mercoledì 27 dicembre 2017

Sull'Evoluzione del Cristianesimo (IV) — Altre Sette Ebraiche

(prosegue da qui)



CAPITOLO IV


ALTRE SETTE EBRAICHE


1. Gli Esseni

Gli Esseni erano una setta la cui sede principale era nella regione del deserto sul lato occidentale del Mar Morto. Ma comunità più piccole si espansero da lì e si insediarono in altri luoghi — in Palestina, Siria e Egitto. Le loro speculazioni religiose e filosofiche erano profondamente venate di misticismo; Il loro modo di vivere era ascetico. Erano semplici e frugali sia nel loro vestito che nel cibo, astenendosi dal vino e dagli alimenti animali; e molti di loro rifiutavano di sposarsi. Avevano una sorta di comunione di beni e consumavano i loro pasti in una tavola comune. Le loro dottrine furono formate in larga misura sotto l'influenza della filosofia greca, in particolare quella di Pitagora, per essere descritti come pitagorici ebrei. Si distinguevano dagli altri ebrei in alcuni aspetti importanti, sia nella pratica che nella dottrina. Flavio Giuseppe dice di loro che, quando mandano al tempio ciò che hanno dedicato a Dio, non offrono sacrifici, perché hanno loro purificazioni più efficaci; a motivo di cui sono esclusi dalla corte comune del tempio.
La somiglianza di alcuni dei costumi degli esseni con alcuni di quelli dei primi cristiani hanno portato alla conclusione che vi fosse una connessione tra i due gruppi e si è sostenuto che Gesù fosse un Esseno. Questa conclusione, tuttavia, non può essere accettata. C'è più motivo di pensare che Giovanni Battista fosse un Esseno, in quanto il suo modo di vivere da astemio e celibe corrisponde al loro. Infatti, il signor Taylor, redattore del Calmet's Dictionary of the Bible, ha offerto molte ragioni per credere che Giovanni il Battista appartenesse a quella setta. Il luogo dove è detto che avesse battezzato si trova nella regione occupata dagli Esseni. Ma è estremamente dubbio se Giovanni il Battista sia una figura storica. Il breve paragrafo in cui se ne parla in Flavio Giuseppe, Antichità, 18, capitolo 5, 2, ha tutto l'aspetto di essere un'interpolazione. Esso rompe la continuità della narrazione, e sembra come se fosse stato spinto tra i paragrafi due e tre. È stato anche osservato che sarebbe stato più conforme al metodo abituale di Flavio Giuseppe, se lui ebbe occasione di menzionare Giovanni il Battista, offrire alcune informazioni più particolari su di lui. L'affermazione in questo paragrafo sembra troppo isolata. Inoltre, nel paragrafo precedente si dice che Erode si recò a Roma; e Raschke ha dato ragioni per pensare che non avrebbe potuto tornare in Palestina per il momento in cui, secondo il paragrafo due, Giovanni fu messo a morte. Ma se il paragrafo è interpolato, è comunque prezioso a causa di ciò che ci dice; poiché afferma che “Giovanni era un buon uomo che spingeva i Giudei che praticavano la virtù e osservavano la giustizia fra di loro e la pietà verso Dio a venire insieme al battesimo; così infatti sembrava a lui accettabile il battesimo, non già per il perdono di certi peccati commessi, ma per la purificazione del corpo, in quanto certamente l’anima è già purificata in anticipo per mezzo della giustizia.” Ora, tutta questa è la dottrina essena e conferma l'opinione che ci fosse una stretta connessione  tra gli Esseni e il movimento attribuito a Giovanni.
