indole franca e oltremodo ardita. Seguiva la scuola dei Sadducei, che, in verità, quando sedevano in giudizio erano più insensibili degli altri Giudei, come già accennato.

(Antichità Giudaiche 20:197-1999, mia enfasi)
Quindi O'Neill ha chiaramente confuso Anano il Vecchio (ossia il corruttore) con l'Anano il Giovane (ossia il vero assassino di Giacomo) figlio del primo. Dunque è Giuseppe stesso a distinguere questo Anano il Vecchio, lungi dall'essere morto dopo aver mollato la carica, dal figlio omonimo più giovane nella carica (che poi sarebbe passata a Gesù figlio di Damneo, e quindi a Gesù figlio di Gamaliele). ll primo Anano/Anania/Anna introdotto [8] esercitava ancora una prominente influenza in quel fragile scenario politico venutosi drammaticamente a creare, e la esercitava con il denaro
Ora il sommo sacerdote Anania ogni giorno cresceva in reputazione ed era splendidamente ricompensato dalla benevolenza e dalla stima dei cittadini; perché era astuto e li forniva di denaro; ogni giorno offriva doni ad Albino e al sommo sacerdote.
(Antichità Giudaiche 20:205)

Ognuno di essi raccolse una banda di gente molto temeraria e spesso avveniva che, dopo lo scambio di insulti, si andasse oltre, pigliandosi a sassate. Anania sovrastava tutti, facendo buon uso della sua ricchezza per attrarre quanti erano disposti a ricevere doni di corruzione.
(Antichità Giudaiche 20:213)
Dunque l'ottima dimostrazione di Carrier non è per nulla intaccata dalla critica di questo apologeta ateo O'Neill, il cui post però è stato un'ottima occasione per approfondire ulteriormente il delicato equilibrio politico della Gerusalemme del tempo, messo continuamente a repentaglio dalle rivalità tra le famiglie aristocratiche che si contendevano le più alte cariche sacerdotali.
Inoltre è del tutto plausibile che Anano il Vecchio abbia voluto ingraziarsi Albino e Gesù figlio di Damneo, ovvero il fratello della vittima (Giacomo) di suo figlio Anano il Giovane per assicurarsi dunque una tregua temporanea e ritagliarsi ancora un margine di potere.  

In conclusione, perciò, quell'espressione ''che fu chiamato Cristo'', ha un'origine squisitamente letteraria, prima ancora che cristiana, in quanto è inventata da un evangelista per sostituirla con un'altra espressione, e pertanto non ha meno affidabilità storica della precedente:
La frase appare anche in Matt 27.17 e 27.22, sebbene là è emessa da Pilato (diversamente da Matt. 1.16, dove è emessa dal narratore), ma un idioma simile appare in Giovanni 4.25. Questo implica che fu una comune designazione cristiana o ebraica per il messia; l'autore probabilmente intese ironia avendo Pilato a ripeterla. Degno di nota, la fonte di Matteo, Marco 15.9 e 15.12 non ha questa frase: Pilato là solamente si riferisce a Gesù come al ''Re dei Giudei'', che è chiaramente inteso ad essere ironico (poichè Pilato non considerò veramente Gesù il ''Re dei Giudei'', tuttavia al lettore è richiesto di comprendere che egli fu precisamente quello e che un ufficiale romano giusto inavvertitamente lo dichiarò tale). [9]
Alla luce di ciò, non ci si può che augurare allora che il resto della comunità scientifica intellettualmente onesta prenda consapevolezza del profondo risultato è [10] dello studio di Richard Carrier su Antichità Giudaiche 20:200 e faccia presto a rimuovere tutti gli errati riferimenti che trattano del fantomatico ''Giacomo il fratello di Gesù''.

Ma O'Neill ha dimostrato anche come venga assai più facile agli incalliti storicisti ricorrere alla diffamazione, alla denigrazione e all'offesa (tutti strumenti che vanno sotto il nome di ''attacco ad personam'') nonchè ai soliti appelli al consenso, invece che portare una convincente dimostrazione dell'esistenza storica di Gesù di Nazaret, dimostrazione che tarda ad arrivare e che probabilmente non arriverà mai.

