giovedì 5 febbraio 2015

Il Marco Segreto della Reductio ad Paulum: comincio a leggere The Gospel of Mark — A Hypertextual Commentary di B. Adamczeski

BIBBIA: Libro ispirato dallo spirito di Dio: contiene tutto ciò che un cristiano deve conoscere e praticare. A questo scopo i laici non lo leggono mai: la parola di Dio di sicuro nuocerebbe loro. È molto meglio che i preti leggano la Bibbia al posto loro: sono i soli ad avere uno stomaco abbastanza forte per digerirla senza problemi. I laici devono accontentarsi dei prodotti della digestione sacerdotale.
(Il Libero Pensatore Paul Heinrich Dietrich, barone d'Holbach, La théologie portative, 1768)


Ho iniziato alla grande la lettura di un libro straordinario:

The Gospel of Mark — A Hypertextual Commentary


(Peter Lang Edition, 2014) dell'accademico (e prete cattolico) polacco Bartosz Adamczeski.


Un libro che è balzato rapidamente nella top list della mia modesta libreria su Gesù, degno di figurare solitario lui soltanto con OHJ finora - e prova ne è sicuramente il fatto che mi accingo a recensirlo man mano che procedo nella sua laboriosa eppur entusiastica lettura. Sicuramente una lettura obbligatoria che tutti sono tenuti a fare, se davvero hanno a cuore la ricerca delle vere origini cristiane.

Quasi rimpiango ora che non sia il vangelo di Marco il più antico vangelo che sia mai stato scritto: il primo a scrivere un vangelo è stato Marcione, e Dio solo sa quanto vengo a perdere in termini di certezze conoscitive con l'ingresso della priorità del Vangelo di Marcione nella travagliata questione sinottica. Ma ovviamente mettendo a mia volta in ballo ''Dio'' intendo dire nient'altro che nessuno lo sa - nessuno sa veramente rispondere a quel tremendo quesito.

Ma sicuramente Marco e Mcn, al di là di quale fu scritto prima (sebbene personalmente sono propenso per la priorità temporale, seppure di pochi anni, del Vangelo di Marcione rispetto a quello di Marco), hanno in comune molti aspetti: il diffuso filo-paolinismo, la satira anti-Pilastri, l'assenza della favola dell'''immacolata concezione'', minor lunghezza rispetto a tutti gli altri vangeli, minor numero di oracoli e maggior presenza di ''atti del Signore''.

Il prof Vinzent ricorda l'affermazione del folle apologeta proto-ortodosso Ireneo (Adv. haer. III 11,7) il quale menziona che gli ebioniti usavano Matteo (questo conferma che si trattavano di finti ebioniti, ma di reali protocattolici bramosi di cooptare quanto rimaneva degli ebioniti), i valentiniani usavano Giovanni (non è un mistero che proto-Giovanni sia un vangelo gnostico in senso stretto), Marcione usava il vangelo di Luca (ovviamente, con il protocattolico ''Luca'' intento a falsificarlo a dovere successivamente per renderlo quell'autentica schifezza che è oggi), mentre
 
...solamente il gruppo che usò Marco (la nostra più antica menzione dell'uso di questo vangelo nel cristianesimo primitivo) non è menzionato da un nome specifico, i suoi fruitori sono chiamati Docetisti. Se Ireneo avesse ragione, che Marco fu utile ai Docetisti, questo lo porta vicino al Vangelo di Marcione  ...
il cui autore è stato accusato un sacco di volte di essere un Docetista, si veda H. Raschke,
Die Werkstatt (1924), 33-5. Perfino se Raschke sembra andare troppo lontano nell'eguagliare Marco al Vangelo di Marcione, le somiglianze tra loro richiedono una spiegazione.

(Marcion and the Dating of the Synoptic Gospels, pag. 71, nota 278, mia libera traduzione e mia enfasi)

Io posso scommettere fin d'ora che se il vangelo di Marcione fu il primo, e se di conseguenza il Paolo storico fu più simile al Paolo pubblicato da Marcione nel suo primo Nuovo Testamento di tutti i tempi (perchè le conseguenze della priorità di Mcn devono inevitabilmente pur riverberarsi in qualche modo sulla questione dell'autenticità delle cosiddette 7 lettere paoline), allora il vangelo di Marco, scritto in reazione a Marcione ma ancora fortemente risentito della potente influenza marcionita (responsabile da ultimo dello scatenamento dell'intero processo di stesura dei vangeli), fu scritto basandosi sulle lettere paoline come le abbiamo oggi.

