domenica 7 dicembre 2014

τοῦ λεγομένου Χριστοῦ è un'interpolazione cristiana (XI)

Il folle apologeta cristiano Eusebio di Cesarea riporta questa informazione attinta da un'opera ora perduta di Egesippo:
La cura della Chiesa passò a Giacomo, il fratello del Signore, e agli apostoli. Egli era chiamato il ''Giusto'' da tutti gli uomini dal tempo del Signore fino al nostro; perchè vi erano molti con il nome di Giacomo, ma egli era stato santo sin dal grembo di sua madre. Non beveva vino né bevande forti, e non mangiava carne. Sul suo capo non passava alcun rasoio, non si ungeva mai di olio, e non andava ai bagni. Era l'unica persona cui era concesso di entrare nel santuario, poichè non indossava lana ma lino. Era uso recarsi al tempio da solo e lo si trovava inginocchiato a pregare per il perdono degli uomini, tanto che le ginocchia gli erano diventate dure come quelle di un cammello per il suo continuo inginocchiarsi, adorare Dio e implorare il perdono per gli uomini. A causa della sua grande rettitudine era chiamato Giusto e Oblias [che vuol dire in ebraico ''Difesa degli uomini'' e ''Giustizia''], secondo quanto i profeti dicono di lui. A ogni modo, alcuni delle sette sette tra la gente, che ho già descritto nei miei commentari, gli chiesero cosa fosse la ''Porta di Gesù'': Egli rispose che era il Salvatore. In base a questo alcuni furono portati a credere che Gesù fosse il Cristo. Le sette summenzionate non credevano nella resurrezione né in qualcuno che venisse a giudicare ogni uomo secondo le sue opere. Ma coloro che credettero, credettero grazie a Giacomo. Ora, poichè molti del governo erano credenti, vi fu un tumulto tra gli Ebrei, e gli scribi e i farisei dicevano che era un pericolo che tutta la gente ritenesse Gesù il Cristo. Perciò si riunirono e parlarono a Giacomo: «Facciamo appello a te», dissero, «per placare la folla, perchè essi hanno un'idea errata su Gesù e pensano che egli sia il Cristo. Facciamo appello a te perchè convinca riguardo a Gesù tutti coloro che vengono per il giorno di Pasqua; perchè noi tutti ti obbediamo. Noi e tutta la gente rechiamo testimonianza che sei giusto e imparziale. Perciò convinci la folla a non farsi un'idea errata su gesù. Poiché tutta la gente e tutti noi ti obbediamo. Mettiti in piedi sui merli del tempio, in modo da poter essere visto dal basso, e che le tue parole siano udite da tutta la gente. A causa della Pasqua tutte le tribù si sono radunate, e anche i gentili». Così i summenzionati scribi e farisei misero Giacomo in piedi sui merli del tempio e gli gridarono: «Ehilà, Giusto, noi tutti ti dobbiamo obbedienza. Poichè la gente si smarrisce dietro a Gesù che è stato crocifisso, dicci: cos'è la Porta di Gesù?». E Giacomo rispose con voce sonora: «Perchè mi chiedete del Figlio dell'Uomo? Egli siede in cielo alla destra della Grande Potenza, e verrà sulle nubi del cielo». E molte persone furono convinte e glorificarono la testimonianza di Giacomo, dicendo «Osanna al figlio di Davide». Allora gli stessi scribi e farisei si dissero l'un l'altro: «Siamo stati degli stolti a dare a Gesù questa risonanza. Saliamo e gettiamolo giù, cosicché essi si spaventino e cessino di credergli». Allora gridarono: «Oh, oh, persino il Giusto è in errore!». Ed essi adempirono alle parole di Isaia: «Rimuoviamo l'uomo giusto poichè è per noi importuno. Ma essi mangeranno il frutto delle loro opere». Essi salirono e gettarono giù il Giusto e si dissero l'un altro: «Lapidiamo Giacomo il Giusto». Essi cominciarono a lapidarlo, perchè quando era caduto non era rimasto ucciso. Ma egli si voltò e si inginocchiò, pregando: «O Signore Padre Nostro, perdonali, perchè non sanno quel che fanno». Mentre lo lapidavano, uno dei sacerdoti dei figli di Rechab figlio di Rechabim, a cui il profeta Geremia aveva recato testimonianza, gridò: «Fermatevi! Cosa fate? Il Giusto sta pregando per noi». Poi uno di loro, un lavandaio, prese il randello che usava per battere le stoffe e colpì Giacomo sul capo. Così egli subì il martirio. Lo seppellirono in un luogo vicino al tempio, e la sua pietra tombale è ancora lì vicino al tempio. Egli divenne autentica testimonianza per gli Ebrei e i Greci che Gesù è il Cristo. Subito dopo Vespasiano cominciò ad assediarli.
(Eusebio, Storia della Chiesa, 2.23.4·18)

