venerdì 26 settembre 2014

Sulla Definizione di Vero Apostolo

I seguaci Galati di Paolo stanno venendo persuasi ad abbracciare un diverso vangelo (una forma pervertita del vero vangelo) da qualcuno che si è presentato loro.
Mi meraviglio che, così in fretta, da colui che vi ha chiamati con la grazia di Cristo voi passiate a un altro vangelo. Però non ce n’è un altro, se non che vi sono alcuni che vi turbano e vogliono sovvertire il vangelo di Cristo.
 (Galati 1:6-7)


Ma  poi c'è qualcosa di strano se si legge la lettera ai Galati nella prospettiva storicista di discepoli che sono partiti da Gerusalemme alla volta della Galazia al solo scopo di ricondurre i Galati sotto l'egida dei Pilastri. Infatti, il vangelo che stanno predicando questi intrusi proviene da un ''angelo dal cielo''.


Ma se anche noi stessi, oppure un angelo dal cielo vi annunciasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo annunciato, sia anàtema!
(Galati 1:8)

Provo a prendere Paolo in parola quando rivolge questa accusa che è anche un monito. Di certo questo non quadra affatto con l'immagine ortodossa di quel che dovrei attendermi dopo aver letto vangeli e Atti degli Apostoli.
Gli storicisti dicono che Paolo sta esagerando deliberatamente indugiando apposta nel linguaggio iperbolico: che si scomodasse addirittura un angelo del cielo a intralciare Paolo sarebbe, nella loro esegesi del passo, un'esagerazione iperbolica e dunque non da prendere alla lettera. Ma ho già notato come lo stesso Bart Errorman rinuncia a vedere così facilmente iperboli in Paolo, specie quando scrive, avvicinandosi al pensiero di Richard Carrier (ma disonestamente mai senza riconoscerlo): 

 Io ho letto la lettera di Paolo ai Galati centinaia di volte sia in inglese che in greco. Ma li chiaro importo di quel che dice in Galati 4:14 semplicemente mai mi si mostrò, fino a, francamente, un pò di mesi fa. In questo verso Paolo chiama Cristo un angelo ... Paolo scrive  e voi non disprezzaste né aveste a schifo la prova che era nella mia carne ma mi accoglieste come un angelo di Dio, come Cristo Gesú stesso … Io ho sempre letto questo verso a indicare che i Galati avevano ricevuto Paolo nel suo stato da infermo al modo in cui avrebbero ricevuto un visitatore angelico, o perfino Cristo stesso. Ma il verso non sta in realtà dicendo che i Galati hanno ricevuto Paolo come un angelo o come Cristo; sta dicendo che lo hanno accolto come farebbero ad un angelo, come Cristo. In virtù di una chiara implicazione, allora, Cristo è un angelo.
 (Bart Errorman, How Jesus Became God, mia libera traduzione, pag. 252-253, mia enfasi)

Il punto è che Errorman, perfino così, continua a non capire tanto è limitato di comprendonio. Infatti ancora non riesce a realizzare l'esatta misura in cui la più antica cristologia cristiana fosse vertiginosamente alta, come gli rimprovera Larry Hurtado (che pure è un folle apologeta di massimo grado, ma almeno non così banalmente idiota come Errorman).


Ma si provi a fare a meno di interpretazioni storiciste e a leggere la lettera ai Galati senza il giogo delle lenti proto-cattoliche.

Continua Paolo:
L’abbiamo già detto e ora lo ripeto: se qualcuno vi annuncia un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anàtema!
(Galati 1:9)


Paolo sta dicendo che un vangelo può giungere all'orecchio umano o da uomini o da un angelo del cielo. Se Paolo si affretta a dire ''angelo DAL cielo'' allora di sicuro non intende un angelo travestito da uomo e considerato un mero uomo dalla gente. L'angelo che consegna il vangelo è davvero celeste e visto come tale.


Paolo prova che il suo vangelo è il vero vangelo perchè è giunto a lui direttamente tramite rivelazione da Gesù Cristo.


Vi dichiaro, fratelli, che il Vangelo da me annunciato non segue un modello umano; infatti io non l’ho ricevuto né l’ho imparato da uomini, ma per rivelazione di Gesù Cristo.
(Galati 1:11-12)

Il vangelo di Paolo non è venuto da un uomo o da un angelo ma per diretta rivelazione da Gesù.


Questo fatto è fornito come la prova che il suo vangelo è il vero vangelo.




