giovedì 15 settembre 2016

Gesù non è mai esistito come figura storica perchè i malefici “arconti di questo eone” lo crocifissero nella sfera sublunare, secondo il più antico mito cristiano

Gli “arconti di questo eone” crocifissero Gesù nella sfera sublunare, secondo 1 Corinzi 2:6-8.

NUBI: Vi si scorge tutto ciò che si vuole, soprattutto eserciti quando i preti sono scontenti. Le nubi sono come le Sacre Scritture: i teologi fanno vedere tutto ciò che preferiscono a coloro che hanno fede o allucinazioni.
(Il Libero Pensatore Paul Heinrich Dietrich, barone d'Holbach, La théologie portative, 1768)
 
Non è morto ciò che può vivere in eterno,
E in strani eoni anche la morte può morire.

(Howard P. Lovecraft, Il richiamo di Cthulhu)

 Anzi, dicono, il Cristo buono né mangiò né bevve e né assunse la vera carne, e neppure fu mai in questo mondo tranne che spiritualmente nel corpo di Paolo. Ma proprio per questa ragione noi diciamo “nella terrena e visibile Betlemme”: infatti gli eretici credono che ci sarà un'altra terra, nuova e invisibile, e in questa seconda terra, alcuni di loro credono che il Cristo buono fu crocifisso.
(Pietro di Vaux de Cernay, Storia della Crociata Albigese)

Se per i folli apologeti cristiani (tipo costui) la spiegazione della nascita del cristianesimo arriva dritto da manuali come i vangeli sinottici (o addirittura la tendenziosa propaganda di Atti degli Apostoli) ai quali ci si può riferire citando capitolo e versetto, per gli atei come me che hanno realizzato l'essenziale negatività delle religioni monoteiste il cristianesimo ha un'origine precisa: il mistero.

La mitologia di Gesù Cristo, come manifesta nelle lettere di Paolo, volle significare qualcosa, qualcosa che non si sarebbe dovuta dimenticare, che non meritava di essere dimenticata: quest'imminenza di una rivelazione è la vera origine. Se poi ulteriori abbellimenti furono aggiunti al mito originario, era solo per dare l'illusoria soddisfazione di vedere con più chiarezza e dettaglio e stabilità le vaghe, sfuggenti, frammentarie impressioni di meraviglia, suggestione e avventurosa aspettativa che caratterizzava intimamente l'esperienza mistica originaria, la visione estatica di un arcangelo celeste che muore e risorge nella sfera sublunare.

Questa percezione del mistero, che non si dissipa per conoscenza diretta (dato che l'oggetto di tale conoscenza, l'angelo Gesù, naturalmente non esiste), ma che rimane per sempre imminenza o aspettativa (legata com'è alla febbrile attesa imminente della distruzione di questo mondo) spiega una larga parte della documentazione letteraria in nostro possesso sul cristianesimo primitivo.

Per apostoli allucinati e visionari come Pietro, come Paolo, l'esperienza che un mistero significativo sta per essere rivelato è legata alla visione di un angelo (un “quasi deo”, per i romani) che muore e risorge. Il primo a “vedere” questo angelo si chiamava Cefa (Pietro). Quest'angelo rivelò di chiamarsi Gesù (che significa “Dio salva”) ed esortò Cefa a guardare nelle Scritture con occhi ispirati per vedere quello che solo i prescelti avrebbero dovuto vedere: che Gesù era il vero Cristo davidico profetizzato nelle Scritture. Ma soprattutto, l'angelo rivelò a Cefa di aver compiuto una missione. Una particolare missione per conto di Dio. E quella missione era: farsi crocifiggere dai tenebrosi “arconti di questo eone”, senza far loro sapere chi era.

Dove si trovavano questi malvagi “arconti di questo eone”? Da quale oscurità erano richiamati?

Bisogna sapere che gli antichi di epoca ellenistica dividevano il cosmo intero in due parti:

Sopra la Luna: tutto ciò che era divino, eterno, immortale, etereo, spirituale, imperituro, puro, luminoso, predeterminato.

Sotto la Luna: tutto ciò che era materiale, perituro, mortale, corruttibile, impuro, oscuro, caotico, mutevole, transeunte, cangiante, soggetto al divenire, alla distruzione e alla rinascita perenne.