Il folle apologeta ateo Tim O'Neill [1] riteneva, contro Richard Carrier, che la frase ''fratello di Gesù, detto Cristo, Giacomo di nome'' di Antichità Giudaiche 20:200, fosse così com'è scritta, con tanto di riferimento ad un ''detto Cristo'', autentica di Flavio Giuseppe, perchè la spiegazione più semplice, sempre secondo questo Tim O'Neill, sarebbe che dietro la leggenda di Giacomo il Giusto presente in Egesippo ci fosse un dato storico:
L'idea che morte di Giacomo fosse in qualche modo cosmicamente collegata alla caduta di Gerusalemme sembra essere stata attorno molto tempo prima di Origene ed è anche riflessa in Egesippo, che offre la sua descrizione della morte di Giacomo e poi nota ''Subito dopo Vespasiano cominciò ad assediarli''. Troviamo lo stesso tropo in Eusebio (anche se qui ovviamente seguendo Origene) e in Girolamo ed è anche implicato in alcune tradizioni gnostiche riguardo Giacomo.

In realtà, se si omette il costrutto ''detto Cristo'', l'intero passo di Flavio Giuseppe assume tutt'altro senso nella misura in cui il Gesù introdotto appena prima della menzione di Giacomo ha il solo scopo di chiarire la curiosa beffa del destino che portò alla destituzione del carnefice Anano proprio col fratello della vittima Giacomo, vale a dire ''Gesù figlio di Damneo''.


 Venuto a conoscenza della morte di Festo, l'imperatore inviò Albino quale governatore per la Giudea. Il giovane Anano, che come ho già accennato era diventato sommo sacerdote, aveva un carattere insolitamente diretto e audace. Egli seguiva la setta dei sadducei, che sono nei loro giudizi i più severi fra tutti gli Ebrei, come ho già dimostrato. Anano, visto il tipo d'uomo che era, pensò di avere un'opportunità ideale, con festo morto e Albino ancora in viaggio. Convocò un consiglio di giudici; portò al suo cospetto il fratello di Gesù, detto Cristo, il cui nome era Giacomo, e alcuni altri, li  accusò di trasgredire la legge e li condannò alla lapidazione. Tutti coloro che erano ritenuti i più ragionevoli della città, e coloro che erano rigorosi in questioni di legge si adirarolto per questo e in segreto inviarono n messaggio al re chiedendogli di ordinare ad Anano di non comportarsi più in tal modo; in effetti, dissero, egli aveva agito in modo illecito fin dall'inizio. Alcuni di essi si recarono addirittura da Albino in viaggio da Alessandria e gli dissero che era illegale che Anano avesse convocato un consiglio senza il suo permesso. Albino fu persuaso da ciò che dissero e scrisse una lettera adirata ada Anano, minacciando di punirlo. Fu a causa di questo che il re Erode Agrippa privò Anano del sommo sacerdozio, che aveva detenuto per tre mesi, nominando al suo posto Gesù figlio di Damneo.
(Flavio Giuseppe, Antichità Giudaiche 20.200)

