lunedì 28 marzo 2016

Sul probabile link tra Svetonio e il “Profeta Egiziano”

La geniale studiosa autodidatta Lena Einhorn ha da poco pubblicato un libro che sono davvero curioso di leggere.

Si tratta di un'espansione della sua tesi precedente (secondo la quale il reale Gesù storico sarebbe il “Profeta Egiziano”) che a suo tempo mi sorprese e mi fece piuttosto inclinare ad un'interpretazione più miticista dell'indiscutibile evidenza da lei offerta.
Indipendentemente dalla Einhorn, io ho trovato nel frattempo tre fatti altrettanto curiosi che corroborano fortemente la sua tesi principale.

Il primo fatto riguarda le parole enigmatiche del folle apologeta proto-cattolico Ireneo.
Quando fu battezzato, Egli non aveva ancora raggiunto il trentesimo anno ma era prossimo al compimento perchè così Luca, che ha menzionato i suoi anni, si è espresso: “Gesù quando iniziò il ministero aveva quasi trent'anni”. Secondo questi uomini, egli predicò un anno soltanto, computato dal suo battesimo. Al completamento del trentesimo anno Egli soffrì, essendo così ancora un giovane uomo che non raggiunse mai l'età avanzata. Ora, che quello stadio iniziale della sua vita abbracci trent'anni e che questo si estenda fino ai quaranta, chiunque lo ammetterà. Ma dal quarantesimo anno e dal cinquantesimo un uomo inizia a reclinare nell'età degli anziani, che il Signore nostro possedeva mentre stava ancora adempiendo l'ufficio di Maestro, come il Vangelo e gli anziani testimoniano. Quelli che in Asia conoscevano Giovanni, il discepolo del Signore, affermavano che egli trasmise loro quell'informazione. Alcuni di loro, inoltre, non videro solo Giovanni ma anche gli altri apostoli e udirono da quelli lo stesso racconto e portano testimonianza alla affermazione. Cosa dovremmo dunque credere? Se quegli uomini, oppure Tolomeo, non videro mai gli apostoli e che non ebbero neppure nei loro sogni la benchè minima traccia di un apostolo? Ma, oltre a questo, quei giudei che disputarono col Signore Gesù Cristo hanno più chiaramente indicato la stessa cosa. Infatti, quando il Signore disse loro: “Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e se ne rallegrò”, essi risposero: “Non hai ancora cinquant'anni e hai visto Abramo?”. Ora, un simile linguaggio è applicabile soltanto a qualcuno che abbia superato l'età di quarant'anni, senza che tuttavia abbia raggiunto i cinquanta, e non è lontano da questa età. Ma ad uno che avesse avuto soltanto una trentina di anni, avrebbero detto: “Non hai ancora quarant'anni e hai visto Abramo?” perchè coloro che avevano in animo di accusarlo di dichiarare il falso, certamente non avrebbero aumentato il numero dei suoi anni rispetto a quelli che aveva. Essi citarono un arco di tempo indubbiamente prossimo alla sua età reale, se avevano accertato quella nel pubblico registro, oppure semplicemente congetturarono l'età sulla base di quel che osservavano, cioè che egli superava la quarantina di anni e che certamente egli non aveva solo trent'anni di età. E' improbabile che si siano sbagliati di una ventina di anni quando volevano dire che egli era più giovane dei tempi di Abramo. Infatti ciò che essi videro, lo espressero. Ed Egli non era davanti a loro un fantasma, ma un essere tangibile, in carne e sangue. Egli, pertanto, doveva essere prossimo alla cinquantina. E, sulla base di ciò, gli dissero: “Non hai ancora cinquant'anni e hai visto Abramo?” Egli, dunque, non predicò per un anno solamente e non fu condannato alla sofferenza nel dodicesimo mese dell'anno.
(Ireneo, Adv. Haer. 2.22.4-6)

Se Gesù morì a 50 anni, allora sarebbe pressochè contemporaneo allo stesso tempo del “Profeta Egiziano”, anche lui attivo sotto Claudio. Che al tempo di Ireneo circolavano delle voci in merito? L'opera più ideologicamente vicina a Ireneo sarebbe Atti degli Apostoli, che io colloco nella seconda metà del II secolo: e una delle preoccupazioni del suo autore fu chiaramente quella di allontanare l'idea che Paolo fosse in combutta col Profeta Egiziano.