È stato ritenuto strano che non esiste nessuna menzione degli Esseni nel vangelo e questo fatto è stato considerato da alcuni come prova che i primi cristiani fossero esseni. Ma è un fatto che gli esseni sono ignorati nel vangelo? Alcuni dei migliori critici del Nuovo Testamento (Schmiedel, per esempio) hanno riconosciuto che c'è una gran quantità di simbolismo nei vangeli — cioè vale a dire  alcune storie miracolose e porzioni della narrazione non si devono prendere al loro valore di facciata, possiedono un significato nascosto e devono essere interpretate in maniera simbolica, ma anche questi critici hanno sottovalutato il caso: W. B. Smith e Raschke hanno esposto un argomento molto potente per dimostrare che almeno il vangelo di Marco  è simbolismo puro dall'inizio alla fine. Sembra probabile che questo sarà ammesso col tempo. In ogni caso, se Giovanni il Battista non è un personaggio reale egli figura nel vangelo come un simbolo. E dal momento che le affermazioni fatte circa lui sembrano collegarlo più strettamente con gli esseni che con qualsiasi altra setta, sarebbe una conclusione naturale che egli figura come il rappresentante di quella setta. La parola greca baptisma non significa altro che “lavare con acqua” e poiché è noto che una delle abitudini degli Esseni era il lavarsi tutt'interi ogni giorno con acqua fredda, potevano naturalmente venir chiamati i battezzatori; e così Giovanni il Battezzatore sarebbe Giovanni l'Esseno. Raschke trova una conferma di questo nel nome stesso di “Esseno”; egli sottolinea che, siccome la parola aramaica per battezzatore è Es-hia, che in greco diventerebbe naturalmente Essaios, questo fatto, accoppiato alla pratica abituale degli Esseni sopra menzionata, avrebbe costituito un forte incentivo all'allegorizzatore per adottare il simbolo “Giovanni il Battezzatore” a indicare “Giovanni l'Esseno” e per rappresentare la setta degli Esseni. È degno di nota che, sebbene la lettura accettata in cap. 1, verso 4 del vangelo di Marco nel Testamento greco è “si presentò Giovanni a battezzare”, alcuni buoni manoscritti recitano “si presentò Giovanni il Battezzatore” — letteralmente colui che battezza. Se la seconda lettura fosse quella corretta, confermerebbe fortemente la conclusione appena raggiunta. L'unica differenza tra le due letture è l'omissione di una sola lettera, l'articolo determinativo, nella prima. Questo sarebbe potuto accadere facilmente nella copiatura, soprattutto perché lascia un buon senso — anzi, il copista avrebbe potuto ben pensare a un senso migliore, senza sapere la ragione per cui l'evangelista aveva messo l'articolo. Matteo utilizza il termine “Giovanni il Battista”; In Marco soltanto tra tutti gli evangelisti si trova l'espressione “Giovanni il Battezzatore”; e senza dubbio ogni scrittore aveva una buona ragione per la particolare forma della parola che utilizza. Un altro fatto che indica la stessa conclusione è che, mentre Flavio Giuseppe menziona tre sette religiose tra gli ebrei (farisei, sadducei e esseni), i vangeli citano anche tre (farisei, sadducei e discepoli di Giovanni). Questo suggerisce l'idea che lo scrittore evangelico intendesse collegare i discepoli di Giovanni con gli Esseni, poiché non menziona esplicitamente la seconda setta, anche se dobbiamo aspettarci che lo facesse.