Ecco un assaggio dell'evidenza storica di quest'antica visione del mondo:
Poiché guardavo la terra con più attenzione, l'Africano mi disse: «Posso sapere fino a quando la tua mente rimarrà fissa a terra? Non ti rendi conto a quali spazi celesti sei giunto? Eccoti sotto gli occhi tutto l'universo compaginato in nove orbite, anzi, in nove sfere. Una sola di esse è celeste, la più esterna, che abbraccia tutte le altre: è il dio sommo che racchiude e contiene in sé le restanti. In essa sono confitte le sempiterne orbite circolari delle stelle, cui sottostanno sette sfere che ruotano in direzione opposta, con moto contrario all'orbita del cielo. Di tali sfere una è occupata dal pianeta chiamato, sulla terra, Saturno. Quindi si trova quel fulgido astro — propizio e apportatore di salute per il genere umano — che è detto Giove. Poi, in quei bagliori rossastri che tanto fanno tremare la terra, c'è il pianeta che chiamate Marte. Sotto, quindi, il Sole occupa la regione all'incirca centrale: è guida, sovrano e regolatore degli altri astri, mente e misura dell'universo, di tale grandezza, che illumina e avvolge con la sua luce tutti gli altri corpi celesti. Lo seguono, come compagni di viaggio, ciascuno secondo il proprio corso, Venere e Mercurio, mentre nell'orbita più bassa ruota la Luna, infiammata dai raggi del Sole. Al di sotto, poi, non c'è ormai più nulla, se non mortale e caduco, eccetto le anime, assegnate per dono degli dèi al genere umano; al di sopra della Luna tutto è eterno. La sfera che è centrale e nona, ossia la Terra, non è infatti soggetta a movimento, rappresenta la zona più bassa e verso di essa sono attratti tutti i pesi, per una forza che è loro propria».
(Cicerone, Il Sogno di Scipione, IV, 17)
E infatti la parte del cosmo soggetta al divenire e alla corruzione è circoscritta dalla sfera lunare, e tutto in lei si muove e muta
(Plutarco, De Iside et Osiride, 63)
Questa forza è propriamente divina e sovrumana; ma non immancabile ed inesauribile, nè incapace di vecchiaia, nè durevole all'infinito. Dal tempo tutto s'indebolisce quanto è collocato tra la Terra e la Luna. V'è chi pensa non essere eterno neppure quanto resta al disopra; ma che, non confacendosi colla eternità, stia sempre tra rapidissime mutazioni e rinascimenti.
(Plutarco, Sull'Eclissi degli Oracoli, 51)
...la luce celeste è pura e libera da qualsiasi mescolanza di oscurità, ma nell'atmosfera sublunare si mescola con l'aria oscura.
(Filone, Su Abramo, 36, 205)
Che le ombre siano divorate dallo spazio, lo provano gli uccelli che volano a grandi altezze. Dunque, il confine delle ombre coincide con la fine dell’aria e l’inizio dell’etere. Sopra la luna, tutto è puro e compenetrato da una luce diurna.
(Plinio il Vecchio, Libro Secondo, 7)
[Pitagora] distinse pure ciò che è sopra la Luna che chiamò immortale, e ciò che è sotto la Luna, che chiamò mortale.
(Epifanio, Panarion, I)

Aristotele il figlio di Nicomaco disse che le cose sopra la Luna sono soggette alla provvidenza divina, ma ciò che è sotto la Luna non è governata da provvidenza ma causato da qualche mozione incontrollata. Ma egli dice che esistono due mondi, il mondo al di sopra, e il mondo al di sotto, e che il mondo al di sopra è immortale mentre il mondo al di sotto è mortale.
(Epifanio, Panarion I)
Ancora, mentre Mosè e i profeti degli ebrei, la cui posizione su questo argomento concorda perfettamente con quella di Platone, hanno trattato in maniera chiara il problema della Provvidenza universale, Aristotele, invece, delimitando il potere divino soltanto fino alla luna, sostiene che tutte le restanti parti del mondo sono escluse dal governo della divinità...
(Eusebio, Preparazione Evangelica, Libro XV, 5, 1)
Lo spazio sotto la Luna si chiama regione sublunare ed ha la Terra al centro.
I Caldei collocavano la sede dell'Immagine, il veicolo dell'anima irrazionale, sulla sfera lunare; è probabile che con la sfera lunare fosse inteso qualcosa di più della sfera della Luna, tutta la regione sublunare, di cui la Terra terrestre è, per così dire, il centro.
(Oracoli Caldaici)
È oggetto di culto sotto il nome di Fortuna la potenza degli dèi che dispone per il meglio i fatti disparati e gli eventi inaspettati. Perciò si conviene specialmente alle città onorare la dèa con pubblico culto, dato che ognuna di esse risulta dall’amalgama di elementi disparati. Sede della sua potenza è la luna, poiché, di là da questa, neppure un evento può accadere per fortuna.
(Sallustio, Sugli Dei e il Mondo, Capitolo IX, 8)