Come cautelò nel 19° secolo il teologo William Wrede, i fatti sono a volte i critici più radicali. Ogni singolo progresso negli studi biblici è iniziato come eresia. Solo gli studiosi secolari stanno veramente facendo progressi nel campo specifio delle origini cristiane. la maggioranza degli studiosi è ancora troppo impegnata a proteggere le loro dottrine e i loro dogmi dalla pericolosa nuova conoscenza.

E anche tra gli studiosi secolari è difficile trovare uno che non proviene da un passato religioso. Rabbi Jon D. Levensen, uno dei più autorevoli biblisti ebrei, nota: ''è raro trovare uno studioso nel campo il cui passato non segnato da un'intensa partecipazione cristiana o ebraica''. (The Hebrew Bible: The Old Testament, and Historical Criticism: Jews and Christians in Biblical Studies, Westminster John Knox Press, 1993, pag. 30). Addirittura, quel che è ancor più scandaloso, Timothy Fitzgerald sottolinea in The Ideology of Religious Studies (Oxford University Press, 2000, pag. 6-7) che le assunzioni ideologiche sono un pervasivo ostacolo nel campo, non soltanto tra credenti praticanti, ma anche tra gli ex-religiosi:
''anche nell'opera di studiosi che sono esplicitamente non-teologici, malcelate presupposizioni teologiche distorcono in continuazione l'osservazione analitica''.
Sulla base del fatto che Giuseppe Flavio probabilmente non ha scritto una parola su Gesù nel testo cristiano conosciuto come il Testimonium Flavianum, la menzione di "il fratello di Gesù che fu chiamato Cristo, il cui nome era Giacomo" appare in una luce completamente diversa. Senza il Testimonium Flavianum, e quindi senza una spiegazione precedente dell'identità di Gesù, l'identificazione di un (per il lettore) altrimenti sconosciuto Giacomo, fratello di un possibile altrettanto sconosciuto Gesù Cristo, sarebbe una strana eccezione al modo normale di Giuseppe di identificare quelle persone che ritrae. Questo, naturalmente, non era un problema per un cristiano, in quanto per lui Gesù Cristo sarebbe stato un personaggio noto, né era un problema se l'aggiunta fosse stata fatta più tardi, nel tempo in cui Gesù Cristo divenne un concetto ben noto anche tra i non-cristiani.

Che il riferimento al Gesù della Bibbia nel contesto della morte di un certo Giacomo sia un'inserzione posteriore, è supportato dal fatto che Origene apparentemente seppe di una frase simile in un contesto diverso negli scritti di Giuseppe. Quel testo fu probabilmente solo un'aggiunta e qualcosa che Giuseppe non aveva mai scritto, perchè semplicemente non si materializzò nel testo preservato (che altrimenti l'avrebbe compreso).
Origene, tuttavia, non mostra la conoscenza del passaggio di Giacomo che ora si trova nelle Antichità Giudaiche 20:200. La prima persona a fare riferimento a questo passaggio è di nuovo Eusebio agli inizi del IV secolo. Non sappiamo se quel punto era nel manoscritto delle Antichità Giudaiche a cui Eusebio aveva accesso, ma probabilmente lo era. Dal momento che, a quanto pare, qualcuno aveva fatto un'aggiunta con la formulazione identica "il fratello di Gesù che era chiamato Cristo"  nel manoscritto che Origene lesse, queste aggiunte dovrebbero precedere Origene e di conseguenza quindi anche Eusebio. Ovviamente ci sono state diverse aggiunte apportate ai testi di Giuseppe Flavio in luoghi diversi, e forse anche in diversi libri. Questo è stato fatto abbastanza presto. Forse Eusebio ha creato il Testimonium Flavianum come un intero, forse ha "migliorato" soltanto una creazione cristiana precedente  o questa creazione cristiana esisteva già prima del tempo di Eusebio. In questo caso, è del tutto possibile che l'aggiunta di "Gesù Cristo" al passaggio di Giacomo precedette non solo Eusebio (inizio 4° secolo) ,ma anche Origene (metà del 3° secolo). Poteva essere stata fatta già nel secondo secolo ed esser costituita da soltanto una nota che qualcuno ha fatto a margine. Questa nota è stata poi da qualche copista percepita come appartenente, o per chiarezza religiosa come legittimamente appartenente, al testo e perciò ivi inclusa. Dal momento che Giuseppe ha scritto di qualcuno di nome Giuseppe che è stato ucciso per lapidazione, e dato che il tempo era approssimativamente giusto, qualche scriba cristiano erroneamente assunse che il testo dovesse far riferimento a "Giacomo, il fratello del Signore". Tuttavia, a quanto pare, non preoccupava troppo i cristiani contemporanei il fatto che l'evento fosse stato spostato cinque anni dopo rispetto a quello narrato da Giuseppe, che il particolare della caduta dal pinnacolo del Tempio e il colpo mortale inferto dal bastone non è stato menzionato, e che questo Giacomo fu assassinato in seguito ad una sentenza del Sinedrio.