 “...oppure un angelo dal cielo” può avere un solo significato: il vangelo proviene dal cielo, tramite un messaggero celeste, un angelo. Non c'è posto semplicemente per un vangelo che proviene da un Gesù storico.
Galati 1:11-12 quindi diventa la pretesa di Paolo che lui ha ricevuto il vangelo in quella unica e sola legittima maniera, proprio come Pietro è costituito apostolo degli Ebrei allo stesso modo, in 2:8 (vedi in seguito). Paolo non dipese per nulla dalla ricezione del vangelo da una tradizione orale, proprio come Pietro: questo significa che neppure Pietro e gli altri di Gerusalemme ricevettero il vangelo da una fonte terrena, il Gesù storico. Se così non fosse, se Pietro è diverso da Paolo, allora non solo l'intero castello di carte che sta a fatica costruendo Paolo per persuadere i Galati crollerebbe all'istante, ma Paolo non si permetterebbe mai e poi mai di paragonare la sua elezione (per volontà celeste) ad apostolo dei Gentili alla costituzione di Pietro quale apostolo degli Ebrei... ...A MENO CHE ANCHE PIETRO FOSSE COSTITUITO COME TALE IN NOME DELLA MEDESIMA VOLONTÀ CELESTE ESPERITA PER RIVELAZIONE. 

Questa analisi fa emergere alla luce anche qualcos'altro: mette in dubbio, se proprio non distrugge, la fiducia irrazionale dei folli apologeti che Paolo in Galati 1:11-12 si riferisca solo all'autorità rivendicata da Paolo unicamente in materia di circoncisione & Torah e non investa invece piuttosto l'intera e più ampia definizione di vero apostolato.

E per due ragioni:

1)  Paolo si sta troppo emotivamente riscaldando qui per doversi limitare solo a quei dettagli, per quanto importanti: è in gioco la ragione stessa della sua presenza fra i Galati e dunque deve rischiare il tutto per tutto scoprendo tutte le sue carte, a cominciare dal mettere bene in chiaro che lui è un VERO apostolo esattamente come lo è Pietro, senza alcuna differenza che non sia un mero fatto temporale (che Pietro lo è diventato prima di lui).


2)
sarebbe irrazionale figurarsi un Paolo che rivendica uguaglianza con i Pilastri di Gerusalemme solo su un punto, e per giunta su un punto così minato proprio a causa dell'ostinata opposizione di quelli stessi Pilastri su quel medesimo punto: ossia in merito agli aspetti della Legge da applicare ai gentili. Infatti è esattamente rispetto a quel punto che Paolo e i Pilastri discordano fatalmente, e dunque men che meno proprio lì Paolo si sognerebbe di proclamarsi ''EGUALE'' a Pietro quanto ad autorità: in che cosa pretendi di considerarti ''EGUALE'' a Pietro in materia di circoncisione se tu Paolo discordi con Pietro proprio su quel punto??? Chiaramente non regge.




Paolo poi ricorda ai lettori del suo zelo nell'ebraismo ortodosso, la sua persecuzione della chiesa, e poi la sua chiamata all'apostolato.
Ma quando Dio, che mi scelse fin dal seno di mia madre e mi chiamò con la sua grazia, si compiacque di rivelare in me il Figlio suo perché lo annunciassi in mezzo alle genti, subito, senza chiedere consiglio a nessuno...
 (Galati 1:15-16)

Dio lo scelse per essere un apostolo dei Gentili. Per rivelare il suo Figlio Gesù ''in'' lui, qualsiasi cosa questo significhi.

 Solo quello, ricordatelo, è la prova che il suo vangelo è vero.
...subito, senza chiedere consiglio a carne e sangue, senza andare a Gerusalemme da coloro che erano apostoli prima di me, mi recai in Arabia...
(Galati 1:16-17)


Esistevano apostoli prima di Paolo. Il vero apostolato, ne deriva, discende da una chiamata diretta da Dio e da una rivelazione da Gesù o su Gesù.
 
Paolo sta dicendo in effetti che lui, proprio come gli altri apostoli, è un apostolo in virtù di avere esperito una rivelazione.
Egli perciò non è inferiore agli altri. È un apostolo a causa della stessa ragione per la quale lo sono gli altri prima di lui. Il suo vangelo è vero.

 Non esiste nulla a suggerire che il suo apostolato gli deriva dall'avere conosciuto Gesù nella carne. Quella clausola si deve alla propaganda dell'autore di Atti. È l'anti-marcionita ''Luca'' a sostenere che la corretta ''ortodossia'' di un apostolo possa passare il test della verità solo a condizione che l'autorità di riferimento proviene da Gesù dal momento del suo battesimo alla sua morte e risurrezione. Quest'opinione dell'apostolato fu introdotta dall'autore di Atti come evidente supporto politico a favore dell''ortodossia''. Uso l'aggettivo ''politico'' qui per sottolineare il carattere arido, quanto a sensibilità religiosa e a mancanza di scrupoli in tal senso, di tale scelta.

Prima di allora, comunque, in questa lettera ai Galati, non esisteva affatto un apostolato del genere. Perfino l'apostolato di Giacomo, Pietro e Giovanni, i famigerati Pilastri, passava il test della verità solo in conseguenza di una rivelazione diretta da Dio o Gesù.

Non esistono ''dodici'' apostoli nella lettera ai Galati. Anche quello si trattava di un sviluppo posteriore. Pare che l'''ortodossia'', come la si capisce in Atti, cercò di sacralizzare l'apostolato solo collegandolo ad un Gesù umano - apparentemente in latente contraddizione contro un'opinione precedente del tutto diversa del medesimo apostolato. Un aspetto ridicolo dei folli apologeti è che, perfino se si assumesse la loro definizione storicista di apostolato Giacomo il fratello del Signore non può essere stato un apostolo perchè, stando ai vangeli, non si unì mai a Gesù durante la sua esistenza terrena.


