sabato 4 ottobre 2014

Su chi sono i migliori Miticisti del Pianeta e perchè

Neil Godfrey ha pubblicato nel suo blog una lista di tutti i miticisti che si sono segnalati in tutto il mondo grazie al net o ai loro libri o al clamore suscitato dai folli apologeti e alla loro originalità. Riporta anche chi sono gli Jesus Agnostics e di tutti segnala chi disponde di rassicuranti credenziali accademiche.
Limitandomi ai soli miticisti, vorrei però descrivere con maggior incisività di Godfrey (fin troppo educato, a mio parere!) quali sono i migliori e i peggiori tra i miticisti citati, perchè mi sembra ingiusto mettere nello stesso piano un Atwill o un Price quasi siano della stessa lega in fatto di onestà  e serietà scientifica (e facendo così il gioco perverso dei dementi folli apologeti).

In blu segnalo i migliori tra i miticisti, la cui lettura è obbligatoria perchè sono coloro che fanno attualmente il miglior caso a favore della non-storicità di Gesù.

In nero segnalo chi tra i miticisti è di grande aiuto nel saper cogliere e apprezzare le dovute sfumature del caso, senza per questo riuscire a portare evidenza conclusiva oppure una presentazione sistematica delle loro idee.

In rosso elenco i miticisti che non meritano affatto di essere letti ma solo di un vago ''sentito dire'' (come ogni ''Gesù storico'' che si rispetti!) delle loro idee, per fungere ottimamente da contrasto, nella loro mediocrità (da serie C) ai miticisti più seri e scientifici.

Va da sè che chi vuole accomunare tutti questi individui tra loro reputandoli della medesima genia è solo uno stronzo folle apologeta cristiano o peggio ancora ''un amico degli amici'' del folle apologeta cristiano.

R. Geoff Price:
teorico della Fictional Jesus Theory, è probabilmente quello che presenterà tra breve la migliore dimostrazione della tesi che Gesù non è mai esistito, basandosi quasi esclusivamente sui soli vangeli e sulla loro totale dipendenza dal primo di essi, Marco.

Perciò, se Marco non è il primo vangelo ad essere stato scritto (vedi sotto) allora il suo caso non è più così sicuro.

Paul-Luis Couchoud: Godfrey non lo aggiunge alla lista perchè questo miticista francese è deceduto da tempo (ne offre comunque una onesta sintesi del suo pensiero in altra sede). Però ha due grandi meriti a suo carico.
Il primo grande merito è di essere l'unico vero presursore della migliore ricerca di Earl Doherty (il quale ha inaugurato la riscossa attuale del miticismo col suo capolavoro Jesus: Neither God Nor Man), a detta dello stesso Doherty (anche se quest'ultimo è giunto indipendentemente alle stesse conclusioni sul Gesù di Paolo).
Il suo secondo grande merito, maggiore del primo (perchè altrimenti non l'avrei citato in questo post), è di essere l'unico precursore delle idee attuali tenute dal prof. Markus Vinzent a proposito del vangelo di Marcione come il primo vero vangelo su Gesù che sia mai stato scritto sulla Terra (e lo stesso professore lo riconosce). Se il prof Vinzent, che pure è uno storicista, per giunta conservatore (come il peggior Mauro Pesce) e probabilmente di fede cristiana, riuscirà a dimostrare che il vangelo di Marcione fu il primo vangelo ad essere stato scritto, allora questo equivarrà de facto ad una nemmeno tanto implicita dimostrazione della Teoria del Mito di Cristo come proposta originariamente da Couchoud.
È sufficiente leggersi infatti solo l'incipit del vangelo di Marcione per capire che, SE davvero solo con Marcione un Gesù ''storico'' fa la sua PRIMA apparizione (e sottolineo: la prima) in tutta la letteratura antica in nostro possesso, allora non ci sono più dubbi che si tratta di un personaggio mai esistito come figura storica (perfino se Marcione stesso ci avesse creduto ciecamente, e perfino se lo stesso che ricostruirà il suo vangelo, Markus Vinzent, è di fede storicista).
O meraviglia delle meraviglie,
estasi, forza e stupore
che non si possa dire nulla sul Vangelo,
nemmeno dire qualcosa su di esso,
nemmeno paragonarlo a nulla!


