venerdì 6 giugno 2014

Di cosa sapeva Origene che Celso non sapeva

L'immagine non ha bisogno di spiegazioni, salvo tre piccoli particolari che potrebbero sfuggire al lettore:
1) Flavio Giuseppe non parlò mai di Gesù, nè nel libro 18 e neppure nel libro 20 di Antichità Giudaiche.
2) Tacito non parlò mai di Cristo e dei Cristiani, bensì dei seguaci di Cresto, i crestiani. Plinio il Giovane, Svetonio e Luciano di Samosata testimoniano la presenza di cristiani, non la storicità di Gesù.
3) Tra i folli apologeti citati, ovvero Clemente di Roma, Ignazio, Policarpo, Giustino Martire, Clemente di Alessandria, Tertulliano, Origene, Cipraiano, Eusebio, l'unico che non mostra segni di demenza è Origene.

Il quale Origene ci dice qualcosa piuttosto interessante.

Spesso noi post-moderni, quando sentiamo della diatriba tra il pagano Celso e il cristiano Origene, spontaneamente siamo propensi a tifare per il primo contro le ridicole e goffe armonizzazioni del secondo, da folle apologeta quale egli è perchè tale è la maschera che Origene è costretto a recitare per riparare alle caustiche insinuazioni di Celso su Cristo e sui Cristiani.

E mi domando invece: e se fosse il contrario?

E se invece fosse Origene a sapere la verità meglio e più di Celso? Ricordiamo infatti che Celso, pur con tutte le sue conoscenze, era un boccalone perchè era oramai persuaso che Gesù fosse veramente esistito. Celso non era miticista, a differenza degli anonimi bersagli polemici di chi si preoccupò di scrivere, nella seconda lettera di Pietro (e spacciandosi per Pietro, ovviamente), le seguenti parole:
Infatti vi abbiamo fatto conoscere la potenza e la venuta del nostro Signore Gesù Cristo, non perchè siamo andati dietro a favole abilmente inventate, ma perchè siamo stati testimoni oculari della sua maestà.
(2 Pietro 1:16)

Cosa sapeva Origene allora che Celso, suo malgrado, non sapeva?

Prima di rispondere osserviamo intanto cosa dice Clemente di Alessandria.
Nella Stromata o Miscellanee, di S. Clemente d'Alessandria, vi sono molti riferimenti ai Misteri esistenti a quel tempo. Ne riportiamo un passo molto istruttivo:
"Il Signore... ci permise di far parte di quei divini Misteri e di quella santa luce a quelli che son capaci di riceverla. Certamente Egli non rivelò ai molti ciò che ai molti non apparteneva, ma ai pochi a cui Egli sapeva che essi (i Misteri) appartenevano ed i quali erano capaci di riceverli e di esser formati a seconda di essi. Ma le cose segrete sono confidate alla parola, non alla Scrittura, perché sono cose di Dio".

Chiaramente Clemente allude a qualche insegnamento esoterico presente nella Chiesa di allora.

Un detto enigmatico del vangelo di Matteo, che altrimenti non avrebbe significato, recita:
Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle dinanzi ai porci.
(Matteo 7:6)
Va ricordato che, in quei tempi, la parola "cane" indicava anche coloro che "erano fuori" da un certo gruppo di persone che perseguivano un interesse comune, nonostante Matteo la utilizzi probabilmente per indicare i gentili in contrapposizione alla tendenza giudaizzante e antipaolina del suo vangelo.


Molto esplicita anche la frase messa in bocca a Gesù nel vangelo di Giovanni quando dice ai suoi Apostoli:
Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso.
(Giovanni 16:12)

Ma torniamo a Origene e a perchè non lo ritengo un folle apologeta se non in apparenza, mentre al contrario, udie udite miei cari lettori, ritengo paradossalmente un folle apologeta proprio quel Celso così caustico contro il suo ''Gesù storico'' (considerato da Celso addirittura figlio di un soldato romano stupratore!), con gran scorno dei cristiani da lui ingiuriati e offesi.