 
La fiducia di Tim'O Neill nella presenza di un solido nucleo storico dietro la leggenda in Egesippo della morte di Giacomo il Giusto per mano dei ''giudei'' è però già seriamente incrinata dallo stesso dubbio racconto di Egesippo.
Ad esempio, così Richard:
I passaggi più importanti che  sopravvivono da Egesippo coinvolgono storie sulla famiglia di Gesù. Ma sono così ovviamente fittizie da non poter porre nessun valore in loro come Storia. 
(On the Historicity of Jesus, pag. 327, mia libera traduzione)

E ancora:
Le implausibilità storiche e narrative di questo racconto sono così numerose che possiamo essere certi che la storia è a tutti gli effetti una fabbricazione. La descrizione di Giacomo è trasparentemente mitica; l'idea che 'solo lui' avesse accesso nel sancta sanctorum del tempio è evidente sciocchezza; che le autorità ebraiche collocassero un evangelista cristiano sul pinnacolo del tempio per dissuadere la folla dall'adottare i suoi insegnamenti è ovvio mito; e che Giacomo  potesse sopravvivere ad una caduta da lì è impossibile; infatti, il comportamento di quasi tutti in tutta la narrazione non è affatto realistico (un'importante caratteristica della fiction); la morte di Giacomo come descritta non è in alcun modo legale (e sarebbe quindi stato un omicidio secondo la legge ebraica); e una sepoltura non solo all'interno delle mura della città, ma molto vicino al tempio stesso non è solo una menzogna garantita, ma tradisce la completa ignoranza dell'autore del racconto anche dei fatti più elementari del diritto e della cultura di Gerusalemme. Insomma, niente in questa storia può essere vero.
Ma ciò che è importante è che in nessun punto della storia in sé questo Giacomo ha mai detto di essere il fratello di Gesù. Egesippo lo descrive come tale quando introduce il racconto, ma l'ipotesi che questa storia, su un certo Giacomo il Giusto, è una storia di Giacomo fratello di Gesù, sembra essere un presupposto introdotto da Egesippo. Non è supportato da nulla nella storia. In effetti, questo Giacomo è descritto come se fosse un sacerdote (prestando facendo nel tempio e anche accedendo nel Santo dei Santi), non un carpentiere o un pescatore dalla lontana Galilea. Non c'è nessun riferimento ad un Gesù storico in questo racconto. Gesù è chiamato 'il crocifisso', ma Gesù era celestialmente crocifisso sul miticismo minimale, così ciò non distingue questo racconto come storicista. Al contrario, da nessuna parte è presente qualche riferimento ai testimoni o rapporti di Gesù che ha eseguito azioni o che ha fornito insegnamenti mentre era sulla terra, o dopo essere stato sulla terra. Invece, Giacomo parla solo di un Gesù nello spazio cosmico, che avrebbe dovuto discendere sulla terra nel futuro.
E la storia assume che nessuno pensava Gesù fosse il Cristo fino a che Giacomo (non Gesù, né nessun altro) iniziò a predicare che lo fosse. E questo ha portato persone a cercare Gesù e a seguire lui, ovviamente, ciò non può significare seguire il vivente Gesù  (che in questo racconto era non allora sulla terra), ma il Gesù celeste proclamato da Giacomo. La polemica al centro di questo racconto si concentra anche intorno alla domanda bizzarra, 'Qual è la porta di Gesù?' La risposta alla quale è stata era che 'egli il Salvatore' (il nome di Gesù, naturalmente, che significa 'salvatore'), il che implica che confessare che Gesù è il Cristo è la porta alla vita eterna. Il punto teologico potrebbe aver avuto qualcosa a che fare con l'identità di Gesù quale celeste sommo sacerdote, che controllava l'accesso alle porte del cielo (la qual cosa anche alcuni ebrei pre-cristiani potrebbero già aver creduto: Elemento 40). Ad esempio, Ignazio dice che Gesù 'è la porta del Padre, mediante la quale entrano' i santi e fedeli nel cielo, e che lui aveva questo potere perché gli erano dati i segreti di Dio e controllava il Santo dei Santi - che deve significare quello del tempio celeste, non essendoci nessun altro quando Ignazio scriveva. Il materiale su Giacomo in Egesippo conferma la nostra conclusione da Papia, che la vera informazione storica sulla chiesa primitiva non esisteva ed era stata sostituita con assurde invenzioni di questo tipo, che erano credute senza alcun dubbio o questione da autori come questo. Ma questa narrazione si collega anche alla prima redazione dell'Ascensione di Isaia e al Racconto della Stella di Ignazio in ulteriore supporto dell'ipotesi che vi era stata una setta di cristiani che non credeva in un  Gesù galileo, ma solo in un cosmico Gesù crocifisso, e che questi cristiani avevano i loro racconti e narrazioni, che altri cristiani potevano prendere in prestito e adattare ai loro scopi.
Da un tale setta ci si può aspettare che questo racconto manchi di qualsiasi riferimento a un Gesù storico, soprattutto ogni riferimento a questo Giacomo che è suo fratello, nonostante il suo dilungarsi in gran dettaglio sulle sue qualifiche in qualità di testimone nell'essere superlativamente pio e giusto - vistosamente omettendo da quella lista delle qualifiche la sua connessione familiare e il suo status di testimone oculare. Quelle sembrano essere state sconosciute all'autore originale della storia. Tale completa assenza di un Gesù storico in questo racconto di Giacomo  potrebbe forse essere spiegato solo come una casuale omissione, assumendo che l'autore che lo fabbricò del tutto semplicemente non pensava o non vedeva la necessità di includere qualsiasi dettaglio, o forse già avendolo incluso in sezioni non citate da Egesippo. Ma tale omissione aderisce anche al miticismo minimale ancora più perfettamente. Laddove la spiegazione dello storicista richiede di ipotizzare qualcosa che è meno del 100% certo essere il caso, la spiegazione del miticista non richiede di postulare nulla (oltre il miticismo minimale stesso, e stabilita conoscenza di background, tra cui gli Elementi 21-22 e 44). Ciò significa che questo racconto in Egesippo supporta il miticismo più della storicità, almeno leggeremente. Io sarò tanto generoso alla storicità per quanto posso e pongo una probabilità del 90% che un autore storicista potesse comporre il racconto come noi l'abbiamo, contro una probabilità del 100% che un autore miticista potesse comporre la narrazione come questa,  for probabilità di 9/10. 
Anche se credo che 4 su 5 sia più vicino alla verità (a significare una probabilità dell'80% che un autore storicista potesse comporre il racconto come questo).