Inizio del Vangelo di Gesù Cristo.
Nell'anno decimoquinto dell'impero di Tiberio Cesare,
mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea,
quando Gesù scese dall'alto,
apparve
e iniziò a insegnare nella sinagoga.

Che il primo storicista della Terra sia stato un proto-gnostico come Marcione, che scrisse su Gesù (per giunta docetico) addirittura 100 anni dopo la sua presunta collocazione storica al tempo di Pilato, è di per sè incredibilmente più atteso sotto l'ipotesi mitica che sotto l'ipotesi della storicità. In termini bayesiani, equivarrebbe a dire che la probabilità a priori (il cosiddetto ''Smell Test'') della non-storicità di Gesù è così enormemente alta, ''al di là di ogni ragionevole dubbio'', da non aver neppure bisogno di considerare la probabilità effetto, tantomeno di calcolarla.

Richard Carrier: dotato di un'eccezionale intelligenza analitica al di sopra della media, è estremamente abile nel fare letteralmente a pezzi i punti essenziali della migliore apologetica storicista e nel contempo a difendere nel migliore dei modi i punti essenziali del miglior paradigma miticista.  Si distingue soprattutto perchè presenta il miglior caso finora offerto a dimostrazione che ''il fratello del Signore'' di Galati 1:19 non descrive per nulla un fatto relativo a Gesù di Nazaret, ma indica più probabilmente solo un titolo tipico di tutti i cristiani (e usato all'occasione per distinguerli da quelli che sono anche apostoli).
Il suo caso però è leggermente incompleto perchè considera esclusivamente come premessa iniziale l'idea che Giacomo figlio di Zebedeo in Marco non fosse lo stesso Giacomo fratello di Gesù di Marco 6:3, trascurando di analizzare cosa succede se vale la premessa opposta (che almeno io ritengo altrettanto possibile).

Se si nega questa premessa, allora sono convinto di aver presentato io (odio dovermi vantare per questo) un caso migliore (che tiene conto della dipendenza di Marco da Paolo) a favore della stessa conclusione di Carrier, pur lasciando comunque inalterata la sua interpretazione di Paolo (basata su solo Paolo) che ritengo perfettamente in grado di reggersi da solo.
Pertanto io sono assolutamente persuaso che il suo caso più la mia personale aggiunta copra tutte le possibili e più probabili soluzioni all'enigmatico ''fratello del Signore'' di Galati 1:19 : non è per nulla evidenza di un Gesù storico ma del suo contrario.

L'unico limite di Richard Carrier è la sua congenita riluttanza a sbilanciarsi su chi ha scritto Marco e perchè, per evitare la fallacia del possibiliter, ma così rischiando di essere facilmente travisato e di apparire dogmatico agli occhi dei dementi folli apologeti che partono ovviamente fin troppo prevenuti nei suoi confronti (visto come sono colpevoli di autentica diffamazione e di attacchi ad personam contro di lui, come il folle apologeta italiano Valerio Polidori).

Roger Parvus: nonostante non riesca a portare evidenza conclusiva al suo caso su Paolo, questo formidabile miticista ha comunque il grande merito di presentare un Paolo diverso dal Paolo a cui siamo abituati (e a cui gli stessi miticisti come Doherty e Carrier ci hanno abituati), un Paolo che non fu affatto un devoto ebreo ma piuttosto un nemico di YHWH.
Il massimo che riesce a fare però è di insinuare del legittimo dubbio sulla fedeltà di Paolo al dio di Israele, ma non offre alcuna certezza. Solo chi è un demente folle apologeta cristiano preferisce coltivare certezze piuttosto che dubbi.

