martedì 7 ottobre 2014

Respondens Petrus ait ei: Tu es Christus. (Marco 8:29)

AVVERTENZE PER L'USO: quanto dirò in questo post riflette solo la mia opinione personale, e dunque andrebbe considerato al livello del solo possibile e non del più probabile, qual è invece il modello delle origini cristiane proposto da Carrier/Doherty (per quanto riconosco di essere profondamente influenzato da quel modello).

  

Mi è sorto all'inizio un innocuo interrogativo, poi tramutatosi repentinamente in un più attento scrutinio, per terminare infine in un forte sospetto.

Se la parola Messia, Χρίστος in greco (che significa ''unto''),  designa il singolo uomo nato dal seme di Davide scelto da Dio per instaurare il dominio millenario di Israele sulla Terra, allora perchè tanta riluttanza all'idea che quando nelle più antiche fonti compare ''Cristo'' si debba per forza deviare dal più semplice significato ebraico di quel titolo?

La risposta scontata solita ovviamente non si fa attendere: i cristiani, perfino se non erano ancora chiamati tali ma ''fratelli del Signore'', avrebbero di certo ridefinito il termine Cristo a significare l'angelo celeste Gesù che muore e risorge.

Tuttavia osservo un fatto curioso nel vangelo considerato più antico, Marco. In quel vangelo Pietro e gli altri discepoli sperano fino all'ultimo che Gesù sia il Cristo atteso e si ''comporti'' da Cristo una buona volta: sbaragliando i romani una volta per tutte, fosse pure in extremis all'ultimo momento, quando non avrebbe potuto fare altrimenti, al Monte degli Ulivi, al suo arresto. Questa è la funzione dei 12 sostanzialmente nell'allegoria di Marco: ritrovarsi colpevoli, perfino se designati apostoli da Gesù in persona, di credere e sperare nel significato prettamente ebraico e tradizionale di ''Cristo'', del Messia. Credevano che il Messia non doveva morire e invece è morto nel più umiliante dei modi, dunque a vederlo risorto merita solo l'apostolo che precede Cristo nella Galilea dei gentili, ovvero Paolo. Punto. Stop. Fine della favola.

Questo fatto ha indotto parecchi studiosi storicisti fondamentalmente onesti (anche se vittima di concezioni errate poichè costretti loro malgrado a schiaffare per forza a priori nel quadro un Gesù storico)  a immaginare forzatamente che il Gesù storico fosse un sedizioso aspirante Messia-Re, e che tale lo ritenessero i suoi veri seguaci storici della prima ora (come pure i suoi più acerrimi nemici), salvo poi eclissarne i tratti scomodi dietro la maschera rassicurante dell'angelo Gesù che muore e risorge nei cieli inferiori.

Ma se non commetto il loro banale errore di contaminare in anticipo a priori il quadro offerto dall'evidenza con errati colori storicisti, cosa dovrei inevitabilmente concludere?

Solo una cosa.

Che i primi originali apostoli, compresi i Pilastri Pietro, Giacomo e Giovanni, fossero in tutta probabilità solo banali visionari, profeti e predicatori di un futuro Messia-Re Salvatore venturo che avrebbe spazzato via i romani liberando Israele (tanto per cambiare).

In fondo l'allegoria del primo vangelo riporta questo fatto storico a proposito di Paolo e dei Pilastri ''figli di Zebedeo'': secondo l'allegoria, non avevano vedute originali sul Messia, anzi si aspettavano che non solo reagisse al suo arresto, ma addirittura rivelasse ad amici e nemici i suoi super-poteri datogli da Dio da un momento all'altro.

In fondo quello è il significato allegorico dell'episodio evangelico seguente:
Giunsero a Betsàida, e gli condussero un cieco, pregandolo di toccarlo. Allora prese il cieco per mano, lo condusse fuori dal villaggio e, dopo avergli messo della saliva sugli occhi, gli impose le mani e gli chiese: «Vedi qualcosa?». Quello, alzando gli occhi, diceva: «Scorgo gli uomini, perchè vedo come alberi che camminano». Allora gli impose di nuovo le mani sugli occhi ed egli ci vide chiaramente, fu guarito e da lontano vedeva distintamente ogni cosa. E lo rimandò a casa sua dicendo: «Non entrare nemmeno nel villaggio».
(Marco 8: 22-26)