È nella sfera sublunare che il dio Attis subì la sua morte e resurrezione, ma questo lo sapevano solo gli iniziati ai Misteri di Attis, come Giuliano l'Apostata, mentre il volgo si accontentava della versione strettamente letterale del mito (che poneva sulla Terra, precisamente in Frigia, la morte di Attis per castrazione):
Il mito racconta di lui [Attis] che, dopo essere stato esposto presso i gorghi del fiume Gallo, cresceva qui come un fiore e che, divenuto grande e bello, fu amato dalla Madre degli dèi. Ella, dopo avergli concesso ogni cosa, gli pose sul capo il berretto stellato. Tuttavia, se il nostro cielo che vediamo copre il capo di Attis, non si deve forse interpretare il fiume Gallo come la Galassia? Là, infatti, si dice che avvenga la mescolanza del corpo passibile con il movimento circolare del quinto corpo impassibile. Fino a questo limite la Madre degli dèi permise di saltare e di ballare a questo bellissimo dio intelligente, simile ai raggi del sole, Attis. Essendo giunto però nella sua progressione fino alle estreme regioni inferiori, racconta il mito che discese nella grotta e giacque con la ninfa, con allusioni al principio umido della materia: qui, comunque, il mito non vuole indicare la materia in sé, ma la causa immateriale ultima, che presiede alla materia. Dice appunto Eraclito, “per le anime diventar umide significa morire”; così questo Attis, il dio intelligente che contiene le forme materiali al di sotto della Luna, si unisce alla causa preordinata alla materia, non come elementi diversi si uniscono tra di loro, ma come un principio che si accosti ad altro identico.
(Giuliano, Sulla Madre degli Dèi, 5)
Attis invece proseguì la sua discesa fino agli estremi limiti della materia.
(Giuliano, Sulla Madre degli Dèi, 7)
“Gli estremi limiti della materia” indica la sfera sublunare allo stesso modo per Plutarco, che situava in quella regione la morte e la resurrezione del dio Osiride:
Ma quando Tifone arriva all'improvviso con la sua forza e si impadronisce delle parti estreme della materia... [...] È a questo che allude il mito quando afferma che Neftys è sposa di Tifone, e che Osiride si unì a lei solo di nascosto: e infatti le parti estreme della materia, quelle cioè che vengono chiamate Neftys e anche Fine, sono in potere della forza distruttiva.
(Plutarco, De Iside et Osiride, 59)

Ovviamente Plutarco poteva saperlo perchè lui era stato iniziato ai Misteri di Osiride, mentre i non-iniziati, oppure gli iniziati di rango inferiore, si accontentavano di interpretare crudamente alla lettera il mito di Osiride, evemerizzandolo come antico faraone d'Egitto.
 

Anche la dèa babilonese Inanna morì e resuscitò nella sfera sublunare, identificata col “mondo degli inferi”:
Il puro Ereckigala si sedette sul suo trono, Gli Anunnaki, i sette giudici, pronunciarono il giudizio di fronte a lei. Fissarono i loro occhi su di lei, gli occhi della morte. Alla loro parola, la parola che tortura lo spirito. La "donna" malata fu trasformata in un cadavere. Il cadavere fu appeso a un palo. Dopo che tre giorni e tre notti erano passati, il suo ministro Nincubur ... colma i cieli di lamenti per lei .... Di fronte ad Enki piange: "O Padre Enki, non lasciare che tua figlia sia messa a morte nel mondo degli inferi ...." Padre Enki risponde a Ninshubur: "Cosa è accaduto a mia figlia! Sono turbato, cosa che è successo a Inanna ...! Che cosa è successo alla ierodula del cielo! ... Sicuramente Inanna risorgerà. "... Inanna risorse. Inanna risale dal mondo degli inferi.
     (libera traduzione da qui)