Ad ogni caso, per pura coerenza col mio sincero disprezzo verso tutto ciò che è propinato da quei falsari protocattolici (nonchè tendenziosi propagandisti del calibro dell'autore di Atti degli Apostoli e di apologeti isterici come Ireneo), non mi va, a ragion veduta, di appellarmi alla loro “autorità” sull'età di Gesù per la semplice ragione che non ne riconosco loro alcuna.


Il secondo fatto
è assai più interessante e affidabile del primo. Richard Carrier, basandosi parzialmente sui risultati di Eric Laupot, ha presentato un argomento piuttosto convincente per concludere che la riga «Auctor nominis eius Christus Tiberio imperitante per procuratorem Pontium Pilatum supplicio adfectus erat» nel più vasto Testimonium Taciteum è probabilmente un'interpolazione cristiana volta a spiegare agli occhi dei lettori cristiani del III secolo chi fosse l'originatore dei misteriosi Chrestiani perseguitati da Nerone.
Si dà allora il caso che, secondo Carrier e Laupot, quei Chrestiani erano sediziosi ebrei attivi nella Capitale, qualcosa di simile ai moderni Jihadisti infiltratisi nelle principali capitali europee per aizzare i musulmani europei a smetterla di essere “moderati”. Da quel punto di vista, Nerone era certamente giustificato a perseguitarli come capro espiatorio del Grande Incendio di Roma.
Orbene, secondo il dr. Carrier, l'origine più probabile del nome “Chrestiani” va trovata nel famoso “impulsore Chresto” svetoniano, ovvero quell'altrettanto enigmatico personaggio che Svetonio descrive come parimenti riottoso sotto Claudio:

Iudaeos impulsore Chresto assidue tumultuantes Roma expulit.
(Svetonio, Vita di Claudio, 23.4)

E qui arriviamo al terzo fatto: quando era attivo questo Cresto probabile fondatore della setta dei Crestiani? Al tempo di Claudio. Ovvero esattamente al tempo in cui il “Profeta Egiziano” infestava Israele secondo il racconto di Flavio Giuseppe.
E come viene descritto in quello stesso passo di Svetonio quel Cresto?

Così Laupot:

... Cresto non necessita di essere presente a Roma prima o durante l'espulsione: come re dei Nazorei, i suoi seguaci in tutto l'Impero avrebbero presumibilmente obbedito ai suoi ordini per creare disordini, non importa dove egli stesso potrebbe essere stato (ovvero, in Israele). Questa ipotesi spiega meglio tutti i fatti noti relativi al rapporto di Svetonio su Cresto, tra cui (1) il forte gioco di parole tra impulsore ed expulit che "stabilisce un contrasto esplicito tra le azioni dell'impulsor Cresto e dell'expulsor Claudio, vale a dire, “Crestus impulit, Claudius expulit”  (Slingerland, Claudian Policymaking, 167). Questo gioco di parole è meglio interpretato nel suo contesto storico come raffigurante due re rivali, Cresto e Claudio, mentre spingono gli ebrei di Roma in direzioni opposte, (2) l'impiego regolare da parte di Svetonio in tutte le sue opere esistenti della parola tumultuantes per indicare disturbi politici anti-romani (idem, Claudian Policymaking, 156-9), e (3) l'apparentemente duratura celebrità di Cresto fino all'inizio del secondo secolo EC. Idem, Claudian Policymaking, 169-77; and Mottershead, Claudius, 150: “Infatti, a partire dalla Vita di Tiberio vi è una marcata riduzione del numero di persone nominate in Svetonio ed entrambi i nomi noti e non noti sono omessi da aneddoti. Questa tendenza è particolarmente evidente nella Vita di Claudio in cui, se si esclude il passo in discussione, con l'eccezione di alcuni liberti tutte le persone nominate sono connesse per nascita o matrimonio con la famiglia imperiale oppure sono ben note...
(mia libera traduzione da The Christiani’s Rule over Israel during the Jewish War: Tacitus’ Fragment 2 and Histories 5.13, Suetonius Vespasian 4.5, and the Coins of the Jewish War, pubblicato in origine in Revue des études juives 162, nos. 1-2 (2003) 69-96)
L'azione di “impulsore”, di istigatore, calza perfettamente a pennello con l'azione dell'“Egiziano”: entrambi aizzano masse di ebrei. Però dalle parole di Svetonio non è affatto obbligatorio inferire la presenza di questo sedizioso Cresto nella stessa Roma, prova ne è l'estrema facilità con cui un Chris Keith (non certo una fonte autorevole, visto com'è facilmente sospettabile di essere un banale apologeta cristiano) arriva a dire che il Cresto di Svetonio è “probabilmente” un riferimento allo stesso Gesù evangelico (notoriamente mai stato a Roma, stando ai vangeli).