Quello che segue è la mia libera traduzione della porzione particolare che mi interessa di queste parole di Richard Carrier a proposito di Origene:

Dopo aver quindi attaccato l'incarnazione, Celso poi attaccò l'idea di una tomba vuota, tuttavia Origene risponde a questo (Contra Celsum 3.43) senza davvero dire quello che che era il suo credo personale circa la tomba -- invece lui va a ventilare un possibile significato allegorico (spesso Origene legge la Bibbia allegoricamente, si veda Origene, Omelie su Genesi 13), approfitta anche di pretesti pur di esporlo (''Celso ci costrinse a discuterne''), e poi offre in difesa della ''risurrezione'' di Gesù soltanto che fu ''predetto da innumerevoli profeti'' e ''molte prove furono fornite della sua apparizione dopo la morte'' (enfasi aggiunta), evitando ad ogni caso di parlare se ''molte molte prove furono fornite'' della effettiva presenza di una tomba vuota. Da qui quando Origene dice cose come ''noi crediamo che Gesù risorse dalla tomba'', non possiamo sapere se intende nello stesso corpo o in un nuovo corpo, se non riferendoci a sue altre dichiarazioni, che concordano tutte nell'asserire che lui intende un nuovo corpo. Allo stesso modo, Origene rasenta questa questione in Contra Celsum 1.16, ventilando  possibilità ma mai dicendo di credervi o meno.


Avete capito bene: Carrier sta dicendo che Origene non credeva veramente alle infinite prove addotte in pubblico dai folli apologeti par suo allo scopo di persuadere a credere nella Risurrezione del Signore Gesù Cristo!

D'altra parte, esiste un passaggio nelle Omelie su Geremia 18.4.2 di Origene, dove dice:
 Ciascuna persona secondo la sua capacità comprende le Scritture. Uno afferra il significato da loro più superficialmente, come se lo afferra dallo specchio d'acqua di una fonte. Un altro attinge più profondamente come se attinge da un pozzo... Per me questo passaggio [vale a dire Geremia 18:5-6] è un'introduzione alla futura discussione circa il ricettacolo di argilla che cade dalla mano del vasaio per essere nuovamente plasmato. Alcuni hanno meditato e compreso quei passaggi più semplicemente. Io vi presenterò la dottrina di costoro e la discussione. Dopodichè, se noi abbiamo qualcosa di più profondo, discuteremo anche questo.
 Ma quello che dicono è che questo può illuminare i dettagli relativi alla risurrezione. Infatti se il ricettacolo di argilla è ''caduta dalle mani del vasaio'' e dallo stesso materiale della stessa argilla lui la trasforma in un ''altro ricettacolo come era piacevole alla sua vista'' [Geremia 18:4], allora Dio, il ''vasaio'' dei nostri corpi, il Creatore della nostra costituzione, quando questa è ''caduta'' ed è stata corrotta per una qualsiasi ragione, può afferrarla e rinnovarla e realizzarla più bella e migliore, ''un altro ricettacolo come era piacevole alla sua vista.''.... Questa discussione potrebbe meritare il nostro apprezzamento.... Ma si realizzi che questo passaggio riguardante la casa del vasaio non si riferisce a certe materie riguardanti una persona, ma a due nazioni.

 Qui Origene sta descrivendo certamente una comprensione ortodossa della risurrezione e sta esprimendo qualche ammirazione per la sua intelligenza, ma mai dice di concordare con quella comprensione, ed invece conclude che quegli interpreti hanno frainteso completamente il significato del verso. ( ... si noti come anche Paolo dice che Adamo fu fatto di argilla...). Nonostante Origene pensi che intrepretazioni ''semplicistiche'' come le loro ''possano'' essere utili (18.4.1), egli non dice che perciò sono vere, o in che modo questa interpretazione particolare sia ''d'aiuto''. Così non possiamo concludere da questo che Origene concordò con loro.