che fa da parallelo e da correttivo allo stentato riconoscimento della vera identità di Gesù subito dopo (si veda Marco 8:27-30) con la non trascurabile differenza che oltre ad essere stentato, quel riconoscimento fu pure mancato, con tanto di severo rimprovero di Gesù a seguirlo (culminato nel famoso VADE RETRO SATANA di Marco 8:33): gli uomini ''come alberi che camminano'' visti dal cieco di Betsaida dopo il primo fallito tentativo di risanarne la vista ne denotano l'ignoranza sul vero significato di Messia, alla luce di quali ambizioni quelli stessi uomini-albero, novelli Ent, erano portatori, in Giudici 9. Ovvero di volere un Re-Messia per sé stessi, esattamente come Pietro e i 12. [1]





Ma Iotam, informato della cosa, andò a porsi sulla sommita del monte Garizim e, alzando la voce, gridò: Ascoltatemi, signori di Sichem, e Dio ascolterà voi!

Si misero in cammino gli alberi
per ungere un re su di essi.

Dissero all'ulivo:
regna su di noi.
Rispose loro l'ulivo:
Rinuncerò al mio olio,
grazie al quale
si onorano dèi e uomini,
e andrò ad agitarmi sugli alberi?
Dissero gli alberi al fico:
Vieni tu, regna su di noi.
Rispose loro il fico:
Rinuncerò alla mia dolcezza
e al mio frutto squisito,
e andrò ad agitarmi sugli alberi?
Dissero gli alberi alla vite:
Vieni tu, regna su di noi.
Rispose loro la vite:
Rinuncerò al mio mosto
che allieta dèi e uomini,
e andrò ad agitarmi sugli alberi?
Dissero tutti gli alberi al rovo:
Vieni tu, regna su di noi,
Rispose il rovo agli alberi;
Se in verità ungete
me re su di voi,
venite, rifugiatevi alla mia ombra;
se no, esca un fuoco dal rovo
e divori i cedri del Libano.

Ora voi non avete agito con lealtà e onestà proclamando re Abimèlech, non avete operato bene verso Ierub-Baal e la sua casa, non lo avete trattato secondo il merito delle sue azioni... Perchè mio padre ha combattuto per voi, ha esposto al pericolo la vita e vi ha liberati dalle mani di Madian. Voi invece oggi siete insorti contro la casa di mio padre, avete ucciso i suoi figli, settanta uomini, sopra una stessa pietra e avete proclamato re dei signori di Sichem Abimèlech, figlio della sua schiava, perchè è vostro fratello. Se dunque avete operato oggi con sincerità e con integrità verso Ierub-Baal e la sua casa, godetevi Abimèlech ed egli si goda voi! Ma se non è così, esca da Abimèlech un fuoco che divori i signori di Sichem e Bet-Millo; esca dai signori di Sichem e da Bet-Millo un fuoco che divori Abimèlech!» Iotam corse via, si mise in salvo e andò a stabilirsi a Beer, lontano da Abimèlech suo fratello.

(Giudici 9:7-21)


Dunque nessuna ultima cena. Nessun arresto. Nessuna crocifissione. Nessuna resurrezione. Il Messia-Re predicato dai Pilastri non era ancora venuto sulla Terra, ma già comunicava ai suoi prescelti - nonchè veri ''fratelli del Signore'' - i suoi grandiosi piani di battaglia e le sue promesse di un Regno millenario sulla Terra, con i pagani assogettati finalmente al culto dell'unico, vero Dio.

Poi, ad un certo punto, sbuca fuori Paolo.

Costui odia gli zeloti e i filozeloti e sospetta evidentemente i primi ''cristiani'' di covare e diffondere sentimenti anti-romani e dunque di mettere in forse in questo modo i rapporti già difficili degli ebrei con la Pax Romana.
Per questo Paolo perseguita questi pii seguaci del venturo Re-Messia Salvatore. Ma ad un certo punto qualcosa succede: Paolo si sente predestinato a trasformare il concetto stesso di Messia perchè il Messia stesso glielo ha rivelato. Inizia a farsi un nome pure lui come apostolo di Cristo. Dopodichè, ritenendolo ormai maturo, decide di incontrare proprio coloro che perseguitava in passato. Ovvero Pietro, rappresentante dei primi apostoli del Messia venturo nonchè Pilastro della chiesa di Gerusalemme.