Dunque, su lettere paoline già interpolate in senso cattolico (seppure ancora diffidenti ed estranee all'idea di un ''Gesù storico'' e perciò, per definizione, ancora in necessità di uno).


E perchè questo? Perchè il prof Adamczeski spiega quattro criteri che inducono a ritenere che lui ha ragione nel fare il suo caso su Marco OLTRE ogni ragionevole dubbio.

Prima di leggere questo suo libro, infatti, nella considerazione del caso Marco non mi ero spinto oltre il pur apprezzabile libro di Tom Dykstra su Marco.

Eppure sia Dykstra, sia un'altra serie di autori precedenti del passato e del presente come lui, hanno enfatizzato l'acceso paolinismo di Marco, ma non nella maniera esaustiva ed efficace realizzata ora finalmente dall'accademico polacco, bensì parlando in modo pressochè informale e disorganizzato.

Il bilancio della situazione col vangelo di Marco prima di leggere Adamczeski è ben sintetizzato dall'acutissimo Mogens Müller:

Mogens Müller ha recentemente sostenuto che quando è fatta la comprensione del vangelo di Marco come una narrativizzazione di concetti che in un modo o nell'altro sono centrali nelle lettere di Paolo, 'la quantità del significato che è indisputabilmente presente nel testo è [sic] piuttosto straordinaria, ma è solamente vista quando uno forza sé stesso a leggerla in questo modo'.
(pag. 25, mia libera traduzione e mia enfasi, corsivo originale)

Al prof Adamczeski l'enorme merito di essere riuscito in un'impresa a dir poco titanica: dimostrare che no, non si tratta affatto di un'auto-forzatura come quelle solite alle quali ci costringono da tempo i  folli apologeti cristiani alla Mauro Pesce (rei di leggere i vangeli con le ormai logore lenti fracassate della ''Storia ricordata'' [1] le quali al più rendono un volto di un ''Gesù storico'' che assomiglia schizofrenicamente ad un quadro di Picasso, oltre che - inutile ripeterlo - al suo stesso ideatore di turno).

Ecco i criteri usati con implacabile perspicacia dal prof Adamczeski per dimostrare il suo punto.

Abbiamo un testo A ed un testo B.

B è basato su A però ''in una maniera che non è quella di un commentario'' perciò B si chiama ipertesto mentre A si chiama ipotesto.

Una relazione ipertestuale tra l'ipotesto A e l'ipertesto B prevede che B non si limiti affatto a copiare A alla lettera ma guardi ''...a comuni (ma d'altra parte, creativamente trasformati) temi letterari, idee, e motivi di entrambi i testi, e solo in aggiunta ad identificare comune espressioni'' (p. 24, mia libera traduzione).

È curioso davvero che il vescovo anglicano John Shelby Spong chiami midrash lo stesso processo di ipertestualità all'opera che vede Adamczeski, e così pure Robert Price, laddove un T. Brodie lo chiama riscrittura creativa, Randel Helms lo chiama fiction, un J. D. Crossan lo chiama parabola, mentre un Richard Carrier lo chiama allegoria.


Come dimostrare allora oltre ogni ragionevole dubbio che A funge effettivamente da ipotesto dell'ipertesto B?

I criteri proposti da Adamczeski, e che al solo desciverli in linea teorica danno definitivamente ragione al suo caso (giacchè si prevede con una certa facilità che poi la loro applicazione pratica nel suo commentario su Marco si riveli del tutto impeccabile), sono quattro.

Il criterio di ORDINE.

Supponi che A e B siano due vettori di stringhe. In un qualsiasi linguaggio di programmazione, ciò equivarrebbe a dire che, all'interno di un ciclo for di questo genere

for (i= 0; i< lunghezza di A; i= i + 1)
  il test (A[i] = B[i]) è sempre vero

accade che il vettore B sia praticamente identico al vettore A per ogni elemento i che va da 0 alla lunghezza di A.

