giovedì 24 aprile 2014

Della predicazione della Croce

Mi è sempre sembrato quasi inconsciamente naturale domandarmi come fosse possibile che la religione di miliardi di cristiani si sia potuta originarsi con la crocifissione di un solo individuo nella Storia.
Almeno il concetto stesso di cristianesimo, se non la stessa idea di ''Gesù'', doveva essersi evoluto col tempo a partire da ancestrali, multiple origini, non da un singolo originatore. È stata la lettura di Jesus: Neither God Nor Man di Earl Doherty, non ricordo esattamente in quale punto preciso del suo libro, a farmi penetrare per la prima volta in un territorio fino ad allora inesplorato del pensiero umano e tuttavia che era sempre stato là, la profondità del suo argomento del Silenzio, nelle epistole, su un ''Gesù storico'', e l'estremo, radicale scenario che quel Silenzio così vasto e profondo comportava... Non ricordo in quale punto preciso del libro realizzai, quasi per mirabile incanto, che Gesù NON DOVEVA mai essere esistito per Paolo, come solo così tutto quell'enorme Silenzio potesse rappresentare la vera ''carne'' e il vero ''sangue'' dell'entità celeste che Paolo chiamava ''Cristo Gesù''.

I mistici cattolici hanno tentato in tutti i modi, nelle loro allucinazioni, di rivivere le scene ''concrete'' della Passione, e da una di loro, la Emmerich, Mel Gibson ne ha pure tratto ispirazione, ma altra cosa è cercare di figurarsi cosa ''vedeva'' l'uomo chiamato Paolo.
Il Gesù di Paolo non lo posso rappresentare in un dipinto, perchè non ha un volto. I maomettani non osano rappresentare il volto del loro Profeta e considerano blasfemia tentare qualcosa del genere, anche solo per ogni profeta biblico che lo ha preceduto.

Eppure nulla mi vieta di rappresentare un uomo, che sia Buddha, Confucio, Noè, Maometto o Gesù di Nazaret. Ma tutto, davvero TUTTO, mi impedisce di raffigurare il volto del Figlio spirituale nel quale credeva Paolo. Il lettore non troverà mai in questo modesto blog un suo ritratto.

Quella riluttanza, che è anche una realizzazione, è stata la svolta vera e propria. 
Il nuovo Paradigma che collassava il precedente. 



Così gli storicisti si sono espressi finora:
Il singolo fatto più solido circa la vita di Gesù è la sua morte: egli fu condannato dal prefetto romano Pilato, intorno alla Pasqua, nella maniera che Roma riservava in particolare per gli insurrezionisti antiromani, precisamente, la crocifissione. 
(pag. 8 di Jesus of Nazareth, King of the Jews, di Paula Fredriksen)


Sottopongo al lettore tre citazioni di un grande studioso del passato, Alfred Loisy, non certo un banale Folle Apologeta:
Non un singolo incidente nell'intera narrazione simbolica accettai letteralmente salvo che Gesù era stato crocifisso sotto Ponzio Pilato.

Se Gesù non fu condannato a morte come Re dei Giudei, cioè come Messia, per sua personale confessione, si potrebbe altrettanto bene mantenere che lui non sia mai esistito.

E ancora:
Se questo fatto [la crocifissione di Gesù ad opera di Pilato] potesse essere messo in discussione, non ci sarebbe alcuna ragione di mantenere l'esistenza di Gesù.

Personalmente, a costo di banalizzare, penso che come l'entità Gesù sia entrata nella Storia, secondo gli storicisti, solo grazie alla sua crocifissione, così altrettanto bene penso che possa uscirne, secondo i miticisti, in virtù della medesima.  

L'argomento più forte storicista è riassunto mirabilmente in queste parole di Crossan, al di là delle quali gli storicisti non possono fare altro che pura, folle apologetica da quattro soldi, a fronte dell'inevitabile collasso e ridimensionamento di ogni loro possibile obiezione:
Nel contesto da primo secolo di Paolo e dei suoi uditori, ''Cristo crocifisso'' aveva un significato anti-imperiale. La sintesi a portata di mano di Paolo era non ''Gesù morto'', non ''Gesù fu ucciso'', ma ''Cristo crocifisso''. Questo significò che Gesù era stato crocifisso dall'autorità imperiale . . . . Nel mondo di Paolo, una croce era sempre una croce romana.