Non c'è soltanto la Terra sotto la Luna, ma anche l'Aria, anch'essa soggetta alle stesse leggi del divenire:
Cosicchè questa veste colle cose da lei dipendenti è una figura dei tre elementi, dai quali e nei quali sono tutte le corruttibili e mortali sostanze, cioè dell'aria, dell'acqua e della terra: perchè proprio come questa sola rappresenta loro tre, così questi tre nominati elementi sono di una sola forma, essendo sotto la luna riposti, e ricevendo mutazione.
(Plutarco, Sulla vita di Mosè, XXIV, 121)
La regione dell'Aria è situata più precisamente tra la Terra e la Luna: quindi non solo l'Aria divide la Terra dalla Luna, ma “riempie” letteralmente tutto lo spazio che c'è in mezzo.
È anche giusto che egli [Mosè] dica che «le tenebre erano al di sopra dell'abisso». Infatti l'aria è in qualche modo al di sopra del vuoto, perchè sollevandosi ha riempito completamente lo spazio immenso, desolato e vuoto che si estende dalla zona della luna fino a noi.
(Filone, Sulla Creazione, IX, 32)

Ora, se l'aria che si trova tra la Terra e la Luna dovesse essere rimossa e ritirata, l'unità e l'armonia dell'universo ne sarebbero distrutte, poiché ci sarebbe uno spazio vuoto e sconnesso nel mezzo;
(Plutarco, Sull'Eclissi degli Oracoli, 13)

Ascolta dunque, o Asclepio. C'è un grande demone. Il gran Dio lo ha costituito esaminatore e giudice delle anime degli uomini. E Dio lo ha posto nel mezzo dell'Aria, tra Terra e Cielo. Una volta avvenuta la separazione dell'anima dal corpo, è necessario che l'anima incontri questo demone.

(Nag Hammadi, Asclepio)

La regione sublunare comprende la Terra e l'Aria. Vedendo l'Aria come un involucro della Terra, delimitata dalla traiettoria della Luna intorno alla Terra, allora quel particolare involucro attorno alla Terra è chiamata di solito “sfera sub-lunare” :
Inoltre misero nove Muse che cantano con lui [Apollo]; che hanno come significato ora la sfera sublunare, ora quella dei sette pianeti, ora quella senza pianeti.
(Porfirio, Sulle immagini degli dèi, 359 F)
Questo è fondamentale per comprendere l'antica cosmologia del periodo ellenistico: l'Aria è una regione a sé stante, del tutto separata dalla Terra (che ne è avvolta come da un involucro) e dall'orbita della Luna attorno alla Terra, Luna il cui percorso a sua volta “avvolge” l'Aria e la delimita.

L'Aria arriva ad avvolgere l'intera superficie terrestre:
Alcune persone hanno concepito che il sole e la luna e le altre stelle sono dèi indipendenti, a cui hanno attribuito le cause di tutto ciò che esiste. Ma Mosè era ben consapevole che il mondo fu creato, e fu simile proprio ad una vasta città, possedendovi arconti e sudditi; gli arconti sono tutti i corpi che si trovano in cielo, come i pianeti e le stelle fisse; ed i sudditi sono tutte le nature sotto la luna, volanti nell'aria e adiacenti alla Terra.
(Filone, Le Leggi Speciali, I, 13?14)

La parte superiore dell'Aria è più fine e più distante dalla Terra e le sue esalazioni.
(Plutarco, I poemi di Omero)
L'Aria, nella sua regione più distante dalla Terra, arriva a toccare da vicino la Luna, restandone però al di sotto.
Là pertanto fu preparato per gli Dèi il convito; e sotto il cielo della Luna, nella più alta parte dell'aria, fu piantata la mensa dei Cesari; nel qual luogo li sosteneva tanto la leggerezza dei corpi che avevano, quanto il rapido girar di quell'astro.
(Giuliano, I Cesari, 28)
La regione dell'Aria non è omogenea. Alcune parti fungono infatti da “purgatorio” delle anime buone dei mortali:
Ogni anima, irrazionale o razionale che sia, una volta lasciato il corpo è destinata a vagare nello spazio tra la terra e la luna per un periodo variabile. Le anime ingiuste e sfrenate pagano il fio delle loro colpe; le virtuose è sufficiente che trascorrano nella parte più mite dell'aria, i cosiddetti prati di Ade, un tempo determinato, atto a mondarle e purificarle dai miasmi che esalano dal corpo come da un soffio malsano.
(Plutarco, Sul volto della luna, 28)

Questa testimonianza induce a suddividere ulteriormente la stessa sfera sub-lunare (cioè la regione dell'Aria) in due sotto-regioni:

 
Ma dove collocare l'inferno e il paradiso di dantesca memoria?

 Di certo il paradiso, o l'empireo, o i Campi Elisi, si trovano tutti sopra la Luna. Mentre l'inferno, l'Ade, il Tartaro, lo Sheol, vanno a situarsi sotto la Terra e per estensione sotto l'Aria, ovvero sotto la Luna.
Tuttavia non esisteva il consensus sulla precisa collocazione dell'Ade: chi lo collocava sotto Terra (come fece Dante), chi lo collocava sotto la Luna (quindi nell'Aria), oppure sulla Luna stessa.