E gli altri credenti nel Cristo venturo, ascoltando di quell'incontro,
...sentivano soltanto dire: «Colui che una volta ci perseguitava, ora predica la fede che nel passato cercava di distruggere». (Galati 1:23)

Soddisfatto di condividere con Paolo la fede e la speranza nel Cristo venturo, Pietro gli dà carta bianca circa la predicazione ai pagani, purchè si mantengano timorati di Dio. E così Paolo cancella d'un colpo il proprio scomodo passato di persecutore e si dimostra anche lui profeta apocalittico di ''colui che deve venire'', come Giovanni il Battista, come Pietro, gli apostoli e i Pilastri.

Passano quattordici lunghi anni.

Ma dalle comunità da lui fondate nella Diaspora, delle strane voci giungono a Gerusalemme attraverso le spie dei Pilastri.
A quanto pare, Paolo stava predicando un Cristo crocifisso e risorto.
 
Ma se il Messia degli ebrei deve ancora venire, come poteva essere stato crocifisso?

Paolo affermava che il Messia-Salvatore stesso, ossia ''Cristo Gesù'', gli aveva rivelato direttamente che il Figlio di Dio era stato crocifisso ad opera di malvagi, invisibili ''arconti di questo eone'' (qualunque cosa fossero) ed era risorto come Signore della Gloria, oramai prossimo a devastare la Terra e a rapire i suoi veri ''fratelli del Signore'' in cielo.

Un uomo del genere, che traeva così tanta sicurezza dalle sue rivelazioni personali al punto da credersi l'agente di Dio in Terra (e che proprio a causa di questo ''dono'' era riverito e rispettato presso le comunità di ''fratelli del Signore'' da lui fondate) non poteva che essere incontrollabile.

Al secondo incontro con i Pilastri, al quale Paolo partecipò per sua spontanea volontà rimarcandone la ragione tutta personale al fine di sottolineare la sua indipendenza dai Pilastri (''...in seguito a una rivelazione...''), espose loro il contenuto del vangelo che predicava ma ''privatamente a quelli che sono i più stimati, per il timore di correre o di aver corso invano'' (Galati 2:2).

Durante quell'incontro in gran segreto, i Pilastri non potevano a quel punto che constatare l'evidenza: quell'uomo loro di fronte si sentiva predestinato da Dio a fare quello che faceva e non avrebbero mai potuto persuaderlo a fare il contrario. Nè lui e ''neppure Tito, che era non me, ed era greco, fu costretto a farsi circoncidere'' (Galati 2:3). Accettarono la sua offerta di denaro (che comportava evidentemente qualcosa in cambio: forse un qualche compromesso di sorta) e lo congedarono, con l'apparente riconoscimento dello status-quo.

Quando Paolo afferma che ''quando videro che a me era stato affidato il vangelo per gli incirconcisi (perchè colui che aveva operato in Pietro per farlo apostolo dei circoncisi aveva anche operato in me per farmi apostolo degli stranieri), riconoscendo la grazia che mi era stata accordata...'' (Galati 2:8-9), Paolo intende che il suo  ''vangelo per gli incirconcisi'' come pure ''la grazia'' che gli ''era stata accordata'' sono entrambi di provenienza divina e non frutto di mere decisioni umane: un puro e semplice fatto che non sfuggì ai Pilastri e che faceva di Paolo totalmente indipendente dalla loro sfera d'influenza. In altre parole, i Pilastri ''diedero la mano destra'' a Paolo e a Barnaba (che era con lui) ma non sappiamo quanto fossero sinceri in tale apparente amicizia. Infatti un piccolo indizio che il loro tradimento di quell'apparente amicizia fosse oramai alle porte (al punto che lo stesso Paolo non si stava facendo illusioni al riguardo) era che viene citato proprio Barnaba, il cui nome farà di nuovo Paolo ma in tutt'altro, più polemico contesto.