Ma se si conclude giustamente che Giovanni simboleggia gli Esseni, questa conclusione porta alcune altre conclusioni molto importanti nel suo percorso. Poiché Marco connette l'inizio del Vangelo di Gesù Cristo in maniera così enfatica con Giovanni il Battista, deve esistere una stretta connessione tra i primi cristiani e gli Esseni. Il grande critico, Volkmar, ha espresso l'opinione che Marco fosse un completo artista, che le sue parole sono dense di significato e che non una frase scritta da lui è insignificante o senza scopo. Quale è dunque la natura della connessione che dobbiamo ritenere esistita? Abbiamo visto che gli Esseni erano stati così permeati con lo spirito della filosofia greca da venir chiamati pitagorici ebraici; da questo punto di vista erano simili agli gnostici, i quali parimenti nella loro speculazione erano stati sotto l'influenza del pensiero greco. Ma ci sono affinità più strette di questa. Pitagora insegnò che le anime degli dèi erano diverse dalle anime degli uomini. Questa visione corrisponde alle concezioni gnostiche di pneuma e psiche. Gli Esseni credevano che l'anima sia immortale, ma che non ci può essere la resurrezione del corpo, una credenza che è stata anche tenuta dagli gnostici, ma non dagli ebrei in generale. Gli Esseni erano mistici; così lo furono anche gli gnostici. Gli Esseni veneravano le scritture, ma le consideravano  scritti mistici e li spiegavano allegoricamente. L'interpretazione allegorica delle scritture era anche una caratteristica degli gnostici. Gli Esseni, come gli gnostici, credevano che il corpo sia essenzialmente malvagio e che debba essere mortificato. Questa convinzione li rese ascetici a un punto tale da aver usato acqua anziché vino nei loro sacramenti. Questo era anche vero per almeno alcuni degli gnostici, e per la stessa ragione. Marcione e i suoi seguaci, ad esempio, usavano acqua invece che vino al pasto sacramentale. Sarebbe quindi stato facile per un Esseno passare in qualche forma di gnosticismo ebraico; e da quello al cristianesimo gnostico il passo era breve. L'ipotesi che  si fosse svolto uno sviluppo del genere in un gruppo degli Esseni è supportata dalla dichiarazione negli Atti degli Apostoli che un ebreo di nome Apollo, nato ad Alessandria, colto nelle Scritture, parlò e insegnò accuratamente le cose su Gesù, a conoscenza solo del battesimo di Giovanni; equando Aquila e Priscilla lo avevano sentito gli spiegarono meglio la via di Dio. Qui troviamo un uomo che insegnava un cristianesimo di un certo tipo, ma che sembrava imperfetto o errato ad Aquila e Priscilla; e poiché egli è descritto come discepolo di Giovanni, deve essere stato in un certo senso o un altro Esseno, oppure strettamente legato agli Esseni. C'erano Esseni ad Alessandria, ed erano studenti diligenti delle scritture. Nel successivo capitolo degli Atti ritroviamo di nuovo  dei discepoli, il che significa solo cristiani di qualche tipo, i quali, quando interrogati da Paolo, dissero di essere stati battezzati col battesimo di Giovanni — cioè il battesimo degli Esseni. Come dobbiamo spiegare queste affermazioni, se non supponendo che alcuni degli Esseni avessero adottato una forma di credo gnostico? Gfrörer era del parere che gli Esseni fossero identici ai Terapeuti, citati da Filone. Ora, è risaputo che quei Terapeuti fossero gnostici pre-cristiani. Gfrörer perciò intravide un motivo per credere che gli Esseni fossero una setta di natura gnostica, nel cui credo egli non era probabilmente lontano dalla verità, anche se si sbagliò nell'identificarli con gli Terapeuti. In ogni caso, lo scrittore del vangelo di Marco aveva ragioni sufficienti per separare gli esseni dal resto degli ebrei e riconoscere in loro uno spirito e una visione mentale simile al proprio.