L'Aria però non è da confondere con il cielo che si vede dalla Terra. Quel cielo è ancora terrestre. È lo spazio apparentemente vuoto al di sopra di esso (ma pur sempre delimitato dall'orbita della Luna) che veniva considerato al contrario “pieno” d'Aria, a indicarne la regione omonima.

L'Aria non è per nulla disabitata. In realtà è proprio nell'Aria che si nascondono i famigerati “arconti di questo eone”: forze invisibili, demoni, spiriti, angeli del male.
L'aria è la dimora delle anime incorporee, perché al Creatore sembrò bene riempire di esseri viventi tutte le parti dell'universo. Collocò dunque sulla terra gli animali terrestri, nei mari e nei fiumi gli acquatici e nel cielo gli astri, ciascuno dei quali, a quanto si dice, è non solo un essere vivente, ma anzi uno spirito purissimo in tutto e per tutto. Ne consegue che anche nel restante settore dell'universo, l'aria, esistono degli esseri viventi. E se pure non sono afferrabili con la sensazione, che significa? È invisibile anche l'anima.
(Filone, Sui Sogni, XXII, 135)

«E quando gli angeli di Dio videro che le figlie degli uomini erano belle, si presero in moglie quelle che avevano scelte tra tutte». Mosè suole chiamare angeli quelli che altri filosofi chiamano dèmoni: sono anime che volano nell'aria. [...] È dunque necessario che anche l'aria sia piena di esseri viventi: questi sono invisibili per noi, perché anche l'aria stessa non è percepibile con il senso della vista. Ma anche se la nostra vista non è capace di farsi delle rappresentazioni sensibili delle anime, non per questo non ci sono anime nell'aria, ma è necessario che esse siano conosciute dall'intelletto, affinchè il simile sia contemplato dai suoi simili?
(Filone, Sui Giganti, II, 6, 8?9)

Ogni anima, irrazionale o razionale che sia, una volta lasciato il corpo è destinata a vagare nello spazio tra la terra e la luna per un periodo variabile.
(Plutarco, Sul volto della luna, 28)

Stupiti contemplano a vicenda i loro volti coperti di tenebre, e vedono impallidire il giorno, e la notte incombere sugli elmi, e volteggiare nell'aria innanzi ai loro occhi i loro padri defunti e tutte le ombre della loro famiglia.
(Lucano, Farsaglia, VII, 205)

Testamento di Salomone, figlio di Davide, che fu re di Gerusalemme, e dominò e controllò tutti gli spiriti dell'Aria, sulla Terra, e sotto la Terra.
(Testamento di Salomone, 1)
Non so per gli ebrei, ma almeno per i pagani non tutti gli abitanti dell'Aria erano demoniaci. Alcuni demoni erano buoni:
Queste anime in quanto sono la progenie dell'intera anima dell'universo, e che governano le vasti parti della regione sotto la Luna, queste anime, che incombono su una sostanza pneumatica o spirituale, e la reggono conformemente alla ragione, sono da considerarsi demoni buoni.
(Porfirio, Sull'astinenza dagli animali)
Di certo quei demoni dell'Aria possono essere sconfitti con sommo sacrificio, a condizione della vita stessa:
Quindi secondo la mitologia greca un suo figlio [di Giunone], non saprei quale, sarebbe stato chiamato Eroe. Quanto dire che il mito verrebbe nel caso a significare che l'aria è attribuita a Giunone perché, come dicono costoro, in essa abiterebbero con i demoni gli eroi. Con questo nome designano le anime dei defunti di un certo rango. Ma i nostri martiri sarebbero considerati eroi da una prospettiva opposta se, come ho detto, il linguaggio ecclesiastico lo permettesse. Non sarebbero infatti in compagnia dei demoni nell'aria ma vincerebbero i medesimi demoni, cioè gli spiriti dell'aria e in essi, qualunque cosa s'intenda simboleggiare con lei, Giunone.
(Agostino, La Città di Dio, Libro X, 21)
E tuttavia in generale sono i demoni dell'Aria ad avere la meglio sui figli degli uomini: sono loro a scatenare malattie, pestilenze, e ogni sorta di mali oscuri a cui non si sapeva porre rimedio. In primo luogo: la morte.