Ma oramai il dissidio era nell'aria e doveva manifestarsi prima o poi in tutta la sua virulenza all'esterno.
Ma quando Cefa venne ad Antiochia, gli resistei in faccia, perchè era da condannare...''
(Galati 6:11)

È Paolo a riprendere l'offensiva, stavolta. Attacca pubblicamente il Pilastro Pietro di fronte a tutti ad Antiochia, in un ambiente più favorevole a lui (non era in fondo Gerusalemme), invitando così ciascuno dei presenti a prendere posizione: o con lui o contro di lui.
La brusca reazione di Paolo è il segnale che l'apostolo da lungo tempo stava subodorando puzza di tradimento da parte degli stessi Pilastri che qualche tempo prima, a Gerusalemme e in un incontro segreto, gli avevano dato ''la mano destra'' a lui e a Barnaba. E quest'ultimo era uscito allo scoperto rivelando di essere un traditore al pari di Pietro.

E anche gli altri Giudei si misero a simulare con lui. A tal punto che perfino Barnaba fu trascinato dalla loro ipocrisia.
(Galati 2:13)

Il ruolo di Barnaba sembra quello di Giuda mentre il ruolo dei Pilastri sembra il ruolo dei farisei che pagarono Giuda per tradire Gesù. Non mi stupirei se Marco si fosse in parte ispirato a quell'incontro SEGRETO quando si inventò l'episodio della corruzione di Giuda coi famosi trenta denari.


Tutto quello che sappiamo dalla lettera di Galati di cosa avvenne in seguito si interrompe bruscamente al passo 2:15, proprio al culmine dello scontro, quando ci saremmo dovuti attendere un'autodifesa (seguito da un rapido contrattacco) di Pietro di fronte a Paolo. Forse era proprio Paolo a voler ignorare deliberatamente l'apologia di Pietro oppure la lettera ai Galati attuale è formata dall'unione di due lettere più piccole precedenti, ipotesi non da escludere a priori.

Ma quando vidi che non camminavano rettamente secondo la verità del vangelo, dissi a Cefa in presenza di tutti: «Se tu, che sei Giudeo, vivi alla maniera degli stranieri e non dei Giudei, come mai costringi gli stranieri a vivere come i Giudei
(Galati 2:15)

Tre volte si ripete la parola ''Giudei'' (e gli antichi mai ripetevano le parole per puro caso ma per dare loro la giusta enfasi), al punto che probabilmente Marco prese da qui l'ispirazione per dare all'apostolo traditore il famigerato nome per antonomasia di GIUDA.

Come Paolo aveva tradito Pietro dopo il primo incontro, fingendosi seguace del Messia venturo, così Pietro tradì Paolo dopo il secondo incontro, fingendosi seguace dello stesso Messia crocifisso di Paolo. E ad Antiochia ci fu la finale resa dei conti: non più in privato, ma in pubblico, Paolo mostra la sua aperta opposizione a Pietro, e viceversa. Ci fu uno scisma non più sanabile.


Dopodichè Paolo si mette a fare una lunga digressione sulla Legge, ecc.

Però le mai sopite tracce dell'antico conflitto perdurano perfino nella parte finale della Lettera ai Galati:
Riguardo a voi, io ho questa fiducia nel Signore, che non la penserete diversamente. Ma colui che vi turba ne subirà la condanna, chiunque egli sia. Quanto a me, fratelli, se io predico ancora la circoncisione, perchè sono ancora perseguitato? Lo scandalo della croce sarebbe allora tolto via. Si facciano pure evirare quelli che vi turbano!
(Galati 5:11-12)

''Chiunque egli sia'' che turba i seguaci di Paolo è un sinistro monito a Pietro e ai Pilastri: Paolo non ha mai riconosciuto, neppure per un momento, la loro autorità ma al più li ha trattati da pari a pari, nei momenti migliori, e con supponenza, nei momenti peggiori.

Io credevo che quello che scandalizzava i Pilastri fosse non tanto la crocifissione (pensavo infatti: ''in fondo i Pilastri predicavano pure loro un Cristo crocifisso!'') quanto il significato di cui Paolo ha rivestito la sua predicazione della croce: l'implicita cessazione di ogni rispetto per la Torah degli ebrei, che suonava come un pericoloso rinnegamento della propria identità etnica.

E invece no.
La fine della Legge era certamente un corollario del ''Cristo crocifisso'' di Paolo, ma non era la negazione della Torah quello che turbava principalmente i Pilastri, seppure anche quella negazione non faceva dormire loro notti tranquille.