Earl Doherty: ha il grande merito di aver portato alla ribalta internazionale, complice oltre ai suoi indubbi meriti anche la goffa e inefficace ''critica'' ricevuta da Bart Errorman (in realtà un ridicolo libello apologetico degno del peggior fondamentalista cristiano quale Errorman è sempre stato nell'anima), la sua tesi centrale che il Gesù di Paolo è un essere invisibile, mai sceso sulla Terra, che fu solo dopo antropomorfizzato e storicizzato in un contesto terreno.
È indubbiamente stato lui a farmi diventare miticista.

Il suo limite però è di credere all'(errata) ipotesi Q trascurando così di segnalare la forte dipendenza letteraria di Marco dalle epistole di Paolo. E questo errore getta una fatale ombra di dubbio su tutta la seconda parte del suo capolavoro, Jesus: Neither God Nor Man.

David Oliver Smith: ha il grande merito di correggere Doherty laddove lo studioso canadese fa l'errore di basarsi sull'inesistente fonte Q, facendo notare come le lettere di Paolo costituiscano un miglior candidato per Marco oltre ogni misura che ci si potesse aspettare. Io non sapendo nulla di lui sono giunto indipendentemente alla sua stessa conclusione leggendo il libro dello storicista Tom Dykstra, Mark, Canonizer of Paul.

Il suo limite è di non fare un passo in avanti sulla questione del ''fratello del Signore'' (vedi sopra) alla luce della sua riscoperta dell'influenza delle lettere di Paolo su Marco (a differenza mia).

Robert M Price:  è il più abile tra i miticisti viventi a fiutare quale più probabile teologia si nasconda dietro una particolare frase, del vangelo o delle lettere, fosse anche la più indecifrabile ed enigmatica.
Tuttavia offre di una eccessiva a-sistematica e troppo sparsa presentazione della sua tesi che lo rendono suo malgrado un facile bersaglio dei folli apologeti, i quali non hanno la stessa finezza nel saper apprezzare le giuste sfumature e nel saper coltivare i più legittimi sospetti. La sua lettura è utile per inquadrare i giusti scenari e la giusta impostazione del problema, non per dare certezze di sorta. Comunque è precursore di Markus Vinzent (vedi sopra alla voce Paul-Luis Couchoud) nel momento in cui subodora tracce marcionite nell'originario vangelo di Marco. Stupenda e memorabile in tal senso la sua frase migliore:
And Mark, of course, refers to Jesus giving his life a ransom for many (Mark 10:45).
Mark fails to tell us to whom Jesus would be paying this ransom, Marcion tells us. He paid it to the Creator, and no non-Marcionite theologian has produced a better candidate.

(The Christ Myth Theory and Its Problems, pag. 382-383, mia enfasi)
Thomas L. Brodie: è estremamente abile nel provare come ogni lettura letteralista dei vangeli equivale in realtà a pattinare ''sul ghiaccio sottile''. Formidabile e conclusiva la sua confutazione della tesi della tradizione orale, fatta propria anche da alcuni storicisti come Tom Dykstra. Il suo unico limite è di essere di fede cattolica.

Hermann Detering: pur insinuando legittimi dubbi sull'affidabilità delle lettere paoline nella loro forma attuale, tuttavia non porta evidenza conclusiva alla loro paternità da parte non del Paolo storico ma di Marcione e dei successivi falsari marcioniti e protocattolici.

Dave Fitzgerald: abile propagandista di basso consumo della miglior tesi miticista come propugnata da Doherty-Carrier, risulta efficace soprattutto nel confutare il Cristo della Fede dei folli apologeti del net.

Ben Goren: ottimo a lanciare di tanto in tanto sfide di successo agli storicisti sul net. Improbabile la sua idea che Paolo provenisse da Tarso e che da lì vi avesse attinto l'Eucarestia dal culto di Mitra.