2. Ebioniti e Nazareni

Purtroppo, non sappiamo molto di queste due sette, e poiché c'era una grande somiglianza tra di loro, a volte sono confuse tra loro nei resoconti che abbiamo. In quasi tutti i loro aspetti erano ebrei ortodossi, anche se gli ebioniti sembrano avere avuto una certa affinità con i samaritani, perché essi, al pari di loro, respinsero i libri profetici dell'Antico Testamento. Praticamente l'unica differenza tra queste sette e gli altri ebrei era nella diversa concezione che avevano sviluppato della natura del Messia. Nella concezione ebraica di un Messia glorioso e conquistatore avevano importato l'immagine di un Messia sofferente che era già venuto e la cui gloria e il cui trionfo si sarebbero manifestati alla sua seconda venuta.
Il nome Ebioniti significa “i poveri”. C'è stata una buona dose di discussione sul significato di questo nome. Sembra meglio prenderlo a significare proprio quello che dice e supporre che sia applicato alla setta perché i suoi aderenti erano poveri. Esiste del supporto a questa visione nell'epistola di Giacomo, che è di carattere democratico e contiene una violente invettiva nei confronti dei ricchi e che è considerata un'opera ebionita. Il significato del termine “Nazareno” è ancora in discussione. Si trovano sue forme diverse nei vangeli. W. B. Smith ritiene che “Nasaraios” sia la forma primitiva e lo connette con la parola ebraica “Nasar”, che significa “osservare”. Se questa visione è corretta, i Nasaraioi sono coloro che riveriscono un guardiano o un salvatore.
Queste sette devono essere state insignificanti, in quanto non abbiamo alcuna informazione definitiva su di loro fino a relativamente tardi; cosa che sarebbe naturale se consistevano di membri dalle umili condizioni di vita. Non può essere il caso che non fossero da lungo tempo in esistenza. W. B. Smith ha dimostrato che i Nazareni erano pre-cristiani. Siccome erano una setta ebraica, dovevano avere una dottrina originale. E poiché non si sono fusi nella Chiesa cattolica, si suppone che abbiano mantenuto la loro dottrina originaria nel primo periodo cristiano. Non possono aver copiato le loro dottrine fondamentali dai cristiani. Essi avevano alcune opinioni sul Messia. Neander dice che loro credevano chein lui [il Messia], lo Spirito Santo, da cui, fino a questo momento, erano venute soltanto rivelazioni e anticipazioni isolate, trovò per prima un luogo di riposo, una
dimora permanente ....... egli è chiamato il primogenito dello Spirito Santo”. Abbiamo visto che gli gnostici tenevano un'opinione simile a questa, che è stata rintracciata a fonti pre-cristiane; perciò non c'è ragione di supporre che la dottrina sopra descritta dei Nazareni fosse post-cristiana nella sua origine. Nel vangelo di Marco, Gesù è definito  “il Nazareno”. Ora, Marco non stava scrivendo Storia, ma tutto quello che dice è significativo. Non avrebbe chiamato Gesù “il Nazareno” senza alcuna buona ragione. Sarà mostrato in seguito che le affermazioni del vangelo di Marco dovranno essere comprese in senso simbolico. Cosa simboleggia allora l'affermazione che Gesù era un Nazareno? Io suggerisco che significa che il nome “Gesù” penetrò nel cristianesimo grazie ai Nazareni. Il Dott. Cheyne, nella Encyclopedia Biblica, dichiarò che il nome “Nazareno” sembra aver significato originariamente “Galileo; e nel tempo di Epifanio la setta doveva trovarsi intorno ai confini della Galilea. Quindi l'ipotesi  che il nome “Gesù” provenisse dai Nazareni trova qualche supporto nel fatto che, secondo la storia evangelica, i primi discepoli di Gesù furono chiamati Galilei; L'interpretazione di Smith del nome  “Nazareno” punta alla stessa direzione, dato che Giosuè (= Gesù) significa un salvatore. Non è perciò una conclusione irragionevole che il nome che i Nazareni pre-cristiani diedero al loro Messia (Cristo) fosse Giosuè (Gesù). Il nostro primo avvistamento di questa setta ci dà l'impressione di una sopravvivenza; una comunità che era rimasta relativamente identica mentre altrove il dogma cristiano stava sviluppandosi e che di conseguenza rappresenta una forma primitiva.
Dato che i primi seguaci della nuova religione erano chiamati Nazareni prima che venissero chiamati cristiani, è certo che alcuni elementi importanti della dottrina in via di sviluppo provenisse dai Nazareni; Ma non può essere che solo questi siano i cristiani primitivi; supporlo sarebbe equivalente ad ignorare gli elementi gnostici e altri elementi importanti che contribuirono allo sviluppo. La setta nel suo complesso rimase evidentemente identica a sé stessa e i suoi membri si opposero poi ad essere chiamati cristiani. Certamente, quando ricaviamo informazioni circa loro alla fine del secondo secolo, hanno davvero tanto l'aspetto di essere un caso di sviluppo arrestato.
È probabile che la comunità di Gerusalemme menzionata negli Atti degli Apostoli consisteva di Ebioniti. È detto, tuttavia, che questi ultimi non erano conosciuti con quel nome prima del secondo secolo. Se questo fosse il caso, potrebbero avere formato parte in precedenza della setta dei Nazareni; perché c'era davvero poca differenza tra le dottrine delle due sette.

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