E quei demoni dell'Aria sono così cattivi che non solo affliggono l'umanità con male puramente gratuito, ma provono particolare godimento pure a punire, nel loro territorio, le anime delle persone cattive, evocando dall'oscurità indicibili orrori:
Non lontano da quel luogo si trovavano tre stagni: il primo era pieno d'oro fuso e bollente; il secondo di piombo più freddo del ghiaccio; il terzo di ferro aspro e duro. Demoni addetti a quegli orribili laghi tenevano in mano certi strumenti, con i quali afferravano i colpevoli e li tuffavano negli stagni o li tiravano fuori, come il fabbro ferraio quando lavora i metalli. Per esempio, gettavano nell'oro incandescente le anime di coloro che in vita avevano ubbidito alla passione dell'avarizia e non avevano tralasciato alcun mezzo per arricchirsi.
(Plutarco, Visione di Arideo)
E ovviamente nell'Aria ci sono oggetti di qualunque tipo, a volontà :
Ora andai con l'angelo del Signore, e mi portò verso l'alto (sopra) tutta la mia città. Non c'era nulla di fronte ai miei occhi.  Poi vidi due uomini camminare insieme su una strada. Li guardavo parlare. E, inoltre, vidi anche due donne insieme alla macina in un mulino. E le osservai discutere. E vidi anche due su un letto, ciascuno di cui  ... su un letto.
(Apocalisse apocrifa di Sofonia, 2)
Particolare degno di nota è il fatto che la regione dell'Aria ospita anche sacrifici graditi agli Dèi o agli stessi demoni suoi abitanti. E quei sacrifici hanno la caratteristica di far riverberare i loro effetti positivi sulla Terra stessa:
Così gli spiriti invisibili che volavano nell'Aria, di cui Isaia cantò come di serpenti volanti, esigevano bianchi e trasparenti sacrifici di uccelli, visto che accade all'aria di essere brillante, e piena di luce per la manifestazione delle cose che sono al di sotto.
(Macario Magnete, Apocritico, XLII)
E i demoni dell'Aria dispongono di carne e sangue, anche se è una carne solo apparentemente umana, e un sangue solo apparentemente umano (proprio come il Gesù umanoide di Paolo):
Orbene, se la figura umana supera la forma di ogni altro essere vivente e se la divinità è anch'essa un essere vivente, il suo aspetto sarà il più bello di tutti; e poichè, d'altra parte, sappiamo che gli dèi sono infinitamente felici, che nessuno può essere felice senza la virtù e che questa non può esistere senza la ragione e che la ragione a sua volta non può aver sede che nell'essere umano, bisogna ammettere che gli dèi hanno aspetto umano. Solo che la loro sostanza non ha un corpo ma una sembianza di corpo, non sangue ma una sembianza di sangue.
(Cicerone, Sulla natura degli dèi, 48-49)
Quindi è luminosamente chiaro, perfino cristallino, che secondo la cosmologia ellenistica (greca ed ebrea) ogni entità vivente nell'Aria possiede un corpo materiale a tutti gli effetti, anche se diverso da quello terrestre.

Non è solo sulla Terra che soffia lo spirito di vita, ma anche nell'Aria stessa, per esplicita volontà di Dio:
Sarebbe forse verosimile che l'aria, da cui sono animate le altre creature, sia acquatiche che terrestri, sia disabitata o manchi di anime? Al contrario, dunque, se anche tutti gli altri elementi non generassero esseri viventi, solo l'aria dovrebbe generarne, ricevendo dall'Artefice, per una grazia eccezionale, i semi dell'anima.
(Filone, Sui Giganti, II, 11)

Concludiamo sulla natura del firmamento e degli astri: e veniamo alle restanti particolarità del cielo. In realtà, i nostri avi hanno chiamato “cielo” anche ciò che, con un altro nome, si dice “aria”, tutto lo spazio che sembra vuoto e che diffonde quaggiù il soffio della vita. Questo ambito si trova al di sotto della luna, e di molto (come, a quanto vedo, è praticamente convinzione generale); vi si mescola una quantità infinita di aria degli spazi più alti, e una, pure infinita, di esalazioni terrestri, e ne risulta una fusione di queste due sostanze.