Roma riservò la crocifissione per due categorie di persone: quelli che sfidavano il potere imperiale . . . e schiavi cronicamente ribelli . . . I due gruppi che erano crocifissi avevano qualcosa in comune: entrambi rifiutavano il dominio imperiale romano. La crocifissione . . . veicolava il messaggio, ''Non azzardarti a sfidare l'autorità imperiale, o questo accadrà a te''. 

Proclamare ''Cristo crocifisso'' servì a segnalare in una sola volta che Gesù era una figura anti-imperiale, e che il vangelo di Paolo era un vangelo anti-imperiale. L'impero ammazzò Gesù. La croce era il ''no'' imperiale a Gesù. Ma Dio lo resuscitò. La risurrezione era il ''si'' di Dio a Gesù, la rivendicazione di Dio di Gesù -- e quindi anche il ''no'' di Dio ai poteri che lo avevano assassinato.

(The First Paul, pag.131-132. mia enfasi e mia libera traduzione)


L'argomento di Crossan ha una forza particolare, nonostante ancora inficiato da ipotesi gratuite (sta ancora assumendo colpevolmente che Gesù fu crocifisso da Pilato, ovviamente, e tuttavia colpisce il realismo del risultato), e dunque ne terrò debito conto quando leggerò il futuro libro del miticista Richard Carrier.

Di certo, posso fin d'ora obiettare che la crocifissione non fu esclusivamente una pena di morte romana. E Paolo parla degli ''arconti di questo eone'' come dei veri responsabili della morte di Gesù.
L'ebreo Filone, così amante delle allegorie come lo era Paolo,  accennò alla crocifissione in qualcosa che sa vagamente di ''paolino'':
Infatti segue di necessità, che il corpo deve essere pensato simile alle anime che amano il corpo, e che le buone cose esteriori devono essere eccessivamente ammirate da loro, e tutte le anime che hanno questo genere di disposizione dipendono su cose morte, e, come persone che sono crocifisse, sono attaccate alla materia corruttibile fino al giorno della loro morte.
(Sulla Posterità di Caino e il suo Esilio, XVII, 61, mia enfasi)


Filone non associa sentimenti anti-imperiali alla crocifissione in questo punto. Piuttosto, la crocifissione diventa allegoria per alludere a come gli esseri umani sono letteralmente inchiodati fino alla morte ai transeunti beni materiali.  E se anche per Paolo l'azione dei demoni era di inchiodare chi entrava nel loro territorio alla maledetta materialità della ''carne''? Dove c'entrano i romani in un tale scenario così metafisico? Avvertenze per l'uso: escludere i romani dal quadro non significa negare un eventuale disegno POLITICO di Paolo, nella misura in cui il suo malcelato secondo fine era di far prendere ad una setta marginale ebraica una svolta tendenzialmente pacifista e il meno possibile filo-zelota e anti-romana. Paolo esaltava la fede, ma l'autore giudeocristiano dell'Apocalisse sottolineava l'importanza delle opere, e sappiamo bene chi dei due odiava a morte la grande prostituta seduta sui sette colli. Se vuoi rendere moderato un'estremista, di certo non lo moderi mediante l'imposizione dell'estremismo di segno opposto, ma esprimendo nei suoi stessi termini radicali la possibilità di un compromesso: l'implicito messaggio di sfida anti-imperiale poteva rappresentare, per Paolo, quel ricercato compromesso tra lui e un ipotetico estremismo ideologico [1] più o meno anti-romano dei Pilastri e/o di qualche ramo impazzito dell'originario nucleo giudeocristiano della chiesa originaria. 

[1] un eventuale compromesso ventilato pure dal dr. Carrier sebbene in risposta ad un altro quesito.