L'autore di Atti goffamente fa di Giacomo quello che dirige l'assemblea dei Dodici al concilio di Gerusalemme.

Quando Paolo descrive il suo incontro con Giacomo il fratello del Signore, specifica che Giacomo è solo un ''fratello del Signore'' (perfino se fosse un Pilastro di Gerusalemme) perchè deve sottolineare che l'unico apostolo che incontrò fu solo Pietro, e nessun altro. Solo così può rassicurare i Galati che il suo vangelo proviene certamente da Dio, visto che l'unico apostolo che ha incontrato (e ha conosciuto di persona) è solo Pietro, e addirittura solo per pochi giorni.


E quindi quando successivamente Paolo descrive il suo incontro successivo con Giacomo il fratello del Signore (dunque solo un cristiano autorevole ma non un apostolo), con Pietro e Giovanni a Gerusalemme, lo stesso Paolo dice che Pietro fu costituito apostolo in missione tra gli Ebrei allo stesso modo in cui lui è costituito apostolo tra i Gentili. A parte che i Dodici non vengono affatto menzionati, si nota chiaramente che Pietro è la controparte di Paolo.
Anzi, visto che a me era stato affidato il Vangelo per i non circoncisi, come a Pietro quello per i circoncisi – poiché colui che aveva agito in Pietro per farne un apostolo dei circoncisi aveva agito anche in me per le genti – ...
(Galati 2:7-8)

Giacomo è il leader. Giovanni non si sa se è un fratello del Signore come Giacomo (dunque non un apostolo) oppure è a sua volta un apostolo. Pietro/Cefa è l'apostolo degli Ebrei come Paolo è l'apostolo dei gentili. Tutti sono apostoli perchè hanno ''visto'' il Cristo risorto.

Ma allora chi sono i nemici di Paolo che lo costringono ad impugnare l'argomento che un apostolo deve aver ricevuto la sua autorità apostolica insieme al vangelo direttamente da Dio o Cristo, al punto da fargli dire che ANCHE LUI - dunque ESATTAMENTE COME LORO - ha ricevuto il vangelo non da uomini ma per mezzo di una rivelazione?


Il vero apostolo è perciò identificato non tramite una catena di tradizione orale o per successione apostolica, ma unicamente mediante una diretta vocazione spirituale.
Quando Paolo dice:
“Non sono forse un apostolo? Non ho visto Gesù?”
(1 Corinzi 9:1)


questa combinazione:
apostolo, aver ''visto'' Gesù
che rappresenta in realtà un'equazione:
apostolo = colui che ha ''visto'' Gesù
 ...se non è originariamente gnostica, è in ogni caso assai più vicina al pensiero gnostico successivo del II secolo di quanto lo fosse rispetto al proto-cattolicesimo di Luca-Atti degli Apostoli.

L'apostolo, che sia stato gnostico o no nella chiesa originaria non ha importanza, è chiamato direttamente da Dio. L'apostolo sa di esser tale in seguito ad una allucinazione estatica dove comunica con il divino.

Certo, in mezzo a voi si sono compiuti i segni del vero apostolo, in una pazienza a tutta prova, con segni, prodigi e miracoli.
(2 Corinzi 12:12)
...con la potenza di segni e di prodigi, con la forza dello Spirito...
(Romani 15:19)

...mentre Dio stesso aggiungeva la sua testimonianza alla loro con segni e prodigi, con opere potenti di ogni genere e con doni dello Spirito Santo, secondo la sua volontà.
 (Ebrei 2:4)
 La visione del mondo celeste e della via per salirvi potrebbe essere stata il prerequisito fondamentale dell'originario apostolo.

 
Non si può non rammentare qualcosa di familiare con il vangelo di Filippo che recita così:
“. Le cose in alto si sono manifestate a noi che siamo in basso, affinché potessimo entrare nel segreto della Verità. Questa è veramente quella che è onorata, che è potente. Ma noi penetreremo là attraverso modelli spregevoli e cose deboli. E sono davvero spregevoli, in confronto alla gloria perfetta. C'è una gloria che è piú alta della gloria, c'è una potenza che è al di sopra della potenza. Per questo motivo, la perfezione si è manifestata a noi con i segreti della Verità e il Santo dei Santi si è rivelato. . . . ”


Il Gesù storico è allora l'effetto, non l'origine, del cristianesimo. Paolo e il resto della prima generazione di ''fratelli del Signore'' attinsero dalle Scritture per creare una religione misterica ebraica, completa di rituali pagani come l'Eucarestia, termini gnostici a profusione nelle sue lettere, e un dio salvatore rivale degli Dèi egizi, persiani, ellenistici e romani.
 
Leggendo Galati in questo modo, viene però un sospetto: che Giacomo, Pietro e Giovanni, non fossero apostoli ''gnostici'' solo di fatto, ma anche di nome.