I Pilastri erano turbati soprattutto perchè Paolo predicava ''Cristo crocifisso'' e solo in secondo piano per le conseguenze di quella predicazione. Paolo è chiaro in proposito:

se io predico ancora la circoncisione, perchè sono ancora perseguitato? Lo scandalo della croce sarebbe allora tolto via.
Associamo lettere a proposizioni così da rischiarare la logica sottesa alla domanda retorica di Paolo.

A: predicare la circoncisione.

B: essere perseguitato.


Se A allora ¬B eppure accade B. Dunque neppure la negazione di A non implica B. Per avere la negazione di B, occorre che si neghi la croce. Occorre che Paolo la smetta di predicare un Messia crocifisso. 

In altre parole:

se Paolo predica la circoncisione, si aspetta di non subire persecuzioni eppure sospetta che verrà comunque perseguitato. Dunque per non subire più minacce e ostilità non è abbastanza che predichi la circoncisione.  Per non subire persecuzioni l'unico requisito richiesto a Paolo è che rinneghi il suo Messia crocifisso. Che predicasse, come gli altri Pilastri, un Messia che deve ancora venire e che non verrà mai sconfitto.


In piena coerenza a questo ragionamento, Paolo afferma:
Tutti coloro che vogliono fare bella figura nella carne vi costringono a farvi circoncidere, e ciò al solo fine di non essere perseguitati a causa della croce di Cristo. Poichè neppure loro, che sono circoncisi, osservano la legge. Ma vogliono che siate circoncisi per potersi vantare della vostra carne.
(Galati 6:12-13)

Sembrerebbe che la circoncisione fosse un requisito minimo per non subire più persecuzioni a causa del pericoloso connubio instaurato da Paolo tra la ''croce di Cristo'' e la fine della Torah. Ma non è così. Paolo era stato chiaro in precedenza (Galati 5:11-12) quando aveva smentito che il rispetto della Torah costituisse una possibilità di riconciliazione. Perfino se predicasse la circoncisione, non cesserebbero, lui e i suoi seguaci, di essere bersaglio dell'ostilità dei Pilastri per via di quello che predicava: la ''croce di Cristo''.
 
Era la Croce lo scandalo. La Croce di Cristo era in sè più scandalosa dei suoi stessi effetti nella visione teologica di Paolo (la cessazione della Torah). Perchè i Pilastri non tolleravano a priori un Cristo crocifisso e risorto. Loro predicavano l'arrivo di un Cristo vittorioso e mai morto. Loro ''vedevano'' già in visioni il Messia il cui imminente arrivo sulla Terra attendevano ansiosamente come Giovanni il Battista, senza che mai quel Messia da loro tanto atteso fosse già venuto sulla Terra, tantomeno per morirvi nel più umiliante dei modi.


Paolo dice:
Quelli che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la carne con le sue passioni e i suoi desideri.
(Galati 5:14)

Ne deriva che i Pilastri, non appartenendo a Cristo Gesù perchè ne negano la crocifissione, sono colpevoli di vivere ancora κατα σαρκα, nella carne. Come i peggiori degli zeloti. Perfino se, contrariamente agli zeloti, non ostentano atti di belligeranza antiromana apertamente ma si limitano a covare l'odio contro Roma dentro di loro (in questo simili agli esseni), pronti a sprigionarlo esternamente quando arriverà il Messia.
Ma quanto a me, non sia mai che io mi vanti di altro che della croce del nostro Signore Gesù Cristo, mediante la quale il mondo, per me, è stato crocifisso e io sono stato crocifisso per il mondo. Infatti, tanto la circoncisione che l'incirconcisione non sono nulla. Quello che importa è essere una nuova creatura.
(Galati 6:14)

Paolo è esplicito nel proclamare apertamente quello che più fa orrore ai Pilastri, al di là se preserva o meno il rispetto della Torah: la croce di Gesù.