Perciò secondo Keith et similia l'impulsore Cresto svetoniano poteva benissimo essere stato un ebreo presente in Israele e non a Roma. Il problema insormontabile per Keith (come per ogni storicista desideroso di associare il Cresto svetoniano al Gesù evangelico) è non tanto la sede effettiva di quel Cresto (Svetonio non dice che era presente a Roma, ma solo che aizzava gli ebrei di Roma sfidando la diretta volontà dell'imperatore Claudio in persona) quanto piuttosto un banale fatto cronologico: quel Cresto era sicuramente contemporaneo, secondo il testo di Svetonio, a Claudio, non a Tiberio. Ogni possibilità di identificarlo con Gesù detto Cristo evapora.

Ma a questo punto a risolvere l'enigma ci pensa l'inaspettata tesi di Lena Einhorn: e se il Cresto svetoniano fosse sì “Gesù”, ma nella sua vera identità, ovvero lo stesso leader messianico altrimenti conosciuto come il “Profeta Egiziano”?

Propongo un piccolo esperimento mentale. Dato che anche il dr. Carrier è aperto a tale possibilità (che Tacito avesse nominato “Cresto” come originatore dei Crestiani, con uno scriba cristiano a correggere poi la “e” in “i”), si supponga che Tacito avesse originariamente scritto così:

Nerone allora per far tacere queste voci fece passare per colpevoli e li sottomise a torture raffinate coloro che per i loro delitti il popolo detestava e chiamava Cristiani. Erano chiamati così dal nome di Cresto, il quale era stato condannato al supplizio sotto l'impero di Claudio da uno dei nostri procuratori, Felice; quella superstizione nefasta, repressa sulle prime, ora tornava a prorompere, non solo in Giudea, luogo d'origine di quel malanno, ma anche a Roma, dove da ogni parte confluiscono tutte le cose atroci e vergognose e vi trovano seguaci.
Sotto l'ipotesi che Cresto sia l'“Egiziano” allora è una possibilità che il procuratore in questione ad ucciderlo non fosse affatto Pilato (che era prefetto) ma Marco Antonio Felice, ovvero guardacaso proprio il procuratore (quindi Tacito dopotutto non si sbagliava quando scrisse “procuratorem”!) che sgominò il sedizioso “Egiziano”:
Impostori e imbroglioni convincevano molta gente a seguirli nel deserto. Promettevano di far vedere prodigi e segni per provvidenza divina... Proprio in questo torno di tempo giunge dall'Egitto a Gerusalemme un tale che asseriva di essere profeta e istigava il popolo ad andare con lui al monte detto degli ulivi, che sta di fronte alla città ad una distanza di cinque stadi. Affermava di voler dimostrare di là come a un suo comando le mura di Gerusalemme sarebbero crollate e proclamava che attraverso il varco sarebbero potuti entrare in città. Quando Felice ne ebbe notizia, mise in armi i soldati e, muovendo da Gerusalemme, con fanti e cavalieri, assalì i seguaci dell'egiziano, ne uccise quattrocento e ne prese vivi duecento. Datosi alla fuga dal campo di battaglia, l'egiziano scomparve.
(Antichità Giudaiche 20, 167-172)
Ha perfettamente senso per Tacito parlare di questo “Cresto” che fu ucciso attorno al 59 secondo Tacito. I cristiani alla lettura del passo devono aver pensato che Tacito avesse sentito la storia sbagliata e si presero la libertà di correggerlo.