(On the Historicity of Jesus, pag. 329-331, mia libera traduzione, corsivo originale, mio maiuscolo)


Gli argomenti portati da Richard Carrier contro l'affidabilità del racconto di Egesippo sono chiaramente schiaccianti di loro proprio. Ma c'è dell'altro che sono venuto a sapere accidentalmente leggendo il libro del prof Markus Vinzent,
Christ's Resurrection in Early Christianity: and the Making of the New Testament (Ashgate, 2011), e precisamente a proposito della reazione antimarcionita da parte dei proto-cattolici. In merito a Egesippo, così scrive il prof Vinzent:
Egesippo, che esplicitamente scrive contro Marcione, sarebbe stato considerato dal secondo come uno di ''coloro che difendevano la fede ebraica'' e ''univano il Vangelo con la Legge e i Profeti''. Le citazioni di Egesippo ''non lasciano alcuno spazio a Paolo come autorità''.
Nella sua Storia della Chiesa dell'inizio del quarto secolo, Eusebio offre un pò di dettagli su Egesippo: egli scrisse negli anni settanta o ottanta del secondo secolo ed era un convertito dagli ebrei, probabilmente di background samaritano. Egesippo, a dire il vero, mostra qualche considerevole conoscenza samaritana, ma la combina con un'alta stima per le origini ebraiche delle chiese, specialmente di quelle da Gerusalemme. Ma egli è egualmente netto nella critica del farisaismo e sadduceismo giudaico, e anche del cristianesimo samaritano. Per di più, lui vede il cristianesimo samaritano nell'atto di preparare la strada all'insegnamento di Marcione e alla separazione tra ebraismo e cristianesimo.
Per Egesippo la divergenza delle vie tra ebraismo e cristianesimo fu una disputa tutta interna-ebraica tra un cristianesio farisaico e un cristianesimo farisaico-samaritano. In chiara contrapposizione a Marcione, il cui messaggio egli vede come un tipo di ripudio samaritano dei giudei e del loro tempio, Egesippo riconnette gli inizi della Chiesa fermamente con Gerusalemme e il Tempio, e radica la giovane comunità profondamente nella più estesa famiglia di Gesù e di suo fratello Giacomo.
Contro, ma anche parzialmente in riconoscimento di Marcione, Egesippo raffigura Giacomo come 'il giusto' che fu annunciato dai profeti, manifesta tutti gli ideali ascetici marcioniti (no vino, un vegetariano, no taglio dei capelli, no profumi, no bagno) e fa credere il popolo nella risurrezione e nel giudizio. Egli è descritto come un'alternativa giudeo-cristiana al Marcione Paolino: la famiglia terrena di Gesù conta contro l'autorità visionaria di Paolo del Cristo Risorto.