 E in realtà, cosa dice Origene in altri punti circa quelle ''semplici'' interpretazioni rivela che in realtà non concorda con loro:


E così Dio ''dà ad ogni cosa un corpo come a lui piace'', come nel caso di [piante] che sono seminate, così anche nel caso di coloro che sono come erano, seminati nel morire e nel ricevere in tempo debito, fuori da quel che fu seminato, il corpo che è conferito da Dio a ciascuno a seconda di quello che merita. E noi anche ascoltiamo la scrittura insegnarci estesamente la differenza tra chi è, come era, ''seminato'', e quello che è, come era, ''resuscitato'' da esso, dicendo anche che uno è ''seminato nella corruzione, risorto nell'incorruzione; seminato nel disonore, risorto nella gloria; seminato nella debolezza, risorto in potenza; seminato un corpo naturale, risorto un corpo spirituale''. E tuttavia lascia a chi è capace di rischiarare quel che è inteso quando [Paolo] dice: ''Come è quello di argilla, così, anche, sono essi che sono di argilla; e come è quello del cielo, così, anche, sono essi che sono del cielo. E come noi abbiamo portato l'immagine di quello di argilla, noi anche porteremo l'immagine di quello del cielo''.
Anche se l'Apostolo [Paolo] volle nascondere il significato proibito di questo passaggio in quanto qualcosa di non appropriato per il popolino o per il comune ascolto di coloro che sono condotti [soltanto] dalla fede a ciò che è migliore, nondimeno, così non fraintenderemo le sue parole, egli fu poi indotto a dire dopo ''portiamo l'immagine di quello del cielo'' anche le seguenti parole: ''Or questo dico, fratelli, che la carne e il sangue non possono ereditare il regno di Dio; similmente la corruzione non eredita l'incorruttibilità.''. Allora, sapendo che c'era qualcosa di proibito e segreto in questo passaggio, come si conviene a  qualcuno che lascia dietro, tramite i suoi scritti, parole con un certo significato per coloro che vengono dopo di lui, egli procede e dice: ''Ecco, io vi comunico un mistero,'' che è il suo modo di introdurre cose più profonde e più segrete che sono adeguatamente tenute nascoste dalla moltitudine, come è anche scritto in Tobia: ''È buona cosa tenere in segreto il mistero del re'', ma rispettabile e conveniente ''rivelare onorevolmente le opere di Dio'' alla moltitudine con cosa è ''convenientemente'' vero. (Contra Celsum 5.19, si veda anche 5.14-16)



Dunque Origene sta dicendo che lui e pochi altri si riservano il privilegio di inerpretare nella più profonda maniera allegorica le Scritture, lasciando ai più, e alle masse soprattutto, il loro mero significato letterale e per ciò stesso più facilmente comprensibile prima facie.
Ma cosa c'entra Celso in tutto questo?

Innazitutto occorre sapere di un'accusa particolare,
per quanto fondamentale nella sua polemica anticristiana, che Celso mosse ai cristiani.


(I, 7) La dottrina è dunque segreta.

Celso non può definire ''segreta'' una dottrina che dimostra apparentemente di conoscere anche nei dettagli. A lui ribatte giustamente Origene: ''Quasi tutto il mondo conosce la predicazione cristiana''. Si può quindi pensare che Celso alluda, in questo breve ed oscuro frammento, ad una tradizione esoterica concernente l'esegesi di certi temi delle sacre scritture. Solo i folli apologeti cristiani possono inferire da quella frase che Celso stia incriminando la tendenza alla segretezza e alla discrezione con cui la religione cristiana, nei suoi culti, nelle sue associazioni, ecc., veniva praticata (ad esempio nelle catacombe) perchè Celso si riferisce chiaramente alla ''dottrina'' (τό δόγμα), non alle cerimonie del culto.   Quel che viene dopo nella critica di Celso (come ci è tramandata dalla reazione di Origene) tuttavia impedisce di pensare che Celso stia alludendo alle pratiche misteriche di certe sette gnostiche a malapena distinguibili dalla Grande Chiesa, infatti sembra quasi che Celso sia giunto a subodorare qualcosa di ''esoterico'' proprio in relazione alla Grande Chiesa e alla versione ortodossa del Mito di Cristo.


