giovedì 7 settembre 2017

Un'Analisi delle Origini Cristiane (III) — La prima Chiesa parlava greco.

(segue da qui)

 La prima Chiesa parlava greco.

Se la prima Chiesa è esistita a Gerusalemme, noi siamo obbligati ad illuminare un fatto che è di grande conseguenza: dato che la lingua parlata in questa comunità dai suoi capi e seguaci era l'ebraico o aramaico, seguirebbe che resoconti delle loro attività ci dovrebbero essere stati preservati tramite manoscritti in ebraico o aramaico originatisi coi suoi membri; comunque, al contrario, è grazie a documenti scritti in greco e destinati a comunità di lingua greca — dopo l'anno 70 — che questa tradizione palestinese, davvero debole ad ogni modo, ci ha raggiunto.
Inoltre, il Cristo ebraico di Gerusalemme avrebbe dovuto avere un nome ebraico: Yehoshua. Tuttavia, questo nome non apparve mai nella sua forma ebraica. Assunse per prima la forma del greco “Iesous” e poi diventò “Jesus” in latino.
Si asserisce parimenti che Gesù Cristo parlasse in aramaico e che probabilmente sapesse l'ebraico. Come conseguenza, ogni volta che egli alludeva alle scritture (Matteo 26:54; Luca 24:27, 45; Giovanni 5.39) mentre si rivolgeva agli ebrei di Gerusalemme, egli avrebbe dovuto citare la Bibbia ebraica e non la versione greca della Bibbia per poter essere compreso da loro. Tuttavia questo è precisamente l'opposto di ciò che è ricordato. Non solo le epistole di Paolo e gli Atti citano la Bibbia nella sua versione greca, la Septuaginta, ma perfino i vangeli fanno così quando essi pretendono di trasmettere le stesse parole di Gesù. Seguirebbe che se Gesù fornì i suoi discorsi in greco, allora egli non fu a Gerusalemme. Lo stesso vale per Pietro. Appare che anche lui cita l'Antico Testamento  agli ebrei di Gerusalemme nel greco della Septuaginta; ma le sue “sviste” non si limitano a ciò. Dopo la lettura di Atti (in 1:18-19), pochi saranno capaci di credere a ciò che ci viene detto.
E' possibile — se egli stesse parlando in aramaico agli ebrei di Gerusalemme oppure della regione — che Pietro avrebbe detto loro che il campo comprato da Giuda si chiamasse Acheldama nella loro lingua e che sia stato necessario tradurre in greco per un pubblico di lingua aramaica ciò che significò la parola (campo del sangue)?
Un'altra osservazione illustra la stessa cosa. È il canone alessandrino della Bibbia (non il canone palestinese scritto in ebraico) che utilizzarono gli ebrei dell'Egitto, dopo gli apostoli e i primi Padri. Come osserva Ireneo (confermato da Origene e Girolamo): Gli apostoli seguirono la versione della Septuaginta...infatti Pietro, e Giovanni, e Matteo, e Paolo, e gli altri come pure i loro seguaci, fornirono oracoli profetici proprio come li contiene la versione degli anziani (la Septuaginta). È solo successivamente, a partire da Origene, che — a causa delle esigenze dei loro argomenti cogli ebrei — i Padri sono costretti a riferirsi alla Bibbia Ebraica.   
Renan, che realizzò la difficoltà ma esitò a derivarne conclusioni, cercò una spiegazione che, in verità, fu solo un'ipotesi che non spiegava alcunchè. Egli pensava che dal secondo o terzo anno dopo la morte di Gesù, la lingua greca prevalse nella prima comunità dov'era dominante in precedenza. Piacerebbe sapere quale evento straordinario potesse aver recato un cambiamento simile, a Gerusalemme tra tutti i luoghi.
Se la Chiesa di Gerusalemme fosse esistita fin dall'inizio del cristianesimo, e se avesse giocato il ruolo guida che gli è stata attribuita, avrebbe inviato necessariamente direttive ad altre comunità cristiane, non importa se in greco, ebraico o aramaico. Come si spiega il motivo per cui queste lettere non sono state salvate, mentre quelle di Paolo e altre meno importanti lo furono?
Perché non erano neppure menzionate o riferite dai Padri della Chiesa? Perché i copisti e gli editori secondari delle sacre scritture (se erano esperti di interpolazioni e di scrittura di false epistole) non sentivano la necessità di attribuire i loro scritti a Giacomo, a Pietro [4] o alla Chiesa stessa e di lasciare tali raccolte di documenti in eredità così da stabilire la loro importanza e autorità? Se nessuno di quei documenti, veri o falsi, ci hanno raggiunto, non sarebbe perché non ci fu nessuna chiesa cristiana di Gerusalemme, e gli scribi (intorno all'anno 100) non avevano ancora il sospetto che ci fosse mai stata una?
Un'altra sorpresa: non esiste alcuna attestazione ebraica della chiesa cristiana del primo secolo, che è altrettanto ignorata dai contemporanei pagani. Questo silenzio è ancora più grave del silenzio riguardo a Cristo, poiché non vi è assolutamente alcuna spiegazione per esso.
Ovunque si possano trovare scorci di cristianesimo negli scritti ebraici, “è una mano cristiana che ha preparato quell'impressione per noi, o riconvertendo le parole dell'originale, oppure inserendo frasi interpolate. Falsari con vari gradi di abilità hanno approfittato successivamente del silenzio di scrittori conosciuti pur di tentare di ottenere prestigio tra i creduloni, a volte a beneficio di Cristo e dei suoi seguaci, e a volte a loro detrimento...” [5]
In realtà, nessuno attorno all'anno 110 avrebbe avuto un qualsiasi ricordo di sorta di fatti storici che erano avvenuti in Palestina attorno all'anno 30. Possiamo essere piuttosto certi che gli apologeti dell'undicesimo secolo non sapevano più di quanto sappiamo noi circa il soggetto, e che le loro fonti di informazione furono le stesse che abbiamo a nostra disposizione oggi.

NOTE

[3] Dovremo aggiungere che i sinottici non raccontano alcun miracolo di Gesù a Gerusalemme a parte il “miracolo” del fico selvatico che troviamo solo in Marco (11:12-14) e Matteo (21:18-19) e che è evidentemente un'interpolazione.

[4] Le epistole cattoliche ortodosse comprendono un'epistola attribuita a Giacomo e due a Pietro, ma esse sono posteriori, non dicono nulla circa una vita a Gerusalemme, e si limitano a materie dottrinali davvero generali. 

[5] Guignebert, Le Christ, pag. 16–17. Quelle correzioni testuali non vennero fatte probabilmente prima del 130.

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