[1] Zvi Baras, ''The Testimonium and martyrdom of James'', in Josephus, Judaism, and Christianity, Louis Harry Feldman, Gōhei Hata, BRILL, 1987, pag. 343-344.

[2] Eusebio scrive:
 ''Gli scribi e i farisei perciò collocarono Giacomo sul pinnacolo del Tempio, -- - -- e dunque salirono [sul pinnacolo del Tempio] e gettarono giù il Giusto, dicendosi l'un l'altro: ''Lapidiamo Giacomo il Giusto'' e cominciarono a lapidarlo perchè la caduta non lo aveva ucciso. Ma egli si voltò e cadde in ginocchio, dicendo: ''Ti prego, Signore, Dio e Padre, perdona loro perchè non sanno quello che fanno''. Lo stavano lapidando quando uno dei sacerdoti dei Figli di Recab, di cui parla il profeta Geremia, gridò: ''Fermatevi, poichè il Giusto sta pregando per voi''. Uno di loro, che faceva il lavandaio, prese però il bastone con cui era solito battere i panni, e colpì il Giusto sul capo. In questo modo Giacomo subì il martirio e fu sepolto subito nelle vicinanze del Tempio. Il suo monumento funebre è ancora lì, vicino al Tempio. Egli divenne un vero testimone, di fronte sia a ebrei sia a greci, che Gesù è il Cristo. E immediatamente Vespasiano assediò la città. Quei fatti sono riferiti estesamente da Egesippo, che concorda con Clemente.”
 (Eusebio, Storia Ecclesiastica 2:23:12, 16–22, mia enfasi)
[3]  Richard Carrier, "Origen, Eusebius and the Accidental Interpolation in Josephus Jewish Antiquities 20.200", Journal of Early Christian Studies, 20, 4, 2012, pag. 509.

[4] Richard Carrier, "Origen, Eusebius and the Accidental Interpolation in Josephus Jewish Antiquities 20.200", Journal of Early Christian Studies, 20, 4, 2012, pag. 510.



[6Flavius Josephus. The Works of Flavius Josephus. Tradotto da William Whiston, A.M. Auburn and Buffalo. John E. Beardsley. 1895, disponibile qui.

[7] scrive Flavio Giuseppe:
Erode, re della Calcide, rimosse Giuseppe, figlio di Camei, dalla carica di sommo sacerdote e assegnò come successore all'ufficio Anania, figlio di Nebedeo. Come successore di Tiberio Alessandro, venne Cumano. (Antichità Giudaiche 20:103)
[8] Si tratta dello stesso presunto accusatore Anna di Gesù nei vangeli.

[9] Richard Carrier, "Origen, Eusebius and the Accidental Interpolation in Josephus Jewish Antiquities 20.200", Journal of Early Christian Studies, 20, 4, 2012, pag. 511.

[10] Assai utili per le riflessioni di questo post sono state le preziosi indicazioni avute dal dr. Carrier nel suo blog.