Nel caso particolare che si vuole dimostrare, succede che la Reductio ad Paulum nel vangelo di Marco sia esattamente descritto da questo metaforico e sublime ciclo for:

for(i=0;i<lungh.di Gal,1Cor,Fil; i++)
  il test (Paolo[i] = Marco[i])
 
è sempre vero

        
Mera coincidenza? Occam e Bayes rispondono all'unisono con un netto e sonoro: NO!!!!!!!

Versetto dopo versetto, in Marco ''Gesù'' è nient'altri che un Paolo idealizzato e trasformato nel Figlio di Dio che lui solo, l'uomo chiamato Paolo, aveva ''visto'' e ''udito''. E nessun altro!

Il secondo criterio è il COMPLETO USO DI UNA FONTE.

Riprendendo il ciclo for precedente, ora l'enfasi è nel fatto che la corrispondenza biunivoca, il perfetto letterario e teologico pattern matching, non si instaura solo tra pezzettini sparsi, una sorta di cherry picking alla più bastarda maniera del demente Pier Tulip, ma è visto implementato nello stesso ordine, nella stessa direzione, nello stesso affluente, rivolo, meandro, torrente del medesimo gigantesco fiume. PER TUTTA LA LUNGHEZZA DI PAOLO E PER TUTTA LA LUNGHEZZA DI MARCO, MARCO È LA SUA PIÙ PROFONDA ANIMA GEMELLA NEL SUO STESSO ORDINE.



Mera coincidenza? Ancora una volta, Occam e Bayes, senza neppure necessità di scomodarli, rispondono all'unisono con un netto e sonoro: NO!!!!!!!

Il terzo criterio è la ''presenza di inconsistenze non facilmente percettibili e in qualche modo sorprendenti aspetti'' nell'ipertesto.

Adamczeski cita Platone nel Teeto:
Non esiste altro principio del filosofare che la meraviglia


Per diffidare verso quei supremi saccenti (e qui io penso al folle apologeta cripto-cristiano Mauro Pesce) che non si meravigliano affatto del perchè ad esempio Marco chiama un ''mare'' il piccolo lago di Genesaret, o perchè colloca ''Nazaret'' in ''Galilea''.

Devo ammettere che io, pur non meravigliandomi più dell'estrema fantasia a cui è stato sottoposto, o meglio storpiato, di volta in volta il povero Marco (da dementi outsider come Pier Tulip e da dementi insider come lo storicista accademico di turno), devo riconoscere che nella percezione individuale di quelle piccole crepe nella grande costruzione architettonica di Marco riconosco la mano demiurgica di un grande Artista letterario. Penso, per limitarmi a accennare ad un solo minuscolo esempio di cosa voglio dire, di aver finalmente compreso, alla luce dell'intricata quanto elaborata Reductio ad Paulum alla base di Marco, un mistero per me rimasto fino all'altro ieri agnosticamente (e colpevolmente) tabù: ovverosia perchè la menzione di NAZARET in questo vangelo (poi a cascata diffusasi, come ben sappiamo, nei successivi).

Ma di questo ne parlerò a tempo debito.

Per il momento, osservo con una certa punta di orgoglio che il grande precursore e mentore di Adamczeski nell'abile utilizzo di questo criterio è stato il frate miticista Thomas L. Brodie: l'unico cristiano in tutto il Globo che merita rispetto.

Il quarto criterio è la medesima FUNZIONE retrostante l'idea in comune veicolata da entrambi l'ipotesto A e l'ipertesto B.

E questo criterio conferma che non soffriamo di parallelomania ma che saranno semmai eventuali critici, folli apologeti, ad accusare tutti i soliti sintomi di parallelofobia. Perchè se una nuvola è a forma di cavallo non avrà mai però la stessa intenzione, lo stesso istinto e lo stesso scopo del cavallo. Laddove sarebbe assai strano, anzi impossibile concettualmente, vedere che una nuvola, oltre ad essere a forma di cavallo, nutra in comune col secondo il medesimo desiderio di arrivare ad un certo punto e lì fermarsi.  Tra Marco e Paolo vedi sempre lo stesso scopo, la stessa anima vitale, dovunque si somigliano e nello stesso ordine strettamente sequenziale, implicito ed esplicito, criptico ed essoterico.