L'improvviso salto all'indietro dal tempo di Nerone al tempo di Claudio e il balzo di nuovo in avanti è ancora una volta ciò che è veramente sconcertante del passo. Tacito avrebbe dovuto delucidare di più sulla soppressione della nuova superstizione se si fosse estinta negli anni '30 per poi attecchire di nuovo a Roma intorno agli anni '60. (l'Incendio ci fu nel 64). Ma non lo ha fatto. Se l'irruzione della superstizione accadde al tempo di Claudio non ci sarebbe stato alcun bisogno di spiegare cosa accadde. E difatti Tacito dedica al più una sola riga per spiegare l'origine del nome (se mai lo spiegò [1]). L'uccisione del Cristo da parte di Felice avrebbe sconvolto gli ebrei di Roma. Nerone poteva allora far ricadere su di loro la colpa dell'incendio.

Comunque, al di là se Tacito avesse o meno identificato esplicitamente in Cresto l'origine del nome dei suoi sediziosi Crestiani, il dr. Carrier ha già dimostrato oltre ogni ragionevole dubbio che quei Crestiani prendevano il nome dall'“impulsore Chresto” svetoniano (l'argomento del dr. Carrier sta in piedi al di là della stessa autenticità o meno del Frammento 2 di Tacito). Quello che sto proponendo qui è solo di accettare per un istante, come mera ipotesi esplicativa, che quel Cresto (inteso da entrambi Svetonio & Tacito) fosse esattamente il “Profeta Egiziano” di Flavio Giuseppe.

Come per mirabile incanto, verrebbero a spiegarsi:

1) perchè il nome “Cresto” è così simile al nome “Cristo”;
2) perchè tanto un Carrier quanto un Laupot avrebbero ragione a denunciare la natura sediziosa dei Crestiani menzionati da Tacito;
3) perchè il riottoso Cresto di Svetonio è probabilmente all'origine del nome
Chrestiani in Tacito;
4) perchè Cresto era contemporaneo di Claudio nonchè suo diretto sfidante;
5) perchè di Cresto tutto quello che occorreva sapere per Svetonio era che fosse un “istigatore”: in effetti anche il Profeta Egiziano lo era, per Flavio Giuseppe.

La soluzione più semplice che sembra catturare facilmente tutta l'evidenza presentata fin qui, è che i Romani chiamavano “Cresto” quel sedicente “Cristo” conosciuto in Israele come il “Profeta Egiziano”.

E a proposito di quest'ultimo, così si esprime il dr. Carrier in On the Historicity of Jesus:

Anche “l'Egiziano” (forse un leader di una setta ebraica da Alessandria) raccolse seguaci e predicò dal Monte degli Ulivi come fa Gesù Cristo nei vangeli), sostenendo di dover abbattere le mura di Gerusalemme - un'evidente allusione all'abbattimento miracoloso delle mura di Gerico, un altro atto del primo Gesù (il biblico Giosuè), infatti nella prima battaglia che seguì la sua traversata del Giordano, che fa di questo un altro simbolo dell'inizio della conquista di Israele. Predicare dal Monte degli Ulivi potrebbe anche implicare pretese messianiche - in quanto si credeva che un messia sarebbe stato lì negli ultimi giorni (Zacc. 14.1-9). Così, l'Egiziano stava predicando un'altra metafora della riconquista di Israele, ancora una volta la stessa operazione che solo il Cristo avrebbe dovuto compiere. Infatti, come sostiene Craig Evans, anche il nome stesso “Egiziano” evoca il percorso fuori-dall'-Egitto dell'originale Giosuè (da qui “Gesù”). Un altro (senza nome) “impostore” citato da Flavio Giuseppe (“impostore” essendo un ovvio codice per “falso messia” - chi altrimenti avrebbe preteso di essere?) raccolse seguaci e promise loro la salvezza, a patto di seguirlo nel deserto - un ovvio riferimento a Mosè, e, come mostra Craig Evans, questo 'impostore' creò allusioni simboliche al racconto della tentazione dell'Esodo, promettendo riposo nel deserto e liberazione dal male. Così come coloro che tentarono Dio nel deserto persero il loro riposo promesso da Dio, quelli che capovolgevano ritualmente questo comportamento potevano aspettarsi di vedere la restaurazione della promessa di Dio. Le intenzioni messianiche sono evidenti qui. Questo significa che tutti e quattro questi messia, come riportato da Giuseppe Flavio, stavano eguagliando sé stessi con Gesù (Giosuè) e facendo velate pretese di essere il Cristo (Messia). In altre parole, qui abbiamo in Flavio Giuseppe quattro Gesù Cristi. Il nostro fa semplicemente cinque. Il carattere evangelico di Gesù si inserisce quindi proprio nella tendenza documentata da Flavio Giuseppe.
(pag. 70, mia libera traduzione)
In altri termini, sta dicendo che il nome, o meglio il titolo, più probabile per il “Profeta Egiziano” (per passare alla Storia come tale), sarebbe non “Mosè”, dal momento che il Profeta Egiziano voleva ricalcarne le orme quale suo successore (e di Mosè perciò doveva esserci uno solo), bensì “Giosuè”, il diretto successore di Mosè che doveva riuscire nella conquista della Terra Promessa (completando l'opera iniziata da Mosè) e che l'Egiziano intendeva emulare nel suo folle tentativo di far cadere per intervento divino le mura di Gerusalemme (così da ripetere la conquista di Gerico, forse in un'implicita identificazione della Gerusalemme del tempo con la corrotta Gerico dell'Antico Testamento).
E “Giosuè” in greco suona guardacaso come.... ...“Gesù”.