La persecuzione di Paolo cesserà, perchè Paolo giunge, rasentando pericolosamente l'idolatria di sé, a rivestirsi della stessa aura di sacralità e intoccabilità del suo Messia Crocifisso Gesù, al limite di una criptica ed enigmatica auto-identificazione con lui.
Da ora in poi nessuno mi dia molestia, perchè io porto nel mio corpo il marchio di Gesù.
(Galati 6:17)

 La conclusione da prendere per i Pilastri con un uomo simile è inevitabile:


Il nostro Signore e Profeta, che ci ha inviati, ci ha detto
che il Maligno, dopo aver lottato con lui per quaranta giorni,
ma senza prevalere, ha promesso che avrebbe mandato
degli apostoli, scelti tra i suoi adepti, per ingannarci.
Pertanto, ricordate innanzitutto di evitare
qualsiasi apostolo, maestro o profeta
che non confronti scrupolosamente il suo insegnamento
con quello di Giacomo ... il fratello del Signore ...
e questo anche qualora venga a voi con raccomandazioni.

Omelie pseudoclementine 11, 35
(Predica di Pietro a Tripoli)


Ma il destino dei Pilastri e dei loro seguaci, come di tutti coloro che speravano nell'arrivo imminente di un Messia militare, era segnato.

Nel 70 EC i romani espugnarono Gerusalemme, roccaforte degli ultimi zeloti, e rasero completamente al suolo il Tempio di Gerusalemme.


In conseguenza di ciò, gli ultimi superstiti giudeocristiani furono costretti, privi del Tempio ma non della speranza nel Messia futuro, ora tramutatosi in aperto spirito di vendetta, a credere anche loro in un Figlio di Dio immolato come Agnello celeste ed espiatore finale dei peccati di Israele in sostituzione di tutti gli inefficaci sacrifici pasquali fino ad allora offerti nel Tempio di Gerusalemme. Produssero il libro dell'Apocalisse, spirante odio e vendetta contro i romani e contro i seguaci di Paolo.

A quel punto avrebbero forse fatto coincidere il loro Messia-Agnello con un messia crocifisso, uno dei tanti, durante la rivolta antiromana a Gerusalemme, oppure avrebbero preso da Paolo stesso l'idea di un Messia crocifisso nei cieli inferiori: non posso dirlo con certezza. Quello che posso dire è che se giunsero ad accettare l'idea di un Messia crocifisso o immolato (non importa sapere da chi e dove e quando), lo fecero perchè privi del Tempio e dunque in stato di necessità di un sostituto celeste per i sacrifici materiali ivi svoltosi fino ad allora. I Pilastri storici infatti proseguivano a fare sacrifici al Tempio come tutti gli altri ebrei. Si diffuse infatti ben presto la fama del Pilastro Giacomo e del suo servizio costante nel Tempio stesso, al punto che la caduta di Gerusalemme fu attribuita leggendariamente alla sua morte per mano dei suoi nemici (forse filoromani nella misura in cui lui, aspettando l'imminente venuta di un Messia antiromano, era nemico di Roma).

Quella teologia della sostituzione da essi inaugurata (un Gesù-Agnello che si sacrifica per l'eternità sull'altare celeste al posto dei transeunti sacrifici animali di un Tempio per di più distrutto) attirò anche l'attenzione di ebrei e/o timorati di Dio ellenisti amanti dell'etica ebraica e delle Scritture ebraiche e adoratori di YHWH. Costoro produssero la Lettera agli Ebrei dove dimostrano di credere in un Messia-Sacerdote immolato ''fuori della porta della città'' (ovviamente fuori della Gerusalemme celeste, si intende [2]) ''per santificare il popolo'' (della Gerusalemme celeste) ''con il proprio sangue'' (Ebrei 13:12).  
 
Il Gesù della Lettera agli Ebrei è interamente mitico e spirituale, mai sceso sulla Terra e privo del benchè minimo indizio in tal senso.

Infine fu data al Messia Gesù una Non-Vita sulla Terra. Non so da chi e non so quando, ma so solo che nel primo vangelo che fu scritto gli originali profeti del Messia ebraico fanno la figura degli idioti. Non certo una bella figura.

 


[1] fu solo una coincidenza che J. R. R.Tolkien, alla prima bozza del Signore degli Anelli, prevedeva il ruolo dei cattivi alleati di Saruman per i suoi Ent?

[2] Scrive Carrier:
Gesù doveva passare attraverso le molte porte del cielo per raggiungere il firmamento ed essere ucciso da Satana e dai suoi demoni. Egli quindi doveva sacrificare sé stesso 'fuori dalla porta' del tempio celeste e trasportare indietro il suo sangue per effettuare la nuova alleanza...
(On the Historicity of Jesus, pag. 545, mia libera traduzione)