(I, 8) E non voglio dire che chi abbraccia una buona dottrina, quando per essa corresse pericolo nel mondo, debba abbandonarla o simulare di averla abbandonata o sconfessarla. Infatti nell'uomo c'è un qualcosa che è affine alla divinità e superiore alla materia, e le persone in cui questa parte si esplica aspirano rettamente con tutte le forze all'essere che è loro affine e bramano che si dica e si ricordi loro sempre qualcosa che lo concerna. (I, 9) Ma nell'accogliere le dottrine bisogna seguire la ragione ed una guida razionale, perchè chi accoglie il pensiero altrui senza questa precauzione è sicuramente passibile di inganno. I Cristiani invece fanno proprio come quelli che, contro i principi della ragione, prestano fede ai sacerdoti questuanti di Cibele, agli indovini, ai vari Mitra e Sabadii e al primo venuto, comprese le apparizioni di Ecate o di altra dea o di altri demoni. Come infatti tra quelle persone spesso degli uomini scellerati trovano facile terreno nella dabbenaggine di chi si lascia facilmente ingannare e le portano dove vogliono, così succede tra i Cristiani. Alcuni su ciò in cui credono non sono disposti né a dar loro conto né a riceverne, ma si limitano a dire:  «Non indagare, ma abbi fede» e «La tua fede ti salverà». E aggiungono: «La sapienza nel mondo è un male, la stoltezza un bene».

(I, 12) Ora, se accetteranno di rispondermi, non già perchè io voglia farne esperienza (so già tutto), ma perchè di tutti io mi curo senza spirito di parte, stia bene così; ma se non accetteranno e diranno come è loro abitudine  «Non indagare» e quel che segue, allora sarò costretto ad insegnare ad essi qual è il genere delle cose che dicono e da dove queste traggono origine.


Il fatto eclatante è che Celso, quando aveva poco prima accusato la segretezza della dottrina, non aveva in mente fantomatiche sette gnostiche eosteriche, perchè sta facendo immediatamente dopo un confronto tra la massa dei cristiani e gli iniziati ai Misteri, i ''vari Mitra e Sabadii'', così chiamati perchè prendevano il nome del dio coi quali si identificavano (rispettivamente Mitra e Sabadio, divinità trace della vegetazione): entrambi rei di accettare passivamente, acriticamente e ciecamente le dottrine impartite loro dagli esponenti del culto. Anche l'allusione a Ecate non è casuale: Ecate era infatti la massima dea delle maghe e delle incantatrici. In altre parole, Celso sta sospettando, se non denunciando, con quei paragoni per nulla casuali l'esistenza, o sottili indizi che la confermino, di una demarcazione tra i meri convertiti alla fede cristiana della nascente Grande Chiesa, e chi invece, all'interno di quella medesima chiesa, ha il privilegio di accedere alla dottrina ''segreta''. Dottrina che Celso non conosce ma che pretende a suo modo di smascherare. E noi sappiamo come ha voluto smascherarla nel resto dei suoi attacchi: diffamando ad ogni piè sospinto il ''Gesù storico'', denunciando con sarcasmo la sua presunta nascita illegittima, la sua folle predicazione, la sua puzza di sedizione per essere finito su una croce, ed amenità simili.

Ma i sospetti di Celso vengono effettivamente confermati dalla risposta che riceve da Origene, e che vuole essere agli occhi di quest'ultimo una confutazione della specifica accusa di Celso. Riprendo le parole di Carrier nel punto in cui le avevo lasciate:



Sulla stessa frequenza, Origene spiega da qualche altra parte:
[Celso] dice che alcuni, che non vogliono offrire o ricevere una ragione per ciò in cui credono, proclamano "Non indagare, ma abbi fede!" e "La tua fede ti salverà!".  Lui riporta anche che dicono "La sapienza nel mondo è un male, la stoltezza un bene" Bisogna rispondere a questo che, se fosse possibile a tutti di lasciare dietro le preoccupazioni della vita e e di dedicarsi allo studio della filosofia, allora nessuno dovrebbe perseguire qualsiasi altro percorso, ma quello, e quello soltanto. Infatti si troverà nel sistema cristiano non meno di qualsiasi altro (non che io sto dicendo nulla di troppo pretenzioso qui) che esiste un attento esame di ciò che crediamo e una spiegazione delle parole enigmatiche nei profeti e delle parabole nei vangeli e innumerevoli altre cose che sono accadute sono state impartite simbolicamente. Ma se questo è oltre i nostri mezzi, sia a causa delle necessità della vita o della debolezza degli uomini, in modo che pochissimi si volgano  con entusiasmo a studiarne le ragioni, quale migliore metodo è da trovarsi per aiutare la moltitudine di quello che è stato trasmesso da Gesù ai pagani?
 E cerchiamo di indagare, per quanto riguarda la grande moltitudine dei credenti, che hanno messo da parte la grande alluvione di malvagità in cui sguazzavano in precedenza, se fosse meglio per loro credere senza una ragione, e come risultato hanno posto la loro moralità sotto vincoli di qualche tipo e per il loro bene, mediante la fede che saranno puniti per i loro peccati e premiati per le loro buone azioni, o non aver permesso a loro stessi di lasciarsi convertire con la mera fede, ma a rinunciare a meno di uno stretto esame delle ragioni? Perché è ovvio che poi a tutti, a parte un minor numero, non sarà possibile ottenere quello che avrebbero ottenuto dal semplice credere, ma invece continuerebbero a praticare una condotta malvagia ... E dal momento che [i nostri critici] continuano a dire queste cose sulla fede, si deve rispondere che noi accettiamo questo come utile per la moltitudine, e siamo d'accordo che noi insegniamo loro a credere anche senza ragioni, che non sono in grado di lasciare tutto alle loro spalle e seguire un attento esame delle ragioni. (Contro Celso 1,9-10)

E più tardi:

Nel Salmo cinquantesimo, David dice nella sua preghiera a Dio: "Le cose invisibili e segrete della Tua sapienza hai reso visibile a me." ... E in questo senso [Dio] vuole che ci siano saggi tra i credenti, in modo che per amor di esercitare la comprensione di coloro che ascoltano, [egli] ha pronunciato alcune cose in detti enigmatici, e alcune cose in quel che sono definiti detti ''oscuri''.


Cosa ci sta rivelando Origene, nella sua risposta a Celso?


Sta rivelando apologeticamente quello che era una prassi comune tra l'elitè cristiana del tempo alla quale lo stesso Origene apparteneva:

Solamente le elitè di insiders potevano accettare di buon grado la natura essenzialmente allegorica dei vangeli, riconoscendo che non dovevano affatto venire presi alla lettera ma potevano essere interpretati metaforicamente. Tutti gli altri (gli οἱ πολλοί) venivano persuasi, a suon di sempre più insistenti e interessate pretese, a prendere ogni cosa del vangelo letteralmente. E così fecero.

Non esiste infatti nessuna evidenza che i vangeli fossero disponibili al pubblico nel I secolo, dal momento che nessuno parla di loro. Non esistono commentari, non esistono lettere che li menzionano o li citano, nulla di nulla. Così nell'ipotesi che almeno il vangelo di Marco fosse stato scritto nel I secolo a ridosso del 70 EC, dovremo in pari misura, a fronte del silenzio che lo circonda, concludere che si trattava di un documento riservato per insegnare ai soli maturi convertiti e non per essere usato come strumento di evangelizzazione. Il vangelo di Giovanni è una chiara eccezione, e non solo perchè la sua genesi è probabilmente nel II secolo, in quanto perfino in quel vangelo gli aspetti che lo rendono uno strumento di proselitismo religioso erano intesi per lo più a trattenere i membri (contro facili suggestioni gnostiche ed eretiche, a quanto pare, considerando come abbondano in quel vangelo cattolicizzato a forza), e non a crearne di nuovi.

Bisogna sapere infatti che una distinzione fu fatta nella chiesa già al tempo di Paolo tra i ''bambini'' che possono solo bere ''latte'', e i ''convertiti maturi'', o meglio i ''perfetti'' (οἱ τέλειοι), come lo stesso Paolo li apostrofa, del tutto in grado di mangiare solido ''pane'', ovvero le dottrine più avanzate della chiesa che erano tenute segrete da ogni altro, e alle quali si riferisce non solo Paolo, ma lo stesso Origene (come abbiamo appena visto).