Roger Viklund: presenta preziosi contributi, ripresi da Carrier, per dubitare dell'autenticità del testimonium Flavianum, tuttavia sbaglia di grosso quando sostiene che gli originari autori di tutti e quattro i vangeli canonici fossero gnostici e quando crede ciecamente all'autenticità del Marco Segreto.

Raphael Lataster: fan di Richard Carrier.

Sid Martin: troppo improbabili la sua identificazione dell'essenismo con l'originario cristianesimo e la sua lettura di Marco alla luce di quell'ipotesi. 

Frank Zindler: ottimo del dimostrare l'inaffidabilità del Talmud coem prova della storicità di Gesù. Per lui vale il medesimo giudizio su Dave Fitgerald (vedi sopra).

Harold Leidner: superato?

Raoul Vaneigem: superato?

Derek Murphy: lodevole nel fare i giusti paragoni letterari tra Gesù ed Harry Potter. Ma stessa critica che rivolgo a Tom Harpur (vedi sotto).

Jay Raskin: troppo fantasioso nel fare i nomi delle figure che servirono a storicizzare Gesù fondendole in una sola nel primo vangelo.

Renè Salm: troppo fissato su Nazaret, perfino se avesse ragione, e detesto i fissati.

Stephan Huller: è ridicola la sua idea di identificare l'autore di Marco con un certo Agrippa o qualcosa del genere.

Joe Atwill: è ridicola la sua tesi della congiura romana per inventare Gesù. Il suo unico merito, l'unica cosa in cui non soffre di demente parallelomania, è quando riconosce una potenziale origine letteraria dell'episodio di Giuseppe d'Arimatea. Per il resto, solo merda.
  
O. Wilson: idem come Joe Atwill (vedi sopra).
Ken Humphreys: troppo superficiale.

Francesco Carotta: ridicola la sua identificazione di Gesù con Cesare.

Tom Harpur: improbabile l'origine pagana (e non invece ebraica) del mito.

Timoty Freke, Peter Gandhy: idem come per Tom Harpur.

Acharya: sta al serio miticismo come la Libertà che guida il popolo del celebre quadro di Delacroix  sta alla vera Rivoluzione Francese. Con tutti i pregi e difetti annessi e connessi.

Pier Tulip: è la dimostrazione vivente che con la giusta dose di intelligenza (mancante ai folli apologeti), pur partendo - e terminando - con logori strumenti ermeneutici, riesce a cogliere la sostanziale mitologia dei vangeli intendendoli come pura allegoria e veicolanti un doppio significato celato agli outsiders.  Non è infatti uno storico (neanch'io lo sono) ma non ha nemmeno l'approccio tipico di uno storico. La sua troppa astroteologia troppo spesso  rischia di offuscarne l'originalità rispetto agli altri fan di Acharya.

PZ Myers, Greta Christina, Michael Martin, Michel Onfray: tutti formidabili esponenti del New Atheism, che sono solidali col tentativo di fare dello scetticismo sulla stessa storicità di Gesù un aspetto tipico dell'essere atei, così da costringere i folli apologeti a pensarci due volte prima di liquidare il miticismo come poco credibile e di ostacolare il suo sempre più dirompente ingresso nell'accademia. Ad ogni caso, non occorre essere miticisti per essere atei, ma se si è atei si può più facilmente riconoscere la serietà dell'ipotesi mitica.

Robert Eisenman: anche se è storicista, è comunque utile leggersi le sue parole, tipo:
Se invece [Paolo] intendeva il Gesù soprannaturale, allora abbiamo solo la sua testimonianza e non sorprende che molti non la prendessero sul serio arrivando persino a dargli del bugiardo!
(Giacomo, il fratello di Gesù, pag. 115)

...per scoprire solo più tardi, leggendo On the Historicity of Jesus di Richard Carrier, che il preciso scopo di Paolo era di convincere i Galati che del suo Gesù celeste portava UNICAMENTE solo e soltanto la SUA testimonianza (al pari di ogni VERO apostolo che si rispetti, Pietro in primis) e quella di nessun'altro!