Ora penso che il lettore avrà capito perchè sono così ansioso di sapere della ricerca più recente della Einhorn. Voglio sapere se ha colto il mio stesso indizio, qui. Voglio sapere se si è confrontata con l'evidenza qui esaminata. Perchè ho il vago sospetto che Lena Einhorn ha davvero trovato il reale “Gesù storico”. Mi riesce difficile credere che la testimonianza di Svetonio sull'impulsore Chresto sia un'interpolazione, e la Einhorn sta offrendo in assoluto l'unica chiave interpretativa in grado di trasformare la testimonianza di Svetonio in reale EVIDENZA di un Gesù storico.


Si dirà che sia minima, che Svetonio vendeva solo mero gossip, eppure, come sorprendente corollario della presunta evidenza di quello shift temporale dal 50 al 30 EC, riemerge ancora di nuovo e di nuovo, come reale EVIDENZA. Pensa all'ipotesi contraria: quale sarebbe la probabilità che Svetonio nominasse per puro caso come contemporaneo di Claudio proprio un Cresto probabile fondatore dei Crestiani sediziosi di Tacito, nonchè dal nome sorprendentemente simile al titolo dell'oggetto di culto dei cristiani, dato tutto ciò che ha avanzato Lena Einhorn sul possibile “shift in time” di reali eventi storici del 50 EC in pura fiction del 30 EC ?

Che Svetonio nominasse un Cresto sotto Claudio è banale coincidenza.

Che quel Cresto fosse all'origine dei Crestiani di Tacito è banale coincidenza.

Che “Cresto” suoni così simile al “Cristo” dei cristiani è banale coincidenza.

Che il Gesù evangelico abbia fatto le stesse salienti azioni del Profeta Egiziano soltanto 20 anni dopo, ovvero sotto Claudio, è banale coincidenza.

Ma il verificarsi di tutte quelle “banali” coincidenze di cui sopra non può, non può mai essere, a sua volta una mera banale coincidenza.

Perciò sono indotto a riconoscere, almeno prima facie, che Lena Einhorn ha semplicemente ragione.



NOTE:


[1] [ “Chrestus”] ... potrebbe anche essere stata la lettura originale qui, corretta prima ancora nella storia di trasmissione del testo.  Io penso sia più probabile che Tacito avesse già spiegato chi fossero i Crestiani nel suo resoconto delle rivolte di Cresto (quelle anche ricordate da Svetonio), che sarebbe apparso nella sua sezione degli Annali per i primi anni del regno di Claudio, ora perduto. Se quello è il caso, allora quel che diventerebbe il Testimonium Taciteum era originariamente circa la setta di ribelli ebrei prima soppressi sotto Claudio, che erano a quel tempo condotti dal loro omonimo Cresto ed erano da allora chiamati così da lui (se egli fosse ancora vivo o meno). Numerosi studiosi hanno suggerito questa possibilità. 
(Richard Carrier, The Prospect of a Christian Interpolation in Tacitus, in Hitler Homer Bible Christ, pag. 379-380, mia libera traduzione e mai enfasi)

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