(Plinio il Vecchio, Storia Naturale 2, 38)

E che veramente nelle cose di quaggiù, fino a quelle più esigue, ci sia un essere cui ne è stata assegnata la potestà, lo si potrebbe capire da quanto dicono gli Egiziani, che cioè trentasei demoni, o non meglio identificati Dèi dell'aria (altri sostengono che sono ancor più numerosi), si sono ripartiti il corpo umano suddiviso in altrettante sezioni e ciascuno di essi ha l'incarico di governarne una.
(Origene, Contra Celsum, VIII, 8)
La conclusione, a fronte di così vasta evidenza, è che i contemporanei di Paolo, non importa se pagani o ebrei, credevano tutti all'esistenza di una regione situata tra la Terra e la Luna e distinta da entrambe. Questa regione era chiamata “Aria” ed era delimitata dall'orbita della Luna attorno alla Terra. Era territorio di oscure entità invisibili, spiriti, anime, dèi. E quest'ultimi erano chiamati demoni dagli ebrei — proprio come i pagani solevano definire dèi o semi-dèi gli angeli adorati dagli ebrei. Plinio il Giovane infatti definì “quasi deo” il Cristo arcangelico venerato dai cristiani.

Se perciò i demoni della sfera sublunare sono probabilmente da intendere dietro gli “arconti di questo eone” menzionati in 1 Corinzi 2:6-8 :

Tuttavia, a quelli tra di voi che sono perfetti esponiamo una gnosi, però non una gnosi di questo eone né degli arconti di questo eone, i quali stanno per essere annientati, ma esponiamo la gnosi di Dio misteriosa e nascosta, che Dio aveva prima dei secoli predestinata a nostra gloria e che nessuno degli arconti di questo eone ha conosciuta: perchè, se l'avessero conosciuta, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria.

...al punto da costringere quello stupido idiota boccalone di Francesco d'Assisi (non meraviglia che sia altrettanto scemunito il pontefice omonimo) a negare esplicitamente le parole dell'Apostolo quando scrisse:
E neppure i demoni lo crocifissero, ma sei stato tu con essi a crucifiggerlo, e ancora lo crucifiggi quando ti diletti nei vizi e nei peccati.
(Francesco d'Assisi)
...allora è facile identificare il luogo della crocifissione dell'angelo Gesù secondo l'antico mito cristiano: i demoniaci “arconti di questo eone” crocifissero Gesù nella regione compresa tra la Terra e l'orbita della Luna: nella sfera sublunare.

E gli apostoli come Pietro e come Paolo giunsero a conoscenza di questo “fatto” unicamente per rivelazione diretta da parte dell'angelo Gesù, nel mistero di un'apparizione.

L'esperienza del significato attraverso il mistero non avviene affatto, invece, per chi, in quanto outsider (perchè non adepto della setta oppure perchè appena battezzato, semplice “fratello del Signore”), non ha il privilegio di visioni e rivelazioni (ovvero: allucinazioni) del Cristo risorto che solo i pochi accoliti dei misteri del Regno godono: i soli apostoli di “Cristo Gesù”. E non può avvenire per gli outsiders perchè la loro cecità spirituale è preludio e indice della loro intrinseca condizione peccaminosa, una condizione per principio ammazza-mistero, che azzera in anticipo qualsiasi potente visione mistica dotata di significato e che porterà da ultimo alla loro distruzione, assieme al mondo di cui fanno parte: questo mondo.

Ma quando l'esperienza mistica (o meglio: mistico-allucinatoria) sopravviene ai pochi iniziati ai misteri del Regno, ecco che il misterioso esprime il proprio massimo potenziale sulla soglia della presa di coscienza. Fosse rivelato ai sempliciotti outsiders, ai meri “fratelli del Signore” nutriti ancora di “latte”, il mistero si sbriciolerebbe e andrebbe in pezzi perchè non sarebbe più tale. Dopodichè un'incursione di vangeli, attribuizione di “detti”, racconti favolosi quanto improbabili sopraggiunge a caratterizzare il misterioso dell'esperienza mistica originaria come mero oggetto, come innocuo “dato di fatto”, ad uso e consumo degli stupidi hoi polloi.

Dire che l'angelo Gesù Cristo potrebbe essere esperito misticamente solo da pochi prescelti (o “apostoli”) significa rivilitalizzarne l'essenza di nuovo e ancora di nuovo tramite la sua intima e propria fusione con il mistero.
Ma definire l'esperienza di quell'angelo nella forma edulcorata di un incontro “storicamente” avvenuto con un uomo inventato — il fittizio “Gesù di Nazaret” — perchè solo così parrebbe accontentata la brama spirituale degli outsiders, dei meri “fratelli del Signore” (i cristiani appena battezzati), di partecipare della stessa conoscenza altrimenti goduta soltanto da pochi, privilegiati iniziati o “apostoli”, equivale di fatto a uccidere quell'angelo, a privare quell'angelo della sua essenza costitutiva — il mistero, l'imminenza del mistero — trasformandolo in idolo taroccato, per l'appunto “Gesù di Nazaret”, spalleggiato da una squadra di teologi, spesso rozzi, spesso pochi di buono, spesso privi di scrupoli, a fargli da propagandisti.