(Christ's Resurrection, pag. 99-100, mia libera traduzione, mia enfasi)


 Lo stesso prof Vinzent sostiene che Papia di Ierapoli, pur di sommare più ''testimoni'' possibili creati ad hoc allo scopo di contrastare l'autorità gigantesca e minacciosa del Paolo di Marcione e del suo Vangelo, si serve di 1 Pietro e di 1 Giovanni.

Ed in particolare:
...1 Pietro chiama Cristo ''il Giusto'', che ha sofferto ''per l'ingiusto'', un'allusione e una sintesi di Isaia (53:1-12), ed anche una chiara istanza contro Marcione, che eguagliò il ''Giusto'' con il Dio dei Giudei per distinguerlo dal vero Dio d'Amore.
(Christ's Resurrection, pag. 98)

Dunque ecco perchè tanta così sospetta insistenza di Egesippo sul martirio di Giacomo ''il Giusto'': all'origine del suo racconto non vi era nessun nucleo storico, nessuna memoria di presunte pie virtù del pilastro Giacomo al punto da indurre a definirlo ''giusto'' per qualcosa che fosse relativo direttamente alla sua esistenza storica. Al contrario, all'origine delle pretese di Egesippo c'era, solo e soltanto, una pura necessità teologica. E per di più una POLEMICA necessità teologica. Contrastare Marcione conferendo a Giacomo, previa debita artificiale promozione da mero ''fratello del Signore'' - ovvero mero battezzato cristiano (il senso originario di Galati 1:19) - a ''fratello di Gesù'' secondo la carne, lo stesso titolo, ''Giusto'', che Marcione intese attribuire a più riprese invece al famigerato Demiurgo allo scopo di indicarne l'insensatezza perfino mentre esercitava la funzione di giudice severo del suo popolo, Israele.

Ne deriva che, in virtù di quella medesima, nuova ''regola del gioco'' instaurata da Egesippo (chiamare Giacomo ''il giusto'' per indicarne la fedeltà allo stesso Dio creatore definito ''giusto'' ma non ''buono'' da Marcione), il racconto di Egesippo è altrettanto ''affidabile'' storicamente, se non addirittura perfino meno, del racconto su Giacomo presente nella gnostica Prima Apocalisse di Giacomo, a proposito della quale il prof Vinzent ha questo da dirci:

Piuttosto diversa è la Prima Apocalisse di Giacomo, che è situata prima e dopo la Risurrezione. Prima della sua morte, Gesù annuncia la sua riapparizione e domanda a Giacomo di rinunciare sia alla sua carne che al suo nome per divenire Colui-che-è.  E, in realtà, dopo che il Signore aveva ''compiuto quel che era appropriato'', Giacomo attese in angoscia per ''molti giorni'' e ''stava camminando sul monte che è detto ''Gaugelan'', assieme ai suoi discepoli che lo ascoltavano perchè erano stati in pena, e lui era confortevole''. Poi,
le folle si dispersero e Giacomo rimase in preghiera, com'era suo costume, e il Signore apparve a lui. Egli terminò la [sua] preghiera e lo abbracciò. Egli lo baciò, dicendo, 'Rabbi, ti ho trovato! Ho udito delle tue sofferenze, che hai sopportato. E io sono stato parecchio in pena. Tu conosci la mia compassione. Perciò, per premeditazione, io stavo desiderando di non vedere questo popolo. Essi devono essere giudicati per quelle cose che hanno commesso. Infatti quelle cose che hanno commesso sono contrarie a quel che è appropriato'.
Gesù calma Giacomo ed escolpa 'questo popolo', i giudei, sottolinenando di non aver per nulla sofferto, ''e questo popolo non [gli] ha recato alcun danno''. In aggiunta, il titolo di Giacomo ''il Giusto'' indica, secondo Gesù, che Giacomo stava egli stesso servendo i poteri distruttivi tanto quanto lo stava facendo ''questo popolo''. Ma ancora, egli dà a lui speranza di venir redento, perchè sarà capace di dire ''Io sono un figlio, e io sono il Padre', o più precisamente, 'Io sono del Padre Pre-esistente, e un figlio nel Padre Pre-esistente''. Ed egli eviterà i poteri arcontici, perchè egli è desideroso di andare ''al luogo'' da cui egli è giunto.
(Christ's Resurrection, pag. 165, mia libera traduzione e mia enfasi)

Dunque è eliminata totalmente ogni seria possibilità di considerare valido il racconto di Egesippo, perfino per quanto riguarda l'origine dell'appellativo ''il Giusto''.

Quali conseguenze seguono da questa analisi?

Il Giacomo storico di Galati 1:19, chiunque sia stato, non fu mai chiamato ''il Giusto'' nè in vita nè dai suoi veri seguaci giudeocristiani dopo morto
, ma solo più di cent'anni dopo da un proto-ortodosso chiamato Egesippo in vena di strumentalizzare Giacomo in funzione anti-marcionita, in nulla di diverso da come agiva la stessa tendenziosa tattica propagandistico-pubblicitaria utilizzata dai famigerati Atti degli Apostoli. Nulla di storico. Zero. Solo punti teologici. E per giunta polemici contro altrui teologie. Eppure fu proprio quella totale invenzione di Egesippo sulla morte di Giacomo (nonchè sull'effetto che quella morte scatenò su Gerusalemme) a indurre Origene a fare l'ennesimo errore di memoria (come era solito fare in più di un'occasione), scambiando Egesippo per lo storico ebreo Flavio Giuseppe e originando per la prima volta quel costrutto tutto cristiano ''fratello di Gesù detto Cristo'' (prendendo a sua volta in prestito da Matteo quell'espressione ''detto Cristo'' che in Matteo 27:22 aveva una sottile sfumatura ironica posta in bocca ad un meravigliato Pilato). Ci pensò poi la distrazione di un anonimo scriba cristiano a far cadere accidentalmente nel testo di Giuseppe Flavio quella glossa ''detto Cristo'' confondendolo con il testo circostante dell'autore ebreo, appena in tempo prima che Eusebio si potesse accorgere dell'avvenuta duplicazione, allorchè reputò erroneamente di maneggiare due fonti indipendenti (Egesippo & Flavio Giuseppe) invece di una sola. Ma ora sappiamo che quell'unica fonte fu tutto frutto della fantasia di Egesippo.
Flavio Giuseppe non scrisse nulla su Gesù. Non accennò minimamente a lui. Mai. Da nessuna parte in tutta la sua opera.


Ecco altri frammenti di Egesippo consegnatici da Eusebio:
E oltre a questo Egesippo dice che dopo la presa di Gerusalemme, Vespasiano ordinò che si cercassero tutti coloro che erano della famiglia di Davide, cosicchè tra gli Ebrei non rimanesse nessuno della famiglia reale, e per questa ragione agli Ebrei fu inflitta un'altra grande persecuzione.