Mera coincidenza? Perfino questa volta, Occam e Bayes, all'unisono concordano con un netto e sonoro: NO!!!!!!!

Quindi, come dicevo, io vedo questa evoluzione nell'ordine cronologico dei testi:

1) Prima le lettere autentiche di Paolo, quindi l'Apocalisse (come soli testi ''cristiani'' del I secolo).

2) Poi Marcione riscopre Paolo e pubblica le sue lettere, corrette dove necessario in senso marcionita, insieme al primo Vangelo del Signore.

3) Poi la grande reazione a questo primo Nuovo Testamento marcionita.

4) Le lettere di Paolo già marcionizzate vengono cattolicizzate. I cattolici ancora diffidano di una biografia del Gesù storico perchè finora l'unico vangelo di cui sentono parlare in giro è intorno ad un Gesù docetico e angelico privo di corpo. Questo spiega perchè perfino le lettere cattolicizzate di Paolo, al pari delle precedenti adoperate (e presumibilmente corrette) da Marcione, siano straordinariamente silenti su un Gesù storico.

5) Poi viene scritto Marco sulla base del Paolo interpolato dai protocattolici.

6) Quindi in pochi anni Matteo, Luca (che falsifica direttamente il Vangelo di Marcione) e infine Giovanni più il diluvio di vangeli gnostici.

7) Marcione fiuta l'inganno e grida: FRODE!!!!!!!!

8) Ma il processo noto come Reductio ad Unum è ormai in moto.



Solo così posso spiegare perchè Marco si presenta nella sua integrità attuale come specchio perfetto di Paolo, ma del Paolo falsificato dai cattolici, non del Verus Paulus. Quel vangelo è troppo integro e perfetto per ritenerlo cattolicizzato a sua volta a partire da un originario, ipotetico archetipo simoniano, pace Parvus. È praticamente impossibile scindere Marco in due vangeli, uno più antico ed eretico, l'altro più cattolico e recente. Come pure è impossibile accorciare il già cortissimo Vangelo di Marcione. Laddove invece è facile, immensamente più facile, sbugiardare quel finto giudeocristiano ma vero protocattolico di Matteo, quel tendenzioso falsario di Luca-Atti, e quello schizofrenico (a detta di Carrier, OSSESSIVO!) di Giovanni!!!


E la conseguenza per la curiosità tipicamente e morbosamente storicista di recuperare tracce di un Gesù storico dal vangelo considerato più antico è che quella curiosità inevitabilmente svanisce, deve svanire. Anzi, lo stesso autore si sente in qualche modo sollecitato a dare ancora disperate rassicurazioni sulla sua fede storicista.