Il vangelo di Marco è del tutto inventato.
E così pure Matteo. Ma è chiaro che il vangelo di Matteo, a differenza di Marco, partiva dal presupposto che i suoi lettori prendevano Gesù per un personaggio storico. Ma cosa credevano i suoi lettori non ha alcuna influenza su cosa pensava in realtà l'autore di Matteo. A maggior ragione alla luce di quanto attesta Origene: ossia che i cristiani del suo tempo utilizzavano ancora una dottrina dal doppio significato, usando le interpretazioni più goffamente letteraliste per persuadere le masse, mentre nel contempo si insegnava alle elitè, e molto spesso in segreto (come sospetta o subodora Celso), che quelle erano tutte pure allegorie. La seconda lettera di Pietro, a costo di spacciarla fraudolentemente frutto del Pietro storico, fu scritta al solo scopo di attaccare i cristiani colpevoli di denunciare la natura puramente allegorica di quelle ''favole abilmente inventate''. Non sappiamo più nient'altro di cosa capitò a quei cristiani e ai loro testi. Gli scribi medievali li cancellarono dalla Storia.

Marco ci dice che quello che sta facendo fin dall'inizio: che sta scrivendo un vangelo, non una storia o una biografia.
Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio.
    (Marco 1:1)


E numerosi storici, compresi Arnold Ehrhardt, Thomas Brodie, Richard Carrier, Randel Helms, Dennis MacDonald, Jennifer Maclean e tanti altri hanno di nuovo e di nuovo dettagliato i molteplici modi in cui tutto il vangelo di Marco è un tesoro denso di significato simbolico, piuttosto che di significato storico.
Anche se un numero crescente di fedeli giunse ad accettarlo in seguito come fatto storico -- e furono incoraggiati a farlo -- il vangelo originale era un'allegoria, costruito da una varietà di fonti, sia greche che ebraiche: classici temi omerici, detti selezionati dal Vangelo di Tommaso, vibranti motti attinti dalla filosofica cinica e stoica, spunti di astrologia e geometria sacra, parabole farisaiche e proverbi, nomi presi in prestito dalle epistole di Paolo, e soprattutto, come Paolo, motivi derivati dalle Scritture Ebraiche: Salmi, la storia del Pozzo di Giacobbe nella Genesi, e brani di Ezechiele e 2 Cronache. Considerando tutti questi elementi e quindi  utilizzando deliberatamente uno stile semplice e popolaresco nel greco della koinè, Marco compose una brillante creazione letteraria. In un potente mix di ebraismo e paganesimo, egli creò una storia commovente zeppa di potente simbolismo ebraico, con una narrazione che parallela continuamente la liturgia sepolcrale dei Misteri orfici e motivi classici dei poemi omerici.

La storia del vangelo di Marco, proprio come le parabole che pone sulla bocca di Gesù, è stata scritta per insegnare verità anche mentre si nascondevano i loro significati. L'intero vangelo di Marco è una grande parabola per nascondere le segreti, sacre verità di una fede misterica, il Mistero del Regno di Dio. Marco fa dare a Gesù questo indizio al lettore del suo vangelo:

Ed egli diceva loro: «il mistero del regno di Dio è stato dato a voi; ma per quelli che sono fuori tutto avviene in parabole, affinché
    guardino, sì, ma non vedano,
    ascoltino, sì, ma non comprendano,
    perché non si convertano e venga loro perdonato».
    (Marco 4:11-12)


Al pari dei Misteri pagani, le verità del Mistero del Regno di Dio nel vangelo di Marco sono da tener nascoste dietro le parabole, spiegate solo agli insiders, in gran segreto. Marco non sta riportando una storia di qualcosa che è accaduto nel passato reale, sta creando una cornice per trasmettere un sacro mistero a pochi eletti, e a nessun altro. Ed egli pienamente si aspettava che i suoi lettori iniziati riconoscessero che questo è quello che stava facendo.
Il vangelo pietra angolare su cui furono costruiti tutti gli altri non è stato affatto un'opera biografica, ma un'impressionante costruzione letteraria.

Invece di un Gesù storico, vediamo un record storico privo di conferme dei vangeli, un ambiente teologico darwiniano brulicante di Gesù rivali, Cristi, vangeli e sette concorrenti lungo la frangia religiosa dell'Impero; indizi che il cristianesimo nasce come versione ebraica dei culti misterici, e che tutte le confuse, contraddittorie informazioni "biografiche" di Gesù derivano da una deliberata allegoria. Un'unica figura fondativa non è solo inutile per spiegare tutto questo, è ingiustificata.