Ancora sopravvivevano della famiglia del Signore dei pronipoti di Giuda, che si diceva fosse suo fratello naturale, che furono denunciati quali membri della famiglia di Davide. L'ufficiale li portò dinanzi all'imperatore Domiziano; poichè, proprio come era stato per Erode, egli aveva paura della venuta del Cristo. Quando Domiziano chiese loro se fossero della casa di Davide, essi risposero di sì. Poi chiese loro quanti beni possedessero e quali fossero le loro finanze; essi dissero di posseedre solo novemila denari, divisi equamente tra di loro; ma non li avevano in moneta, ma stimati in soli venticinque acri, su cui pagavano le tasse e che lavoravano per sostentarsi. Poi mostrarono le loro mani e la durezza dei loro corpi come prova delle loro fatiche ei calli che spiccavano sulle loro mani come conseguenza del loro incessante lavoro. Quando fu loro chiesto di Cristo e del suo regno, come fosse e dove e quando sarebbe apparso, essi risposero che non era di questo mondo o terreno, ma celeste e angelico e che sarebbe venuto alla fine dei tempi, quando egli sarebbe giunto in gloria per giudicare i vivi e i morti e ricompensare ogni uomo secondo le sue azioni. A questo punto Domiziano non li condannò, ma li lasciò andare, disprezzandoli in quanto semplici, e ordinò che la persecuzione della Chiesa cessasse. Ma dopo che furono rilasciati, divennero i capi delle Chiese, poichè essi avevano recato testimonianza e inoltre erano della famiglia del Signore, ed essi rimasero in vita nella pace che regnò fino a Traiano.


Ma provvede stavolta Richard Carrier, qualora vi fossero ancora dubbi, ad eliminare radicalmente ogni ulteriore dubbio su queste ridicole false pretese del protocattolico Egesippo, stroncandole alla radice. E Richard è crudele:
Egesippo registrò almeno un altro racconto apocrifo sulla famiglia di Gesù, che non può confermare né la storicità né il mito: la storia che i nipoti di suo fratello Giuda (il quale solo 'alcuni dicevano' era stato il fratello di Gesù) fu condotto alla corte di Domiziano (negli anni 80 o  90 EC), perché Domiziano aveva paura della seconda venuta di Cristo (storicamente, un motivo del tutto implausibile) e aveva comandato che tutti gli eredi davidici fossero uccisi (anche se l'idea stessa che qualcuno pensava ci sarebbero eredi davidici da uccidere per allora non è credibile). Questa storia contiene un numero di implausibilità e non sembra qualcosa a cui noi daremmo credito come vero. Sembra anche che non fosse in origine una storia di cristiani, ma degli ebrei messianici. Nel nucleo del racconto in sé, nessun Gesù è mai menzionato, e i 'Giudei' condotti a corte non sono mai detti di essere altro che gli ebrei in attesa di un messia a venire alla fine del mondo. Ciò è stato apparentemente trasformato in una storia di Domiziano persecutore, e poi che mette fine alla persecuzione, dei cristiani. Ma da altre fonti sappiamo solo di Domiziano che perseguita gli ebrei, e solo quelli nella sua casa. Qualunque sia il caso, Egesippo rivela la sua mano quando apprendiamo da Eusebio che ha detto tutti questi racconti al fine di 'dimostrare' che non vi era stata alcuna eresia prima del regno di Traiano, perché fino ad allora la famiglia di Gesù con i suoi discepoli aveva ovunque garantito una fedele adesione al vangelo 'vergine', e solo dopo la loro dipartita sorsero false sette. Tale fantasia non è solo certamente falsa (le epistole di Paolo già attestano numerose scismi, inclusa la propria, e vi erano sicuramente state innumerevoli ulteriori spaccature attraverso tutto il primo secolo), ma è anche un'ovvia ragione per inventare racconti di familiari e testimoni oculari di Gesù. E dai dettagli che troviamo nelle storie che raccontava, possiamo dire che sono non-credibili. Né c'è qualche fonte data per loro. Quindi nessun supporto affidabile per la storicità si può avere qui. La probabilità della presenza di tali storie è la stesso su ciascuna teoria.
(On the Historicity of Jesus, pag. 331, mia libera traduzione e mia enfasi)

[1] Per una stroncatura del folle apologeta O' Neill su altri punti si veda il mio post e quest'intera serie di Vridar.

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