Riprendo questa citazione del libro da me fatta in precendenza, per rinnovare ancora una volta sulla sua scia, perfino sotto la concessione del paradigma storicista, ma solo per puro (ma temporaneo) amor di discussione col folle apologeta storicista di turno, il personale, profondo disprezzo verso chi si ostina ancora nel 2015 a scrivere autentiche scemenze sulla presunta relazione tra Giovanni il Battista e il ''Gesù storico'' con tanto di relatore teologo mascherato sotto le mentite spoglie di storico e sigillo accademico oramai scaduto a valore di mera patacca:
 A volte, gli studiosi cercano addirittura  di ricostruire la proporzione delle tradizioni orali che erano apparentemente usate da Marco, e che dovrebbero essere considerate storicamente affidabili. Per esempio, Adela Yarbro Collins ha fatto recentemente una lista di sei eventi che erano apparentemente contenuti in tale ipotetica cronaca pre-marciana. Una metà di quelli eventi si riferisce alla relazione tra Gesù e Giovanni il Battista. Comunque, nella ricostruzione della presupposta ''cronaca'' pre-marciana, che in apparenza rifletteva tradizioni orali palestinesi riguardanti Gesù, Yarbro Collins, come parecchi altri studiosi, ha acriticamente assunto che Giovanni il Battista battezzò Gesù, e che Giovanni fu ucciso prima della morte di Gesù. La studiosa americana ha basato le sue affermazioni sulla data presunta della morte di Giovanni il Battista 'nel 28 o 29 E.C.'', supportando la sua opinione in una nota a piè di pagina: 'Sulla data della morte di Giovanni, si veda P. W. Hollenbach, “John the Baptist,” in The Anchor Bible Dictionary (ed. D. N. Freedman; 6 vols.; New York: Doubleday, 1992), 3:887’. Quando un lettore curioso segue il riferimento alla presunta discussione dettagliata di Hollenbach sul soggetto, lui o lei trova meramente la seguente affermazione generale riguardante Giovanni il Battista:  ‘La sua popolarità e le possibilità rivoluzionarie del suo messaggio di giustizia sociale condussero al suo arresto, prigionia e condanna a morte da Erode Antipa, probabilmente nell'a.d. 28 o 29.’ In realtà, la condanna a morte di Giovanni il Battista nella fortezza transgiordana di Macheronte avvenne circa nel 36 (Antichità Giudaiche di Flavio Giuseppe 18.116-119), così più probabilmente quasi un decennio dopo la morte di Gesù a Gerusalemme  (c. ad 26-27; si veda Antichità Giudaiche di Flavio Giuseppe 18.63-64 [nella sua forma originale]), e di conseguenza è piuttosto possibile che essi mai si incontrarono l'un con l'altro. 
Simili riserve dovrebbero essere sollevate nella misura in cui riguarda l'affidabilità storica delle tradizioni apparentemente pre-marciane relative alla proclamazione di Gesù del regno di Dio, come pure dell'esecuzione di Gesù di atti irrequieti nel tempio di Gerusalemme, infatti entrambi quelle idee non sono attestate al di fuori dei vangeli.
Di conseguenza, il solo elemento storicamente affidabile della tradizione orale che fu apparentemente usato da Marco, come è ipotizzato da Yarbro Collins, è la crocifissione e resurrezione di Gesù. Comunque, è evidente che Marco poteva aver copiato i dati essenziali riguardanti la crocifissione e resurrezione di Gesù dalle lettere di Paolo l'Apostolo. Coerentemente, l'ipotesi dell'utilizzo di Marco di antiche tradizioni orali riguardanti Gesù è in realtà inverificabile, se non totalmente implausibile.

( B. Adamczewski, The Gospel of Mark, pag. 15-16, mia libera traduzione e mia enfasi)
Solo una piccola critica, per ora, al prof  Adamczewski: spiacente per lui, ma il Testimonium Flavianum è al 100% un'interpolazione cristiana posteriore, dunque come il prof si sente tenuto a dubitare degli ''atti irrequieti di Gesù nel tempio di Gerusalemme'', così allo stesso modo deve mettere in dubbio la stessa storicità di Gesù, in virtù del medesimo principio al quale lui stesso si è ispirato quando ha scritto:
...infatti entrambi quelle idee non sono attestate al di fuori dei vangeli.


[1] A proposito della chimerica tradizione orale il prof Adamczeski retoricamente fa notare come:
Gli studiosi che espongono quest'ipotesi non spiegano perchè sarebbe stato più facile preservare da una comunità ad un'altra tradizioni orali piuttosto che testi scritti, per esempio quelle delle lettere paoline. In realtà, le lettere di Paolo dimostrano che anche se brevi pezzi di informazione possano essere trasmesse oralmente (1 Cor 1:11), estese istruzioni e discussioni riguardanti gli aspetti principali del cristianesimo erano di solito trasmesse con l'uso di mezzi scritti di comunicazione (1 Cor 5:9.11; 7:1; 2 Cor 2:3-4.9; 7:12; Rom 15:15; Fil 3:1 ecc.).
(pag. 15, mia libera traduzione e mia enfasi)

Mi chiedo con che coraggio il ''prof'' Mauro Pesce, reo di vedere chimerici ''ricordi orali'' dappertutto delle gesta del più grande Uomo Straordinario Gesù detto Cristo - perfino nelle lettere paoline! -, possa fregiarsi del titolo di 'storico' insieme a quel pseudo-intellettuale di Corrado Augias! Ma poi mi rendo conto che questo è lo stesso Paese che ha per Presidente un democristiano e dunque solo allora mi viene in soccorso il Vate (anch'egli irrimediabilmente cattolico) con quel suo celebre monito:
Non ragioniam di lor, ma guarda e passa

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