Questo spiegherebbe perchè il cristianesimo originario — quello che ruotava attorno a sogni, visioni, rivelazioni e interpretazioni esoteriche delle scritture come i soli unici canali di comunicazione con l'angelo Gesù — crollò e si estinse rapidamente senza lasciare che qualche sporadica traccia (in testi come le Odi di Salomone, l'Ascensione di Isaia, l'Epistola agli Ebrei, la prima epistola a Clemente) ogni tanto riemergente nella forma dell'eresia più odiata: sopraggiunge inevitabile il momento in cui il rarefatto “Signore della gloria”, il Cristo cosmico, il Gesù umanoide di Paolo, perde il proprio mistero. Perchè, ridotto a mera fittizia icona letteraria, il chimerico “Gesù Nazareno”, diventa, al limite del favolosamente ridicolo, troppo qualificato per le mansioni che svolge. Sparito il mistero del Cristo arcangelico (“quasi deo” per il pagano Plinio il Giovane), si comincia a discutere della sua (presunta) realtà storica. Entrano in scena la propaganda, la finzione, la leggenda, l'allegoria, il sentito dire, la letteratura a resuscitare invano ciò che è rimasto della sana vaghezza delle antiche apparizioni di un angelo che muore e risorge, dopo il dissanguamento inevitabile dell'entusiasmo mistico originario, unico e solo impulso del cristianesimo primitivo.

Alla fine, un altro antico dio che muore e risorge viene consegnato all'obitorio degli studiosi, mentre quel che resta, o restava, del mirabile antico incanto, del misticismo originario, è diventato nel frattempo una visione sociale, il sogno e la mistica comune di una nuova setta religiosa, separata definitivamente e per sempre dall'ebraismo. Ma in quel nuovo sogno riflesso nei vangeli, l'eroe Gesù è solo un pupazzetto letterario, una marionetta priva di personalità o carattere, che usa il suo corpo per la mera esecuzione di una performance teologica/profetica.  È un semplice megafono o burattino utile a presentare certe lezioni e certi punti teologici ai lettori. I folli apologeti cristiani, come Mauro Pesce che stoltamente ritiene “storica” la riluttanza di Gesù a morire sulla croce, cercano di dire che dove Gesù ostenta troppa umiltà in Marco fa di lui un personaggio dalla personalità ben precisa. Naturalmente la loro interpretazione è molto meccanica e privo di qualsiasi apprezzamento per ciò che si intende per autentico “personaggio” di una storia — Gesù non è “un personaggio”. Gesù è puramente un simbolo letterario in Marco. 

A nulla gli vale ostentare ad esempio un'agonia sul Getsemani: nell'invocazioneAbbà, Padre, ... allontana da me questo calice” (Marco 14:36) la presenza di “Abbà” non è casuale nè banale, ma funge da ironico indizio anticipatore di
Gesù Bar-Abbà-s che guardacaso ha davvero allontanato da sè il “calice” di sofferenze bevuto invece da Gesù come promesso in Marco 10:38,  e non poteva che essere così, visto che il non-crocifisso Gesù Barabba merita senz'altro di figurare come un “altro Gesù” (2 Corinzi 11:4) diverso da quello predicato da Paolo, un “Cristo crocifisso (1 Corinzi 1:23). A nulla gli vale avere sulle labbra “Dio mio, Dio mio, perchè mi hai abbandonato?” (Marco 15:34) e non solo perchè son parole copiate dal Salmo, ma per la ragione ben più profonda che il Gesù dei vangeli è un mero personaggio bidimensionale, senza genuino spessore umano, un mero cartone animato che parla e agisce soltanto in base alle esigenze teologiche dei suoi inventori, non a seconda di effettive memorie storiche di un uomo.

Si può dimostrare che quasi ogni pericope del vangelo è tratta dalla Septuaginta e da altre scritture ebraiche e greco-romane precedenti. Gli elementi complessivi della trama sono presi a loro volta da tropi comuni biblici e classici (Giuseppe, Davide, Saul, Mosè, Elia, Eliseo, Esopo, Odisseo...) e dalle lettere di Paolo.

Nulla rimane del racconto se non una vuota dottrina, una mera teologia in competizione con le altre, e ciascuna rappresentata da un proprio “Gesù” opportunamente evemerizzato sulla Terra.

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